sabato 31 dicembre 2022

Due Paesi, due misure

Trovato.
Qualche anno fa (già otto, ho scoperto!) avevo ascoltato un intervento radiofonico di Enrico Ruggeri (minuto 7:50), intervistato sul suo nuovo libro, che mi colpì moltissimo, per l'analisi che faceva su un punto fondamentale della vita delle persone.
Ci ho rimuginato sopra molte volte, ora l'ho finalmente ritrovato nel fantastico archivio della radio. Targia gli chiede dei libri che ha letto, che ne hanno fatto la persona che è, Ruggeri spiega e poi se ne esce con questa riflessione:
"Questo è un Paese sfaccettato, in cui c'è veramente una forte percentuale di gente che è totalmente priva di vita interiore. Che ascolta passivamente la radio, che guarda passivamente la televisione, che non ha voglia di migliorarsi interiormente ma che è invece tesa nei casi brutti a pagarsi l' affitto o il mutuo, nei casi belli a comprarsi il maglione o la macchina nuova. C'è veramente molta miseria. Invece, per contro c'è una parte del Paese, che forse proprio è per quello che resiste, gente meravigliosa che legge, si informa. Questa forbice mi sembra che si allarghi sempre." 
Ruggeri mi pare colga l'essenziale: per moltissime persone la vita è sussistenza, declinata a diversi livelli, a seconda delle possibilità economiche.
La forbice si allarga (si allargava, già nel 2014). Che Dio ci aiuti.

giovedì 22 dicembre 2022

Dio esiste

No, non ho cambiato idea.
Parlo del Dio del calcio, cui mi ero appellato perché consentisse la vittoria non dei più forti (la Francia) ma dei più meritevoli, per storia e per vicinanza all'idea che ho del calcio.
Ha consegnato lo scettro di re a Messi, ora asceso al rango di quegli altri due, al termine di una partita pazzesca, le cui emozioni riassumono quello che chiamiamo (impropriamente)  bello del calcio, ovvero il fatto che poteva vincere la squadra che praticamente non ha giocato e perdere quella che ha dominato, tecnicamente ed emotivamente.
L'Argentina è stata nettamente la migliore squadra del mondiale, pur non avendo i migliori giocatori, anzi solo alcuni buoni giocatori accanto al fuoriclasse rosarino, ed essendo praticamente senza difesa (per 3 volte presi due gol in pochissimi minuti). Ha offerto un concentrato di tecnica, carattere e atletismo che è un manifesto del vero calcio, provando che solo loro, al pari nostro, stessa scuola, sono capaci di miscelare le componenti migliori di questo sport. Non la tecnica sopraffina ma  narcisista dei brasiliani, l'atletismo pugnace dei tedeschi, la grinta indomita ma grezza degli uruguagi, non i ghirigori gagliardi degli spagnoli, non il football primitivo e altezzoso degli inglesi, non la tecnica fine a se stessa dei brasileri, non la superbia offensiva e anarchica degli olandesi, ma di tutto un po': questo sono stati gli argentini nella storia del calcio (che ora le scuole si stanno mescolando e le differenze si fanno minori), un po' come noi, quasi sempre i migliori, sempre durissimi da sconfiggere.
Come in altre occasioni hanno raggiunto vette emotive che potevano fregarli, come li hanno talvolta fregati, ma anche dare una forza impensata come quella dimostrata dopo le due rimonte subite.
Grande gioia, personalmente, per la consacrazione di Messi e di un grande De Paul, già nostro Gran Capitàn, con una punta di soddisfazione perché è stata preclusa la doppietta alla Francia, che in onestà non meritava di veder tramutato in dominio la supremazia che ha dimostrato nei fatti, e che temo perdurerà.
Agli argentini sono stati rimproverati effettivi eccessi nei festeggiamenti, nello stesso mood che pretendeva che i giocatori si facessero attivisti dei diritti civili, dimenticando quanto il calcio sia uno sport del popolo e quindi, sì, anche plebeo.
Argentina, Carajo!

sabato 17 dicembre 2022

Vamos Argentina

Per me è facile.

Il mio idolo di ragazzo era Abel Balbo, il mio scrittore preferito Jorge Borges. Ho studiato la geografia e la storia di questo paese, seguo il campionato argentino e i cori dei suoi tifosi, il mio sogno è un mese bonaerense tra uno stadio e l'altro come coronamento di una vita da tifoso. 

Inevitabile tirare fuori la camiseta albiceleste che comprai non mi ricordo quando, il giorno lontano in cui pensai che in fondo l'Argentina è un'altra Italia in Sudamerica, composta peraltro da abitanti per metà con ascendenti paisà, anche se domani di fronte non ci fosse la Francia.

Improponibile, per me, la questione per chi tifare. Se gioca la Seleccion (e non contro l'Uruguay, passione esclusivamente calcistica), sempre per l'Argentina. Se gioca la Francia, sempre per gli altri: i francesi sono i nostri cugini altezzosi, più signori e forse migliori di noi, è inevitabile averli come principali avversari quando di fronte la rivalità è sportiva, godere quando li si batte.   

Quello che non capisco è come vi siano persone, anche meno coinvolte, che veramente abbiano in animo di parteggiare per i francesi (per Olivier e Theo? Maddai!!!).

Il calcio non è mai stato roba loro: ero ragazzo e non ci battevano da sessantanni, prima di quella partitaccia a Messico 1986. Grandi giocatori, ma mai una vera squadra. Ci è voluto un mondiale in casa ed il malanno di Ronaldo il giorno della finale per farli vincere, prima della fantastica goduria di Berlino. La Russia è stato un accidente, per assenza dei veri avversari; ora non ne vinceranno mica un altro (sette mondiali, quattro finali, tre vittorie? bastano due). E poi il calcio è Europa e Sudamerica, e loro non vincono dal 2002 (resta solo il dettaglio che sono i più forti, tocca ammetterlo senza con ciò rassegnarsi).

Invece l'Argentina è la vera patria del calcio, al pari dell'Inghilterra che l'ha inventato e del Brasile che ne ha fatto poesia, di Italia e Germania  che hanno fatto la storia. Sempre avuto i migliori giocatori, la migliore squadra; una passione strabordante nei cori inventati delle hinchas e nel culto degli eroi, un gioco che (spesso, non sempre, ma quando è successo è stata vincente) mescolava la classe sudamericana con la sagacia tattica italica e la garra charrua. La tierra di Diego y lionel, del derby rosarino, del superclasico, della curva del San Lorenzo, del Trinche Carlovich e della mano de Dios.

Spero che ci sia un Dio del calcio, a decidere secondo giustizia, al di là di quel che merita quel ragazzino con la maglia numero 10, nemmeno 170 cm, la cui storia e le cui giocate sono l'inno all'alterità del calcio, lo sport in cui il migliore è il più piccolo di tutti.



sabato 3 dicembre 2022

Il danno scolastico. La scuola progressista come macchina della disuguaglianza

 di Paola Mastrocola e Luca Ricolfi

Da un anno questo libro attendeva sullo scaffale di confermare le mie sconfortanti sensazioni sul disastro che abbiamo combinato demolendo la scuola che ci avevano lasciato i nostri nonni. Mi decido ad affrontarlo sollecitato dalle recenti polemiche sulle dichiarazioni del nuovo ministro Valditara, presto assurto nel mirino dei benpensanti con la sua retrograda uscita sul valore formativo della umiliazione. Alessandro Barbano commentandola ha ricordato di aver letto qualcosa di simile, formulato in maniera non altrettanto equivocabile, proprio in questo libro. 
Il titolo sintetizza la tesi che gli autori ritengono di aver dimostrato: l'abbassamento del livello di istruzione, lungi dal produrre un effetto "democratico" di maggiore inclusione nella società, ad un livello più elevato, le persone in partenza svantaggiate, danneggia soprattutto queste ultime.
La dimostrazione si avvale di un modello di analisi dei dati formulato da Ricolfi, nel quale con i pochi dati disponibili si riesce a misurare l'accrescersi dello svantaggio che le condizioni sociali di partenza danno, nelle prospettive di successo, ove ad esse si aggiunga la mancanza di una scuola di qualità.
Tale dimostrazione costituisce il valore aggiunto di un'opera della quale tuttavia sono nondimeno da leggere le prime due parti, nelle quali i due autori descrivono la loro esperienza di docenti rispettivamente universitario e liceale, evidenziando l'osservazione dal loro punto di vista del decadimento qualitativo dell'istruzione.
Ricolfi parte in realtà dalla sua infanzia, da una scuola (ultimi anni con le vecchie medie, ancora con il latino), nella quale regnavano allerta (dell'interrogazione, dell'aver pronto il materiale, del compito a sorpresa) e vergogna (di non rispondere correttamente alle domande; parente stretta dell'umiliazione citata da Valditara ad occhio). Che parevano naturali e non impedivano ad un adolescente di essere felici, ma che ora paiono alla stessa persona diventata adulta stati d'animi che gli hanno consentito di essere una persona migliore, (in quanto) più istruita. Le due facce tappe della "picconatura" di quella scuola vengono individuate nell'eliminazione della propedeuticità per l'accesso all'università e l'abbassamento degli standard dell'istruzione, "un processo iniziato nei primi anni sessanta, e proseguito poi attraverso innumerevoli mosse, alcune clamorose, altre quasi impercettibili, ma tutte convergenti verso un unico risultato, non meno inevitabile per il fatto di non essere voluto: rendere più ardua, per i ceti bassi, la competizione con i ceti alti. La storia di questo abbaglio, che condusse la cultura progressista ad affossare le aspirazioni dei ceti popolari con gli stessi strumenti con cui presumeva di migliorarne le sorti, è una storia lunghissima".   
In quella che Ricolfi chiama la "lunga marcia dell'abbassamento", la fase successiva alla contestazione è vista come lenta e ancora caratterizzata dal sopravvivere dell'ancien regime. mentre alla fine degli anni novanta diedero un'accelerazione tre fattori, il diritto al successo formativo, la riforma universitaria 3+2, la riforma Berlinguer, cui si aggiunge, per la parte di responsabilità dell'Università, il nuovo sistema di reclutamento e valutazione dei docenti (che produce docenti meno preparati e meno incentivati a puntare sul rapporto con gli studenti). 
Il risultato sono un sistema di istruzione primaria e secondaria che produce una maggioranza di studenti che si presentano agli esami universitari non tanto impreparati, ma incapaci di comprendere le domande e di formulare frasi di senso compiuto, al punto da rendere alcune materie (è docente di analisi dei dati) semplicemente non insegnabili.
L'esperienza proposta da Mastrocola risale anch'essa all'infanzia, a scuole con il grembiule e all'importanza della parafrasi, del tanto scrivere. Affronta poi di petto il cuore delle questioni poste da Don Milani e radicalmente contestate, nell'affermazione che lungi dall'essere inutili e distanti dalla vita reale, sono cose come la letteratura che permettono ai figli dei ceti svantaggiati la possibilità di elevarsi, non l'abbassare il livello delle promozioni per dar loro l'illusione di essere preparati, rinviando più avanti (al liceo, all'università) il momento in cui non ce la faranno.
Il passaggio al ruolo di insegnante ha visto per la Mastrocola una netta cesura alla fine del secolo, con l'ingresso di classi sempre meno preparate, incapaci di produrre testi senza errori grammaticali e ortografici, di comprendere un romanzo.
Del responsabile fa il nome e cognome, Luigi Berlinguer, la sua riforma con i tre ingredienti dei progetti extracurricolari, della valutazione oggettiva, del diritto al successo formativo.  Ritrovo molti ragionamenti da me ipotizzati e anche espressi negli ultimi anni, specie sul risalto dato alle attività extrascolastiche a diretto danno di quelle "core", nonchè sulle responsabilità dei genitori sempre più sindacalisti dei propri figli, di fronte a insegnanti sempre più lasciati soli.
L'accorata descrizione dei molti colloqui in cui ha dovuto dire dire ai genitori che il figlio "non ha le basi", senza sapere proporre una soluzione reale che non fosse il palliativo di un aiuto esterno, prelude alla sintesi delle tre tipologie di problemi che l'abbassamento del livello formativo ha arrecato agli studenti: la noia degli studenti capaci e studiosi, la promozione di studenti svogliati e scadenti, l'incapacità di procedere da parte di ragazzi molto motivati ma privati delle basi elementari.
Alla proposizione delle esperienze dei due autori segue il modello di analisi di Ricolfi, ed un'accorata "Lettera a un genitore" di Mastrocola, cui è affidata (quindi all'iniziativa individuale "dal basso", nella sfiducia sulla riformabilità del sistema) la residua speranza e fiducia nella possibilità che qualcosa cambi.   
Quanto osservato da Ricolfi e Mastrocola è sotto gli occhi di tutti, solo le sfumature soggettive e dettate dal vissuto possano cambiarne di poco l'analisi.
Gli aspetti originali sono lo sviluppo del modello di analisi dei dati e l'attribuzione della responsabilità di quella che viene chiaramente chiamata (con il nome adatto, purtroppo) catastrofe alla pedagogia di sinistra, nel paradosso già descritto di nuocere alle persone nel nome delle quali sono stati promossi certi cambiamenti; con il risultato che chi si oppone passa per oscurantista e reazionario. 
Non sono nè un analista dei dati nè tantomeno un pedagogista, forse per questo non so quali sono gli argomenti che si possano contrapporre al chiaro argomentare di questi autori: mi sa che sono pure io oscurantista e reazionario.

sabato 26 novembre 2022

Un paese in movimento

 di Simona Colarizi

In azzeccato pendant con il docufilm su Pannella ho ordinato questo breve testo, la cui tesi fondamentale vuole evidenziare i meriti dell'ondata di partecipazione che nel quindicennio 1960-1976 ha costituito potente fattore di cambiamento dell'Italia, portando concrete conquiste di democratizzazione e modernità spesso oscurate nel ricordo dall'altra faccia degli anni Settanta, quella della violenza, delle stragi e degli anni di piombo.

Colarizi rende merito agli uomini e donne di una generazione (anzi, tre diverse generazioni) che scesa in piazze o riunite in associazioni, e poi nei loro posti di lavoro e nelle professioni, hanno dato un nuovo volto ad un paese che, con la nuova ricchezza portata dal "miracolo economico", si è scoperto pronto all' entrata nella modernità, che, in assonanza a quanto fatto da Calopresti, viene individuata nella conquista di nuovi diritti.

Il suo focus, evidenziato dal titolo, è su una stagione dei movimenti che finalmente fece fare all'Italia i progressi (il movimento) per i quali non era ritenuto maturo dai partiti, e sul rapporto che con questa stagione, questi movimenti, seppero avere quei partiti, nelle due stagioni del centrosinistra e della strategia comunista per il compromesso storico.

La tripartizione temporale che scansiona il volume vede una prima parte (1960-1969) dedicata con distinte analisi alla contestazione degli operai, degli studenti, dei giovani cattolici, sempre con l'attenzione a come ad esse reagirono le aree poiché di riferimento.

Nella seconda parte (1969-1976) viene descritto l'impatto delle battaglie radicali con particolare attenzione al referendum del 1974, il corso autonomo che prese il movimento femminista, i fermenti del mondo cattolico pronto a superare il dogma dell'unità politica, ed il ruolo di PCI e PSI in una stagione in cui la strategia comunista difficilmente si conciliava con le grandi aspettative che avevano generato i movimenti e la contestazione.

La terza parte (1976-1979) parla di un sistema perciò bloccato e alle prese con la crisi economica, ove il sistema partitico non offriva più piena rappresentatività delle esigenze della società,  e si lasciavano già intravedere i segni della crisi materializzatasi 10 anni dopo.

Interessante il finale ricordo di come il riferimento alla società civile trovasse per Pannella la necessità di una composizione in Parlamento, in una prospettiva sempre istituzionale, opposta all'antipolitica.

domenica 20 novembre 2022

Solo tre parole, donna vità libertà

Non mi capacito di come alla protesta del popolo iraniano, che sta diventando (e perchè sta diventando) una vera rivoluzione contro il regime oscurantista e assassino che da quarantanni opprime quel magnifico Paese, sia dato così poco spazio sui nostri media e nella discussione pubblica.
Trovo piuttosto giusto il parallelo che è stato fatto dall'appello del partito radicale  con la lotta del popolo ucraino per resistere all'aggressione russa, ed il suo invito a fornire agli iraniani uguale, se non maggiore, sostegno.
Da occidentale satollo e sicuro della mia vita, dei miei beni e dei miei diritti (con qualche attenzione per questi ultimi) un po' mi vergogno a non fare nulla per questi ragazzi che stanno rischiano la loro vita per conquistare libertà fondamentali come quella di camminare a capo scoperto, baciarsi, bere una birra. Cinquantenne senza molto di più da chiedere alla vita, sarei veramente pronto a metterne in questione parte per chi ne ha una davanti.
L'altroieri hanno bruciato la casa di Khomeini, forse è una svolta di quella che sta diventando una vera rivoluzione, di persone senza paura perche non hanno da perdere che una vita che non vale la pena di essere vissuta, a fronte di quella che spetta a qualsiasi persona umana. 
Cerco e non trovo, in giornali italiani e stranieri, le notizie che pur posso ricavare dalle cronache di Mariano Giustino.
Tra i pochi, ma importanti gesti, ho molto apprezzato la partecipazione dei Colplay che al loro concerto al Monumental hanno suonato "Baraye".

Bisognerebbe far vedere le immagini di questi ragazzi che manifestano per i loro connazionali in Australia, le loro lacrime, per far capire anche agli animi più induriti quello che forse le parole non riescono a spiegare.



sabato 19 novembre 2022

Romanzo radicale

di Mimmo Calopresti 

Marco Pannella in prima serata, sulla Rai-tv, fa un po' effetto.

Forse si è avverata la sua profezia, mi riconosceranno i meriti solo da morto; forse un po' i tempi sono veramente cambiati e il principale partito già di sinistra in crisi di identità ne ha assunto i temi tanto da essere sbeffeggiato quale "partito radicale di massa"; forse un po' la distanza temporale allarga la platea disposta a riconoscere gli straordinari meriti di quello che personalmente ho definito "padre della patria".

Il registra nel parlare del film ha dimostrato di essere consapevole della difficoltà della sfida: "Sono felice di assumermi la responsabilità di raccontare un uomo che è stato capace di affermarsi in tutta la sua complessità, un individuo che è riuscito, grazie anche alle sue contraddizioni, a diventare società e affermare per tutti noi la società dei diritti".

Non amo per nulla i docu-fiction, formula che mette a dura prova le doti registiche dell'autore, ove deve confezionare un recitato capace di essere all'altezza di documenti storici dell'epoca e delle testimonianze raccolte dal vivo; in questo caso, toccato dall'argomento nel personale mi sono commosso nell'ascoltare le parole di Spadaccia che nel frattempo è andato avanti, ma anche quelle belle e intelligenti trovate da Rutelli, e quelle vivide di Rovasio.

La difficoltà della prova era non far mancare troppo del molto che ha dato Pannella a questo Paese, ed in ciò può forse porre degli interrogativi nel non aver nominato Tortora e la giustizia giusta, e l'invenzione della radio: ma bisognerebbe sapere in che misura hanno inciso i tagli sull'opera finale, di nemmeno due ore. 

Quelli che se ne intendono hanno trovato da dire sulla scarsa qualità delle parti di fiction. A me, poco interessato alla riuscita "tecnica" del prodotto, resta la soddisfazione di aver visto quello che Taradash ha definito (usando l'aggettivo "volonteroso") l'inizio di un processo di "riqualificazione" di Pannella.

Che poi i veri destinatari di quest'opera non sono, non possono essere i vecchi radicali come me. 

Sarebbe interessante capire cosa ne ha capito un ragazzo, una persona che nulla sapeva di lui.

Ragionando in quest'ottica è interessante lo spazio dato (ma forse senza chiarire bene il punto) alla discussione che avvenne con la sinistra ufficiale ed il PCI che vedevano le lotte per i diritti civili come distrazioni dalla vera missione della sinistra, come emerge chiaro lo scopo di evidenziare come le lotte radicali siano state un passaggio fondamentale nel portare l'Italia ad essere un paese moderno

La chiusura con i carcerati che cantano "Pannella uno di noi" accenna, senza forse spiegare, quanta sovrumana lotta è stata condotta su questo fronte, mentre le immagini dell'abbraccio con il Dalai Lama possono forse stupire sulla dimensione internazionale di un'opera politica, anche in questo caso solo evocata, senza probabilmente risultare comprensibile a chi non ne conosca la storia.

Un paio di bei passaggi, ricordati dai testimoni ovvero nel recitato, riescono a dare il senso di una vita. Tipo questa citazione: "Non si fanno le battaglie per se, ma per dare voce a chi non a voce, ma per permettere a tutti di essere chi vuole veramente essere".

Per aver fatto andare nel nome di Marco queste parole in prima serata, sulla Rai-tv, grazie a Mimmo Calopresti, a Raitre e a tutti gli altri.

Con un canestro di parole nuove, calpestare nuove aiuole.


 

sabato 5 novembre 2022

L'Africa. Gli stati, la politica, i conflitti

 di Giovanni Carbone


Testo con tratti simili a "Storia dell'America Latina" di Zanatta, anche nella scelta di accompagnare al testo base dei box che descrivono le vicende dei singoli stati o gruppi di stati.
Più che un testo di storia è un'opera che analizza le dinamiche politiche complessive dell'Africa subsahariana, con grande attenzione agli studi che ne sono occupati e alla possibilità di operare delle classificazioni dei fenomeni osservati.
Il primo capitolo è dedicato all'epoca coloniale e precoloniale, alla descrizione di come le entità politiche precoloniali fossero diverse dallo stato moderno, caratterizzate da diverse intensità della capacità di controllo del territorio, dalla  presenza di vincoli di fedeltà diversi da quelli del legame politico, dalla loro distribuzione a macchia di leopardo, con confini non sempre delimitati e e ampie zone intermedie, con la presenza di "società senza stato", che ha costituito la premessa di un "mito" egualitario. L'era coloniale, nel momento del passaggio dall'impero "informale" a quello "formale", comportò la fissazione dei confini degli Stati, funzionali da un lato alla ripartizione delle sfere di influenza tra le potenze europee, dall'altro al riconoscimento per l'appunto formale di un potere che non poteva per mole aree essere effettivo.
Gli stati, con pur notevoli differenze, furono caratterizzate da strutture "leggere", con limitati apparati amministrativi, per il funzionamento dei quali furono necessarie elaborazioni di mappe culturali per effetto delle quali le divisioni etniche furono accentuate, se non create ex novo.
Il secondo capitolo tratta delle caratteristiche degli stati postcoloniali, le cui frontiere rimasero quelle fissate dalle potenze europee, quindi spesso prive di un effettiva corrispondenza alle effettive realtà sociali, per un esplicito impegno assunto dai nuovi governanti per evitare conflitti interstatali. Viene descritto il collante anticolonialista come fondamento dei nascenti nazionalismi, dietro i quali si combattevano tra le nuove elite quelle modernizzatrici e quelle tradizionaliste, ed il comune problema della mancanza di una burocrazia preparata a gestire le nuove problematiche tanto amministrative quanto politiche. Le grandi aspettative generate dall'indipendenza vennero tradotte in diverse strategie di sviluppo, accomunate da un forte intervento dello stato nell'economia, con varianti che vanno da vere e proprie esperienze di (tentato) socialismi scientifico ad approcci che valorizzando il tradizionale "comunitarismo" perseguivano una sorta di via africana al socialismo. Al di là delle ideologie tratto comune fu la personalizzazione della cosa pubblica, con le regole formali del funzionamento delle istituzioni stravolte da logiche di tipo patrimoniale (neopatrimonialismo), con l'esercizio personale del potere da parte del leader  nazionale. Tra molte varianti i regimi furono accomunati da diffusa corruzione, peso lasciato alle reti clientelari, accaparramento della gestione di risorse pubbliche. Oltre al negativo effetto sullo sviluppo economico degli stati, tali caratteristiche generavano una situazione di polarizzazione tra gruppi etnici piuttosto che tribali o economici, l'uno dei quali vincente, gli altri esclusi dalla possibilità di partecipare alla spartizione delle poche rirorse disponibili, con inevitabili effetti sulla instabilità politica e sulla diffusione di conflitti civili.
Il frequente passaggio a regimi autoritari fu solo uno degli effetti di queste situazione, che videro in molti casi una vera e propria crisi se non fallimento dello stato, che paradossalmente non sfociò, per l'interesse della comunità internazionale a preservare lo status quo nella formazione di nuove entità politiche. 
L'autore si dilunga su questo processo, come poi sulla natura e sulla classificazione dei conflitti (soprattutto) interni agli stati, per poi concludere sugli esiti di taluni processi di evoluzione in senso democratico affacciatisi dalla metà degli anni Novanta.



giovedì 3 novembre 2022

Come una freccia dall'arco scocca

Sarà il caso di darsi una calmata.

Massimo Gramellini nel suo "caffè" di oggi trae spunto dall'incredibile fatto di cronaca di Genova (un passante eccede nella rumorosità notturna in strada, nasce un alterco con un abitante della zona che, arciere dilettante, lo trafigge e uccide con una freccia) per un ragionamento di carattere generale.
A furia di invocare la tolleranza zero abbiamo cominciato con l’azzerare l’umanità, smarrendo la consapevolezza che ogni perdita di autocontrollo può sortire effetti letali. Persino l’arcaico «occhio per occhio, dente per dente» contemplava una proporzione tra l’offesa e la reazione. Ai tanti che passano le giornate a sentirsi perennemente vittima di qualche sopruso, bisognerebbe cominciare a spiegare che il mondo, nella sua indifferenza, non ce l’ha con nessuno. 
Per caso stamane mi è capitato tra le mani un libro di Veneziani: Scontenti. Per Veneziani (leggo dalla sintesi su IBS) "Non è la rabbia né l’odio e nemmeno il narcisismo, come invece si sente ripetere, la molla che spinge verso un atteggiamento negativo e ribelle, ma qualcosa di più profondo che li precede. Si tratta di uno stato d’animo personale ed epocale, che solo dopo muta in protesta e in rancore: la scontentezza. A lungo il potere ha puntato sulla rassegnazione, sull’accontentarsi delle persone. Poi è passato a veicolare l’insoddisfazione permanente, la voglia di essere, fare e avere altro, per asservirci tramite i consumi e renderci dipendenti".

Vedere in ogni fenomeno un disegno malefico e magari interessato non fa parte del mio modo di pensare. Di certo in molti ambiti la "narrazione" (azz, ecco un'altra parola della settimana, di molte settimane) rimarca aspetti che lasciano il destinatario, come dire, un po' incazzato. 
Così la politica, il giornalismo, non parliamo della comunicazione via social.

Più faticoso spiegare (ancor più a chi, per capire, dovrebbe far corrispondere altrettanta fatica) che la realtà è complessa, i molti motivi per cui la nostra vita è migliore di quella dei nostri nonni e dei nostri genitori (e dei ragazzi iraniani), quasi tabù far comprendere che sofferenza, dolore, e anche morte non possono essere eliminate.   

Nei commenti all'articolo di Gramellini, postati non da esaltati ma da persone che padroneggiano l'italiano e sembrano ben simboleggiare il senso comune, prevalgono pur nella condanna della reazione i riferimenti alle cause che la possono aver determinata.   

Non ci siamo, se si perde il senso che l'uomo è padrone e responsabile delle proprie azioni, non sempre vittima del destino cinico e baro, piuttosto che della polizia che non reprime i reati minori o del disagio psichico indotto dalla società moderna. 

Shervin Hajipour - Baraye

Satolli, quasi annoiati da tanto benessere e libertà, abbiamo ancora il cuore capace di ascoltare queste parole?


'Baraye' Di Shervin Hajipour
Per ballare nei vicoli
Per il tremore quando si bacia l'amata
Per mia sorella, tua sorella, le nostre sorelle
Per cambiare le menti arrugginite
Per la vergogna della povertà
Per il rimpianto di vivere una vita ordinaria
Per i bambini che si tuffano nei cassonetti e i loro desideri
Per questa economia dittatoriale
Per l'aria inquinata
Per Valiasr e i suoi alberi consumati
Per il ghepardo persiano in via di estinzione
Per i cani innocenti uccisi per strada
Per tutte queste lacrime inarrestabili
Per la mancanza dei bambini uccisi
Per gli studenti e il loro futuro
Per questo paradiso forzato
Per gli studenti d'élite imprigionati
Per i ragazzi afghani
Per tutti questi "per" che non sono ripetibili
Per tutti questi slogan senza senso
Per questi edifici crollati
Per la sensazione di pace
Per il sole dopo queste lunghe notti
Per le pillole contro l'ansia e l'insonnia
Per gli uomini, la patria, la prosperità
Per la ragazza che avrebbe voluto essere un ragazzo
Per le donne, la vita, la libertà
Per la libertà
Per la libertà
Per la libertà

La parola della settimana

C'è stato il turno di "atlantista". Più usata nei dieci giorni che hanno preceduto la formazione del governo che nei 70 anni precedenti.

Ora siamo a "securitario".

Dai che ci rifacciamo il vocabolario

martedì 1 novembre 2022

Cremona 30 ottobre 2022

Sull'onda di un inizio trionfale, 2500 cuori friulani invadono Cremona speranzosi in una bella vittoria.
I miei cattivi presentimenti purtroppo trovano conferma in una prova in cui manca soprattutto la cattiveria di buttarla finalmente dentro.
È brutto ammettere che il sogno deve finire, e allora non lo facciamo.
Udine!

Ci facciamo chilometri, superiamo gli ostacoli, solo per te, Udinese ale.

lunedì 24 ottobre 2022

E ora sono cazzi

Un pensiero solidale alla signora Draghi che, da stamane, si ritrova a casa, improvvisamente, questo marito che, per inciso, ha l'aria di voler avere sempre ragione su tutto.

domenica 23 ottobre 2022

Forza ragazzi یالا بچه ها

Sì, è un periodo che ho in mente soprattutto Deulofeu e Samrdzic, Bijol e Success.
Ci sono però degli altri ragazzi, cui il pensiero ed il cuore vanno nei momenti in cui torna la lucidità.



Sono i ragazzi che in Iran rischiano la libertà, le ossa e la vita per dire basta ad un regime che pretende di negare loro tutto quello che rende la vita di un giovane uomo, di una giovane donna degna di essere vissuta, fino a uccidere per una ciocca di capelli lasciata scoperta
Donna vita libertà.
Lo slogan gridato anche dagli uomini è una trilogia potente, parole che diventano un canto che farà storia come Libertè Egalitè Fraternitè.

Forza ragazzi, forza ragazze.
 

Il rovescio (i rovesci) del diritto

Commentando stamane con un amico quanto ci fosse sembrato didascalico il libro di Cassese, abbiamo convenuto come la lettura non potesse aggiungere molto, in termini di conoscenze e riflessioni, a degli accaniti ascoltatori di radioradicale ed in particolare della rubrica "Il rovescio del diritto" di Gian Domenico Caiazza.

Il presidente della Unione della Camere penali è una persona, oltre che dotata di saldi valori liberali e di forte spirito combattivo nel difenderli, estremamente abile nello spiegare, con quella sua voce calda e rassicurante, come certi temi che appaiono astratti concetti per legulei si riflettano in realtà in fatti che possono ricadere rovinosamente sulla vita e sulla libertà delle persone.

Ascoltare per credere, ad esempio, le sue parole di oggi sul tema dell'immediatezza nel processo, declinato in un caso concreto in cui un processo ha visto un volteggiare di giudici che manco la camera d'albergo di George Best negli anni buoni.

mercoledì 19 ottobre 2022

Standing ovation per te

Chissà cosa si prova, a leggere il proprio nome sulle banconote che si usano, a Roma a Parigi a Lisbona, per pagare il caffè, me lo sono chiesto più volte.
Quando venne nominato Governatore della BCE, mi ricordo smossero mari e monti. Mario Draghi era il migliore, l'unico considerato capace alla bisogna di portare fuori l'economia europea dalle peggiori crisi. Come ebbe modo di provare quando con lucidità e determinazione fu poi capace di salvare la moneta europea e i risparmi di milioni di persone, dico non la Salernitana dalla serie B.
Al commiato, terminato il suo mandato, ci fu un'incredibile cerimonia con Mattarella Macron e Merkel che gli tributarono una standing ovation reale e morale, oltre ai più alti riconoscimenti di stima.
Chiamato al capezzale del Paese nel suo peggior momento, ha dato vita ad un governo che ha fornito prova purtroppo inedita di autorevolezza, serietà, spirito di servizio. Basterebbe guardare la Gazzetta ufficiale di questi giorni per comprendere la quantità del lavoro fatto, fino all'ultimo, da un ministero di cui difficilmente vedremo l'eguale.
Un Presidente la cui autorevolezza personale trascinava nei consessi internazionali il prestigio di un intero Paese, capace di comunicare in maniera semplice e diretta, rispettoso delle istituzioni e delle procedure democratiche anche quando il livello di chi lo circondava avrebbe indotto anche un santo a sbottare. 
Padre della patria l'unica definizione possibile, grazie l'unica parola che non è inutile spendere 

sabato 15 ottobre 2022

Il governo dei giudici

 di Sabino Cassese


E vabbè, mi sono fatto fregare.

Da questi libri sul tema del momento, scritti da un venerato maestro (per il quale non stravedo, per inciso), di solito mi tengo alla larga.

Già ero tentato dal titolo che evidentemente allude ad un tema per me molto sensibile... ha fatto il resto un buono IBS ed hoplà, ecco in 3 giorni a casa questo volumetto di 100 pagine, per metà una conferenza riciclata, per la seconda metà un resoconto riassuntivo dei mali della giustizia italiana, infarcito di citazioni per lo più superflue.

I temi affrontati (direi meglio evocati) sono la mancanza di risposta alla domanda di giustizia, descritta dati (dei processi e della loro durata) alla mano, la qualità delle leggi (troppe ed eccessive nella materia penale), l'eccessiva presenza dei magistrati in distacco nei ministeri, la politicizzazione del CSM, lo strapotere dei procuratori e le dinamiche della loro esposizione politica e mediatica, la pretesa di perseguire finalità morali e sociali e non la semplice applicazione della legge.

La questione fondamentale è l'alterazione dell'equilibrio costituzionale dei poteri, con un'indipendenza divenuta autogoverno e pretesto per consentire irresponsabilità e capacità di non rispettare l'indipendenza altrui (ovvero di una politica che ha, piene, le sue colpe nell'aver delegato ai giudici troppi dei suoi compiti).

Manca, solo evocata, una riflessione sugli effetti di molti comportamenti indotti e consentiti dalla situazione descritta sulla vita delle persone, spesso distrutta da indagini del cui esito, se fallimentare, nessuno è chiamato a chiedere conto.  

martedì 11 ottobre 2022

E fu subito regime

di Emilio Gentile
Cronaca dettagliata e fondata sulle fonti dei giorni che precedettero, un secolo fa, la formazione del governo Mussolini.
La tesi dell'autore è che non si trattasse di un destino scritto, ma che l'esito della rivolta potesse essere ben diverso se diverse fossero state decisioni ed azioni di alcuni dei protagonisti, il suo intento narrare i fatti dalla prospettiva di chi non sapeva come sarebbe andata a finire.

sabato 24 settembre 2022

Vota e fai votare... Giampaolo Pozzo

Ecco il programma definitivo:

Giochiamo partita per partita, la mia speranza è di andare in Europa, la squadra è attrezzata poi, si sa, ci vorrà anche un pizzico di fortuna, il non avere infortuni gravi ma siamo una società ed un popolo ambiziosi: pensiamo di avere il diritto a qualche soddisfazione importante


God save the King

Ci sono campioni che diventano simboli di uno sport, ne impersonano l'essenza, al dà di essere stati i migliori o più vincenti di sempre

Jordan, Alì, Valentino. Fausto Coppi e Ayrton, anche per il risvolto tragico.

Ancora di più, forse Roger Federer ha impersonato il tennis: classe, eleganza, determinazione, cui ha aggiunto un tocco di leggerezza che lo ha elevato sopra gli altri supercampioni con cui si è battuto.


L'addio, in un doppio con Rafa, con Djokovic e Borg in panchina, con McEnroe sull'altra, è stato all'altezza del personaggio; ascoltare per credere le parole che gli ha riservato John.

Viva il tennis, viva lo sport, viva Roger Federer. 

lunedì 19 settembre 2022

Non mi svegliate

Ho già dichiarato qual è il sogno.

Martinez non ha segnato, abbiamo vinto in rimonta come da copione che vorremmo aver scritto noi.


Gol preso a freddo, dimostriamo grande freddezza e forza, per venti minuti non li facciamo uscire dalla meta campo. Mai vista una squadra così in difficoltà.

Dopo il fortunato ma meritato pareggio, ce la giochiamo alla pari per mezzora a cavallo dell'intervallo, le diamo e le prendiamo.

Negli ultimi minuti calano e affondiamo il colpo, da manuale, quando è troppo tardi per recuperare.

Dopo la quinta vittoria, si potrebbe pensare all'analogo traguardo di Oddo, e a quel che successe dopo.

Preferisco pensare a quel giorno di dicembre 1997, quando Oliver volò alto, li battemmo e capimmo di essere forti. Anche allora nessuno voleva lasciare lo stadio, l'ho sempre pensato come l'apice della nostra storia.

Come nei sogni, è un sogno, non mi svegliate



Il partito radicale

di Gianfranco Spadaccia
Quando con un amico ho commentato l'uscita di questo libro, abbiamo subito convenuto su un dettaglio: che bella copertina!
La consueta eleganza dell'edizione Sellerio si sposa magnificamente con il rosso della rosa nel pugno, simbolo che (qui subisco un inevitabile "transfert ideologico") mi ispira freschezza, modernità, libertà.
Spadaccia verga una testimonianza dettagliatissima di una vita in larga parte identificatasi con l'attività politica e con il soggetto in cui l'ha in gran parte praticata, il partito radicale.
Un po' storia alla maniera in cui viene scritta dai giornalisti, un po' libro di memorie, l'opera sottrae all'oblio una serie di ricordi che senza di lui sarebbero certamente andati persi, legandoli alle vicende di un movimento politico unico per caratteristiche e per i risultati che ha saputo raggiungere in rapporto alle (poche) forze.
Veniamo a conoscenza di importanti particolari su alcune decisioni sull'organizzazione e sulle campagne, che ci portano a vederle su una luce nuova.
Il punto di vista di Spadaccia oltre che al rapporto con Pannella è legato, soprattutto nella fase centrale, alla possibilità di perseguire un'alternativa a sinistra agli equilibri sclerotizzati della Prima repubblica.
A partire dagli anni 90, in coincidenza con il periodo in cui ho cominciato a interessarmi ai radicali, Spadaccia lasciò l'impegno diretto, la parte del libro che si occupa di questa fase è una cronaca dall'esterno.

sabato 17 settembre 2022

Il cavaliere e la morte

di Leonardo Sciascia.
Una delle ultime opere di Sciascia, con un tocco di Friuli visto che venne scritta durante un soggiorno che lo vide ospite del "Premio Nonino".
Scriveva Beniamino Placido che fare cultura vuol dire invogliare a prendere in mano un libro. La lettura di Sciascia riesce benissimo in questo, quando superata l'ammirazione per l'erudizione che traspare dalle sue pagine e un po' di vergogna per la propria ignoranza (attenuata dalla soddisfazione di aver sfogliato, come il ragazzo dell'ottantanove arrestato, la 'Rivoluzione francese' di Mathiez), ti porta a compilare l'elenco delle prossime letture.
Primo della lista, l'Isola del tesoro.
Dev'essere stato uno dei "giusti" di Borges, quello contento che esista Stevenson, ad aver detto che quella lettura è "quanto di più si poteva assomigliare alla felicità".
Questa volta l'autore della vera indagine, tutta intellettuale, che comprende il delitto più di quella ufficiale, è un poliziotto. Non il commissario, il Vice.
Alle prese con il male che gli impone continuamente davanti agli occhi, con l'incisione di Dürer, il tema della morte, formula subito il dilemma intorno al quale ruota l'inchiesta: i figli dell'ottantanove sono stati creati per uccidere Sandoz o Sandoz è stato ucciso per creare i figli dell'ottantanove?
I riferimenti alla storia recente appaiono immediatamente comprensibili, l'intento etico del libro è enunciato in un'intervista del 1987: "Il mio ruolo è di dire le cose che noto o che scopro nella realtà: due e due fanno quattro e, identificate certe promesse, il risultato sarà inevitabile. Basta conoscere la storia italiana per capire che cosa capita oggi o accadrà domani. Non ho nessun dono profetico: basta, ripeto, conoscere e osservare, e aver il coraggio di opporsi al conformismo e alla verità ufficiale".
La comprensione della realtà diventa arte raffinata, vera e grande letteratura, in un racconto composto di parole lievi e raffinate, personaggi tratteggiati con poche pennellate, chicche lasciate qua e là tra riferimenti letterari e fulminei giudizi con i quali viene incenerita la parola "paninoteca" piuttosto che la "conversione" degli ex tabagisti.

Ci si converte sempre al peggio, anche quando sembra il meglio. il peggio, in chi è capace di conversione, diventa sempre il peggio del peggio.

La signora era magra, ma non sgradevolmente; la si poteva dire leggera, poichè leggero, di vibratile leggerezza, era il suo muoversi, il suo gestire.

Una legge, pensava, per quanto iniqua è pur sempre forma della ragione: per conseguirne il fine di estrema, definitiva iniquità, quegli stessi che l'hanno voluta e che l'hanno fatta, sono costretti a prevaricarla, a violentarla. 

Più volte fu costretto a dichiarare che si trattava di un presunto figlio dell'ottantanove; mai dimenticando, secondo diritto, il presunto: che come ognun sa è invece sinonimo, nel corrente linguaggio giornalistico, di colpevolezza certa.

Ma il mondo, il mondo umano, non aveva sempre oscuramente aspirato ad essere indegno della vita? Ingegnoso e feroce nemico della vita, di se stesso; ma al tempo stesso aveva inventato tante cose amiche: il diritto, le regole del gioco, le proporzioni, le simmetrie, le finzioni, le buone maniere..."

Ah, l'elenco.
Stevenson, Montaigne, Proust, Tolstoj, Leopardi, Gide, Hugo.

venerdì 16 settembre 2022

giovedì 15 settembre 2022

1984

di George Orwell

Invogliato da alcune citazioni nel libro della Soncini, mi sono finalmente confrontato con questa celeberrima opera.
Inevitabile la caccia ai passi in cui rinvenire gli aspetti profetici , su cui prevale poi il cuore del libro, la riflessione sul tema del potere e della solitudine dell' uomo di fronte ad esso.
La lotta per conservare un po' di umanità, legata al desiderio di non rinunciare al proprio corpo e al legame con ciò che rimane della verità danno un senso alla vita del protagonista, la sua sconfitta è il presagio del destino dell'uomo.
Particolarmente interessante è la descrizione del rapporto tra il linguaggio e la realtà. La neolingua è lo strumento con cui il socing costruisce il suo nuovo mondo, in cui il controllo poliziesco non sarà più necessario perché la libertà non potrà più nemmeno essere pensata.
Quel che mondo orwelliano è disegno mefistofelico, nel nostro mi appare sullo sfondo come possibile esito dell'impoverimento culturale: che ne sarà di milioni di persone per cui un libro sarà solo un oggetto di antiquariato?

Il sogno di una cosa

Sogna, il tifoso, non ragiona.
Lo sa, che quello che lo aspetta è, si spera sempre, il mantenimento della categoria. 
Quando va meglio, un anno senza patemi, un gioco accettabile, una vittoria di prestigio in casa.
E però, ogni volta che infiliamo due buone partite, la fantasia corre, agli anni buoni e anche più in là.
Con la Roma è stata notte magica. Lezione di calcio al re degli sbruffoni, incapace di fare fare ai suoi tre passaggi di fila, ma bravissimo a dare la colpa di un tracollo senza appello ai raccattapalle. 
Abbiamo goduto, abbiamo fatto un bel po' di casino, ma poi abbiamo ricordato il Guido: "stin calmuts". 
A Sassuolo siamo andati proclamando che ci bastava il pari. E siamo tornati con  3 punti figli di santa pazienza non meno che del talento di alcuni giocatori finalmente capaci di farci rivivere certe giocate.
Stin calmuts
Domenica c'è l'Inter, ci basta il pari.
Mica possiamo vincerne 5 di fila, poi c'è il Verona dove non possiamo fallire. Ci temono, non ci sottovalutetanno, si sono rinfrancati 
Stin calmuts.
È prudente, il tifoso che ne ha viste tante, più di tutte le delusioni.
Ma nel fondo del suo cuore, senza ammetterlo a nessuno, è chiaro quello che sogna, e sognerà fino a domenica e fino al gol di Martinez: il Leicester.

mercoledì 24 agosto 2022

Monte Festa

Trovata un'insperata sponda in mio figlio, per un'escursione necessariamente breve in giornata di partita, scelgo un altro "sentiero della Memoria", l'ascensione del Monte festa da Interneppo.

La pista che sale da poco sopra il paese è una comoda mulattiera, che in diversi punti abbandoniamo in favore del sentiero che ci permetto un discreto risparmio di strada.

Sulla strada si aprono scorci di un panorama suggestivo, la distanza rende attraente persino il vituperato lago di Cavazzo.

La cima raggiunta in un paio d'ore offre diverse sorprese, tanto l'ampio panorama che spazia sino a Tolmezzo, quanto il Forte, costruzione molto particolare scavata nella roccia sommitale.
Escursione facile e di indubbio interesse.


 

Pal Piccolo

Per l'uscita di Ferragosto l'escursione sta diventando una piacevole tradizione.

Opto per un grande classico, l'ascensione del Pal Piccolo, che affrontiamo dal lato italiano, tralasciando il lato austriaco per alcune difficoltà segnalate.

In un paio di ore di agevole camminata raggiungiamo le trincee che costellano la parte immediatamente sottostante la cima. Sono molti i sentieri che permettono di visitare le centenarie installazioni militari, si potrebbe camminare veramente a lungo percorrendole tutte.

Sulla cima si è indecisi se indugiare sulla bella visuale sul versante austriaco e sulla valle del But, oppure riflettere sulle condizioni di vita di coloro che combatterono su questa cima, in trincee opposte i cui resti permettono, come in pochi altri luoghi, di avere veramente contezza di quanto breve fosse la distanza tra la vita a la morte per quegli uomini.

Il ritorno è ancor più rapido con una piccola variante sulla pista del Freikofel, per poi fare una breve passaggio a Mauten prima del rientro a casa.





Quei bacchettoni dei finlandesi

Difficile trattenersi dal pensare che a Sanna Marin vogliano farla pagare per essere donna, giovane, bella e potente.

Manco fosse un accenno di rissa tra Juric e Vagnati, circolano sui video in cui fa cose, come ballare o cantare, tra le più innocenti e naturali che si possano aspettare da una persona di quella età.

Chiaro che le polemiche hanno matrice politica, il fatto che siano possibili ci dà la vera notizia, che ci sono i bacchettoni anche nei "popoli nordici a noi superiori".


Quando sono in curva nord

Dopo 40 anni, inizia il primo campionato in curva, inevitabile approdo. 

Si vede bene?

Non è questo il punto, come ben capisce chi sa cogliere la differenza tra andare a vedere una partita e andare a tifare la propria squadra


Un parlamento di nominati

Mai come in questa occasione (complice la diminuzione del numero dei parlamentari) la formazione delle liste è stata vissuta come un thrilling, un'ordalia.

Per forza.

Con questa (e con le precedenti) leggi elettorali, la formazione delle liste è di fatto un atto di nomina, visto che tra collegi sicuri e liste bloccate tre quarti dei nuovi parlamentari sono già noti.

Normale che gli esclusi "eccellenti" l'abbiano presa male, come i dirigenti locali che hanno dovuto lasciare il posto ai "visitors".

Non è democrazia questa, francamente assomiglia di più alla legge Acerbo che ad una vera procedura elettorale.

domenica 21 agosto 2022

Fare la nostra parte per questo nostro difficile paese

A Piero Angela il Presidente Mattarella ha riservato parole non banali:  
"Provo grande dolore per la morte di Piero Angela, intellettuale raffinato, giornalista e scrittore che ha segnato in misura indimenticabile la storia della televisione in Italia, avvicinando fasce sempre più ampie di pubblico al mondo della cultura e della scienza, promuovendone la diffusione in modo autorevole e coinvolgente.
Esprimo le mie condoglianze più sentite e la mia vicinanza alla sua famiglia, sottolineando che scompare un grande italiano cui la Repubblica è riconoscente".

Grande italiano.
La Repubblica è riconoscente.

Difficile immaginare un orgoglio più grande, peccato non lo possa provare il destinatario, che però ha avuto l'idea di lasciare un ultimo messaggio, denso di insegnamenti come la sua vita e la sua attività professionale.

«Cari amici, mi spiace non essere più con voi dopo 70 anni assieme. Ma anche la natura ha i suoi ritmi. Sono stati anni per me molto stimolanti che mi hanno portato a conoscere il mondo e la natura umana.
Soprattutto ho avuto la fortuna di conoscere gente che mi ha aiutato a realizzare quello che ogni uomo vorrebbe scoprire. Grazie alla scienza e a un metodo che permette di affrontare i problemi in modo razionale ma al tempo stesso umano.
Malgrado una lunga malattia sono riuscito a portare a termine tutte le mie trasmissioni e i miei progetti (persino una piccola soddisfazione: un disco di jazz al pianoforte…). Ma anche, sedici puntate dedicate alla scuola sui problemi dell’ambiente e dell’energia.
È stata un’avventura straordinaria, vissuta intensamente e resa possibile grazie alla collaborazione di un grande gruppo di autori, collaboratori, tecnici e scienziati.
A mia volta, ho cercato di raccontare quello che ho imparato.
Carissimi tutti, penso di aver fatto la mia parte. Cercate di fare anche voi la vostra per questo nostro difficile paese.

Un concentrato di valori.
La consapevolezza della propria fortuna; il valore dell'apprendimento; la gratitudine; il desiderio di trasmettere la conoscenza.
Ma soprattutto, nella parte finale, il richiamo al dovere, che ciascuno ha, di fare la sua parte nella sua comunità.

Il cuore del messaggio è la parola "difficile"; l'Italia lo è soprattutto per la sua incapacità di sottrarsi al familismo amorale e all'individualismo, ed è purtroppo facile prevedere che l'appello finirà dai più inascoltato.

giovedì 18 agosto 2022

Milan Udinese, 13 agosto 2022

Continua il 2022 delle trasferte, approfitto di data ed orario favorevole per tornare a San Siro dopo quasi vent'anni.
Trovo un posto in corriera con l'Udinese Club Friuli, così i ragazzi oltre a vedere il Meazza possono fare anche l'esperienza di una autentica gita anni Ottanta. Partenza ore 11, sosta pipì, panini nel parcheggio dello stadio. 
Il tempio è sempre lì, grande e maestoso. Mi chiedo come si possa pensare di demolirlo, oltre che i motivi sentimentali, di fronte al problema di spostare e smaltire il materiale di risulta.
Partita vivace e divertente, non attendibile sulla forza delle due squadre, comunque evidentemente diversa. L'Udinese non sbraca, contrariamente a quanto temuto. 
Il gruppetto dei ragazzi cui ci uniamo fatica a fare sentire la sua voce in uno stadio pieno e caloroso, colmo di orgoglio e amore per una squadra sempre bella a vedersi, e che dà l'impressione di una inusuale capacità di creare occasioni offensive.
Non si molla, a portarci qui è una passione che prescinde dai nomi dei calciatori, dalla prestazione, dai risultati.

Ci facciamo i chilometri
Superiamo gli ostacoli
Solo per te
Udinese Alè

Bravi guaglioni e brutti cioffi

Il vecchio tifoso che rimpiange e pretende le "cold nights in Stokes" non è stato certo l'unico a restare commosso di fronte al bel video con il quale Dries Mertens ha salutato, qualche giorno fa, i tifosi napoletani. 
"Ciro" è evidentemente una persona che ha compreso quanto la vita gli ha dato, tra cui la possibilità di divertirsi moltissimo, circondato da un amore sconfinato e giocoso.
E che restituire, oltre a parole belle e sincere di ringraziamento e di identità, il rispetto per tanta passione, valeva di più di qualche gol e qualche partita in Champions alla Juve.
Allora ci può ancora essere, il rispetto per i tifosi.
Mi chiedo cosa ne pensi "Uno-di-noi-Gianpiero-Pinzi", già bandiera bianconera, per il quale i compassatissimi tifosi friulani scesero in piazza al momento della cessione, acclamato anche da ornamentale membro dello staff per la sua dedizione e attaccamento alla maglia (presunte, diremmo ora).
È andato al Verona, a fare il vice di un allenatore di cui mi sfugge il nome, peraltro sconosciuto anche ai giornalisti sportivi fino a pochi mesi fa, prima che una società desse la panchina di serie A a lui, che aveva allenato solo in quarta serie.
Dio li fa e poi li accoppia, anche quelli che chiamano professionismo l'ingratitudine, accompagnata in questo caso dall'improntitudine di una scelta clamorosamente autolesionista anche in una prospettiva di carriera.

giovedì 11 agosto 2022

C'è un giudice a Verona

La lettera che il dottor Vincenzo Semeraro, giudice di sorveglianza, si è sentito di dover scrivere dopo il suicidio di Donatella, è un documento che strazia, fa riflettere, amareggia e fa sperare al tempo stesso.
La strage silenziosa che avviene nelle nostre carceri è un dramma e una vergogna cui si aggiunge il dippiu del silenzio, della dimenticanza, su un argomento tra i meno "spendibili" nel dibattito pubblico, sicuramente il meno conosciuto e spiegato (salvo i soliti quattro gatti, spelacchiati e perlopiù radicali).
Quarantanove suicidi dall'inizio dell'anno:
di per sé un dato enorme, un gigantesco atto di accusa al sistema, come ha ammesso il dottor sistema addossandosi la responsabilità di un fallimento.
Al di là dei drammi personali, molto semplicemente è l'incapacità dello stato di pretendere da se stesso il rispetto delle regole che si è dato, come è reso evidente dalla drammaticità della situazione carceraria, ad essere chiamata in causa. 
Confermando che dove c'è strage di diritto, c'è strage di persone.
Eppure eppure, fa capolino un barlume di speranza. 
Leggere di un giudice che spiega di avere a che fare con delle persone, non con dei detenuti; che si reca personalmente negli istituti per conoscere, singolarmente, le persone della cui vita deve decidere; che soffre per il suicidio di Donatella, del quale è l'ultimo probabilmente ad avere colpa; che è capace di chiedere scusa; sono cose cui, sinceramente, dottor Semeraro, non ci ha abituato la nostra magistratura. 
Eravamo sfiancati dall'attesa: ora sappiamo che c'è un giudice a Verona.

martedì 9 agosto 2022

L' era della suscettibilità

di Guia Soncini

Polemista intelligente e consumata, Guia Soncini ha buon gioco a prendersela con la stupidità dei tempi, nella sua specifica declinazione costituita dal diritto/dovere di indignarsi. 
Molti dei riferimenti vengono dall'America, ove sono avanti con la cancel culture, con il politicamente corretto portato all'estremo e retroattivo: e non si sa se dobbiamo temere che arriveremo anche noi, a essere come loro, o ci salverà il nostro disincanto da Old Europe.
La "morte del contesto", il "feticismo della fragilità", l'"indignazione deperibile", la "premessite" sono il comodo bersaglio dell'ironia dell'autrice, dalla parte è cui facile sentirsi illudendosi di essere colti e disincantati al suo pari.   
Certo ha il fegato di sfidare sul loro terreno, i social, i protagonisti della facile indignazione del momento; magari non quello di non starci, sui social.
L'argomento consente di esercitarsi su una considerevole mole di idiozie generate dalla dittatura degli offesi; un po' di divertimento come contropartita dell'ammissione che hanno vinto loro, ahi, miscelata con nostalgia di quando "la fine di Andreotti" spopolava su Cuore. E, aggiungo io, di quando Banfi poteva cantare "Benvenuti a 'sti frocioni" (ci starebbe nel capitolo "pensa oggi", Guia). 
Il vantaggio della politica identitaria è che ti libera dal peso della tua inadeguatezza, inadeguatezza che spesso è la tua principale identità. Eh già, non siamo tutti uguali, ci sono i più belli e i più intelligenti, gli altri rosicano e si indignano.   

giovedì 4 agosto 2022

Postcards from Fusine

Lo spettacolo, a Fusine, era comunque garantito. Le Giulie sono ricoperte dalla fantastica foresta di Tarvisio che fa da contorno a due specchi d'acqua che sembrano messi lì per ricordare quale sia l'unica cosa essenziale. Uno scenario unico che James Blunt ha onorato con 90 minuti di buona musica, senza risparmio di energie (fan diving compreso) e concedendo al pubblico tutti i suoi pezzi più noti, assieme al meno noto, ma staordinariamente commovente "Monsters" dedicato al padre.
Bravo, classe!
Scaletta del concerto 
Breathe
Wise Men
Carry You Home
Adrenaline
High
Goodbye My Lover
Smoke Signals
I Really WAnt You
Love Under Pressure
Postcards
So Long Jimmy
Same Mistake
Monters
Cuz I Love you
You’re Beautiful
Stay The Night
Ok
BIS
Bonfire Heart
1973
Gli appuntamenti del terzo weekend

sabato 16 luglio 2022

Zeru tituli

Oggi il Messaggero ci ricorda una ricorrenza centenaria.


E vabbè, ci sarebbe quello "scudetto" del 1896 reclamato e mai assegnato. La Mitropa nemmeno la voglio ricordare, anche se ce l'ho su una vecchia bandiera.

La verità è che noi c'abbiamo "zeru tituli", ma non per questo siamo meno fieri dei nostri "120 anni di orgoglio, storia e tradizione". Ora sono 125, e ci aggiungo la nobiltà alle prerogative di una piccola ma grande società, capace come poche altre di essere anche capofila nelle innovazioni.

In questa storia sono più le sconfitte delle vittorie ("son passati più di trentanni, quante gioie, quanti dolori") ma non la cambieremmo con nessun altra.


venerdì 15 luglio 2022

Cosa è un campione

Un campione è un giocatore forte, insuperabile, cui riescono cose per gli altri impossibili.

Un campione è l'ultimo a mollare, anzi è quello che non molla mai.
Un campione è il leader cui guardano i compagni nei momenti di difficoltà.
Un campione è quello che sa vivere fuori dal campo di calcio, che si rende protagonista di gesti da vero uomo.
Un campione è chi sa essere riconoscente, e nel momento del commiato trovare le parole giuste, e lascia circondato da affetto e rispetto.
Un campione, idolo di una città, è quello che rispetta i tifosi e alla Juve non ci va.
Onore a te, Kalidou Koulibaly.

giovedì 14 luglio 2022

E li pagano anche. Pure bene

Per giocare a pallone, da campioni d'Italia, con una delle maglie più gloriose del mondo.

 
Certe volte viene da pensare che siano solo dei ragazzi che si divertono.

Ma poi ti sovvengono Gigio ed Hakan.

lunedì 11 luglio 2022

Era l'anno dei mondiali, quelli dell'82

Più volte, celiando ma fino ad un certo punto, ho detto che l'11 luglio 1982 è la data di nascita spartiacque tra le persone che considero della mia generazione e quelle della successive.

Che cosa ho da dire io, a chi è nato dopo il mondiale?

Che estate quell'estate, che gioia, quella gioia.  Che momenti, tra i pochissimi dei quali tutti si ricordano dov'erano, con chi, come l'11 settembre ed il giorno dello sbarco sulla luna.

Ed il poster dei campioni del mondo, per anni rimase sopra il mio letto.

Io settenne ho seguito a casa il girone eliminatorio e la vittoria contro l'Argentina; le successive, dai nonni a Ospedaletto dove passavo molta parte dell'estate. Abbastanza piccolo per non cogliere il contesto sociale di cui molto si parla in queste giornate di rieducazione, ho vivissimi ricordi delle partite, che ho seguito con la  grande attenzione consentita dall'età, tanto che per anni ho tenuto a mente tutti i risultati della manifestazione. Mi ero innamorato del grande Brasile, a partire dalla sua rimonta con l'URSS (il Brasile rimonta, disse papà quando andarono sotto; e lo stesso io pensai e ripetei a tutti i goal di Rossi, il 5 luglio), al punto che fui quasi dispiaciuto quando li buttammo fuori. E ne avevo ben donde, perchè un simile condensato di classe mai più l'ho rivisto.

Ma come dalla narrazione ormai consolidata di quella partita, forse seconda solo a Italia Germania del 1970, sulla strada degli dei si trovò un gruppo di uomini che, reso più forte dalle difficoltà e dalla solitudine, strettosi attorno al suo creatore severo e giusto come un vero padre, ritrovò al momento giusto il suo campione, quel "ragazzo come noi" che un destino ingiusto sembrava aver maltrattato e poi dimenticato. 

E fummo campioni. Tutti, anche io, soprattutto un intero paese che non aspettava altro che scrollarsi di dosso un decennio di lutti e divisioni, attorno ad una maglia azzurra numero venti.  

E' forse l'affetto per l'infanzia a farmi velo: ma mi sembra che tanti campioni, tutti assieme, non ci siano mai stati. Zico, Maradona, Platini, Rummenigge, Keegan. E poi le scoperte Madjer, Tigana, Whiteside, Littbarski. La Francia bella e sprecona. La Germania che non molla mai. L'Inghilterra che al dunque non c'è. L'URSS che parte forte e poi sparisce. Noi che nelle difficoltà tiriamo fuori il meglio. Quanti stereotipi ho imparato per sempre, in quella occasione? 

Niente cortei, l'11 luglio. Il nonno andava a dormire prima delle 9, non mi ricordo se fece un'eccezione quella volta, ma dieci minuti dopo che alzammo la coppa ero già in cameretta, a ripetere "campioni del mondo".

Se dico che quel mondiale mi ricorda l'innocenza perduta, non è solo una figura.

Nella foto accanto al Presidente: il più grande allenatore friulano, il più grande giocatore friulano, il capitano dell'Udinese.