Parlo del Dio del calcio, cui mi ero appellato perché consentisse la vittoria non dei più forti (la Francia) ma dei più meritevoli, per storia e per vicinanza all'idea che ho del calcio.
Ha consegnato lo scettro di re a Messi, ora asceso al rango di quegli altri due, al termine di una partita pazzesca, le cui emozioni riassumono quello che chiamiamo (impropriamente) bello del calcio, ovvero il fatto che poteva vincere la squadra che praticamente non ha giocato e perdere quella che ha dominato, tecnicamente ed emotivamente.
L'Argentina è stata nettamente la migliore squadra del mondiale, pur non avendo i migliori giocatori, anzi solo alcuni buoni giocatori accanto al fuoriclasse rosarino, ed essendo praticamente senza difesa (per 3 volte presi due gol in pochissimi minuti). Ha offerto un concentrato di tecnica, carattere e atletismo che è un manifesto del vero calcio, provando che solo loro, al pari nostro, stessa scuola, sono capaci di miscelare le componenti migliori di questo sport. Non la tecnica sopraffina ma narcisista dei brasiliani, l'atletismo pugnace dei tedeschi, la grinta indomita ma grezza degli uruguagi, non i ghirigori gagliardi degli spagnoli, non il football primitivo e altezzoso degli inglesi, non la tecnica fine a se stessa dei brasileri, non la superbia offensiva e anarchica degli olandesi, ma di tutto un po': questo sono stati gli argentini nella storia del calcio (che ora le scuole si stanno mescolando e le differenze si fanno minori), un po' come noi, quasi sempre i migliori, sempre durissimi da sconfiggere.
Come in altre occasioni hanno raggiunto vette emotive che potevano fregarli, come li hanno talvolta fregati, ma anche dare una forza impensata come quella dimostrata dopo le due rimonte subite.
Grande gioia, personalmente, per la consacrazione di Messi e di un grande De Paul, già nostro Gran Capitàn, con una punta di soddisfazione perché è stata preclusa la doppietta alla Francia, che in onestà non meritava di veder tramutato in dominio la supremazia che ha dimostrato nei fatti, e che temo perdurerà.
Agli argentini sono stati rimproverati effettivi eccessi nei festeggiamenti, nello stesso mood che pretendeva che i giocatori si facessero attivisti dei diritti civili, dimenticando quanto il calcio sia uno sport del popolo e quindi, sì, anche plebeo.
Argentina, Carajo!
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