Sarà il caso di darsi una calmata.
Massimo Gramellini nel suo "caffè" di oggi trae spunto dall'incredibile fatto di cronaca di Genova (un passante eccede nella rumorosità notturna in strada, nasce un alterco con un abitante della zona che, arciere dilettante, lo trafigge e uccide con una freccia) per un ragionamento di carattere generale.
Per caso stamane mi è capitato tra le mani un libro di Veneziani: Scontenti. Per Veneziani (leggo dalla sintesi su IBS) "Non è la rabbia né l’odio e nemmeno il narcisismo, come invece si sente ripetere, la molla che spinge verso un atteggiamento negativo e ribelle, ma qualcosa di più profondo che li precede. Si tratta di uno stato d’animo personale ed epocale, che solo dopo muta in protesta e in rancore: la scontentezza. A lungo il potere ha puntato sulla rassegnazione, sull’accontentarsi delle persone. Poi è passato a veicolare l’insoddisfazione permanente, la voglia di essere, fare e avere altro, per asservirci tramite i consumi e renderci dipendenti".A furia di invocare la tolleranza zero abbiamo cominciato con l’azzerare l’umanità, smarrendo la consapevolezza che ogni perdita di autocontrollo può sortire effetti letali. Persino l’arcaico «occhio per occhio, dente per dente» contemplava una proporzione tra l’offesa e la reazione. Ai tanti che passano le giornate a sentirsi perennemente vittima di qualche sopruso, bisognerebbe cominciare a spiegare che il mondo, nella sua indifferenza, non ce l’ha con nessuno.
Vedere in ogni fenomeno un disegno malefico e magari interessato non fa parte del mio modo di pensare. Di certo in molti ambiti la "narrazione" (azz, ecco un'altra parola della settimana, di molte settimane) rimarca aspetti che lasciano il destinatario, come dire, un po' incazzato.
Così la politica, il giornalismo, non parliamo della comunicazione via social.
Più faticoso spiegare (ancor più a chi, per capire, dovrebbe far corrispondere altrettanta fatica) che la realtà è complessa, i molti motivi per cui la nostra vita è migliore di quella dei nostri nonni e dei nostri genitori (e dei ragazzi iraniani), quasi tabù far comprendere che sofferenza, dolore, e anche morte non possono essere eliminate.
Nei commenti all'articolo di Gramellini, postati non da esaltati ma da persone che padroneggiano l'italiano e sembrano ben simboleggiare il senso comune, prevalgono pur nella condanna della reazione i riferimenti alle cause che la possono aver determinata.
Non ci siamo, se si perde il senso che l'uomo è padrone e responsabile delle proprie azioni, non sempre vittima del destino cinico e baro, piuttosto che della polizia che non reprime i reati minori o del disagio psichico indotto dalla società moderna.
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