giovedì 11 agosto 2022

C'è un giudice a Verona

La lettera che il dottor Vincenzo Semeraro, giudice di sorveglianza, si è sentito di dover scrivere dopo il suicidio di Donatella, è un documento che strazia, fa riflettere, amareggia e fa sperare al tempo stesso.
La strage silenziosa che avviene nelle nostre carceri è un dramma e una vergogna cui si aggiunge il dippiu del silenzio, della dimenticanza, su un argomento tra i meno "spendibili" nel dibattito pubblico, sicuramente il meno conosciuto e spiegato (salvo i soliti quattro gatti, spelacchiati e perlopiù radicali).
Quarantanove suicidi dall'inizio dell'anno:
di per sé un dato enorme, un gigantesco atto di accusa al sistema, come ha ammesso il dottor sistema addossandosi la responsabilità di un fallimento.
Al di là dei drammi personali, molto semplicemente è l'incapacità dello stato di pretendere da se stesso il rispetto delle regole che si è dato, come è reso evidente dalla drammaticità della situazione carceraria, ad essere chiamata in causa. 
Confermando che dove c'è strage di diritto, c'è strage di persone.
Eppure eppure, fa capolino un barlume di speranza. 
Leggere di un giudice che spiega di avere a che fare con delle persone, non con dei detenuti; che si reca personalmente negli istituti per conoscere, singolarmente, le persone della cui vita deve decidere; che soffre per il suicidio di Donatella, del quale è l'ultimo probabilmente ad avere colpa; che è capace di chiedere scusa; sono cose cui, sinceramente, dottor Semeraro, non ci ha abituato la nostra magistratura. 
Eravamo sfiancati dall'attesa: ora sappiamo che c'è un giudice a Verona.

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