sabato 3 dicembre 2022

Il danno scolastico. La scuola progressista come macchina della disuguaglianza

 di Paola Mastrocola e Luca Ricolfi

Da un anno questo libro attendeva sullo scaffale di confermare le mie sconfortanti sensazioni sul disastro che abbiamo combinato demolendo la scuola che ci avevano lasciato i nostri nonni. Mi decido ad affrontarlo sollecitato dalle recenti polemiche sulle dichiarazioni del nuovo ministro Valditara, presto assurto nel mirino dei benpensanti con la sua retrograda uscita sul valore formativo della umiliazione. Alessandro Barbano commentandola ha ricordato di aver letto qualcosa di simile, formulato in maniera non altrettanto equivocabile, proprio in questo libro. 
Il titolo sintetizza la tesi che gli autori ritengono di aver dimostrato: l'abbassamento del livello di istruzione, lungi dal produrre un effetto "democratico" di maggiore inclusione nella società, ad un livello più elevato, le persone in partenza svantaggiate, danneggia soprattutto queste ultime.
La dimostrazione si avvale di un modello di analisi dei dati formulato da Ricolfi, nel quale con i pochi dati disponibili si riesce a misurare l'accrescersi dello svantaggio che le condizioni sociali di partenza danno, nelle prospettive di successo, ove ad esse si aggiunga la mancanza di una scuola di qualità.
Tale dimostrazione costituisce il valore aggiunto di un'opera della quale tuttavia sono nondimeno da leggere le prime due parti, nelle quali i due autori descrivono la loro esperienza di docenti rispettivamente universitario e liceale, evidenziando l'osservazione dal loro punto di vista del decadimento qualitativo dell'istruzione.
Ricolfi parte in realtà dalla sua infanzia, da una scuola (ultimi anni con le vecchie medie, ancora con il latino), nella quale regnavano allerta (dell'interrogazione, dell'aver pronto il materiale, del compito a sorpresa) e vergogna (di non rispondere correttamente alle domande; parente stretta dell'umiliazione citata da Valditara ad occhio). Che parevano naturali e non impedivano ad un adolescente di essere felici, ma che ora paiono alla stessa persona diventata adulta stati d'animi che gli hanno consentito di essere una persona migliore, (in quanto) più istruita. Le due facce tappe della "picconatura" di quella scuola vengono individuate nell'eliminazione della propedeuticità per l'accesso all'università e l'abbassamento degli standard dell'istruzione, "un processo iniziato nei primi anni sessanta, e proseguito poi attraverso innumerevoli mosse, alcune clamorose, altre quasi impercettibili, ma tutte convergenti verso un unico risultato, non meno inevitabile per il fatto di non essere voluto: rendere più ardua, per i ceti bassi, la competizione con i ceti alti. La storia di questo abbaglio, che condusse la cultura progressista ad affossare le aspirazioni dei ceti popolari con gli stessi strumenti con cui presumeva di migliorarne le sorti, è una storia lunghissima".   
In quella che Ricolfi chiama la "lunga marcia dell'abbassamento", la fase successiva alla contestazione è vista come lenta e ancora caratterizzata dal sopravvivere dell'ancien regime. mentre alla fine degli anni novanta diedero un'accelerazione tre fattori, il diritto al successo formativo, la riforma universitaria 3+2, la riforma Berlinguer, cui si aggiunge, per la parte di responsabilità dell'Università, il nuovo sistema di reclutamento e valutazione dei docenti (che produce docenti meno preparati e meno incentivati a puntare sul rapporto con gli studenti). 
Il risultato sono un sistema di istruzione primaria e secondaria che produce una maggioranza di studenti che si presentano agli esami universitari non tanto impreparati, ma incapaci di comprendere le domande e di formulare frasi di senso compiuto, al punto da rendere alcune materie (è docente di analisi dei dati) semplicemente non insegnabili.
L'esperienza proposta da Mastrocola risale anch'essa all'infanzia, a scuole con il grembiule e all'importanza della parafrasi, del tanto scrivere. Affronta poi di petto il cuore delle questioni poste da Don Milani e radicalmente contestate, nell'affermazione che lungi dall'essere inutili e distanti dalla vita reale, sono cose come la letteratura che permettono ai figli dei ceti svantaggiati la possibilità di elevarsi, non l'abbassare il livello delle promozioni per dar loro l'illusione di essere preparati, rinviando più avanti (al liceo, all'università) il momento in cui non ce la faranno.
Il passaggio al ruolo di insegnante ha visto per la Mastrocola una netta cesura alla fine del secolo, con l'ingresso di classi sempre meno preparate, incapaci di produrre testi senza errori grammaticali e ortografici, di comprendere un romanzo.
Del responsabile fa il nome e cognome, Luigi Berlinguer, la sua riforma con i tre ingredienti dei progetti extracurricolari, della valutazione oggettiva, del diritto al successo formativo.  Ritrovo molti ragionamenti da me ipotizzati e anche espressi negli ultimi anni, specie sul risalto dato alle attività extrascolastiche a diretto danno di quelle "core", nonchè sulle responsabilità dei genitori sempre più sindacalisti dei propri figli, di fronte a insegnanti sempre più lasciati soli.
L'accorata descrizione dei molti colloqui in cui ha dovuto dire dire ai genitori che il figlio "non ha le basi", senza sapere proporre una soluzione reale che non fosse il palliativo di un aiuto esterno, prelude alla sintesi delle tre tipologie di problemi che l'abbassamento del livello formativo ha arrecato agli studenti: la noia degli studenti capaci e studiosi, la promozione di studenti svogliati e scadenti, l'incapacità di procedere da parte di ragazzi molto motivati ma privati delle basi elementari.
Alla proposizione delle esperienze dei due autori segue il modello di analisi di Ricolfi, ed un'accorata "Lettera a un genitore" di Mastrocola, cui è affidata (quindi all'iniziativa individuale "dal basso", nella sfiducia sulla riformabilità del sistema) la residua speranza e fiducia nella possibilità che qualcosa cambi.   
Quanto osservato da Ricolfi e Mastrocola è sotto gli occhi di tutti, solo le sfumature soggettive e dettate dal vissuto possano cambiarne di poco l'analisi.
Gli aspetti originali sono lo sviluppo del modello di analisi dei dati e l'attribuzione della responsabilità di quella che viene chiaramente chiamata (con il nome adatto, purtroppo) catastrofe alla pedagogia di sinistra, nel paradosso già descritto di nuocere alle persone nel nome delle quali sono stati promossi certi cambiamenti; con il risultato che chi si oppone passa per oscurantista e reazionario. 
Non sono nè un analista dei dati nè tantomeno un pedagogista, forse per questo non so quali sono gli argomenti che si possano contrapporre al chiaro argomentare di questi autori: mi sa che sono pure io oscurantista e reazionario.

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