di Sabino Cassese
E vabbè, mi sono fatto fregare.
Da questi libri sul tema del momento, scritti da un venerato maestro (per il quale non stravedo, per inciso), di solito mi tengo alla larga.
Già ero tentato dal titolo che evidentemente allude ad un tema per me molto sensibile... ha fatto il resto un buono IBS ed hoplà, ecco in 3 giorni a casa questo volumetto di 100 pagine, per metà una conferenza riciclata, per la seconda metà un resoconto riassuntivo dei mali della giustizia italiana, infarcito di citazioni per lo più superflue.
I temi affrontati (direi meglio evocati) sono la mancanza di risposta alla domanda di giustizia, descritta dati (dei processi e della loro durata) alla mano, la qualità delle leggi (troppe ed eccessive nella materia penale), l'eccessiva presenza dei magistrati in distacco nei ministeri, la politicizzazione del CSM, lo strapotere dei procuratori e le dinamiche della loro esposizione politica e mediatica, la pretesa di perseguire finalità morali e sociali e non la semplice applicazione della legge.
La questione fondamentale è l'alterazione dell'equilibrio costituzionale dei poteri, con un'indipendenza divenuta autogoverno e pretesto per consentire irresponsabilità e capacità di non rispettare l'indipendenza altrui (ovvero di una politica che ha, piene, le sue colpe nell'aver delegato ai giudici troppi dei suoi compiti).
Manca, solo evocata, una riflessione sugli effetti di molti comportamenti indotti e consentiti dalla situazione descritta sulla vita delle persone, spesso distrutta da indagini del cui esito, se fallimentare, nessuno è chiamato a chiedere conto.
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