Più volte, celiando ma fino ad un certo punto, ho detto che l'11 luglio 1982 è la data di nascita spartiacque tra le persone che considero della mia generazione e quelle della successive.
Che cosa ho da dire io, a chi è nato dopo il mondiale?
Che estate quell'estate, che gioia, quella gioia. Che momenti, tra i pochissimi dei quali tutti si ricordano dov'erano, con chi, come l'11 settembre ed il giorno dello sbarco sulla luna.
Ed il poster dei campioni del mondo, per anni rimase sopra il mio letto.
Io settenne ho seguito a casa il girone eliminatorio e la vittoria contro l'Argentina; le successive, dai nonni a Ospedaletto dove passavo molta parte dell'estate. Abbastanza piccolo per non cogliere il contesto sociale di cui molto si parla in queste giornate di rieducazione, ho vivissimi ricordi delle partite, che ho seguito con la grande attenzione consentita dall'età, tanto che per anni ho tenuto a mente tutti i risultati della manifestazione. Mi ero innamorato del grande Brasile, a partire dalla sua rimonta con l'URSS (il Brasile rimonta, disse papà quando andarono sotto; e lo stesso io pensai e ripetei a tutti i goal di Rossi, il 5 luglio), al punto che fui quasi dispiaciuto quando li buttammo fuori. E ne avevo ben donde, perchè un simile condensato di classe mai più l'ho rivisto.
Ma come dalla narrazione ormai consolidata di quella partita, forse seconda solo a Italia Germania del 1970, sulla strada degli dei si trovò un gruppo di uomini che, reso più forte dalle difficoltà e dalla solitudine, strettosi attorno al suo creatore severo e giusto come un vero padre, ritrovò al momento giusto il suo campione, quel "ragazzo come noi" che un destino ingiusto sembrava aver maltrattato e poi dimenticato.
E fummo campioni. Tutti, anche io, soprattutto un intero paese che non aspettava altro che scrollarsi di dosso un decennio di lutti e divisioni, attorno ad una maglia azzurra numero venti.
E' forse l'affetto per l'infanzia a farmi velo: ma mi sembra che tanti campioni, tutti assieme, non ci siano mai stati. Zico, Maradona, Platini, Rummenigge, Keegan. E poi le scoperte Madjer, Tigana, Whiteside, Littbarski. La Francia bella e sprecona. La Germania che non molla mai. L'Inghilterra che al dunque non c'è. L'URSS che parte forte e poi sparisce. Noi che nelle difficoltà tiriamo fuori il meglio. Quanti stereotipi ho imparato per sempre, in quella occasione?
Niente cortei, l'11 luglio. Il nonno andava a dormire prima delle 9, non mi ricordo se fece un'eccezione quella volta, ma dieci minuti dopo che alzammo la coppa ero già in cameretta, a ripetere "campioni del mondo".
Se dico che quel mondiale mi ricorda l'innocenza perduta, non è solo una figura.
Nella foto accanto al Presidente: il più grande allenatore friulano, il più grande giocatore friulano, il capitano dell'Udinese. |
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