Può parlare una Repubblica?
Può, quando la rappresenta una guida alta e ispirata come Mattarella (e come è stato Napolitano), e questa si prende la briga di lasciare al suo destino il vociare indistinto di molti suoi colleghi (sic!), per ricordare alcuni concetti essenziali, come ha fatto nel rimarchevole discorso di qualche giorno fa a Rimini.
I tentativi di trascinare verso il basso della polemicuccia partitica le parole del Presidente non reggono alla chiarezza di una visione che non è quella del "Capo dell'opposizione", ma di una persona che si rende conto di cosa voglia dire rappresentare i valori della nostra Repubblica.
Difficile riassumere; ma si deve provare.
Si interroga il Presidente: cosa non siamo?
Su cosa si fonda la società umana; la realtà nella quale ciascuno di noi è inserito; la realtà che si è organizzata, nei secoli, in società politica dando vita alle regole - e alle istituzioni - che caratterizzano l’esperienza dei nostri giorni?
È, forse, il carattere dello scontro? È inseguire soltanto il proprio accesso ai beni essenziali e di consumo? È l‘ostilità verso o il proprio vicino, o il proprio lontano? È la contrapposizione tra diversi? O è, addirittura, sul sentimento dell’odio che si basa la convivenza tra le persone?
Se avessimo risposto affermativamente, anche, soltanto, a una di queste domande, con ogni probabilità, il destino dell’umanità si sarebbe condannato da solo; e da tempo.
E' proprio l'opposto valore che fonda la nostra Costituzione:
Uno spirito, analogo, ha ispirato la nostra Assemblea Costituente nella quale opinioni diverse si sono incontrate in spirito di collaborazione, per condividere e affermare i valori della dignità, ed eguaglianza, delle persone; della pace; della libertà.
Ecco, come nasce la nostra Costituzione: con l’amicizia come risorsa a cui attingere per superare - insieme - le barriere e gli ostacoli; per esprimere la nostra stessa umanità.
Per superare, per espellere l’odio, come misura dei rapporti umani. Quell’odio che la civiltà umana ci chiede di sconfiggere nelle relazioni tra le persone; sanzionandone, severamente, i comportamenti, creando, così, le basi delle regole della nostra convivenza.
Superare, espellere l'odio come misura dei rapporti umani. Ma c'è di più. Nell'omaggiare i suoi ospiti denominando come amicizia quella che forse siamo abituati a definire come solidarietà, come comunità, Mattarella spiega come necessariamente essa debba essere declinata.
L’aspirazione non può essere quella di immaginare che l’amicizia unisca soltanto coloro che si riconoscono come simili.
Al contrario. Se così fosse, saremmo sulla strada della spinta alla omologazione, all’appiattimento. L’opposto del rispetto delle diversità; delle specificità proprie a ciascuna persona.
La nostra storia, come quella d'Europa che ha conosciuto i suoi peggiori momenti quando è prevalsa la "la pretesa della massificazione", è lì a dimostrarlo:
È il valore della nostra Patria, del nostro straordinario popolo - tanto apprezzato e amato nel mondo - frutto, nel succedersi della storia, dell’incontro di più etnie, consuetudini, esperienze, religioni; di apporto di diversi idiomi per la nostra splendida lingua; e nella direzione del bene comune.
Amicizia, per definizione, è contrapposizione alla violenza. Parte dalla conoscenza e dal dialogo. Anche in questo, l’amicizia assume valore di indicazione politica.
I tentativi di negarla, invocando quell'odio, alimentando i contrasti, non mancano. Ma sono pretesti:
Amicizia, per definizione, è contrapposizione alla violenza. Parte dalla conoscenza e dal dialogo. Anche in questo, l’amicizia assume valore di indicazione politica.
Non mancano, mai, i pretesti per alimentare i contrasti.
Siano la invocazione di contrapposizioni ideologiche; la invocazione di caratteri etnici; di ingannevoli, lotte di classe; o la pretesa di resuscitare anacronistici nazionalismi.
Gli importanti cambiamenti che vive il nostro tempo, oltre a rendere arduo (e spesso non tentato) "uno sguardo lungo che ci aiuti a comprendere, in profondità, quale sia la direzione della nostra vita", sono nel segno dell'individualismo, non privo di un rischio fatale:
L’auto-affermazione dell’io, nella sua più assoluta centralità in realtà nella sua piena solitudine, appare priva di qualunque senso.
Il concetto di individuo rischierebbe di separarsi da quello di persona.
L’affermazione di sé – uno dei motori della vita comunitaria – vale, in realtà, se è inserita nella comunità in cui si è nati, o in cui si è scelto di vivere; e se contribuisce alla sua crescita.
Il Presidente tocca temi come il diritto alla felicità, connesso alla pace e alla "amicizia sociale", in una temperie in cui vi è la necessità, oltre che di confrontarsi con il tema dell'ambiente, di affrontare l'ineludibile necessità che una pace giusta non possa dimenticare il dramma dei profughi. E' l'occasione per le parole tra le più citate nelle cronache, quelle sui flussi adeguati, che però sono un inciso in un discorso di più alto respiro, il cui cuore è l'affidamento della speranza alle nuove generazioni
La speranza è in voi giovani.
Prendetevi quel che è vostro. Comprese le responsabilità e i doveri.
Voi avvertite, in maniera genuina, tutti questi problemi.
Avete la sensibilità di sentirvi pienamente europei. Più degli adulti.
Avete conoscenze adeguate per affrontare, senza timore, le trasformazioni digitali e tecnologiche che sono già in atto.
Avete la coscienza che l’ambiente è parte della nostra vita sociale. Che non ci sarà giustizia sociale senza giustizia ambientale; e viceversa.
Non vi chiudete, non fatevi chiudere in tanti mondi separati. Usate i social, sempre con intelligenza; impedite che vi catturino, producendo una somma di solitudini, come diceva il mio Vescovo di tanti anni addietro.
Non rinunciate, mai, alle relazioni personali; all’incontro personale; all’affetto dell’amico; all’amore; alla gratuità dell’impegno.
Il mondo è migliore, se lo guardiamo con gli occhi giusti.
Mi rivolgo a Marzio Breda: ma veramente vogliamo ridurre queste parole ad una reazione al libro di Vannacci?