Settembre di rara bellezza. Ogni mattina a chiedersi perchè ci si dirige a Trieste e non lassù: almeno la domenica ce la facciamo a ritagliare una scappata.
All'ultimo la Cima del lago viene scartata per il troppo dislivello.
Provo ad infilare tra le alternative il Mangart che ne segnala solo 600, la proposta viene accolta.
Una giornata di straordinario sole settembrino, clima davvero ideale, ci accoglie fin dalle rampe della rotabile che dopo il passo del Predil sale (pedaggio 10 euro), sale, sale... fino a quota 1850, a pochi passi dal rifugio.
Quota quindi più bassa di quella preventivata, recuperiamo in fretta i metri mancanti e ci portiamo in un baleno alla sella Mangart. da lì dopo un iniziale errore di percorso attacchiamo la "ferrata italiana", ricca di roccia da risalire con l'aiuto di ampi tratti di corda. A circa 2450 rimango da solo, percorro l'ultimo tratto attrezzato con passamani per poi fiondarmi sull'ultimo tratto di sentiero che porta alla cima, quota 2667, dove mi aspettano diverse decine di persone attirate dalla straordinaria bellezza e dalla relativa facilità dell'ascesa.
Si distinguono facilmente Canin, Montasio, gruppo dello Iof Fuart e di qua la valle dello Slizza ed i laghi di Fusine piccoli piccoli. I molti sloveni presenti guardano a est e sudest, cercando il Triglav.
Un panino e scendo con il cuore contento, negli occhi la vera bellezza; tre ore l'ascesa, due la discesa.
Al rifugio davanti ad una coca ammiro un panorama di struggente bellezza, costituito da una sorta di anfiteatro ai piedi della grande cupola, mentre il sole scalda le ossa.
Vien voglia di restare qui per sempre: ma tornare a valle si deve.
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