Concludo una tre giorni fantastica coronando un vecchio sogno: il maestoso Montasio.
Ci sono persone che si ricordano di avere, quattro o cinque anni fa, promesso di accompagnarti in una escursione; e lo considerano un impegno da onorare. Ti chiamano qualche giorno fa, dai andiamo, che il tempo ora è ideale. Sì che andiamo, quando mi ricapita questa occasione. Mercoledì, no martedì che al massimo c'è un po' di velatura il pomeriggio.
Il collega che si è offerto di accompagnarmi è un vero appassionato ed esperto, mi rifornisce dell'attrezzatura necessaria e mi conduce con passo deciso al lungo avvicinamento.
Siamo al parcheggio alle 9. Un veloce caffè al rifugio, e via. Ci aspettano infatti 1200 metri di dislivello, che percorriamo senza posa, arriviamo senza nemmeno accorgercene alla Forca dei Disteis, a quota 2200. Antonio ha scelto di salire per la via Findenegg, lasciamo allora la via normale per iniziare a inerpicarci sulla cengia che conduce a Nord, iniziando ad arrampicarci prima su pendio detritico poi su roccia, sempre lungo il sentiero costantemente segnalato e mai esposto, arrivando in breve, con lieve prolungamento, al bivacco Suringar. Poco prima inizia la salita tramite il canalone Findenegg, che attacchiamo a quota 2400. Di fatto fin poco sotto la vetta tutta arrampicata su roccia, mai pericolosa, ma costantemente impegnativa, che conduce fino alla cresta, più o meno a quota 2700. L'ultimo tratto in cresta è spettacolare, desta dal vivo esaltazione quanto rivisto in foto un filo di preoccupazione. Quella che non hanno minimamente gli stambecchi che, in buon numero, appaiono ben adusi alla presenza di noi umani.
Dopo 4 ore, sono sulla cima del Montasio; e non credevo ci sarei mai arrivato. Il panorama eccezionale spazia delle vicine vette delle Giulie alle Alpi Carniche di là: chissà se quello è il Coglians, dove stanno gli unici più in alto di noi. Qui in basso, il Grego è piccolissimo laggiù, e l'amata Val Saisera appare più bella che mai.
Dopo una breve sosta, è tempo di indossare l'imbrago, che servirà per la discesa per la via normale. Dopo un tratto in cresta verso est, in lieve discesa, percorriamo alcuni tratti attrezzati, che ci conducono alla famosa scala Pipan, che Antonio trova molto diversa (più breve e spostata) dall'ultima visita, cinque anni fa.
Ai piedi della scala mi sento quasi arrivato; ma in realtà mancano 800 metri di discesa. La malga laggiù è ben visibile, ma ci vuole un bel po' a raggiungerla, dopo un passaggio su pendio detritico, una scorciatoia sull'erba ed infine il largo sentiero. In discesa, tutto, sono 3 ore e 20, qui faccio un po' da freno, anche perchè mi fermo spesso a contemplare la vera bellezza, la stessa che da anni campeggia come sfondo su questo blog.
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