domenica 29 ottobre 2017

Il sacco del Nord

di Luca Ricolfi
Questo l'ho ripreso in mano ieri, dopo aver discusso con un paio di persone delle prospettive dopo le consultazioni veneta e lombarda.
A margine è divertente ricordare che lo comprai diversi anni fa dopo averlo visto agitare (suppongo intonso) da Matteo Salvini non ancora segretario della Lega ad un talk show; ripensando che almeno questo merito potrà portare quell'uomo al creatore, di aver fatto vendere un libro (per la verità con il concorso della stima che già prima nutrivo per Ricolfi).
E' un testo che a mio modo di vedere dovrebbe essere ampiamente divulgato e conosciuto, per la chiarezza della esposizione (agevolata dalla esposizione in forma discorsiva con rinvio alle note per le tecnicalità, comunque presenti con dovizia), per la originalità del discorso (tanto nella ipotesi quanto nella tesi), e soprattutto per essere una prova che il rispetto del metodo scientifico è dimostrato dalla capacità di accettare i risultati che piacciono di meno.
L'autore è del resto titolare, è ciò dice già moltissimo, di una cattedra di Analisi dei dati, disciplina di cui ignoravo l'esistenza (oltre che pregevole autore di parole di verità sul perchè la sinistra non vince: Perché siamo antipatici. La sinistra e il complesso dei migliori prima e dopo le elezioni del 2008).
La teorizzazione della necessità di una contabilità nazionale liberale, in cui si attribuisce un valore allo spreco e alla evasione, alla sottoproduzione ed al livello dei prezzi eliminando gli effetti distorsivi della quantificazione ai fini del PIL del settore pubblico e ponendo rimedio alla assenza di analisi sulla sua ripartizione territoriale è di estremo interesse (almeno così appare ad un lettore della domenica quale sono io) tanto nelle premesse quanto nella sua formulazione, rendendo incredibili le carenze negli studi che evidenzia l'autore.
Il cuore del libro, certo atteso dai più, sono le parti in cui si forniscono i numeri che dimostrano quanto promesso dal titolo. Senza sconti e non senza sorprese, a proposito ad esempio della produttività della mia regione.

"Insomma nel Sud sono elevati, al tempo stesso, la quota di spesa pubblica allocata in stipendi e sussidi, il parassitismo puro, i tassi di sottoproduzione e spreco. Nel Nord accade esattamente il contrario: spesa pubblica orientata agli acquisti, basso parassitismo, sprechi contenuti"
"Il trasferimento di risorse, dunque, è essenzialmente un trasferimento da Nord a Sud, che priva ogni anni il Nord di un ammontare di risorse che corrisponde a qualcosa come il 7% del Pil market da esso prodotto"
"Il quadro che emerge dal nostro esercizio è estremamente netto in termini aggregati – il sacco del Nord sottrae ogni anno almeno 50 miliardi alle regioni più produttive del Paese – ma diventa alquanto variegato quando si analizzano i conti delle singole regioni"
"Il vero problema di una classe politica che avesse la volontà di fermare il declino è di convincere l’opinione pubblica che il cambiamento è necessario, perché è l’unica alternativa (…) a un lento e inesorabile arretramento del nostro tenore di vita"
 "L'ostacolo principale alle riforme non è l’opinione pubblica, ma sono gli interessi del ceto che tali riforme dovrebbe mettere in atto. È difficile pensare che una classe politica che sull’interposizione pubblica ha fondato il proprio potere decida improvvisamente di restituirci un po’ di libertà"

L'analisi finale, quando si viene al campo delle opinioni sul futuro, lascia il campo a due scenari, su un possibile miglioramento collegato all'introduzione del "federalismo fiscale".
Del secondo, in cui si lascia qualche scampolo alla speranza, pare Ricolfi si sia pentito nella successiva edizione del libro.

Quanto ad un giudizio sulle cause e di merito, sugli squilibri territoriali che descrive, il libro ne è programmaticamente e dichiaratamente privo.

E' la quarta di copertina a porre la domanda. Sono giusti ed accettabili?
La mia opinione è che, anche in presenza di un vincoli di comunanza molto forte, un trasferimento di ricchezza senza limiti temporali diventa difficilmente accettabili e foriero di conseguenze anche catastrofiche.
In primo luogo ciò che emerge dall'analisi è che il parassitismo oltre un certo limite ed in tempo di vacche magre finisce per uccidere anche la gallina dalle uova d'oro. Ricolfi  cita Pareto: “la spoliazione non incontra spesso una resistenza molto efficace da parte degli spogliati: ciò che finisce talvolta per arrestarla è la distruzione di ricchezza che ne consegue e che può portare la rovina del Paese”. 
C'è però, a mio avviso, anche un altro effetto deteriore, che evidenzio con (necessarie) infinite semplificazioni e trascuratezza di cause e complessità di una situazione che è "la questione italiana".
Se ho un fratello che non ha lavoro, certo lo mantengo finchè si tira su. Potrei anche farlo per tutta la vita, se non riesce e forse anche, in virtù di affetto e della forza del vincolo, anche se se ne frega e non si dà da fare per uscirne da solo.
Se scende la forza del vincolo le cose cambiano. Con un vicino in difficoltà, che magari non mi sta nemmeno simpatico, posso accettare di mettere mano al portafoglio ed aiutarlo finchè non ce la fa da solo. Ma certo se dopo un po' vedo che gli basta sopravvivere con i miei aiuti, e non di dà da fare, vorrei smettere di aiutarlo. E magari litighiamo.
Settantanni di sussidi non hanno consentito al Sud di migliorare la propria condizione relativa e di diminuire la propria dipendenza dai trasferimenti di ricchezza dal Nord. In presenza di una vincolo di comunanza già labile in partenza questo rende sempre più difficilmente accettabile la sua continuazione senza un progetto, un termine.
E rischia di finire per lacerarlo, quel vincolo, di distruggerlo.

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