martedì 31 ottobre 2023

Guarda che bella medaglia d'argento!

L'ultima partita nella nazionale più leggendaria di tutti gli sport, persa di un punto, dopo aver giocato meglio e sfiorato una rimonta storica, nel match più importante degli ultimi trentanni.

 
Trovare la forza di sorridere, la capacità di comprendere quel molto che si è fatto, quel tutto che è lottare fino allo stremo delle proprie forze e al meglio delle proprie capacità.

Insegnare con un abbraccio a proprio figlio come va la vita.

Essere un campione, Aaron Smith.

sabato 21 ottobre 2023

Sport al massimo livello

I quarti di finale del mondiale di Rugby hanno messo in campo due partite che potevano essere la finale.

Aspetto comune, la lotta punto a punto, un combattimento duro e leale di ottanta minuti, con una disciplina incredibile con quello sforzo e prestazioni sul piano fisico e tecnico ad un livello fenomenale.

Si tratta di atleti che offrono performance straordinarie che accomunano velocità, forza, resistenza, capacità di restare concentrati e necessità di scelte tecniche giuste: forse il massimo che possa offrire oggi una disciplina sportiva.

Gli irlandesi, in una partita che sembra fatta apposta per entrare nella leggenda, con quell'ultima azione di 37 fasi, hanno giocato alla grande dimostrando di essere forse la squadra migliore, ma hanno perso per un paio di sbavature, confermando che a certi livelli gioca anche la tradizione, quella che gli All Blacks stanno onorando con una crescita che si vede di partita in partita.

I sudafricani hanno prevalso in virtù di una panchina lunga, e della capacità di orientare un paio di episodi decisivi di fronte al maggior talento dei francesi.

Entrambe le partite potevano finire con il risultato opposto, in entrambe ci sono state decisioni arbitrali discutibili, ma che sul campo sono state accettate senza battere ciglio.

Che grande spettacolo, che esempio per tutto il movimento sportivo.

mercoledì 18 ottobre 2023

Ho voglia di immaginarmi altrove

Di questo documentario dedicato alla memoria di Enzo Tortora e alla vergognosa vicenda giudiziaria che lo ha colpito si è parlato soprattutto in relazione alle polemiche collegate al giudizio negativo di Gaia.
Non ho compreso i motivi del suo disappunto, ma la brava giornalista figlia di Enzo avrà i suoi motivi.
A me quest'opera non pretenziosa ma ricca di testimonianze ha acceso ricordi, fatto scoprire alcuni importanti particolari (il coraggio del giudice Morello) e anche versare qualche lacrima.
Probabilmente sono un animo semplice, di certo non sopporto l'ingiustizia.
Tra l'altro, mai visto tanti radicali tutti assieme.

domenica 15 ottobre 2023

Malga Acomizza

Bando alle cassandre annunciatrici di pioggia, partenza alle 7 speranzosi. Speranza ben riposta, all'uscita dell'autostrada ci accoglie il sole.

Lasciata l'auto poco dopo il paese di Camporosso, ci si inerpica lungo una forestale immersa nel bosco. La pendenza è costante e abbastanza impegnativa, non c'è visuale panoramica ma il piacere di essere immersi nella foresta millenaria, ancora verde anche a metà ottobre vista l'eccezionalità del meteo.

La fatica si arresta a quota 1500, dove ci attende una pausa nella Capanna Cima Muli, prima di intraprendere il sentiero che da lì parte, con pendenza decisamente più dolce.

Sono avvertito che dovremo abbandonare il sentiero principale, ma al momento del dunque non troviamo la deviazione, e proseguiamo sul 508 fino alla malga Acomizza, a quota 1700, nenanche tre ore dalla partenza. La cima è lì, ci separano 100 metri ed un pendio da superare, ma ci riteniamo soddisfatti della vista che si offre sulla vallata austriaca e sul versante sud, a noi ed ai molti ciclisti in MTB che incontriamo, e ci fermiamo.

Un panino sulle panche, esposti al vento che deve essere una costante quassù, ma fortunatamente anche ad un po' di sole, e ci accingiamo al ritorno.



Carta Tabacco 19, dislivello 900, altezza max 1708, ore 5

 

sabato 7 ottobre 2023

Manifesto del libero pensiero

 di Paola Mastrocola e Luca Ricolfi

L'argomento di cui si occupa questo agile libretto era già parte de "La Mutazione", nel quale si indicava la seconda delle idee passate da sinistra a destra nella difesa della libertà di pensiero, e viene ora condensato in "pillole" che compongono la sorta di "manifesto" che lo denomina.

Resistere alla pressione del "follemente corretto" è cosa non semplice, che richiede un po' di quella che io denomino "personalità intellettuale", la capacità e la voglia di non cedere alla soluzione più semplice che è adeguarsi a quello che impone il pensiero dominante. 

La preoccupazione è che per farlo con velleità non meramente donchisciottesca sarebbe necessario con un ambiente culturalmente attrezzato (ahi) e con una disponibilità all'ascolto dell'altro che sembra essere una prerogativa in recessione sempre maggiore.

Mi è capitato di ragionare su alcuni fatti di cronaca, con persone con cui si può discutere, e sollevare dei dubbi rispetto all'interpretazione dei fatti che loro avevano accolto, in sintonia con il pensiero passato sui mezzi di informazione; e vedermi rispondere che una persona come me può cogliere certi dettagli, e quindi accedere ad un certo tipo di idee e di messaggi, che invece non possono arrivare alla massa.

E' un discorso che non accetto, anche se ne temo la diffusione e una possibile parziale fondatezza in tempi di incultura dilagante.

Nel libro, ad esempio, dà da pensare la riflessione sull'"antirazzismo" (ma potrebbe essere l'antifascismo), con la quale si esemplifica la distorsione generata dal qualificarsi come "anti", automaticamente attribuendo la qualifica negativa (l'oggetto di "anti") ai propri avversari.  Se io sono contro il razzismo, tu che la pensi diversamente da me sei razzista. Peggio ancora, lo sei se non aderisci esplicitamente a tutte le manifestazioni che io metto in campo (giocatori in ginocchio) per manifestare la mia idea.

E non si può non condividere la preoccupazione per il razzismo al contrario, la "reverse discrimination" che viene brillantemente denunciata ricordando quanto sia agli antipodi, ad esempio alle idee di Martin Luther King.

Le idee e gli atteggiamenti che non ci piacciono si combattono con altre idee e modi di essere, non impedendo ad altri di esprimersi.

Dovrebbe essere un  principio universalmente riconosciuto. Una volta lo era. Ora non lo è più. E questo muta la sostanza più autentica del nostro modo di vivere.

Perchè la libertà non è di destra o di sinistra, ma è il principio supremo del nostro vivere civile

giovedì 5 ottobre 2023

Hey Jude

Titolo troppo facile, non pretendo la palma dell'originalità.

In ormai 40 anni da che sono malato di calcio, ho sempre ripetuto, un po' per vezzo, di non aver mai più rivisto un centrocampista completo come Marco Tardelli.

C'era quello più tecnico come Pirlo o Modric, quello più forte fisicamente come Rijkaard, con più (facciamo uguale) grinta come Simeone, più insuperabile come Desailly, più capace di realizzare come Milinkovic o Scholes, più intelligente tatticamente come Guardiola o Paulo Sousa, più carismatico come Deschamps Falcao o Matthaus, più assistman come De Bruyne, quello con infinita classe come Redondo, e tanti altri che tralascio.

Ma come Tardelli, uno che poteva marcare Maradona e poi ti segnava "quel" goal, mai visto uno così versatile, il centrocampista universale.

Forse dovrò riconsiderare l'opinione, dopo aver visto Jude Bellingham, già fenomenale al mondiale, all'opera con un impatto da pallone d'oro già nel suo primo anno al Real.

Ventanni. Da paura.

domenica 1 ottobre 2023

Campanile di Val Montanaia

Eccolo qui, davanti ai miei occhi, il simbolo della Dolomiti friulane, che accosto al volgere di un anno  (non è ancora finito) che mi ha dato grandi soddisfazioni.

Il momento dell'escursione è stato scelto con cura, per evitare il solleone agostano. E' già un'avventura arrivare al parcheggio, con 13 kilometri di strada che solca la vallata, attraversa il torrente, sfila tra torrioni maestosi e selvaggi, facendo sorgere sincero stupore di fronte a luoghi così insoliti, inesplorati, eppure così vicini.
Non siamo certo gli unici ad aver avuto l'idea, troveremo ampia compagnia nella salita che si conduce interamente nel canalone tra le due file degli "Spalti di Toro " e dei "Monfalconi di Montanaia", ascesa costante, a tratti ripida, non eccessivamente faticosa per chi ha la gamba allenata. Dopo un paio d'ore lo vediamo spuntare, il desiderato torrione, ma per raggiungerlo costeggiarlo e superarlo fino al bivacco Perugini ne passa un'altra, finalmente tra vegetazione e pendenze meno marcate.
Il panorama composto dal ricongiungersi delle due catene, un'anfiteatro di cime che fa da contorno alla star della valle, è pura meraviglia.  E par di stupirsi che questo luogo, pur famoso e frequentato, non lo sia ancor di più. Dove l'hanno portato, Brad Pitt, invece che qui?
La felice collocazione del bivacco nel centro dello spiazzo erboso induce a pensare alla fortuna di quelli che, già prenotato il posto, vi passeranno la notte.
Per il ritorno scegliamo di scartare il percorso ad anello e riprendiamo la via dell'andata.
Dopo una sosta al rifugio Pordenone, è di nuovo tutto un contemplare cime e gruppi sconosciuti.
Se non è questa, la vera bellezza, veramente non so cosa sia.



giovedì 28 settembre 2023

Orizzonti di mediocrità

Un anno fa sognavamo, sogni belli e sconfinati.
Ci siamo poi svegliati, e la delusione più che grande è stata definitiva.
Con quei presupposti, una società con un minimo di ambizione avrebbe investito per colmare un paio di lampanti lacune, e provato a vivere finalmente un anno da leoni, dopo un decennio di mediocrità.
Se invece di comprare si vende, in un contesto così, vuol dire che non avremo mai più una squadra vincente, abbiamo capito.
Rassegnati come vuole secolare tradizione di popolo periferico e asservito, abbiamo assistito al solito silenti ad uno scempio di girone di ritorno, quattro vittorie di cui due con Samp e Cremonese.
A quella squadra con ritmo da retrocessione sono stati tolti Becao e Udogje, poi in extremis Beto, senza un rimpiazzo che non sia un progetto di giocatore, con caratteristiche tecniche opposte.
L'esperto direttore sportivo, congedato per fare posto ad un ragazzo che (forse) si farà.
Facciamo a meno dei dirigenti, del miglior difensore, dell'unico esterno di qualità, del centravanti. Anche del capitano, recuperato solo all'ultimo.
Non serve niente, nient' altro che il fenomenale know how di una società che, è vero, ci tiene in A da trent'anni.
A mente fredda, la sconfitta di Napoli, come tante altre, conta zero, se si vince domenica la classifica è più o meno a posto.
Ma a Napoli sono dieci anni che perdiamo. È un numero che si spiega e si sposa con il chiaro tratto che ci contraddistingue, la mancanza di ambizione.
Ci basta mantenere la categoria e il fatturato.
I giocatori lo percepiscono questo, se ne fregano se si vince o perde, sono degli impiegati che timbrano il cartellino nell'attesa di andare in una città più grande. 
L'aspetto motivazionale è da anni il vero problema di una squadra che costantemente raccoglie di meno di quello che indicano i valori tecnici, ed è dura por rimedio se i primi a non credere e volere un miglioramento sono i vertici della società.
Finora è andata bene, si sono sempre trovate tre squadre più scarse. Quest'anno sembra più difficile, chissà...magari torna Deulofeu, magari i numeri di Samardzic, qualcuno dei ragazzi ha qualità...
Io mi chiedo se le persone che stanno ai vertici queste società che prosperano e guadagnano grazie alla passione dei tifosi si pongano il problema che questa non può in eterno alimentarsi da sola, ha bisogno di un po' di attenzione di cura, di una vittoria a Napoli ogni 5 anni.
"La passione è la nostra forza" era un riuscito slogan che campeggia ancora sulla tribuna del Friuli. Sarebbe più veritiero scrivere "La mediocrità è il nostro orizzonte"

martedì 26 settembre 2023

Grazie Presidente

Forse non è vero che sono sempre i migliori che se ne vanno.

Ma qualche volta sì (lo pensavo già qualche anno fa).

In un anno che ha già visto scomparire Ratzinger e Berlusconi, anche Giorgio Napolitano si aggiunge alla lista.

Nella cerimonia alla camera in cui si è celebrato quello che Gianni Letta ha giustamente definito un "lutto repubblicano", in cui si è parlato di Thomas Mann, di Dante, di Emanuele Macaluso, la scelta degli oratori è la miglior prova di quale gran vaglia sia stato questo "statista italiano ed europeo".  

Uomo delle istituzioni; protagonista della sinistra riformista; leader parlamentare stimato dagli avversari politici; riformista europeo; uomo la cui orgogliosa laicità non impediva il dialogo con le più alte personalità religiose; persona di autorevolezza universalmente riconosciuta, frutto di una cultura vastissima e continuamente alimentata. 
Come ha concluso Amato, "ci hanno fatto credere che la politica è sporcizia, o è lavoro da specialisti; e invece la politica la cosa pubblica siamo noi stessi. Giorgio Napolitano lo ha insegnato a tutti noi".

Purtroppo non dico la doverosa ammirazione, ma nemmeno un elementare parce sepultis riesce a farsi strada davanti alla morte di uomo.
Riconoscere di quello che è stato percepito come un avversario i meriti, se non la grandezza, dovrebbe misurare la stoffa delle persone. E freschi stiamo, a leggere più d'uno dei coccodrilli dell'altroieri. Li ha giustamente stigmatizzati, da par suo, Giuliano Ferrara (altro livello); Quello che il giudizio sgangherato della destra pubblicistica non afferra, quando parla di camaleontismo in morte di Napolitano, è appunto questo: la politica ha regole sue, può essere anche visione o prefigurazione ma non è mai utopia o anarchia, il potere non concede margini ambigui all’antipotere, e non è una questione di metodo ma di essenza dell’arte dello stato e del possibile. La carriera comunista e repubblicana dello statista morto venerdì scorso, dal soviettismo togliattiano al gradualismo riformista e europeista, dunque atlantista, è stata un pezzo di storia perché al contenuto della storia, che non ha senso né significato oltre sé stessa, ha aderito con inaudita e scabra pignoleria analitica, passo dopo passo, cambiamento dopo cambiamento.

Sempre su "Il Foglio", Sergio Soave ha vergato una sorta di lungo epitaffio (sottolineature mie):
Sarà la storia a dire quale sia stata l’influenza di Giorgio Napolitano sulla vicenda italiana. Quello che si può dire fin d’ora è che è stato un uomo delle istituzioni, che ha portato nelle aule parlamentari, nei governi e infine al Quirinale un’esperienza e una serietà politiche maturate in decenni di lavoro intenso e impegnativo, il segno di battaglie condotte con convinzione, ma senza iattanza. Uno degli aspetti del suo carattere, infatti, è stata la ricerca di un metodo di intervento in cui la passione e l’opinione personali venissero espresse attraverso un ragionamento legato all’esperienza comune. Anche nel corso delle controversie più dure che rendevano necessaria l’assunzione di posizioni divisive, come quella per l’approdo riformista e socialdemocratico del corpo del Pci, veniva criticato dai settori più radicali della sua stessa corrente per il modo quasi felpato con cui descriveva posizioni anche assai nette di dissenso dalla maggioranza del partito.
Va detto che, però, se il metodo era dialettico, la tenacia con cui quelle posizioni sono state difese e sostenute è stata altrettanto indiscutibile. Napolitano non è rimasto sempre eguale a se stesso, come ha scritto egli stesso: “La mia storia … non è rimasta eguale al punto di partenza, ma è passata attraverso decisive evoluzioni della realtà internazionale e nazionale e attraverso personali, profonde, dichiarate revisioni”. La sua lezione di serietà e competenza, di riluttanza alla personalizzazione, l’impegno a leggere sempre la realtà nazionale nelle coordinate internazionali, è particolarmente valida oggi, quando proprio le sue indiscutibili virtù sembrano scarseggiare, salvo rare eccezioni, nelle classi dirigenti non solo politiche. E’ difficile credere che la sua eredità sarà raccolta, anche perché affonda le radici in una realtà e in una cultura del secolo scorso, il che non significa che sia superata o obsoleta. Un paese, o se si preferisce una nazione, che non sa far tesoro del suo passato rischia di non capire il presente e di affrontare il futuro senza una bussola.


sabato 23 settembre 2023

Le principesse di Acapulco

 di Giorgio Scerbanenco


Principesse russe, comunisti convertiti dal denaro, ex nazisti, tuffatori messicani. Sempre piacevole la scrittura di Scerbanenco, certo chissà che diverso effetto nel 1970...