"Questo è un Paese sfaccettato, in cui c'è veramente una forte percentuale di gente che è totalmente priva di vita interiore. Che ascolta passivamente la radio, che guarda passivamente la televisione, che non ha voglia di migliorarsi interiormente ma che è invece tesa nei casi brutti a pagarsi l' affitto o il mutuo, nei casi belli a comprarsi il maglione o la macchina nuova. C'è veramente molta miseria. Invece, per contro c'è una parte del Paese, che forse proprio è per quello che resiste, gente meravigliosa che legge, si informa. Questa forbice mi sembra che si allarghi sempre."
sabato 31 dicembre 2022
Due Paesi, due misure
giovedì 22 dicembre 2022
Dio esiste
sabato 17 dicembre 2022
Vamos Argentina
Per me è facile.
Il mio idolo di ragazzo era Abel Balbo, il mio scrittore preferito Jorge Borges. Ho studiato la geografia e la storia di questo paese, seguo il campionato argentino e i cori dei suoi tifosi, il mio sogno è un mese bonaerense tra uno stadio e l'altro come coronamento di una vita da tifoso.
Inevitabile tirare fuori la camiseta albiceleste che comprai non mi ricordo quando, il giorno lontano in cui pensai che in fondo l'Argentina è un'altra Italia in Sudamerica, composta peraltro da abitanti per metà con ascendenti paisà, anche se domani di fronte non ci fosse la Francia.
Improponibile, per me, la questione per chi tifare. Se gioca la Seleccion (e non contro l'Uruguay, passione esclusivamente calcistica), sempre per l'Argentina. Se gioca la Francia, sempre per gli altri: i francesi sono i nostri cugini altezzosi, più signori e forse migliori di noi, è inevitabile averli come principali avversari quando di fronte la rivalità è sportiva, godere quando li si batte.
Quello che non capisco è come vi siano persone, anche meno coinvolte, che veramente abbiano in animo di parteggiare per i francesi (per Olivier e Theo? Maddai!!!).
Il calcio non è mai stato roba loro: ero ragazzo e non ci battevano da sessantanni, prima di quella partitaccia a Messico 1986. Grandi giocatori, ma mai una vera squadra. Ci è voluto un mondiale in casa ed il malanno di Ronaldo il giorno della finale per farli vincere, prima della fantastica goduria di Berlino. La Russia è stato un accidente, per assenza dei veri avversari; ora non ne vinceranno mica un altro (sette mondiali, quattro finali, tre vittorie? bastano due). E poi il calcio è Europa e Sudamerica, e loro non vincono dal 2002 (resta solo il dettaglio che sono i più forti, tocca ammetterlo senza con ciò rassegnarsi).
Invece l'Argentina è la vera patria del calcio, al pari dell'Inghilterra che l'ha inventato e del Brasile che ne ha fatto poesia, di Italia e Germania che hanno fatto la storia. Sempre avuto i migliori giocatori, la migliore squadra; una passione strabordante nei cori inventati delle hinchas e nel culto degli eroi, un gioco che (spesso, non sempre, ma quando è successo è stata vincente) mescolava la classe sudamericana con la sagacia tattica italica e la garra charrua. La tierra di Diego y lionel, del derby rosarino, del superclasico, della curva del San Lorenzo, del Trinche Carlovich e della mano de Dios.
Spero che ci sia un Dio del calcio, a decidere secondo giustizia, al di là di quel che merita quel ragazzino con la maglia numero 10, nemmeno 170 cm, la cui storia e le cui giocate sono l'inno all'alterità del calcio, lo sport in cui il migliore è il più piccolo di tutti.
sabato 3 dicembre 2022
Il danno scolastico. La scuola progressista come macchina della disuguaglianza
di Paola Mastrocola e Luca Ricolfi
sabato 26 novembre 2022
Un paese in movimento
di Simona Colarizi
Colarizi rende merito agli uomini e donne di una generazione (anzi, tre diverse generazioni) che scesa in piazze o riunite in associazioni, e poi nei loro posti di lavoro e nelle professioni, hanno dato un nuovo volto ad un paese che, con la nuova ricchezza portata dal "miracolo economico", si è scoperto pronto all' entrata nella modernità, che, in assonanza a quanto fatto da Calopresti, viene individuata nella conquista di nuovi diritti.
Il suo focus, evidenziato dal titolo, è su una stagione dei movimenti che finalmente fece fare all'Italia i progressi (il movimento) per i quali non era ritenuto maturo dai partiti, e sul rapporto che con questa stagione, questi movimenti, seppero avere quei partiti, nelle due stagioni del centrosinistra e della strategia comunista per il compromesso storico.
La tripartizione temporale che scansiona il volume vede una prima parte (1960-1969) dedicata con distinte analisi alla contestazione degli operai, degli studenti, dei giovani cattolici, sempre con l'attenzione a come ad esse reagirono le aree poiché di riferimento.
Nella seconda parte (1969-1976) viene descritto l'impatto delle battaglie radicali con particolare attenzione al referendum del 1974, il corso autonomo che prese il movimento femminista, i fermenti del mondo cattolico pronto a superare il dogma dell'unità politica, ed il ruolo di PCI e PSI in una stagione in cui la strategia comunista difficilmente si conciliava con le grandi aspettative che avevano generato i movimenti e la contestazione.
La terza parte (1976-1979) parla di un sistema perciò bloccato e alle prese con la crisi economica, ove il sistema partitico non offriva più piena rappresentatività delle esigenze della società, e si lasciavano già intravedere i segni della crisi materializzatasi 10 anni dopo.
Interessante il finale ricordo di come il riferimento alla società civile trovasse per Pannella la necessità di una composizione in Parlamento, in una prospettiva sempre istituzionale, opposta all'antipolitica.
domenica 20 novembre 2022
Solo tre parole, donna vità libertà
sabato 19 novembre 2022
Romanzo radicale
di Mimmo Calopresti
Marco Pannella in prima serata, sulla Rai-tv, fa un po' effetto.
Forse si è avverata la sua profezia, mi riconosceranno i meriti solo da morto; forse un po' i tempi sono veramente cambiati e il principale partito già di sinistra in crisi di identità ne ha assunto i temi tanto da essere sbeffeggiato quale "partito radicale di massa"; forse un po' la distanza temporale allarga la platea disposta a riconoscere gli straordinari meriti di quello che personalmente ho definito "padre della patria".
Il registra nel parlare del film ha dimostrato di essere consapevole della difficoltà della sfida: "Sono felice di assumermi la responsabilità di raccontare un uomo che è stato capace di affermarsi in tutta la sua complessità, un individuo che è riuscito, grazie anche alle sue contraddizioni, a diventare società e affermare per tutti noi la società dei diritti".
Non amo per nulla i docu-fiction, formula che mette a dura prova le doti registiche dell'autore, ove deve confezionare un recitato capace di essere all'altezza di documenti storici dell'epoca e delle testimonianze raccolte dal vivo; in questo caso, toccato dall'argomento nel personale mi sono commosso nell'ascoltare le parole di Spadaccia che nel frattempo è andato avanti, ma anche quelle belle e intelligenti trovate da Rutelli, e quelle vivide di Rovasio.
La difficoltà della prova era non far mancare troppo del molto che ha dato Pannella a questo Paese, ed in ciò può forse porre degli interrogativi nel non aver nominato Tortora e la giustizia giusta, e l'invenzione della radio: ma bisognerebbe sapere in che misura hanno inciso i tagli sull'opera finale, di nemmeno due ore.
Quelli che se ne intendono hanno trovato da dire sulla scarsa qualità delle parti di fiction. A me, poco interessato alla riuscita "tecnica" del prodotto, resta la soddisfazione di aver visto quello che Taradash ha definito (usando l'aggettivo "volonteroso") l'inizio di un processo di "riqualificazione" di Pannella.
Che poi i veri destinatari di quest'opera non sono, non possono essere i vecchi radicali come me.
Sarebbe interessante capire cosa ne ha capito un ragazzo, una persona che nulla sapeva di lui.
Ragionando in quest'ottica è interessante lo spazio dato (ma forse senza chiarire bene il punto) alla discussione che avvenne con la sinistra ufficiale ed il PCI che vedevano le lotte per i diritti civili come distrazioni dalla vera missione della sinistra, come emerge chiaro lo scopo di evidenziare come le lotte radicali siano state un passaggio fondamentale nel portare l'Italia ad essere un paese moderno
La chiusura con i carcerati che cantano "Pannella uno di noi" accenna, senza forse spiegare, quanta sovrumana lotta è stata condotta su questo fronte, mentre le immagini dell'abbraccio con il Dalai Lama possono forse stupire sulla dimensione internazionale di un'opera politica, anche in questo caso solo evocata, senza probabilmente risultare comprensibile a chi non ne conosca la storia.
Un paio di bei passaggi, ricordati dai testimoni ovvero nel recitato, riescono a dare il senso di una vita. Tipo questa citazione: "Non si fanno le battaglie per se, ma per dare voce a chi non a voce, ma per permettere a tutti di essere chi vuole veramente essere".
Per aver fatto andare nel nome di Marco queste parole in prima serata, sulla Rai-tv, grazie a Mimmo Calopresti, a Raitre e a tutti gli altri.
Con un canestro di parole nuove, calpestare nuove aiuole.
sabato 5 novembre 2022
L'Africa. Gli stati, la politica, i conflitti
di Giovanni Carbone
giovedì 3 novembre 2022
Come una freccia dall'arco scocca
Sarà il caso di darsi una calmata.
Per caso stamane mi è capitato tra le mani un libro di Veneziani: Scontenti. Per Veneziani (leggo dalla sintesi su IBS) "Non è la rabbia né l’odio e nemmeno il narcisismo, come invece si sente ripetere, la molla che spinge verso un atteggiamento negativo e ribelle, ma qualcosa di più profondo che li precede. Si tratta di uno stato d’animo personale ed epocale, che solo dopo muta in protesta e in rancore: la scontentezza. A lungo il potere ha puntato sulla rassegnazione, sull’accontentarsi delle persone. Poi è passato a veicolare l’insoddisfazione permanente, la voglia di essere, fare e avere altro, per asservirci tramite i consumi e renderci dipendenti".A furia di invocare la tolleranza zero abbiamo cominciato con l’azzerare l’umanità, smarrendo la consapevolezza che ogni perdita di autocontrollo può sortire effetti letali. Persino l’arcaico «occhio per occhio, dente per dente» contemplava una proporzione tra l’offesa e la reazione. Ai tanti che passano le giornate a sentirsi perennemente vittima di qualche sopruso, bisognerebbe cominciare a spiegare che il mondo, nella sua indifferenza, non ce l’ha con nessuno.
Shervin Hajipour - Baraye
'Baraye' Di Shervin Hajipour
Per ballare nei vicoli
Per il tremore quando si bacia l'amata
Per mia sorella, tua sorella, le nostre sorelle
Per cambiare le menti arrugginite
Per la vergogna della povertà
Per il rimpianto di vivere una vita ordinaria
Per i bambini che si tuffano nei cassonetti e i loro desideri
Per questa economia dittatoriale
Per l'aria inquinata
Per Valiasr e i suoi alberi consumati
Per il ghepardo persiano in via di estinzione
Per i cani innocenti uccisi per strada
Per tutte queste lacrime inarrestabili
Per la mancanza dei bambini uccisi
Per questo paradiso forzato
Per gli studenti d'élite imprigionati
Per i ragazzi afghani
Per tutti questi "per" che non sono ripetibili
Per tutti questi slogan senza senso
Per questi edifici crollati
Per la sensazione di pace
Per il sole dopo queste lunghe notti
Per le pillole contro l'ansia e l'insonnia
Per gli uomini, la patria, la prosperità
Per la ragazza che avrebbe voluto essere un ragazzo
Per le donne, la vita, la libertà
Per la libertà
Per la libertà
Per la libertà