lunedì 18 ottobre 2021

Sono ancora vivo

 di Roberto Saviano e Hasaf Hanuka


Mai stato simpatico, Roberto Saviano. Con quella faccia un po' così (pure bruttino), con quel cipiglio sempre un po' incazzato, sempre a parlare un po' con il ditino alzato.

Per anni ho evitato di leggere i suoi libri, ascoltare le sue interviste, guardare le sue trasmissioni; non arrivavo al peggio - frasi tipo: tanto gli va male che ci ha fatto i soldi- solo perchè non mi impegnavo più di tanto ad elaborarle.

Mi hanno indotto a maggiore attenzione alcuni suoi interventi sull'antiproibizionismo e in memoria di Marco Pannella. Cominciando a seguire i suoi scritti, ho trovato punti di vista sempre (anche quelli noin condivisi) ragionati e documentati, evidentemente prodotti di una intelligenza talentuosa e colta. 

Chi c'è del resto più antipatico di un radicale? Quello che ti costringe a guardare quella parte della realtà che vorresti ignorare, che ti spinge a pretendere da te stesso quello chiedi agli altri.

E' questo che ha fatto Roberto Saviano. Uno che ha deciso di non tacere, di raccontare a tutti uno dei nostri lati peggiori. Se ci aggiungi che ha avuto un successo clamoroso, senza rinunciare alla boriosa pretesa di non essere ammazzato, la sentenza è inevitabile: che rompicoglioni!

In questo libro, anticipato da un articolo di qualche giorno fa sul Corriere che ne è un po' una versione testuale, Saviano parla della sua vita, fatta di rinunce spesso ripagate dalla moneta dell'ingratitudine, dell'invidia, dell'incomprensione. 

Racconta della ferita che si porta dentro da quando, ventiseienne, gli fu detto che non poteva rientrare a casa, prigioniero peggio dei carcerati, privato della possibilità di una camminata all'aria aperta o di fare la spesa.

Pare impossibile per un uomo che ha sacrificato la sua vita per l'importanza della parola, ma per raccontare se stesso le illustrazioni sembrano più funzionali a cogliere l'essenziale, a sfrondare dai dettagli non necessari la verità.  

Oltre alla sua storia, nella quale è centrale l'individuazione del motivo della condanna ricevuta,  il fatto che i suoi articoli ed i suoi libri siano stati letti da così tante persone, nel libro si trovano oltre che un omaggio ad alcuni suoi maestri, i sentimenti verso i suoi familiari, gli aspetti più intimi di una solitudine tanto più lacerante quanto incompresa, fino all'estrema rivelazione del dubbio (umano, troppo umano trovarlo nell'autobiografia di una persona che è un emblema del coraggio) di aver fatto la scelta giusta, quel giorno che decide di non tacere.

Dubbio irrisolto, ma scacciato da un urlo: FOTTUTI BASTARDI, SONO ANCORA VIVO!

Onore a Roberto.

 

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