Come stava scritto su un cartello alzato dai tifosi del Chelsea, fuori da Stamford Bridge per protestare contro la Superlega.
Vogliamo le nostre fredde serate a Stoke.
L'ha spiegato Paolino Di Canio, che le trasferte da tifoso le ha fatte: "Questo rappresenta il sentimento comune -, le parole dell'ex attaccante al Club -, Stoke-on-Trent è una cittadina nello Staffordshire, tra Birmingham e Manchester. Una ridente, anzi 'piangente' cittadina, dove c'è sempre vento di traverso. Non piove, ma c'è nevischio tutto l'anno. Però andare in questi posti è una cosa bellissima per chi ama le trasferte. Si va in treno o in pullman, si bevono sette pinte di birra e si assiste alle partite a petto nudo con meno 5 gradi e il vento di traverso. Con la Superlega si stava togliendo questo. Perché la bellezza dei tifosi è proprio questa: non è tanto andare a vedere le partite contro il Manchester, ma, per confermare il proprio amore e dimostrare il proprio entusiasmo, portare il proprio figlio o l'amico in trasferta a Stoke-on-Trent nel Monday night.
Nella vicenda della Superlega è valsa la subitanea impressione che si trattasse, nei tempi e nei modi, di un troppo anche rispetto alle follie già perpetrate dal "calcio moderno", rendendo superflue considerazioni che, parlando di merito e di valori diversi dal denaro, avrebbero avuto l'inevitabile sapore dell'ipocrisia.
Ci mancano quelle trasferte disagiate.
Ci mancano anche le domeniche alla radio, l'attesa di Novantesimo o della moviola di Sassi.
I giocatori naif, Carlo Mazzone che corre verso la curva dell'Atalanta.
La partita scandita non da musica a palla, ma da quei cori da gente semplice, ma con il cuore saldo; anche con dentro un vaffanculo.
Avremo invece la Super Champions. E rimane tutto il resto: i milionari tautati e twittatori, i procuratori nababbi, i presidenti cinesi, le giornate spezzatino, la musica a palla che copre i cori, i tornelli, le trasferte vietate.
La trasformazione del più popolare degli sport in una importante costola dello showbiz è un processo probabilmente irreversibile, magari non privo di effetti positivi, che comporta inevitabilmente la trasformazione dei tifosi in clienti.
A noi, che c'innamorammo quando in campo c'erano loro, Zico Edinho Massimo Mauro, Galparoli e Franco Causio, un po' dispiace. Saranno l'età e la nostalgia di quel bambino che cantava "Zico Zico", di quel ragazzo che amava Abel Balbo, che offuscano il raziocinio.
Ma l'impressione è che, se si uccide la passione, muore tutto il resto.
No al calcio moderno, sì alle trasferte a Stoke.
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