L'Agenzia delle Entrate ha pubblicato delle linee guida per la redazione dei documenti con linguaggio rispettoso delle differenze di genere.
Scriveremo "Direttrice", "Avvocata", financo "evasora". Diremo: "la funzionaria responsabile del procedimento" e "cari colleghi e care colleghe".
Quando ho letto la prima volta dell'iniziativa la mia reazione ha comportato pensieri che possono essere riassunti nel concetto del "benaltrismo", del tipo "ci preoccupiamo delle parole quando i problemi sono ben più gravi" oppure "voglio vedere cosa cambia nel rapporto tra uomo e donna se il Direttore diventa Direttrice".
Credo si tratti di un atteggiamento che in generale ha il difetto di non considerare che ai grandi cambiamenti contribuiscono anche le piccole cose, i quali dipendono (anche) da noi, senza che possiamo esentarci da un piccolo sforzo per l'osservazione che il ben altro che serve non compete a noi.
Nel caso di specie, aiutato dalla lettura del documento, ho mutato questo atteggiamento sulla base della riflessione, che ne costituisce la premessa, inerente al ruolo del linguaggio nella percezione e nella modifica della realtà.
Essa mi ha portato a capovolgere l'iniziale pensiero per il quale l'iniziativa in parola avrebbe un carattere ideologico: è forse ideologica l'atteggiamento che la banalizza, direi ora.
Ciao a tutte e tutti.
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