Libro straordinario.
Pagine di intenso lirismo descrivono l'infanzia del campionissimo, evocando al sottoscritto il ricordo ed il pensiero dei nonni (suoi conterranei mandrogni).
La descrizione dell'ascesa di Coppi al rango di grandissimo ed unico campione riesce a trasmettere al tempo stesso la sensazione di una corsa e di una fatica.
Gli infortuni evocati come provvidenziale occasione di un riposo per una macchina perfetta altrimenti prossima allo scoppio.
Il dramma di Serse, fosco presagio, ma nella vita di allora parte del destino ancora accettato come tale.
Il rapporto con le due donne, foriero di dispiaceri e distrazioni.
La tragedia della morte, in cui la protervia dei luminari ben rappresenta un esempio di "italia caporetta".
Biografia, romanzo, cronaca, preghiera laica: il Campionissimo diventa un eroe epico e tragico, un Orlando, un Ercole.
Pagine intrise di sentimento prendono il ritmo di una corsa che è una fuga dalla sofferenza, vera cifra di una vita.
Il mondo intero piange Fausto Coppi. Gli amici si disperano per sentirsi incapaci anche di rabbia. La fatalità è stata chiaramente propiziata ma, ahimè, alla morte non v'è rimedio. Personalmente mi sono consolato, se era possibile consolarsi, pensando che Fausto abbia voluto morire. Troppo intensamente aveva vissuto per poter reggere ancora alla vita. In quarant'anni ha letteralmente bruciato anche se stesso. Ha sofferto l'esistenza dei poveri e le si è ribellato con sacrifici di epica imponenza. Ha inventato il ciclismo moderno e al suo stesso epos si è immolato con la precisa coscienza di immolarsi. Nè io voglio sprecarmi qui in metafore vane. Dirò di Fausto Coppi che non era mai nato nel nostro paese e forse neppure nel mondo; e quando ha capito che sopravvivere a se stesso non era impossibile ma certo sconveniente, per uno come lui, con infinita tristezza ha deciso di abdicare e lasciarci. Il destino beffardo gli ha consentito di evitare il suicidio offrendogli una scappatoia impensata. E i medici, che del destino sono umili strumenti, si sono diligentemente prestati all'esecuzione.
Del resto, gli eroi autentici vanno per tempo rapiti in cielo. non possono vivere tra noi, al nostro mediocre livello. Così il leggendario Fausto Coppi da Castellania. Requiscas in pace, povero vecchio amico. La sola certezza che tu finalmente riposi può consolare in parte noi che restiamo
L'ho letto qualche mese fa, pubblico ora per poter riportare la parte sopra in corsivo. L'avevo dato a mio padre, di cui è stato l'idolo sportivo insieme a Gianni Rivera (tutti e due della provincia di Alessandria, come papà). "Io a Coppi gli ho stretto la mano, a Pontedecimo all'arrivo del Giro dell'Appennino", dice con orgoglio.
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