Il 28 marzo 1938, dopodomani saranno 80 anni, si dileguò Ettore Majorana. Sulla sua fine non si è giunti ad una verità definitiva, anzi si sono moltiplicate le tesi ricordate in questo articolo.
Quella di Sciascia, che ci ha lasciato questo famoso romanzo-saggio-biografia-inchiesta del 1975, nel quale accredita l'ipotesi di un ritiro in convento del fisico siciliano.
Bisogna probabilmente calarsi nel timore che in quegli anni c'era della distruzione nucleare, per comprendere come Sciascia sia arrivato a formulare l'ipotesi che Majorana abbia compiuto questo gesto presagendo gli sviluppi distruttivi della fisica nucleare.
La pubblicazione del libro provocò reazioni polemiche, cui Sciascia replicò tra l'altro con un gustosissimo articolo apparso sulla stampa il giorno che io ho compiuto un anno.
Il puntiglio delle repliche dimostra la serietà della tesi; ma non nasconde che il fine dell'opera, ovviamente, supera la cronaca ed è del tutto letterario.
Al centro vi è il rapporto fra scienza e morale:
Chi, sia pure sommariamente (come noi: tanto per mettere le
mani avanti), conosce la storia dell'atomica, della bomba atomica, è in grado
di fare questa semplice e penosa constatazione: che si comportarono
liberamente, cioè da uomini liberi, gli scienziati che per condizioni oggettive
non lo erano; e si comportarono da schiavi, e furono schiavi, coloro che invece
godevano di una oggettiva condizione di libertà. Furono liberi coloro che non
la fecero.
Schiavi coloro che la fecero. E non per il fatto che
rispettivamente non la fecero o la fecero - il che verrebbe a limitare la
questione alle possibilità pratiche di farla che quelli non avevano e questi
invece avevano - ma precipuamente perchè‚ gli schiavi ne ebbero preoccupazione,
paura, angoscia; mentre i liberi senza alcuna remora, e persino con punte di
allegria, la proposero, vi lavorarono, la misero a punto e, senza porre
condizioni o chiedere impegni (la cui più che possibile inosservanza avrebbe
almeno attenuato la loro responsabilità), la consegnarono ai politici e ai
militari
Il cui esito poi prefigura il destino dell'uomo:
qualcuno
qui, in questo convento, si è forse salvato dal tradire la vita tradendo la
cospirazione contro la vita; ma la cospirazione non si è spenta per quella
defezione, il dissolvimento continua, l'uomo sempre più si disgrega e svanisce
in quella stessa sostanza di cui sono fatti i sogni. E non è già un sogno di
quel che l'uomo "era" l'ombra rimasta come stampata su qualche
brandello di muro, a Hiroshima
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