domenica 25 febbraio 2018

Ali di piombo

di Concetto Vecchio
Dopo aver letto il libro dell'autore su Giorgiana Masi, mi sono procurato questo testo, stante la mia curiosità per gli anni di piombo.
L'idea di partenza era descrivere la vicenda tragica dei Casalegno, Carlo giornalista ucciso dalle BR, ed il figlio Andrea militante di Lotta Continua.
L'esigenza di collocarla nel contesto porta Vecchio a raccontare una serie di storie che hanno caratterizzato il 1977. Storie di lutti e di tragedie. 
Ne viene fuori un libro sul 1997, in particolare sul movimento e su come la deriva violenta di una sua parte uccise le speranze che esso aveva generato, e le ragioni che pure in parte poteva avere l'attacco dei giovani al PCI.
E della folle allucinazione di quegli anni, in cui un consigliere comunale della DC poteva diventare un obiettivo da colpire: uscendo da casa di Antonio Cocozzello, dice Vecchio, "l'insensatezza del terrorismo mi è parsa davvero in tutta la sua atroce miseria". 
Il taglio è quello di un cronista che riporta testimonianze, non di uno storico (anche la scrittura è molto attenta ai dettagli), con inevitabili conseguenze sull'interesse, e forse sulla possibilità di comprendere, per chi quella stagione non ha vissuto. 

sabato 24 febbraio 2018

Dea bendata

Peccato.
La bellissima Atalanta si ferma a un passo dall'eliminazione del Dortmund.
La squadra bergamasca è la nostra vera sorella, l'altra provinciale che popola la A da trentanni prendendosi ogni tanto il lusso di visitare l'alta classifica: stavolta accomunata anche nel destino dell'impresa che sfugge a un passo, a un pelo del traguardo
Sono gli errori ad averci fregato, ma siamo stati alla loro altezza, è il commento consolatorio.
Il problema è che fare meno errori degli altri è ciò che qualifica le grandi squadre.
Continuate così, Gasp e Percassi, comunque!

venerdì 23 febbraio 2018

Applausi e sputi

(Le due vite di Enzo Tortora)
di Vittorio Pezzuto

Biografia di Tortora ovviamente molto orientata alla analisi del caso giudiziario.
Nella prima parte la carriera di Tortora è descritta sempre con riferimento al rapporto di amore-odio con la Rai e alla singolarità dell'uomo, talmente geloso della propria autonomia intellettuale dall'apparire francamente snob.
La cultura del presentatore emerge nitida da alcune fenomenali citazioni, nondimeno l'impressione che se ne ricava è quello di uomo capace di suscitare non meno antipatia che ammirazione.
La ricostruzione dell'arresto, della prigionia, del processo non possono prescindere dal pregiudizio di chi al senno del poi aggiunge il senno del prima che non poteva non essere, nelle circostanze date; ed in effetti la misura degli "errori" commessi fa meritare al "caso Tortora" la palma di apice dell'orrore giudiziario nel nostro Paese.
L'alternanza fra descrizione del dolore privato e del rilievo pubblico assunto dalla vicenda, scandita nel testo dalle moltissime citazioni di giornalisti, politici, giudici, si specchia poi nella scelta politica radicale che Tortora abbraccia (uno dei tratti della novità radicale è stato il valorizzare come materia dell'agire politico la vita privata, la gravidanza, il matrimonio, il sesso).
Antipatico Enzo, antipaticissimi rompicoglioni questi radicali: perchè unici a ricordare ai potenti ma poi a tutto il Paese alcune delle loro vergogne, a chiedergli di pretendere da se stesso di essere un po' migliore (e antipaticissimo pure Pezzuto, me lo ricordo segretario della Lista Pannella, nella difficilissima parte di chi deve blaterale in pannellese senza essere Pannella).
Nel mentre i pentiti ed i magistrati di Napoli (alcuni) si contendono il primato della vergogna, dal mare delle frasi e degli episodi che Pezzuto riporta emergono, a giganteggiare, le figure di Sciascia e Pannella.
Ma la migliore è questa di Tortora:
"Ero liberale perchè ho studiato, sono Radicale perchè ho capito".

mercoledì 14 febbraio 2018

Venerati maestri

di Edmondo Berselli
Di nuovo grasse risate, come la prima volta che lessi questa "operetta immorale", quando diversi degli intellettuali la cui caricatura Berselli sbeffeggia erano ancora in vita.
Pagine che fanno sorridere (ma anche sghignazzare), che sfidano alla ricerca del riferimento letterario continuamente proposto, che invitano alla curiosità.
Nel gioco sottile fra l'ironia vera e l'utilizzo parodistico di alcuni dei protagonisti della vita intellettuale italiana, la scrittura elegante e divertente di Berselli prende di mira certo conformismo e certa seriosità del mondo che riconosce come suo, ma cui muove il supremo rimprovero di prendersi troppo sul serio: che siano giovani promesse, soliti stronzi o venerati maestri.

La scrittura troppo accattivante di Berselli mi ha portato a breve a leggere pure questo:
Libro postumo sulla sua ultima passione privata.
Gradevole la lettura, ma resto irremovibile sulla stessa posizione che lui tenne per una vita: mai un cane.

La mamma è sempre la mamma

Non me le aspettavo, delle frasi così, da una persona di quell'età, con tutte quelle che ha passato...
Mamma, dopo trentuno mesi di carcere sofferto ingiustamente, per volontà di uomini ingiusti, ho ritrovato nella mia casa questo libro. L'ho riletto. Ho ricordato e rivissuto i momenti della mia vita quando c'eri tu: vicina a me, lontana da me. Ho sentito nuovamente le tue parole, le tue domande, le tue risposte. In prigione ti ho parlato spesso e a lungo. Ti ho chiamato e ti ho invocato. Ho chiesto il tuo aiuto per sopportare la sofferenza, per continuare  a vivere. Tu mi hai ascoltato - Ti ho parlato- Abbiamo parlato - mi sentivo ancora "figlio", pur non avendo più la mamma. Avevo bisogno della mamma. Perchè un uomo ormai vecchio, ha bisogno ancora della sua mamma? Sino alla fine ha bisogno della sua mamma, la vuole, la cerca, la evoca. E la mamma sente, ascolta, risponde e dà conforto e forza. Anche se lontana, tanto lontana... Ma io ti vedevo, ti sentivo, mi stavi vicina e allora i miei capelli bianchi diventavano di nuovo biondi. i miei complicati discorsi diventavano di nuovo ingenue e semplici domande sul perchè di tante cose. Abbiamo parlato, ci siamo raccontati tante cose e altri anni sono trascorsi. Or continua il nostro discorso; tra poco saremo di nuovo insieme, molto vicini e per sempre. 
Bruno.

sabato 10 febbraio 2018

Il costo (estremo) dell'illegalità

Molto interessante il concetto sviluppato da Galli Della Logga in un articolo di oggi sul Corriere:
"Il vuoto socio-culturale e l’illegalità da arginare."
L'occhiello lo riassume bene: La legge va fatta rispettare sempre e senza guardare in faccia nessuno. È solo così che si combatte l’estremismo e la violenza di parte.
Il riferimento storico utilizzato è, manco a dirlo, al sorgere del fascismo, cui contribuì l'abitudine maturata nei mesi e negli anni precedenti a tollerare che la legalità ed i provvedimenti delle autorità venissero sbeffeggiati dalle opposte violenze: prima quelle "rosse". Poi , nel 1920-21, quando contro le cose e le persone delle leghe contadine, del movimento operaio e dei comuni socialisti, si scatenò in risposta la violenza fascista — più mirata, più organizzata e più feroce — il governo centrale ne ordinò, sì, a più riprese e anche con forza la repressione, ma senz’alcun esito. Ciò che accadde, infatti, fu la virtuale insubordinazione delle forze dell’ordine, dell’esercito e dell’apparato giudiziario. Le quali, consenzienti vasti settori dell’opinione pubblica borghese, si rifiutarono silenziosamente di esercitare contro i «neri» quell’azione repressiva che in precedenza non era stata esercitata contro i «rossi». Fu grazie a tale catena di eventi che la democrazia italiana corse alla rovina.
Il precedente, ben individuato, non ha bisogno di molte specifiche per rendersi una ben valida lezione per l'oggi.
Razzismo, intolleranza, rigurgiti fascisti sono e saranno certo da combattere. Ma per farlo bisogna applicare eguale rigore a combattere l'area di illegalità che si è formata intorno all'immigrazione, e a garantire protezione (non scherno e fiumi di parole politicamente corrette) a chi ne soffre gli effetti.
E non è una questione di ordine pubblico, è politica.

La mia prigione. Storia vera di un poliziotto a Palermo

di Bruno Contrada con Letizia Leviti.


In questo libro intervista Bruno Contrada dà la sua versione sulla incredibile, nota vicenda giudiziaria che lo ha riguardato, e della quale mi sono sempre vivamente interessato, stupefatto che non vi possa essere certezza se una persona sia un eroe, fedele servitore della stato vittima del più grave degli errori giudiziari ovvero il più abbietto dei traditori, il peggiore dei criminali.
Del resto la sua vita si è svolta in gran parte in Sicilia, ove gli estremi delle cose spesso si toccano e si confondono.
I fatti che Contrada adduce a confutazione delle accuse mossegli, o meglio delle testimonianze di seconda mano riferite dai pentiti che l'hanno accusato di essere stato al soldo di Rosario Riccobono, sono tanti e tali che non lascerebbero dubbio alcuno, se non sul perchè svariati giudici le abbiano considerate attendibili. E tuttavia si tratta ovviamente della versione di una parte: cui mi accodo in forza della convinzione che gli argomenti esposti generano, ma forse ancor più per via del pregiudizio che ho sempre avuto su questa vicenda.
Restano inespresse un paio di questioni: la natura dei reali rapporti con Riccobono, visto che viene negato (per clausola di stile) che questi fosse un confidente. Ed il ruolo di De Gennaro, altrove (per esempio qui) additato come il responsabile di quanto accaduto a Contrada.
Ampiamente descritti, invece, sono la fallacia di molte delle invenzioni giornalistiche, le contraddizioni di molte delle testimonianze dei "superpentiti" (tutte avente ad oggetto quanto riferito da defunti), oltre che i motivi personali di risentimento che diversi di loro avevano contro Contrada; e le benemerenze guadagnate, attestate da sfilze di testimoni a favore, tra cui moltissimi poliziotti, financo ministri e capi della polizia, il cui giudizio è stato considerato irrilevante a fronte dei "sentito dire" di delinquenti veri. 
L'assenza di un movente appare un elemento che rende ancor più incomprensibile una decisione che forse è esemplare rispetto agli aspetti patologici cui ha potuto condurre l'utilizzo dei pentiti senza la dovuta attività di riscontro. E poco vale che l'ultima decisione della CEDU (in termini tecnici forse discutibile, a mio sommesso e poco documentato parere; ma sentenza che fa epoca, la "sentenza Contrada") abbia determinato, a pena scontata, la piena riabilitazione (per non essere il fatto, ancora, previsto come reato)  
Quanto accaduto sarebbe sconcertante se non vi fosse ampia casistica di a cosa può condurre la condizione di irresponsabilità di cui godono i pubblici ministeri.
A latere della vicenda emergono osservazioni interessanti di Contrada.
Sulla zona grigia, da lui concettualizzata nel documento riportato in appendice.
Sul ruolo dei pentiti e sulla loro diversa attendibilità se parlano della propria cosca o d'altro (singolare il caso ricordato del pentito invitato a fare nomi eccellenti per non essere "pentito di serie B).
Soprattutto il giudizio sulla fantomatica "trattativa", vista in termini pragmatici, ma soprattutto comparata con la legislazione premiale, essa stessa "trattativa legalizzata".
Fra le molte parole che ho letto sull'argomento, quelle di Montanelli:
Chi indaga sulla malavita, in tutte le sue espressioni, deve penetrare nei suoi ambienti, dove non si trovano malleverie e protezioni se non a patto di offrirne. È vero che in questo giuoco è facile perdere il senso del limite no a diventare talvolta il complice, per farselo amico, del nemico: e non escludiamo che questo sia stato il caso di Contrada. Ciò di cui dubitiamo è che il purismo giuridico sia un metro ragionevole per valutare, senza che si commetta un’iniquità in nome della legge, gli uomini cui chiediamo di tuffarsi nel fango per farvi pesca di malavitosi: e i nostri dubbi crescono se il purismo giuridico è avallato non da prove inconfutabili o dalla parola di specchiati galantuomini, ma dalla parola d’altri malavitosi della peggiore specie che possono avere mille e una ragione per incolpare a torto
E quelle di Ferrara:
Mentre Contrada languiva in carcere o continuava la sua solitaria battaglia il Giornalista Collettivo ha brindato alle sue fonti esclusive, ha diffuso la pestilenza della calunnia a piene mani, ha evitato la fatica di domandarsi non dico dove fossero le prove, che non ci sono mai state, ma anche solo gli indizi che un uomo dello stato fosse, come nelle telenovele televisive, un uomo della mafia. Le telenovele bastavano per costruire il contrafforte fictional di un processo bestiale, che solo così, bestialmente ma almeno in modo liberatorio, poteva finire: con la cassazione della sua premessa, il reato stesso. E poi... Nel frattempo i suoi inquisitori hanno vissuto anche loro sette vite agli onori delle cronache giudiziarie e politiche, si sono, come si dice, fatti un nome. Hanno tentato vite pubblicistiche, sviluppi forti di carriera, avventure politiche risibili ma minacciose, hanno impestato l’aria della democrazia liberale italiana del sapore acre del pregiudizio.
Il mio pregiudizio è più forte di prima, dottor Contrada.

giovedì 8 febbraio 2018

Modesto consiglio per evitare delusioni cocenti

Se fai una cosa che non ti è stata chiesta,
non devi aspettarti nè riconoscenza, nè che venga apprezzata.

La montagna storta

di Renzo Brollo
Roberto, Giovanni e Franco, tre amici con il mito di Carnera e di Bonatti, tre ragazzi che più diversi non si può, ciascuno con un rovello nel cuore da risolvere per diventare adulti.
Una scalata invernale sul Cjampon da raccontare ai compaesani per dimostrare di essere grandi: ma qualcosa va storto.
A salvarli interviene Orelute, la persona più odiata da Roberto perchè continuamente gli rinfaccia (pensando a se stesso ragazzo) le sue manchevolezze.
La nuova vita che inizia per tutti è breve per Giovanni, e presto segnata dall'arrivo dell'Orcolat.
E la piccola grande avventura che ha stravolto il cuore dei tre ragazzi diventa minuscola di fronte alla tragedia che sconvolge una comunità, una terra: Il terremoto ha avuto l'effetto di una ghigliottina. ha separato la ragione dal cuore, ha tagliato di netto una stagione in due. Se prima era verde e luminosa, l'altra metà si è trasformata nell'ombra di una primavera non più in grado di diventare estate. E così, l'autunno è arrivato troppo presto.
C'è chi prende la sua vita tra le mani, come Franco, mentre Roberto, che non ha lo stesso coraggio, trova conforto nell'insegnamento di Orelute, rimasto sotto le macerie dell'osteria: Questa è la tua cattedrale, è qui che devi venire a dire la tua preghiera personale. Senza tutti quegli amen e segni della croce. Basta che cammini e taci e pensi a lui.

Renzo Brollo da Ospedaletto, che ho incrociato da ragazzo, ha scritto (bene e con amore) un libro che parla di montagna e di Gemona.
Libri, montagna e Gemona: che l'abbia fatto per me?

domenica 4 febbraio 2018

Il sogno della Regione Friuli

di Lucia Comelli, Gianfranco Ellero, Giuseppe Mariuz

Questo libretto descrive, in tre studi autonomi che parzialmente si sovrappongono, le vicende dell'istituzione della Regione Friuli - Venezia Giulia (e non della regione Friuli) in assemblea costituente.
L'argomento è poco conosciuto quanto di estremo interesse (per quelli a cui interessa).
La descrizione delle posizioni dei vari movimenti autonomisti e delle figure di riferimento, nonchè dei rappresentanti nelle Istituzioni, la narrazione del susseguirsi degli interventi in Assemblea costituente rende l'idea di come scelte che protraggono i loro effetti nella storia di un popolo dipendono talora dalle idee e dall'operato di poche persone. 
Il rovello di Tessitori chiamato ad accettare una situazione diversa da quella che avrebbe desiderato, sacrificando il meglio al bene; le discussioni sull'autonomia ordinaria anzichè speciale; la posizione di Pasolini fondata sulla diffusione del friulano nella destra Tagliamento; il rischio (per alcuni desiderio) di essere accorpati al Veneto; la dialettica fra la "ragion di partito" ed il sentire autonomista di taluni politici locali; gli interventi di Gronchi e Moro che preparano l'emanazione della X disposizione transitoria, secondo la democristianissima prassi del rinvio, e  precludono a Udine di essere il capoluogo della nuova Regione.
Di questo e altro danno conto i tre autori.

Pensierino sul ministro che si è dimesso per due minuti di ritardo. La puntualità è educazione e rispetto

Ha destato interesse e commenti di varia natura la notizia del ministro inglese dimessosi per essersi presentato al question time con due minuti di ritardo.


La notizia dà conto di un fatto oggettivamente insolito, considerata la causa, per cui sono legittime le considerazioni che spesso si concludono con un confronto con l'attacco alla poltrona che caratterizza il nostrano ceto politico.
Il mio primo pensiero non è stato tuttavia, per gli allergici alle dimissioni di casa nostra, ma per i genitori e coloro che hanno educato Michael Bates: buon lavoro, signori!

Di chi la xe la colpa?

Se prima di lamentarsi, ci si accertasse di non avere alcuna responsabilità per ciò di cui ci si vuole lamentare, non si lamenterebbe quasi mai nessuno.

A un passo dal sogno

Ne ho parlato già in un altro post, di quella partita.
Il nostro apice.
Come sempre ad un passo dall'impresa sfiorata.
120 ANNI DI ORGOGLIO, STORIA E TRADIZIONE

Udine!

sabato 3 febbraio 2018

Quello che non saremo (Il Perdido)

Dove sarà la vita che non vissi
e che poteva essere mia, l’altra,
di buona sorte o spaventosa e triste,
che non è stata e forse era la spada
o lo scudo. Dove sarà il perduto
avo persiano o norvegese, dove
il destino di non finire cieco,
il mare, l’àncora, l’oblio di essere
l’uomo che sono? Dove la serena
notte che al rude contadino dona
l’illetterato e laborioso giorno,
come vorrebbe la letteratura?
E penso infine a quella mia compagna
che mi aspettava, e che forse mi aspetta.

Jorge Luis Borges

venerdì 2 febbraio 2018

Mara Renato ed io

di Alberto Franceschini, Pier Vittorio Buffa
Una storia dei fondatori delle Br raccontata da uno di loro, scritta nel 1988 all'indomani della dissociazione.
A questa distanza di tempo il racconto non perde interesse, anche se non posso apprezzare quelle che all'epoca saranno state, in alcuni punti, rivelazioni inedite.
Franceschini si descrive sempre sicuro di sè, sempre forte e padrone del momento. Ma alla fine la parte più importante è quella che descrive il maturare della dissociazione, finendo con l'ammissione di un errore che poteva (doveva) essere riconoscibile fin dal principio.
E a maggior ragione allora, perchè non c'è traccia del dramma che la responsabilità di tanti lutti e tanto dolore inutilmente provocati dovrebbe causare?
Possibile che alla fine il dolore sia tutto per aver sprecato la propria, di vita, e non quelle delle molte altre persone morte invano? 

Ramoscello d'Ulivo

L'iniziativa di Erdogan nei confronti dei curdi, iniziata un paio di settimane fa, è denominata "ramoscello d'ulivo".
Putroppo non è proprio una iniziativa di pace.
Ne hanno "neutralizzati" oltre 500 di "terroristi".
Neutralizzati.