giovedì 28 settembre 2023

Orizzonti di mediocrità

Un anno fa sognavamo, sogni belli e sconfinati.
Ci siamo poi svegliati, e la delusione più che grande è stata definitiva.
Con quei presupposti, una società con un minimo di ambizione avrebbe investito per colmare un paio di lampanti lacune, e provato a vivere finalmente un anno da leoni, dopo un decennio di mediocrità.
Se invece di comprare si vende, in un contesto così, vuol dire che non avremo mai più una squadra vincente, abbiamo capito.
Rassegnati come vuole secolare tradizione di popolo periferico e asservito, abbiamo assistito al solito silenti ad uno scempio di girone di ritorno, quattro vittorie di cui due con Samp e Cremonese.
A quella squadra con ritmo da retrocessione sono stati tolti Becao e Udogje, poi in extremis Beto, senza un rimpiazzo che non sia un progetto di giocatore, con caratteristiche tecniche opposte.
L'esperto direttore sportivo, congedato per fare posto ad un ragazzo che (forse) si farà.
Facciamo a meno dei dirigenti, del miglior difensore, dell'unico esterno di qualità, del centravanti. Anche del capitano, recuperato solo all'ultimo.
Non serve niente, nient' altro che il fenomenale know how di una società che, è vero, ci tiene in A da trent'anni.
A mente fredda, la sconfitta di Napoli, come tante altre, conta zero, se si vince domenica la classifica è più o meno a posto.
Ma a Napoli sono dieci anni che perdiamo. È un numero che si spiega e si sposa con il chiaro tratto che ci contraddistingue, la mancanza di ambizione.
Ci basta mantenere la categoria e il fatturato.
I giocatori lo percepiscono questo, se ne fregano se si vince o perde, sono degli impiegati che timbrano il cartellino nell'attesa di andare in una città più grande. 
L'aspetto motivazionale è da anni il vero problema di una squadra che costantemente raccoglie di meno di quello che indicano i valori tecnici, ed è dura por rimedio se i primi a non credere e volere un miglioramento sono i vertici della società.
Finora è andata bene, si sono sempre trovate tre squadre più scarse. Quest'anno sembra più difficile, chissà...magari torna Deulofeu, magari i numeri di Samardzic, qualcuno dei ragazzi ha qualità...
Io mi chiedo se le persone che stanno ai vertici queste società che prosperano e guadagnano grazie alla passione dei tifosi si pongano il problema che questa non può in eterno alimentarsi da sola, ha bisogno di un po' di attenzione di cura, di una vittoria a Napoli ogni 5 anni.
"La passione è la nostra forza" era un riuscito slogan che campeggia ancora sulla tribuna del Friuli. Sarebbe più veritiero scrivere "La mediocrità è il nostro orizzonte"

martedì 26 settembre 2023

Grazie Presidente

Forse non è vero che sono sempre i migliori che se ne vanno.

Ma qualche volta sì (lo pensavo già qualche anno fa).

In un anno che ha già visto scomparire Ratzinger e Berlusconi, anche Giorgio Napolitano si aggiunge alla lista.

Nella cerimonia alla camera in cui si è celebrato quello che Gianni Letta ha giustamente definito un "lutto repubblicano", in cui si è parlato di Thomas Mann, di Dante, di Emanuele Macaluso, la scelta degli oratori è la miglior prova di quale gran vaglia sia stato questo "statista italiano ed europeo".  

Uomo delle istituzioni; protagonista della sinistra riformista; leader parlamentare stimato dagli avversari politici; riformista europeo; uomo la cui orgogliosa laicità non impediva il dialogo con le più alte personalità religiose; persona di autorevolezza universalmente riconosciuta, frutto di una cultura vastissima e continuamente alimentata. 
Come ha concluso Amato, "ci hanno fatto credere che la politica è sporcizia, o è lavoro da specialisti; e invece la politica la cosa pubblica siamo noi stessi. Giorgio Napolitano lo ha insegnato a tutti noi".

Purtroppo non dico la doverosa ammirazione, ma nemmeno un elementare parce sepultis riesce a farsi strada davanti alla morte di uomo.
Riconoscere di quello che è stato percepito come un avversario i meriti, se non la grandezza, dovrebbe misurare la stoffa delle persone. E freschi stiamo, a leggere più d'uno dei coccodrilli dell'altroieri. Li ha giustamente stigmatizzati, da par suo, Giuliano Ferrara (altro livello); Quello che il giudizio sgangherato della destra pubblicistica non afferra, quando parla di camaleontismo in morte di Napolitano, è appunto questo: la politica ha regole sue, può essere anche visione o prefigurazione ma non è mai utopia o anarchia, il potere non concede margini ambigui all’antipotere, e non è una questione di metodo ma di essenza dell’arte dello stato e del possibile. La carriera comunista e repubblicana dello statista morto venerdì scorso, dal soviettismo togliattiano al gradualismo riformista e europeista, dunque atlantista, è stata un pezzo di storia perché al contenuto della storia, che non ha senso né significato oltre sé stessa, ha aderito con inaudita e scabra pignoleria analitica, passo dopo passo, cambiamento dopo cambiamento.

Sempre su "Il Foglio", Sergio Soave ha vergato una sorta di lungo epitaffio (sottolineature mie):
Sarà la storia a dire quale sia stata l’influenza di Giorgio Napolitano sulla vicenda italiana. Quello che si può dire fin d’ora è che è stato un uomo delle istituzioni, che ha portato nelle aule parlamentari, nei governi e infine al Quirinale un’esperienza e una serietà politiche maturate in decenni di lavoro intenso e impegnativo, il segno di battaglie condotte con convinzione, ma senza iattanza. Uno degli aspetti del suo carattere, infatti, è stata la ricerca di un metodo di intervento in cui la passione e l’opinione personali venissero espresse attraverso un ragionamento legato all’esperienza comune. Anche nel corso delle controversie più dure che rendevano necessaria l’assunzione di posizioni divisive, come quella per l’approdo riformista e socialdemocratico del corpo del Pci, veniva criticato dai settori più radicali della sua stessa corrente per il modo quasi felpato con cui descriveva posizioni anche assai nette di dissenso dalla maggioranza del partito.
Va detto che, però, se il metodo era dialettico, la tenacia con cui quelle posizioni sono state difese e sostenute è stata altrettanto indiscutibile. Napolitano non è rimasto sempre eguale a se stesso, come ha scritto egli stesso: “La mia storia … non è rimasta eguale al punto di partenza, ma è passata attraverso decisive evoluzioni della realtà internazionale e nazionale e attraverso personali, profonde, dichiarate revisioni”. La sua lezione di serietà e competenza, di riluttanza alla personalizzazione, l’impegno a leggere sempre la realtà nazionale nelle coordinate internazionali, è particolarmente valida oggi, quando proprio le sue indiscutibili virtù sembrano scarseggiare, salvo rare eccezioni, nelle classi dirigenti non solo politiche. E’ difficile credere che la sua eredità sarà raccolta, anche perché affonda le radici in una realtà e in una cultura del secolo scorso, il che non significa che sia superata o obsoleta. Un paese, o se si preferisce una nazione, che non sa far tesoro del suo passato rischia di non capire il presente e di affrontare il futuro senza una bussola.


sabato 23 settembre 2023

Le principesse di Acapulco

 di Giorgio Scerbanenco


Principesse russe, comunisti convertiti dal denaro, ex nazisti, tuffatori messicani. Sempre piacevole la scrittura di Scerbanenco, certo chissà che diverso effetto nel 1970... 

mercoledì 13 settembre 2023

Iof di Montasio

Concludo una tre giorni fantastica coronando un vecchio sogno: il maestoso Montasio.

Ci sono persone che si ricordano di avere, quattro o cinque anni fa, promesso di accompagnarti in una escursione; e lo considerano un impegno da onorare. Ti chiamano qualche giorno fa, dai andiamo, che il tempo ora è ideale. Sì che andiamo, quando mi ricapita questa occasione. Mercoledì, no martedì che al massimo c'è un po' di velatura il pomeriggio.  

Il collega che si è offerto di accompagnarmi è un vero appassionato ed esperto, mi rifornisce dell'attrezzatura necessaria e mi conduce con passo deciso al lungo avvicinamento. 

Siamo al parcheggio alle 9. Un veloce caffè al rifugio, e via. Ci aspettano infatti 1200 metri di dislivello, che percorriamo senza posa, arriviamo senza nemmeno accorgercene alla Forca dei Disteis, a quota  2200. Antonio ha scelto di salire per la via Findenegg, lasciamo allora la via normale per iniziare a inerpicarci sulla cengia che conduce a Nord, iniziando ad arrampicarci prima su pendio detritico poi su roccia, sempre lungo il sentiero costantemente segnalato e mai esposto, arrivando in breve, con lieve prolungamento, al bivacco Suringar. Poco prima inizia la salita tramite il canalone Findenegg, che attacchiamo a quota 2400. Di fatto fin poco sotto la vetta tutta arrampicata su roccia, mai pericolosa, ma costantemente impegnativa, che conduce fino alla cresta, più o meno a quota 2700. L'ultimo tratto in cresta è spettacolare, desta dal vivo esaltazione quanto rivisto in foto un filo di preoccupazione. Quella che non hanno minimamente gli stambecchi che, in buon numero, appaiono ben adusi alla presenza di noi umani.

Dopo 4 ore, sono sulla cima del Montasio; e non credevo ci sarei mai arrivato. Il panorama eccezionale spazia delle vicine vette delle Giulie alle Alpi Carniche di là: chissà se quello è il Coglians, dove stanno gli unici più in alto di noi. Qui in basso, il Grego è piccolissimo laggiù, e l'amata Val Saisera appare più bella che mai. 

Dopo una breve sosta, è tempo di indossare l'imbrago, che servirà per la discesa per la via normale. Dopo un tratto in cresta verso est, in lieve discesa, percorriamo alcuni tratti attrezzati, che ci conducono alla famosa scala Pipan, che Antonio trova molto diversa (più breve e spostata) dall'ultima visita, cinque anni fa. 

Ai piedi della scala mi sento quasi arrivato; ma in realtà mancano 800 metri di discesa. La malga laggiù è ben visibile, ma ci vuole un bel po' a raggiungerla, dopo un passaggio su pendio detritico, una scorciatoia sull'erba ed infine il largo sentiero. In discesa, tutto, sono 3 ore e 20, qui faccio un po' da freno, anche perchè mi fermo spesso a contemplare la vera bellezza, la stessa che da anni campeggia come sfondo su questo blog.

Non pago di avermi offerto l'occasione e fatto da guida, Antonio realizza un vero servizio fotografico. Vuole che mi resti il ricordo di questa giornata: e io spero che capisca quanto gli sono grato.










martedì 12 settembre 2023

Monte Mangart

Settembre di rara bellezza. Ogni mattina a chiedersi perchè ci si dirige a Trieste e non lassù: almeno la domenica ce la facciamo a ritagliare una scappata.

All'ultimo la Cima del lago viene scartata per il troppo dislivello.

Provo ad infilare tra le alternative il Mangart che ne segnala solo 600, la proposta viene accolta.

Una giornata di straordinario sole settembrino, clima davvero ideale, ci accoglie fin dalle rampe della rotabile che dopo il passo del Predil sale (pedaggio 10 euro), sale, sale... fino a quota 1850, a pochi passi dal rifugio.

Quota quindi più bassa di quella preventivata, recuperiamo in fretta i metri mancanti e ci portiamo in un baleno alla sella Mangart. da lì dopo un iniziale errore di percorso attacchiamo la "ferrata italiana", ricca di roccia da risalire con l'aiuto di ampi tratti di corda. A circa 2450 rimango da solo, percorro l'ultimo tratto attrezzato con passamani per poi fiondarmi sull'ultimo tratto di sentiero che porta alla cima, quota 2667, dove mi aspettano diverse decine di persone attirate dalla straordinaria bellezza e dalla relativa facilità dell'ascesa.


Si distinguono facilmente Canin, Montasio, gruppo dello Iof Fuart e di qua la valle dello Slizza ed i laghi di Fusine piccoli piccoli. I molti sloveni presenti guardano a est e sudest, cercando il Triglav.

Un panino e scendo con il cuore contento, negli occhi la vera bellezza; tre ore l'ascesa, due la discesa.

Al rifugio davanti ad una coca ammiro un panorama di struggente bellezza, costituito da una sorta di anfiteatro ai piedi della grande cupola, mentre il sole scalda le ossa. 

Vien voglia di restare qui per sempre: ma tornare a valle si deve.






domenica 3 settembre 2023

Sentiero botanico Bila Pec

Gita programmata con famiglie, alla fine in formazione rimaneggiata, su percorso iperfacile ma che consente di colmare la clamorosa lacuna del rifugio Gilberti.

Saliamo al rifugio in cabinovia, dopo un caffè imbocchiamo il sentiero botanico in senso antiorario. L'ambiente aspro e roccioso ospita un sentiero ampio e con pendenza regolare, che in 40 minuti conduce alla sella di Bila Pec, dove si apre una magnifica vista sul nostro Montasio. Impossibile resistere alla tentazione di vari fotoritratti, per poi guardare con un po' di saudade la cima del Bila Pec, lì a un passo, un appuntamento rimandato prima di percorrere in discesa il breve anello, e raggiungere di nuovo il rifugio per una pranzo sulla terrazza, la cui magnifica vista non fa che sognare nuove escursioni... a presto






mercoledì 30 agosto 2023

Monte Rest

Questi impegni sportivi dei ragazzi cominciano a diventare un pretesto piacevole.

Per un recupero figlia a Tramonti mi concedo un giorno di ferie: non sono mai stato in quella vallata, e da tempo ho messo nel mirino la facile ascesa al Monte Rest.

All'ultimo decido di arrivare al passo da Ampezzo, strada lievemente più rapida. L'ultimo tratto è stretto ma con asfalto magnifico, evidente lascito di una trappa del giro.

Il tempo è incerto, in altre occasioni avrebbe consigliato di soprassedere. Ma lassù ci devo ancora andare, e allora si parte: sarò assistito dalla fortuna, giusto qualche gocciolina, neanche da baganare il k-way, e senza che la visibilità sia pregiudicata.

L'ascesa alla malga Rest (circa 50 minuti) si svolge quasi interamente su carrareccia cementata, poi pietrosa, salvo un ultimo pezzo in ampio sentiero nella faggeta. 

La malga consta di stalle abbandonate, mentre l'edificio principale è stato restaurato ed è accogliente, lo utilizzerò al rientro per il pranzo.

Si vede piuttosto ravvicinata la cima, al culmine di un pendio erboso, dal lato opposto alla visuale sulle due Tramonti, laggiù. L'ascesa in diagonale, con un unico tornante in prossimità di una statuina della Madonna, mi porta in cima in una mezzora.

Visuale a 360 gradi, fin giù a Tolmezzo e risalendo ad Ampezzo, il Pura e il Tinisa. Da quest'altra parte la val Viellia fa intravedere i due paesi, e di fronte il Valcalda.

Come da impressione ricavata già domenica risalendo la vallata, e forse condizionata dal tempo, è questa montagna austera, aspra, non caratterizzata da ampie e dolci vallate nè dai colossi delle Giulie; forse friulana. Pur sempre vera bellezza.

Parcheggio in abbondanza



Accogliente riparo

La casera

Tramonti di Sotto e Tramonti di Sopra

Ampezzo

Tolmezzo sullo fondo

  

domenica 27 agosto 2023

Parla la Repubblica

Può parlare una Repubblica?

Può, quando la rappresenta una guida alta e ispirata come Mattarella (e come è stato Napolitano), e questa si prende la briga di lasciare al suo destino il vociare indistinto di molti suoi colleghi (sic!), per ricordare alcuni concetti essenziali, come ha fatto nel rimarchevole discorso di qualche giorno fa a Rimini.

I tentativi di trascinare verso il basso della polemicuccia partitica le parole del Presidente non reggono alla chiarezza di una visione che non è quella del "Capo dell'opposizione", ma di una persona che si rende conto di cosa voglia dire rappresentare i valori della nostra Repubblica.

Difficile riassumere; ma si deve provare. 

Si interroga il Presidente: cosa non siamo?

Su cosa si fonda la società umana; la realtà nella quale ciascuno di noi è inserito; la realtà che si è organizzata, nei secoli, in società politica dando vita alle regole - e alle istituzioni - che caratterizzano l’esperienza dei nostri giorni?
È, forse, il carattere dello scontro? È inseguire soltanto il proprio accesso ai beni essenziali e di consumo? È l‘ostilità verso o il proprio vicino, o il proprio lontano? È la contrapposizione tra diversi? O è, addirittura, sul sentimento dell’odio che si basa la convivenza tra le persone?
Se avessimo risposto affermativamente, anche, soltanto, a una di queste domande, con ogni probabilità, il destino dell’umanità si sarebbe condannato da solo; e da tempo.

E' proprio l'opposto valore che fonda la nostra Costituzione: 
Uno spirito, analogo, ha ispirato la nostra Assemblea Costituente nella quale opinioni diverse si sono incontrate in spirito di collaborazione, per condividere e affermare i valori della dignità, ed eguaglianza, delle persone; della pace; della libertà.
Ecco, come nasce la nostra Costituzione: con l’amicizia come risorsa a cui attingere per superare - insieme - le barriere e gli ostacoli; per esprimere la nostra stessa umanità.
Per superare, per espellere l’odio, come misura dei rapporti umani. Quell’odio che la civiltà umana ci chiede di sconfiggere nelle relazioni tra le persone; sanzionandone, severamente, i comportamenti, creando, così, le basi delle regole della nostra convivenza.

Superare, espellere l'odio  come misura dei rapporti umani. Ma c'è di più. Nell'omaggiare i suoi ospiti denominando come amicizia quella che forse siamo abituati a definire come solidarietà, come comunità, Mattarella spiega come necessariamente essa debba essere declinata.

L’aspirazione non può essere quella di immaginare che l’amicizia unisca soltanto coloro che si riconoscono come simili.
Al contrario. Se così fosse, saremmo sulla strada della spinta alla omologazione, all’appiattimento. L’opposto del rispetto delle diversità; delle specificità proprie a ciascuna persona.

La nostra storia, come quella d'Europa che ha conosciuto i suoi peggiori momenti quando è prevalsa la "la pretesa della massificazione", è lì a dimostrarlo: 
È il valore della nostra Patria, del nostro straordinario popolo - tanto apprezzato e amato nel mondo - frutto, nel succedersi della storia, dell’incontro di più etnie, consuetudini, esperienze, religioni; di apporto di diversi idiomi per la nostra splendida lingua; e nella direzione del bene comune.
Amicizia, per definizione, è contrapposizione alla violenza. Parte dalla conoscenza e dal dialogo. Anche in questo, l’amicizia assume valore di indicazione politica.

I tentativi di negarla, invocando quell'odio, alimentando i contrasti, non mancano. Ma sono pretesti: 
Amicizia, per definizione, è contrapposizione alla violenza. Parte dalla conoscenza e dal dialogo. Anche in questo, l’amicizia assume valore di indicazione politica.
Non mancano, mai, i pretesti per alimentare i contrasti.
Siano la invocazione di contrapposizioni ideologiche; la invocazione di caratteri etnici; di ingannevoli, lotte di classe; o la pretesa di resuscitare anacronistici nazionalismi.

Gli importanti cambiamenti che vive il nostro tempo, oltre a rendere arduo (e spesso non tentato) "uno sguardo lungo che ci aiuti a comprendere, in profondità, quale sia la direzione della nostra vita", sono nel segno dell'individualismo, non privo di un rischio fatale:
L’auto-affermazione dell’io, nella sua più assoluta centralità in realtà nella sua piena solitudine, appare priva di qualunque senso.
Il concetto di individuo rischierebbe di separarsi da quello di persona.
L’affermazione di sé – uno dei motori della vita comunitaria – vale, in realtà, se è inserita nella comunità in cui si è nati, o in cui si è scelto di vivere; e se contribuisce alla sua crescita.

Il Presidente tocca temi come il diritto alla felicità, connesso alla pace e alla "amicizia sociale", in una temperie in cui vi è la necessità, oltre che di confrontarsi con il tema dell'ambiente, di affrontare l'ineludibile necessità che una pace giusta non possa dimenticare il dramma dei profughi. E' l'occasione per le parole tra le più citate nelle cronache, quelle sui flussi adeguati, che però sono un inciso in un discorso di più alto respiro, il cui cuore è l'affidamento della speranza alle nuove generazioni
La speranza è in voi giovani.
Prendetevi quel che è vostro. Comprese le responsabilità e i doveri.
Voi avvertite, in maniera genuina, tutti questi problemi.
Avete la sensibilità di sentirvi pienamente europei. Più degli adulti.
Avete conoscenze adeguate per affrontare, senza timore, le trasformazioni digitali e tecnologiche che sono già in atto.
Avete la coscienza che l’ambiente è parte della nostra vita sociale. Che non ci sarà giustizia sociale senza giustizia ambientale; e viceversa.
Non vi chiudete, non fatevi chiudere in tanti mondi separati. Usate i social, sempre con intelligenza; impedite che vi catturino, producendo una somma di solitudini, come diceva il mio Vescovo di tanti anni addietro.
Non rinunciate, mai, alle relazioni personali; all’incontro personale; all’affetto dell’amico; all’amore; alla gratuità dell’impegno.
Il mondo è migliore, se lo guardiamo con gli occhi giusti.

Mi rivolgo a Marzio Breda: ma veramente vogliamo ridurre queste parole ad una reazione al libro di Vannacci?

mercoledì 23 agosto 2023

AUTOCENSURA

Ho cancellato 44 post.

Tutti quelli che indicavano "Per chi voto", ed una serie di altri con contenuto critico su taluni comportamenti di politici o movimenti.

Mi costa parecchio, ma il clima illiberale che si respira rispetto alla libertà di espressione mi induce a questa forma di cautela.

domenica 20 agosto 2023

Rifugio Eimblatrim

Con la scusa di portare Riccardo ad Ampezzo, non par vero di organizzare una scappata a Sauris.

Il rifugio Eimblatrim appare meta comoda e alla portata di tutti, anche se si registrano delle defezioni.

Un'oretta tranquilla nel bosco ci conduce all'accogliente struttura, dove ci aspettano degli ottimi piatti serviti con incredibile velocità.

La vera bellezza può essere anche facile-