sabato 30 gennaio 2021

E alla fine il populismo si impiccò alla prescrizione

Non poteva essere che Gian Domenico Caiazza, voce che con poche altre giunge attraverso deserti intellettuali per darci vero ristoro di cultura liberale, a rilevare un fatterello, che sia stata la certa bocciatura della politica sulla giustizia il momento conclusivo della parola di un governo che della (in)cultura  giustizialista ha fatto vessillo.

La sua conclusione all'odierna pillola de "Il rovescio del diritto"è da sottolineare e mandare a memoria. 

Ma se oggi addirittura a distanza di un anno dalla sua entrata in vigore di fronte all' arrogante rivendicazione di quel mostriciattolo giuridico di infima qualità tecnica una vergognosa la giaculatoria populista senza capo né coda, cifra perfetta dei tempi miserabili che ci tocca vivere, la sua sola evocazione è bastata precludere definitivamente ogni ipotesi di sopravvivenza del governo alla propria crisi politica, credo sia legittimo rivendicare con orgoglio questa lunga esaltante battaglia politica in nome del diritto, delle garanzie ,della Costituzione.
Questa è la bellezza della politica, quando essa si nutre di idee di convinzioni di valori forti a lungo sedimentati nella storia del pensiero umano; non di vuota e violenta agitazione delle viscere della pubblica opinione.
La durata è la forma delle cose ci ricordava sempre Marco Pannella.
Non dimentichiamola mai questa splendida verità

mercoledì 20 gennaio 2021

Non dite che le cose non possono cambiare

Non dite che le cose non possono cambiare, ha detto il nuovo Presidente Biden, alludendo alla sua vicepresidente e quel che significa la sua nomina per le donne, gli immigrati.

In una cerimonia che per me è stata emozionante, la speranza di vedere sorgere un nuovo giorno, ha pronunciato parole, certo a lungo meditate e cercate, incentrate sulla necessità della condivisione, della comprensione, della solidarietà.  

Sa che la rabbia e l'odio e le paure di molti hanno fondamento in momenti difficili.

Ma anche che la capacità di un grande leader, della grande politica, è al tempo stesso comprenderle e offrire una via d'uscita:

Ma la risposta non è ripiegarsi su se stessi. Né ritirarsi in fazioni in lotta tra loro, diffidando di quelli che non vi assomigliano, o non pregano come fare voi, o non leggono le notizie dalla vostra stessa fonte. Dobbiamo porre fine a questa guerra incivile che mette il rosso contro il blu, il rurale contro l'urbano, il conservatore contro il liberal. Possiamo farlo se apriamo le nostre anime invece di indurire i nostri cuori, se mostriamo un po 'di tolleranza e umiltà e se siamo disposti a metterci nei panni dell'altra persona, come direbbe mia madre. Solo per un momento, mettetevi nei panni degli altri. Perché questo posso dirvi della vita. Non possiamo sapere che cosa il destino ha scelto per noi. Alcuni giorni hai bisogno di una mano. Ci sono altri giorni in cui devi darla, una mano. È così che deve essere, è questo che facciamo l'uno per l'altro. E se siamo così, il nostro paese sarà più forte, più prospero, più pronto per il futuro. E possiamo pure non essere d'accordo. Miei concittadini, nel lavoro che ci aspetta avremo bisogno l'uno dell'altro. Abbiamo bisogno di tutte le nostre forze per resistere in questo inverno buio. Stiamo entrando in quello che potrebbe essere il periodo più oscuro e mortale del virus. Dobbiamo mettere da parte la politica e affrontare questa pandemia come una nazione, una nazione.
Mettersi nei panni dell'altro.

Ben arrivato, Mr Biden.

sabato 9 gennaio 2021

Memoria

Con piacere ho riscontrato che il centenario dalla nascita di Leonardo Sciascia è stato occasione di numerose iniziative per ricordare la sua figura, compresi l'evento di PiuEuropa nel corso del quale sono state lette alcune sue pagine sulla giustizia ed il bel documentario "Uno scrittore alieno" su Skyarte.

E poi articoli, interventi alla radio.

C'è anche un fatto, che pure nulla ha apparentemente a che vedere con lo scrittore siciliano. 

Nel processo sulla "strage di Viareggio", la Cassazione ha dichiarato prescritti gli omicidi colposi delle 32 vittime. 

Apriti cielo. Al certamente comprensibile strazio dei familiari (in merito al quale andrebbe però seriamente chiesto che tipo di giornalismo è quello che mette sotto il naso il microfono a persone appena colpite da un evento così emotivamente impattante) si aggiungono immancabili tweet di politici vari che lamentano la mancata giustizia, aprendo (ma più seguendo) il solco di un univoco commento di giornali,  odiatori e cazzeggiatori da tastiera.

E' quindi l'unica giustizia la condanna?

Ricordiamo Leonardo Sciascia, soprattutto per quanto manca una voce come la sua. 

sabato 2 gennaio 2021

Cassandra è tra noi

Qualche Capodanno fa mi soffermavo sulla particolarità di un momento, lo scoccare della mezzanotte del 31 dicembre, in cui ci si abbraccia(va) e si festeggia(va), tutti animanti dalla speranza che l'anno nuovo sarà migliore di quello che lasciamo; e poi mai oggetto di una verifica.
L'abbiamo fatto anche un anno fa: "viva il 2020!", "speriamo che sia un buon anno!", "auguri!".
Visto com'è andata, è comune certezza che il 2021 sarà migliore.
Io forse leggo troppo articoli e bollettini della Fondazione Hume (non male quello del 1 gennaio), ma ho l'idea abbastanza netta che il 2021 sarà peggiore.
Per buona parte dell'anno la situazione sanitaria ed i rapporti sociali saranno gli stessi che stiamo vivendo; sperabilmente non avremo lo stesso numero di persone che ci lasciano, ma non ci sarà nemmeno la situazione di solidarietà e compostezza che almeno inizialmente ci ha caratterizzato; anzi subentrerà la stanchezza e l'insofferenza per il perdurare della situazione e probabilmente la rabbia (non una salutare presa di consapevolezza, una sorda e pericolosa rabbia) per la prova data dalla nostra classe dirigente in questo frangente.
La situazione economica volgerà ad un drammatico peggio, mentre il debito che stiamo accumulando diventerà un'ipoteca sempre più grande per il futuro dei nostri figli, nell'incapacità ormai conclamata di cogliere l'occasione di una svolta storica.
C'è uno scenario alternativo?
Ci vorrebbero dei leader (purtoppo).

sabato 28 novembre 2020

Più che un calciatore

In due giorni passati ad ascoltare persone che ricordano il loro Maradona, i più fortunati il loro Diego, non ho sentito che parole di ammirazione, di gratitudine, di rispetto.

E' stato più di un calciatore.

Per i compagni ed i colleghi, un leader che pur essendo sideralmente distante per bravura non lo faceva pesare e mostrava di essere uno di loro.

Per i tifosi delle sue squadre è stato il campione del riscatto di chi non è abituato a vincere.

Per gli amanti dello sport era uno dei rarissimi in cui la classe purissima non basta a definire il migliore, e bisogna ricorrere alla categoria del genio. 

Per tutti, come Senna, come Alì, è stato quella "fonte di ispirazione" che ha ricordato molti anni fa Sorrentino all'Oscar.

Lalla lallalà...





































giovedì 26 novembre 2020

Ho visto Maradona

E' morto Maradona.
Mentre sto sbadigliando davanti ad una stanca riunione a distanza, mi mostrano un messaggio con questa frase senza senso.
Nonostante la notizia non giunga del tutto inaspettata, raramente ho avuto la sensazione di una mancanza che mi è parsa così impossibile; c'è sempre stato, Maradona, da quando ho memoria e lui era già il migliore al mondo. 

Il re del calcio, il campione che ha interpretato al massimo livello questo fantastico sport mostrando inimmaginate acrobazie, ora non c'è più.
Il funambolo geniale che inventava traiettorie impossibili era anche un uomo fragile, incline ad autoassolversi dagli altri errori che gli sono costati infinite cadute, e si era già giocato più d'una vita.
Qualcuno distingue il fenomenale calciatore dall'uomo, sottendendo o declinando un giudizio negativo sul secondo. Non cercando nel campione necessariamente un esempio, registro che da tutti i suoi compagni e avversari mai si è alzata una voce negativa, tutti a volergli bene; e allora di quei giudizi sinceramente dubito.

Come tifoso per me era un avversario. Era il migliore, ci segnava e ci faceva rosicare. C'ero quando a  Udine fece le prove del gol di mano (Zico se la prese moltissimo, fu la sua ultima partita con noi se non erro). Un'altra volta che in cinque minuti recuperò un 2-0 ero tra quelli che schiumavano di rabbia vedendolo esultare, e poi allargare le braccia in segno quasi di scusa.
Contro il Milan impegnò dei duelli d'altri tempi, lui la genialità e l'individualismo contro l'organizzazione della macchina da guerra sacchiana. 
Quella notte del 90 a Napoli, poi ci tolse il sogno di un mondiale che era nostro.

Del perchè il calcio sia lo sport più amato è stato l'evidente emblema, lui piccolo e brutto ma indiscutibilmente il più forte. 

Gianni Brera (il Maradona del giornalismo sportivo) trovò per lui alcune tra le sue parole più belle: 
Maradona è la bestia iperbolica, nel senso infernale, anzi mitologico di Cerbero: se fai tanto di rispettarlo secondo lealtà sportiva, lui ti pianta le zanne nel coppino e ti stacca la testa facendola cadere al suolo come un frutto dal picciolo ormai fradicio. E' capace di invenzioni che forse la misura proibiva a Pelè, morfologicamente irregolare nei soli piedi piatti, peraltro funzionali nella bisogna pedatoria. Maradona è uno sgorbio divino, magico, perverso: un jongleur di puri calli che fiammeggiano feroce poesia e stupore (è dei poeti il fin la meraviglia). Talora uno dei suoi piedi serve fulmineamente l' altro per una sorta di paradossale ispirazione atta a sorprendere: ma quando vuole, questo leggendario scorfano batte il lancio lungo che arriva, illumina, ispira: capisci allora che i ghiribizzi in loco erano puro divertissement: esibizione per i semplici: se il momento tecnico-tattico lo esige, in quelle tozze gambe animate dal diavolo entra solenne il prof. Euclide. E il calcio si eleva di tre spanne agli occhi di coloro che, sapendolo vedere, lo prediligono su tutti i giochi della terra.

Ma sì, forse sei stato un sogno: ho visto Maradona, innamorato son.



Altro articolo di Brera, tanto per duplicare i motivi di nostalgia:






lunedì 10 agosto 2020

Capanno Brunner

 Scelgo questa meta per un'escursione facile con amici.

Trovata con un po' di fatica la partenza del sentiero, poche centinaia di metri sopra il lago del Predil, ascendiamo costeggiando il limpidissimo Rio Bianco; in un'oretta di percorso tutto nel bosco arriviamo al ricovero, che usiamo come appoggio per un pic-nic.

Al ritorno i più coraggiosi provano il piacere di rinfrescarsi i piedi nel Rio, prima di una sosta nella bellissima cornice del lago.

Facile facile.




Lago Volaia

 Ascensione del 5 luglio.

Più volte ho definito questo laghetto "il posto più bello del Friuli", certamente è il mio posto, in cui ho chiesto (ed ero serio) di portare le mie ceneri.

All'arrivo al Tolazzi la fila delle macchine parcheggiate è sterminata, del resto di tanta bellezza non su può pretendere l'esclusiva.

Da un po' non facevo la salita, che impiega un paio d'ore, con l'ultimo tratto appena un po' impegnativo per un po' di pendenza.

Il rifugio Lambertenghi - Romanin è chiuso per restauro, peccato. Mangiamo i panini a fianco del lago, un breve pisolo d'ordinanza e poi devo cedere all'insistenza dei ragazzi per rientrare. 

Non capite cosa vi perdete.


 

venerdì 7 agosto 2020

Coppi e Bartali

 di Daniele Marchesini

Il motivo per cui questo breve libro mi ha un po' deluso si collega paradossalmente al motivo per cui l'ho scelto.

E' un testo di uno storico, e quindi si parla del contesto in cui si formò la rivalità tra i due campioni, del suo significato politico e sociale, del ruolo nella rinascita del Paese nel dopoguerra.

Così la bicicletta metafora della rinascita; le vittorie al Tour momento in cui si risollevava l'orgoglio nazionale; i due campioni attratti a simbolo dei due mondi cattolico e laico.

Tuttavia la totale assenza dei riferimenti alle imprese sportive, e forse il confronto (inevitabilmente perdente) con "Coppi e il diavolo" di Brera mi hanno fatto arrivare alla fine con la sensazione che mancasse qualcosa.



Risorgimento e capitalismo

 di Rosario Romeo

Preso dall'entusiasmo estivo ho affrontato questo classicissimo della storiografia italiana.

Il primo saggio, in cui critica-rassegna la storiografia marxista che si accodò all'interpretazione gramsciana del Risorgimento come rivoluzione sociale mancata, appare letto oggi veramente un affare per specialisti; ripensare al momento in cui fu scritto dà tuttavia una diversa considerazione dello spessore di chi concepì.

Nel secondo saggio si analizza, numeri alla mano, uno dei presupposti della interpretazione contestata; ponendosi con chiara strumentazione marxiana il problema dell'accumulazione del capitale necessaria alla pretesa rivoluzione mancata. Romeo ritiene che la conservazione delle grandi proprietà terriere, insieme alle misure protezioniste e fiscali che gravarono soprattutto sui ceti contadini, abbiano permesso l’accumulazione dei capitali necessari all’industrializzazione e alla modernizzazione del paese