Con la curiosità indotta dai recenti trascorsi berlinesi mi accingo a questa biografia presa alcuni anni fa a Gorizia.
Lo straordinario percorso del fondatore del secondo Reich viene ricostruito con una periodizzazione che evidenzia anche il mutare delle sue posizioni, attorno al punto fermo riassumibile nella formula della realpolitik, nella concezione della politica tutta incentrata sui rapporti di forza e sull'assenza di scrupoli giuridico- costituzionali.
Lo Junker, il Conservatore, il fautore di una realpolitik, il fautore di una grande Prussia, il fondatore di un impero, il conservatore del sistema, il difensore della pace e il monumento nazionale. I titolo dei capitoli sintetizzano cosa Bismarck si trovò ad essere nell'arco di una vita, al servizio al tempo stesso di un ideale di conservazione consustanziale al mantenimento dello status economico della sua classe di provenienza, quanto del mito del demiurgo che finì per essere e considerarsi, traendone anche gli indiscussi vantaggi.
L'aspetto che desta interesse è il rapporto con il tema nazionale, che contrariamente all'idea che si può a primo acchito avere fu del tutto recessivo e nella prima fase anche contrastato: "sono prima di tutto un monarchico, poi un buon prussiano, infine un buon tedesco".
L'omaggio formale alla dedizione verso il re, funzionale con il primo Guglielmo a mantenere la piena direzione della politica imperiale, fu poi ciò che il secondo Guglielmo, interpretandolo alla lettera, usò come motivo della conclusione del "regno" del cancelliere. Un po' come un Paolo Maldini qualsiasi.
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