giovedì 2 marzo 2023

Un anno dopo

In una conversazione di straordinario interesse Andrea Graziosi, sollecitato da Giuseppe Laterza, ripercorre i principali passaggi già delineati nel suo libro.

Me li sono appuntati, per meglio ricordarli.

1) Quello che maggiormente rimane, un anno dopo l'invasione, sono gli errori di valutazione commessi da Putin, e la scelta degli Ucraini di stare dall'altra parte, tanto più notevole in quanto rafforzata da un anno di sofferenza.

2) Il "mondo russo". Appare al momento vincente la corrente da sempre presente nella cultura e politica russa che nega che la Russia sia Europa. L'euroasiatismo già presente nell'800, che trovò paradossali meriti alla rivoluzione del '17 capace di allontanare Mosca dall'Europa, nel secondo dopoguerra ha trovato nuova linfa. Inutile nascondersi che rompere con l'Europa non è un accidente ma una scelta compiuta dal gruppo dirigente attuale.

3) Le elite cosa ne pensano. Forse non sono contente, ma non possono che tacere. Quasi scomparsa l'alta elite sovietica incarnata da Gorbaciov, il cui umanesimo rese possibile la transizione pacifica dall'Unione sovietica, silenziata dai putiniani l'elite affaristica nata negli anni 90 dal ceto imprenditoriale che fu liberato nel nuovo regime.

4) Il progetto politico era attrarre nel "mondo russo" tutte le zone russofone. L'errore è considerare sempre la lingua come fattore identificativo della nazionalità: in molti caso (come per l'Italia) lo può essere, in molti altri (Africa subsahariana, America latina) no. Nel caso postsovietico il russo si è posto come lingua veicolare, snazionalizzata, che non funge da univoco elemento di attrazione verso Mosca: evidente la differenza tra Crimea e Donbass.

5) L'accelerazione di un anno fa non sembra collegata al desiderio di Putin di fronteggiare un fronte che contrasta la transizione ecologica per lui dannosa; sembra piuttosto il tentativo di approfittare di un momento di conclamata debolezza dell'Occidente, iniziato nel 2008 e proseguito con il disimpegno di Obama e Trump. 

6) La denazificazione è diventata rapidamente de-europeizzazione: si voleva l'Ucraina distolta dai progetti di adesione al mondo europeo. Paradossalmente l'invasione e il forte coinvolgimento americano ha fermato e forse per il momento invertito la divergenza tra Europa e Usa, complice la presenza di un presidente come Biden, ultimo spirito "europeo" della politica americana, formatosi ancora in anni di guerra fredda. 

7) Di fronte al mutato quadro, ora multipolare, la Nato diventa strumento obsoleto, al posto del quale sarebbe opportuno maturasse un nuovo strumento comprendente tutti quelli che condividono i valori occidentali.

8) E' falso che si sia fatto poco per attrarre nel campo europeo e occidentale la Russia. La politica di Clinton in particolare fu smaccatamente filorussa, in particolare sulla questione delle atomiche sottratte all'Ucraina e sul piano degli aiuti economici. Il punto è che l'economia determina le scelte sul lungo periodo, sul breve prevalgono altri fattori. In questo caso il volgersi della situazione nel campo degli euroasiatisti è stato  probabilmente determinato tra le due guerre dalle purghe staliniane che hanno eliminato le elite più inclini a volgersi verso l'Europa.

9) Il nazionalismo ucraino non si fonda su elementi etnonazionali, ma sul ricordo dell'Holodomor e dello sterminio dei nazionalisti ucraini deciso da Stalin. Pur essendo storicamente fenomeni da non attribuire a contrasti etnici (furono staliniani, non russi), tali eventi non possono che predeterminare ostilità verso un predominio moscovita. Inoltre l'emigrazione ucraina, divisasi tra Russia ed Europa, ha chiaramente fatto comprendere dove sia meglio orientarsi.


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