Ogni anno ci sono credo più di 300 morti per incidenti stradali.
Tuttavia continuiamo ad andare in macchina.
Chiudere la circolazione sarebbe un sacrificio impensabile per troppe persone, a fronte del risparmio di quelle vite.
Ora siamo in casa per 15.000 decessi. Sono forse molti di più, aumenteranno, molti sono stati risparmiati dalle misure di contenimento.
Da un punto di vista della decisione pubblica si dovrebbe calcolare il numero delle morti evitate, poi calcolare il danno provocato dalle misure, e valutare se vogliamo sostenerlo per raggiungere quel fine. C'è un punto in cui il numero dei morti diventa non più accettabile, allora si chiude.
Mi chiedo se la decisione iniziale di BoJohnson (accettare le morti differenziali senza nemmeno calcolare il danno all'economia) non sia altrettanto ideologica della nostra (salviamo tutti, costi quel che costi).
E' ovvio che dal punto di vista del singolo e dei suoi cari la vita non ha prezzo. Ma la "collettività" ragiona differentemente, dovrebbe perseguire la maggior utilità del maggior numero.
Anche nelle guerre si sacrificano delle persone (i militari) per difendere altri interessi, non sempre (quasi mai) la vita di molte altre persone. La politica decide.
La mia impressione è che la questione non si sia nemmeno posta, nella mente dei nostri governanti, per tacer dei forti dubbi sulla democraticità delle decisioni prese e sul loro impatto sulla libertà personale.
Certo, hanno fatto come noi anche tutti gli altri.
Ma la questione si ripropone uguale per la riapertura.
Qualcuno prenderà decisioni politiche?
"Decidono i medici" proprio non si può sentire.
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