L'urlo di Emanuele Macaluso al funerale laico di Massimo Bordin, riecheggiato dal titolo di questo post, nella sua esagerazione esprimeva vero dolore.
Io sono tra quanti, un anno dopo la sua scomparsa, lo provano veramente, ancora oggi, per la mancanza di Massimo.
Le parole dei tanti che oggi lo ricordano (Chiocci, Martini, Coccia, Bonino-Spadaccia; e Guido Olimpio, memore della straordinaria cultura di Bordin, che immagina di ritrovare "raro e disperso, in un mare di ritagli") sembrano non potere aggiungere molto a quanto già detto un anno fa.
E tuttavia Massimo Teodori non manca di rammentarci che "Massimo non era un “semplice cronista” come voleva auto-rappresentarsi, né un generico militante politico, e neppure soltanto quell’autorevole professionista della rassegna stampa che per anni ha generosamente donato a centinaia di migliaia di ascoltatori, oltre che alla classe dirigente del paese, il piacere di ascoltare le sue parole. E’ stato qualcosa di più della sommatoria di questi e altri aspetti della sua multiforme attività.
E’ stato un protagonista del nostro tempo. Con una cultura politica in cui sulla giovanile passione per la sinistra di classe aveva innestato una vocazione liberaldemocratica dedita allo stato di diritto, alla giustizia giusta e al socialismo libertario e riformatore. Con l’intelligenza di chi sa riconoscere a prima vista uomini e cose e ne sa valutare vizi e virtù, autenticità e fasullaggini. Con la forza intellettuale del monaco laico che non si pavoneggia di saggi ma guarda a quell’olimpo antiautoritario e minoritario in cui brillano le stelle dei grandi eretici del Novecento, fossero i coraggiosi dissidenti storici del comunismo, gli appassionati rivoluzionari trotskisti, o i cantori libertari alla Albert Camus e George Orwell fino al nostro Leonardo Sciascia, scrittore per eccellenza fuori dalle righe".
Personalmente ho apprezzato molto il ricordo del TG5 e soprattutto un articolo straordinario del ministro Peppe Provenzano su "Il Manifesto", che parla di Sicilia, della Caltanissetta del dopoguerra, di Macaluso e delle conversazioni su Sciascia. Lo scrittore che "ci aveva ammonito sui ricordi, al punto da scoraggiare anche queste righe: «La morte è terribile non per il non esserci più ma, al contrario, per l’esserci ancora e in balìa dei mutevoli ricordi, dei mutevoli sentimenti, dei mutevoli pensieri di coloro che restano». Anche questa profezia di Sciascia mi si è sembrata avverarsi, spesso contro Sciascia. Solo pochissime eccezioni, su tutte Bordin". E che veniva citato da Bordin «Io non sono un garantista: sono uno che crede nel diritto, che crede nella giustizia» per poi chiosare: «Sciascia credeva nella giustizia secondo diritto, che è fatta anche di sostanza». E ancora Bordin che al quarantennale de "L'affaire Moro" parla del Pierre Menard delle Finzioni di Borges.
Provenzano ha definito il suo ricordo "strettamente personale". Cogliendo un punto fondamentale, che Bordin era parte della vita di moltissime persone. Ognuno ha il suo ricordo, ritrovare in quello di un altra persona Sciascia, Pierre Menard e quel libro di Macaluso è stato un po' come ri-conoscerla.
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