domenica 26 gennaio 2025
Errori di prospettiva
domenica 19 gennaio 2025
L'arte di essere Marco Pannella. Un manuale per chi brucia di passione e sa che nessuna regola è eterna
di Patrizio Ruviglioni
Mi sono consegnato, prigioniero consapevole e volontario, alla bravura degli editor di questa piccola casa editrice, Blackie.
Non potevo resistere alla tentazione di questa copertina, al desiderio di lasciarla sul tavolino (dove rimarrà), nè al sottotitolo, e non ho resistito, come nel noto aforisma di Wilde.
L'autore di questo libretto, che lui definisce "una biografia in dieci lezioni di vita", è del 1995, Pannella ha fatto in tempo a conoscerlo nell'ultimo lustro della sua vita e quindi è per lui un uomo di un passato idealizzato, quello che per me possono essere stati Berlinguer o Moro.
Ne ha ricostruito episodi largamente (per un vecchio radicale quale sono) noti della vita, corredandoli con una decina di mini interviste a personaggi noti (c'è anche Toscani, ciao Oliviero!), che hanno parlato del loro Pannella, con l'intento di farlo conoscere alla generazione Z. Chissà quanti appartenenti alla medesima lo leggeranno, grazie comunque Patrizio per averci pensato e provato.
Estetica a parte, di per sè appagante, il libro non aggiunge molto alla mia conoscenza del leader radicale, in gran parte formatasi sul campo (radiofonico) e con le altre biografie che già campeggiano nella mia libreria.
E' interessante la scelta, del tutto personale, di trarre dalla vita di Marco dieci principi.
Io avrei messo come primo quello che mi ha insegnato, "pretendi da te stesso quello che chiedi agli altri", quelli che desume lui sono invece:
1) Prenditi il tuo tempo per diventare te stesso2) Se gli altri seguono le regole, tu pensa a cambiarle
3) C'è sempre un modo per farsi sentire
4) Solo i morti non cambiano idea
5) La tua eredità sei tu
6) I problemi dei vicino sono i tuo problemi
7) Se non ci credi tu, non ci crederà nessuno
8) Guarda le cose da un'altra prospettiva
9) Vecchio è bello
10) Conta solo la felicità
Con un canestro di parole nuove, calpestare nuove aiuole
sabato 18 gennaio 2025
Gli occhiali d'oro
di Giorgio Bassani
Il narratore-alter ego anche qui è un giovane ebreo studente in lettere, non sappiamo se si chiami Giorgio pure lui.
La trama si dipana in tre tempi. Nel primo di descrive la vita a Ferrara dello stimato medico Athos Fadigati viene descritta nella sua piena integrazione nella ricca borghesia della città, ove il successo professionale ed il comportamento riservato distolgono sguardi altrimenti occhiuti dalla sua presunta omosessualità.
Dopo un intermezzo nel quale, complici le trasferte ferroviarie a Bologna, entra in contatto con il narratore ed il gruppo dei suoi coetanei, la scena si trasferisce a Riccione, dove la relazione con uno dei giovani (poi finita male) desta scandalo ed una reazione di rigetto del suo ambiente di riferimento.
Nasce una sorta di amicizia tra Fadigati e il narratore, colpito dal dramma della solitudine del primo, mentre la vicenda si incrocia con l'arrivo delle leggi razziali (sono entrambi ebrei).
Nel mentre il narratore si scopre l'unico a presentire il baratro verso cui ci si sta rivolgendo, il medico pone fine alle sue sofferenze con il suicidio.
Il ritorno della razza. Le radici di un grande problema politico contemporaneo
di Andrea Graziosi
Mi faccio tentare dal nome di Andrea Graziosi, che anticipa con queste pagine un più ampio volume sulla rilevanza politica delle differenze tra gli uomini.
Buona parte dell'opera è dedicata ad un excursus storico, a partire dalla romanità, sulle concezioni che vi sono state nel mondo occidentale sul rapporto tra l'universalità degli appartenenti al genere umano e le differenziazioni tra gruppi di essi, tenendo ovviamente conto del criterio di distinzione e degli esiti giuridico-politici delle medesime.
Alla tragedia cui ha portato il razzismo scientifico un secolo fa ha fatto seguito una reazione di rigetto del concetto di razza, cui però sono seguiti da un lato la sostituzione dell'argomento dell'ineguaglianza biologica delle razze con quello dell'assolutizzazione della differenza tra le culture, dall'altro l'utilizzo dello strumento della razza come fondamento delle "affirmative actions".
Le dinamiche economiche e demografiche comportano inevitabilmente un aumento della quota di popolazione che si connota per differenze di colore e di religione, aumento che si incrocia con l'invecchiamento della popolazione e con una situazione di aspettative decrescenti, in maniera che il tema dei "diversi" è da anni politicamente sensibile ed infatti costantemente posto al centro di un dibattito fermo a preconcetti e argomenti retorici e spesso aprioristici (aggiungo io, tanto sul piano dell'indiscriminata accoglienza quanto su quello dell'ostilità venata di reale razzismo).
La sollecitazione di Graziosi è nel senso di aprire una discussione razionale e aperta sul tema di una integrazione che è necessaria, utilizzando le esperienze di altri paesi, ponendo la necessaria attenzione all'ascolto delle componenti che si sentono minacciate, ma anche ricordando un paio di punti fermi.
Il primo è che l'utopia di società, stati e popoli etnicamente puri, i cui riferimento sono storicamente inesistente, è comunque finita.
Il secondo è che "gli esseri umani, nella loro infinita varietà e diversità, sono tali in quanto individui dotati di ragione, lingua, coscienza e libero arbitrio e non perchè appartengono a questo o quel gruppo collettivo o categoria. Queste categorie possono essere e spesso sono espressione di differenze reali e sono altrettanto spesso utili, e persino indispensabili, all'analisi della realtà. ma anche quando lo sono è fondamentale ricordare che si tratta comunque di nostre creazioni intellettuali transeunti e instabili, che radunano e accomunano 'senza chiedere permesso' esseri umani liberi di cambiare idea, responsabili delle proprie scelte e che come tali vanno trattati e rispettati"
martedì 24 dicembre 2024
A questo punto
Che settimana.
Qualche giorno fa ho dovuto prendere una decisione difficile. Credo di aver fatto la cosa giusta, ero preparato a scegliere, ho scelto la mia vita. La settimana prossima inizio un nuovo lavoro, un nuovo ruolo atteso così tanto. Oggi compio 50 anni, momento inevitabile di considerazioni, di bilanci.
Il primo ordine di considerazioni mi porta a riconoscere di essere stato, tutto sommato, fortunato. Ho avuto sinora ottima salute, contro ogni aspettativa di chi avesse guardato ad un regime alimentare discutibile. Mi sono ritrovato prerogative intellettuali (tra cui spicca una memoria fuori dal comune) sufficienti per quello che dovevo fare, ed un carattere che alla prova dei fatti mi ha aiutato, nella capacità che non molti conoscono (o mi ri-conoscono) di accettare con il giusto distacco le cose belle e le cose brutte.
Soprattutto sono stato messo nelle condizioni di fare quello che volevo e potevo. I miei genitori mi hanno dato tutto quello che mi serviva, in termini materiali e non. Quando ho avuto una famiglia, mia moglie si è assunta gran parte del lavoro in casa. I miei suoceri mi hanno accolto nella loro famiglia, fornendo alla mia un grande aiuto.
Quello che ho fatto, quello che è stato e che non è stato, dipende quindi esclusivamente da me.
Com'è andata? Questo genere di giudizi dipende dai parametri, come la delusione e la soddisfazione sono una funzione tra aspettative e risultati. La maggior parte delle persone tiene conto dei beni materiali, della posizione sociale o lavorativa. Sono cose importanti, parametri oggettivi che io rispetto.
Senza nulla togliere ho maggiormente dato peso, nella mia vita, alle emozioni e alle relazioni. Ho coltivato varie passioni, le stesse che Margherita aveva ben disegnato (aggiungendo la musica a quelle che avrei indicato io), che mi hanno dato molto. Il piacere di leggere una pagina di Borges o di Sciascia, la vera bellezza contemplata dalla cima di una montagna, la gioia di esultare per un goal in curva nord. Ho conosciuto molte persone di valore che mi hanno gratificato della loro amicizia, persone che magari non sento da anni, ma grazie alle quali ho provato l'impagabile e impareggiabile soddisfazione di sentirmi una persona stimata.
Per me è abbastanza, non ho molto alto da chiedere per me. Certo conto di leggere parecchi altri libri, almeno quelli della lista che avevo preparato per quest'anno, di scalare molte altre montagne, e magari di finire il giro d'Italia degli stadi con Riccardo.
In realtà quello che mi resta veramente da fare riguarda i miei figli. Io li osservo, spesso con la presunzione di capire cosa pensano, ogni tanto li rimbrotto, spero che capiscano che è perchè imparino. Si impara dallo studio (ahi), dall'esempio e dagli errori, e quindi se posso faccio notare questi ultimi.
Vedo in loro e nei loro amici dei bravi ragazzi di cui la mia generazione ingenerosamente si lamenta, non capendo che dei loro mali siamo noi i responsabili. E' ora che ci diano un bel calcio nel sedere.
Certo ragazzi, senza farla troppo lunga, due cose le devo dire.
La prima è che le cose belle non capitano da sole, bisogna andarsele a prendere, prepararsi e fare fatica. Se voglio andare su una cima la scelgo giorni prima studiando il percorso adatto alle mie forze; guardo il tempo, preparo lo zaino e i panini; prendo la cartina e il k-way, perchè potrebbe piovere. Parto per tempo e poi, per arrivare su, faccio tutta la fatica necessaria.
La seconda è che nella vita ci si può limitare a soddisfare i bisogni materiali, che nei casi sfortunati sono avere qualcosa da mangiare e l'affitto pagato, in quelli buoni l'I-phone nuovo e la casa al mare. Ma ci sono anche delle persone che oltre a questo studiano, leggono, cercano di capire come funziona la vita, il mondo, i rapporti tra le persone e di migliorare, se si può questi aspetti. Per fare questo bisogna leggere qualche libro, guardare dei film o ascoltare persone che hanno la capacità di alzare lo sguardo e di astrarsi dal quotidiano del reale (e ancor più dal virtuale). A mio avviso è meglio appartenere a questa minoranza di persone.
Ora basta. I figli miei spero che trovino la loro strada, quel che mi resta da fare è aiutarli in questo. E la devono scegliere loro. Io so che sono e saranno delle brave persone, e questo è l'orgoglio della mia vita.
domenica 15 dicembre 2024
Noi vogliamo gente che...
quando perde è incazzata.
Basta conferenze stampa postpartita in cui "non sono queste le partite in cui dobbiamo fare punti".
Se con le prime 7-8 le perdiamo tutte allora non si deve andare a perdere in casa del Venezia.
Quando cavolo lo ribaltiamo un pronostico?
Questi vanno a giocare da veri professionisti, offrono la loro prestazione di 90 minuti e se ne tornano a casa contenti. Obbligazione di mezzi. In verità non gliene frega niente di vincere, ma solo di rispettare il contratto e di mettersi in mostra per guadagnarne uno migliore.
Non sono tutti così. Gente come Conte e Gattuso quando perdono sono sicuro che non dormono due notti.
I nostri invece, assecondati dalla mancanza di ambizione che respirano dalla società, si adeguano sempre verso il basso... e abbiamo visto a Frosinone quanto può costare.
Non è uno spettacolo, è sport, competizione, bisogna provare a vincere.
Noi vogliamo vincere. E loro?
sabato 7 dicembre 2024
Lo stato sono loro
A margine della condanna di Turetta minore attenzione è stata riservata, comprensibilmente, al capo della sentenza nel quale veniva condannato a ingenti somme per risarcire le persone offese.
Ne ha ricevuta da un professore di diritto penale che, intervistato dal Corriere in merito alla probabile insolvenza di un venticinquenne condannato all'ergastolo, ha indicato de iure condendo la necessità che lo stato si faccia carico di questo debito.
In pratica lo stato dovrebbe risarcire i danni provocati dagli autori di fatti illeciti che siano insolventi.
Meritorio dal punto di vista dei danneggiati, questo punto di vista è a mio avviso indice di atteggiamento molto diffuso che, nel fare appello al concorso della spesa pubblica rispetto a questa o quella meritevole esigenza, dimentica che la stessa è finanziata da tutti noi.
Quando pensiamo ad una agevolazione fiscale, ad un contributo pubblico, a dei bonus o a delle opere pubbliche, automaticamente ci immedesimiamo nella condizione dei potenziali fruitori, mai in quella (statisticamente ben più frequente, ad occhio) dei finanziatori, quali siamo (almeno nella misura in cui paghiamo le tasse, e qui il "tutti" di poco sopra...)
Lo stato ci va bene quando è mucca da mungere, meno quando ci presenta il conto. Ho già ricordato le parole di Facci: Ora come allora, nessuno si indigna per gli evasori fiscali, a meno che non siano di ricchezza esuberante e perciò soggetti a invidia sociale. Nessuno associa gli evasori a un danno anche per se stesso, Nessuno pensa che un sacco di gente fruisce di servizi che non ha contribuito a pagare. nessuno collega l'evasione al debito pubblico che durante la "rivoluzione" fu messo in conto ai soli partiti. Nessuno soprattutto, si illude che gli evasori abbiano una connotazione politica. Il discorso non è quello dei nullatenenti con lo yacht, o del popolo che paga in nero - si è scoperto- anche le bare. In Italia persiste una mentalità pre-civile che vede in ogni tassazione quel genere di prevaricazione indebita che per secoli appartenne al gabelliere straniero, come se fossimo ancor nel 1860 e tuttora reduci dalle occupazioni di arabi, austriaci, francesi o spagnoli.
Lo stato deve fare questo, deve fare quello... pagano "loro".
sabato 16 novembre 2024
Alessandro il Grande
di Lorenzo Braccesi
sabato 9 novembre 2024
Lunga è la strada
L'Italrugby nella mia città, nel mio stadio, che occasione!
Dall'altra parte ci sono i Pumas, hanno battuto da poco il Sudafrica, ma noi abbiamo fatto il miglior 6 Nazioni di sempre e vogliamo misuraci.
Il primo dubbio è la scelta del settore... il rugby andrebbe visto dai distinti, ma tradire la Curva Nord... non si può.
La partita è discreta, i Pumas sono di livello superiore, teniamo botta fino al 10 del secondo tempo, poi arriva una grandinata che punisce oltre i meriti, sottolineando una differenza più marcata di quella reale.
Senza il tifo organizzato la festa che pure c'è è dimezzata, i 20mila presenti al Friuli stentano a farsi sentire.
NB: è la prima volta che vedo l'Argentina, veder calciare quel mancino con il numero 10 mi ha fatto un certo effetto. Si chiama Albornoz, al posto di Zarraga non credo sfigurerebbe troppo.
mercoledì 30 ottobre 2024
Locus desperatus
di Michele Mari
Nel mondo fantastico di Michele Mari si incontrano uomini-morchia, libri che parlano, etichette metalliche fedeli, incubi che sono più veri della realtà, doppi ovunque.
Protagonista è il rapporto con le cose conservate, collezionate ed amate, al punto da diventare parte della persona che detenendole dà loro vita, ma al tempo stesso le accoglie come parte della propria, e della loro stessa identità.
Ansia di dover cercare la prossima parola sul vocabolario, dubbi costanti sulla probabilità che sfugga una citazione o il senso di una delle molteplici invenzioni. Letteratura pura.