domenica 14 gennaio 2018

Le otto montagne

Immerso nel fantastico scenario della val di Fassa, mi sono dedicato a questo best-seller, a lungo tenuto in caldo.
Ero nell'occasione uno degli sciatori invisi a Pietro e a suo padre, perchè la montagna la snaturano e la sfruttano come usa e getta: ma nelle pagine in cui l'amore per la montagna viene raccontato descrivendo quello che si prova lassù mi sono riconosciuto eccome anch'io. E anche nel sogno di vivere lassù, da vero montanaro come Bruno.
Pagine belle sentite ben scritte raccontano di un mondo e di un rapporto, regalando perle che fanno riflettere sulla vita e sulle cose che contano.
Certe, segnatamente quelle che raccontano dello zio studente di medicina che muore scivolando sotto una valanga, mettono anche i brividi al sottoscritto. Che poi si riconosce più nel padre di Pietro che nei due ragazzi, poi uomini, miei coetanei.
Bello e da rileggere per apprezzare meglio i particolari, e ritrovare alcuni spunti certamente rimarchevoli.
L'autore è persona che ha delle idee.



Tornato quassú dopo tanto tempo. Sarebbe bello restarci tutti insieme, senza vedere piú nessuno, senza dover piú scendere a valle.

Avevo già imparato un fatto a cui mio padre non si era mai rassegnato, e cioè che è impossibile trasmettere a chi è rimasto a casa quel che si prova lassú.

Lo vide perdere l’equilibrio e scivolare sulla pancia guardando in su, con le mani che cercavano un appiglio che non c’era.

E diceva: siete voi di città che la chiamate natura. È cosí astratta nella vostra testa che è astratto pure il nome. Noi qui diciamo bosco, pascolo, torrente, roccia, cose che uno può indicare con il dito. Cose che si possono usare. Se non si possono usare, un nome non glielo diamo perché non serve a niente.

L’estate cancella i ricordi proprio come scioglie la neve, ma il ghiacciaio è la neve degli inverni lontani, è un ricordo d’inverno che non vuole essere dimenticato.


Disse qui come l’aveva detto sempre: come se ai piedi della sua valle ci fosse un confine invisibile, un muro eretto solo per lui, che gli impediva l’accesso al resto del mondo.
– Magari potresti scendere tu, – dissi. – Magari sei tu che devi cambiare vita.
– Io? – disse Bruno. – Ma Berio, ti ricordi di chi sono io?

Sí, me lo ricordavo. Era il pastore di mucche, il muratore, il montanaro, e soprattutto il figlio di suo padre: proprio come lui, sarebbe scomparso dalla vita di sua figlia e basta

Io avevo invidiato una volta di piú quel suo talento per l’amicizia. Non aveva nessuna intenzione di invecchiare sola e triste.
Disse: – Secondo me ci devi riprovare.
– Lo so, – risposi. – Però non so se serve a qualcosa.

Aprii la finestra e allungai una mano fuori. Aspettai che un fiocco di neve mi si posasse sul palmo: era bagnato e pesante, si scioglieva subito a contatto con la pelle, ma chissà com’era stato duemila metri piú su.

Restai ad ascoltarlo. Capivo che ci aveva riflettuto a lungo, e che aveva trovato le risposte che cercava. Disse: – Uno deve fare quello che la vita gli ha insegnato a fare. Forse quando è molto giovane, chissà, può ancora scegliere di cambiare strada. Ma a un certo punto uno dovrebbe fermarsi e dire: bene, questo sono capace di farlo, quest’altro no. Cosí mi sono chiesto: e io? Io sono capace di vivere in montagna. Mi metti quassú da solo, e io me la cavo. Non è poco, non credi? Ma si vede che dovevo arrivare a quarant’anni per scoprire che valeva qualcosa.

Ognuno di noi ha una quota prediletta in montagna, un paesaggio che gli somiglia e dove si sente bene.

L’estate cancella i ricordi proprio come scioglie la neve, ma il ghiacciaio è la neve degli inverni lontani, è un ricordo d’inverno che non vuole essere dimenticato.

La montagna non è solo nevi e dirupi, creste, torrenti, laghi, pascoli. La montagna è un modo di vivere la vita. Un passo davanti all'altro, silenzio tempo e misura.

Se il punto in cui ti immergi in un fiume è il presente, pensai, allora il passato è l’acqua che ti ha superato, quella che va verso il basso e dove non c’è piú niente per te, mentre il futuro è l’acqua che scende dall’alto, portando pericoli e sorprese. Il passato è a valle, il futuro a monte.

Stavo imparando che cosa succede a uno che va via: che gli altri continuano a vivere senza di lui.

Mi sembrava di riuscire a cogliere la vita della montagna quando l’uomo non c’era. Io non la disturbavo, ero un ospite ben accetto; allora sapevo di nuovo che in sua compagnia non mi sarei sentito solo.

Qualunque cosa sia il destino, abita nelle montagne che abbiamo sopra la testa.

E diciamo: avrà imparato di piú chi ha fatto il giro delle otto montagne, o chi è arrivato in cima al monte Sumeru?


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