domenica 17 aprile 2022

Brividi mi vengono

Come ogni anno, c'è un coro, uno nuovo, che prende il sopravvento, che i "ragazzi" cantano fino alla sfinimento, e dopo la partita quando la squadra viene e raccogliere e ricambiare gli applausi della Curva.

Siamo stati "totalmente dipendenti".

Poi siamo diventati l'armata bianconera, quella che non abbandonava la squadra nemmeno nel peggior momento. 

Non importa se soffrivamo, anche dopo 9 sconfitte di fila, sull'orlo della B, anche quel giorno con il Bologna: non potevamo "stare senza te".

Ci siamo innamorati, un giorno all'improvviso.

E cantavamo Lalalallalalalalalala, chiedendo ai ragazzi di farci un gol. 

Ora che finalmente abbiamo infilato qualche buona partita, un campionato decente, delle belle vittorie e il piacere di stare allo stadio senza il patema, ci vengono i brividi.

Perchè son pazzo di te

sabato 26 marzo 2022

Viva, viva, viva la libertà

Yes, and how many times can a man turn his head, and pretend he just doesn't see?
Mi resta nella testa, questo verso scritto da Bob Dylan cinquant'anni fa, il cuore di una canzone che sono andato a riascoltare, per aiutarmi a cercare la luce in questi tempi terribili.
La guerra in Europa, conflitto nucleare mai così vicino. Il risveglio da un sonno, dall'illusione che certe cose non potevano più capitare.
Quand'ero piccolo c'erano i morti ogni settimana per il terrorismo, un forte conflitto sociale, la guerra fredda era ancora aperta e si parlava della minaccia nucleare, la gente costruiva rifugi atomici.
Poi abbiamo avuto ventanni a cavallo del secolo  in cui ci siamo illusi che la pace fosse perpetua, che le paure fossero finite. Fukuyama parlò di "fine della storia". 
Siamo arricchiti, anche se non sembriamo rendercene conto, ma possiamo verificarlo dalla semplice incapacità che abbiamo di solo concepire la rinuncia a parte del nostro benessere per far valere i nostri valori, quelli stessi che del nostro stesso stile di vita sono parte caratterizzante forse più di quella ricchezza.
Una nazione europea, di persone come noi, la cui aspirazione è vivere come noi, liberi e se possibile con la possibilità di comprare il pane e le rose, viene brutalizzata da una potenza vicina. Città bombardate, milioni di profughi, minacce di usare armi atomiche se l'aiuto agli aggrediti si spinge oltre una certa soglia.
Che fare?
Ascoltare i corifei della complessità, pronti a svelare quel che di inconfessabile (e ovviamente a stelle e strisce) ha costretto la Russia ad una mossa sostanzialmente? Cedere a quelli che ci spiegano (questa volta, ma pronti a sostenere il contrario alla prossima occasione) le ragioni della realpolitik è quant'è bella la politica di potenza? Accettare la proposta umana, troppo umana, dei fautori della "resa umanitaria"? 
I più onesti, forse i più tra noi, forse noi stessi, sono quelli che per la libertà della benzina non vogliono pagare nemmeno 10 centesimi in più sulla benzina. Siamo tutti ucraini, ma aiutiamoli a casa loro, e finchè non corriamo il rischio di trovarci pure noi, nei sotterranei della metro.
In un mare di ipocrisia, nel buio di una informazione che sta dando il peggio di sè fra diffusione di veline, pietismo e spazio ai prezzolati di Putin, forse i nostri governi hanno avuto più saldezza di nervi, hanno trovato una reazione che calcola fino a che punto l'aiuto all'Ucraina non ci porti ad aprire un conflitto dalle conseguenze imprevedibili, le cui prime vittime sarebbero ancora gli Ucraini.
Possiamo solo aspettare e sperare. Tutti dalla parte giusta, non è difficile trovarla questa volta, fanculo a quelli che la cosa è più complessa di quello che sembra. E se è necessario facciamo la nostra parte. Non si può, non si può, voltare la testa dall'altra parte, se vogliamo essere uomini. Al diavolo tutto, c'è un punto oltre il quale non possiamo accettare di pensare a sè.  
Il pensiero va a quei ragazzi, a quegli uomini che hanno salutato fidanzate e mogli per andare a imparare a usare un fucile, e sono pronti a farlo. Hanno saputo subito cosa fare, quando hanno visto la loro libertà e le loro case in pericolo.
Vorrei che sapessero quanto è la mia speranza che tornino presto a casa sani e vittoriosi, che il loro valore ci è caro perchè combattono per la libertà loro, e anche nostra.    
Voglio pensare, voglio sperare che sarei capace di seguire il loro esempio.

lunedì 3 gennaio 2022

La felicità del lupo

di Paolo Cognetti


E anche la mia, a prendere in mano un altro libro di Paolo Cognetti.

Quattro storie, quattro persone in cerca di una loro strada nella vita (da trovare, da non perdere, da ricominciare a desiderare), che si ritrovano in un periodo lungo un anno in uno sperduto paese di montagna.

Cercando la felicità, che ognuno insegue a modo suo, un po' come il lupo che certe volte se ne va anche dagli ambienti che sembrano più congeniali, non si capisce perchè 

Lì dove si colgono le cose essenziali, che Cognetti sa descrivere parlando di cosa si prova nel bosco, su una cima, su un rifugio.

E la vera bellezza.

Libro che si legge tutto d'un fiato, e poco dopo già mancano Fausto e Babette, Silvia e Santorso


Quanto dura un attimo

 di Paolo Rossi con Federica Cappelletti


Qualche anno fa, parlando non mi ricordo se ai miei figli, mi domandavo come mai un calciatore dell'importanza di Paolo Rossi non trovasse, almeno nel suo mondo, il riconoscimento ed il ricordo riservato invece a suoi colleghi molto meno illustri.
La grande emozione provocata dalla sua scomparsa, l'unanime partecipazione alla perdita di "un ragazzo come noi", hanno forse spiegato che quella assenza era dovuta alla ritrosia del personaggio a mettersi in mostra, mentre l'affetto e la gratitudine che lo circondavano, pur sommersi, erano sconfinati.
Che gioia ci ha dato, Paolino, quel ragazzo mingherlino capace di renderci orgogliosi davanti a tutto il mondo.
Recentemente ho ascoltato a "due microfoni" prima l'intervista alla moglie, autrice di un nuovo libro più personale, poi quella a Paolo, quando uscì questa sua autobiografia, che ho quindi ho deciso di acquistare.
Il libro gira intorno alla forza di carattere di un predestinato che, sul più bello, cade rovinosamente ma ha la forza di rialzarsi, aiutato da alcune persone che con la loro fiducia gli hanno fornito la forza necessaria, e raggiunge il più alto dei traguardi: contemplando il quale, si rende conto di essere giunto all'apice, e vorrebbe fermarlo, quell'attimo (che così poco dura).
Con sincerità, nonostante l'unanimità dei giudizi positivi sulla persona rendano plausibile la narrazione più agiografica, ho trovato quella del libro eccessivamente fiabesca, come scritta per un libro di buoni sentimenti per ragazzi.
Commovente fino alle lacrime il ricordo dell'ultimo incontro con il vecjo, che chiude il testo.
Ti sia lieve la terra, Paolo.

My wonderful Ligosullo


Una camminata all'aria aperta, tra le nostre montagne, è quello che ci vuole.

Lasciata una città immersa in nebbia e umidità, raggiungiamo l'amata Carnia, e quello che era il suo  più piccolo Comune, in poco meno di un'ora.

Dopo un caffè all'Osteria al Camoscio, lasciamo la macchina nel parcheggio del Castello Valdajer (pieno),  e ci inoltriamo per una salutare passeggiata lungo la strada. A breve raggiungiamo il punto ove gli spazzaneve hanno terminato il loro lavoro, e procediamo sulla strada innevata per circa un 'ora, quando viene l'ora di rientrate.

Ci aspetta ancora il Camoscio, dove accanto ad un autentico fogolar possiamo gustare, senza eccessive pretese, dei piatti tipici in un'ambiente fiabesco.

La vera bellezza.

domenica 2 gennaio 2022

Il migliore dei capodanni

Era da qualche anno una fissa, sempre rimandata nei vari giorni di festa per i soliti motivi.

Stavolta mi sono impuntato, viste anche le condizioni climatiche irripetibili, ed il primo giorno dell'anno sono asceso sulla più classica delle montagne, il monte Cuarnan.

Sarà pure una "mezza montagna", ma non è stata priva di fatica la salita dal solito versante di Montenars, stavolta usando il verso orario. In un paio di occasioni ho avuto la tentazione di fermarmi, ma ho resistito pensando cosa avrei detto ai miei figli sulla necessità di vincere la fatica per arrivare alle vere soddisfazioni. Devo comunque mettermi in testa che nelle mie condizioni questa non è una passeggiata facile facile, ma una ascesa che va fatta con il dovuto rispetto.

Alla base alle 9 (parcheggio di Jouf pieno!), arrivo in cima alle 11.15, con una breve sosta al ricovero Pischiutti poco sotto la base. C'è un sacco di gente, forse una celebrazione di una ricorrenza, alcuni sono in maniche corte vista la temperatura eccezionale. 

Il panorama consente una vista fino al mare, è bello essere lassù e mi trattengo più del solito, anche il tempo di un pisolino goduto come non mai.

La vera bellezza.





domenica 12 dicembre 2021

Che bella cosa, sentirsi compresi

La prossima volta che tornerà al Friuli, da avversario, Luca Gotti riceverà un grande tributo di applausi.

Se li è guadagnati in anni di lavoro da tecnico serio e preparato, nei quali ha fatto quel che ha potuto con il materiale umano che ha avuto a disposizione, e con un comportamento talmente educato e rispettoso da farlo apparire un pesce fuor d'acqua al confronto con i suoi rissosi ed egocentrici colleghi.

Se li è guadagnati, in più, con un bel messaggio lasciato su una pagina a pagamento del Messaggero, nel quale il ringraziamento alle persone che l'hanno aiutato e gli sono state amiche è accompagnato ad un "elogio del friulano" citato da Maurizio Corona (legge, pure!).

Non provenisse da lui, parrebbe simile ad un esercizio di paraculaggine ricordare la forza morale di un popolo mai piegato dalle avversità.  E' bello che sia stato capace di legarla al significato che ha l'Udinese per la sua terra e la sua gente, e a quel che significa onorare questa maglia, per questo stesso motivo.

Lui lo ha capito, ci ha capiti. Temo non altrettanto i suoi giocatori, incapaci di essere una squadra che lotta per vincere e non un gruppo di professionisti che rendono la loro prestazione sportiva. E' per questo, per non essere riuscito (lui come i suoi predecessori) ad infondere nei ragazzi quanto gli era ben chiaro che Gotti non è più l'allenatore dell'Udinese.

C'è chi riesce ad andarsene da gran signore, ricordando nell'ultimo saluto l'importanza del comportamento al di là della vittoria:

Le partite di calcio si vincono e si perdono, e tutti sappiamo che vincere è bello e importante, ma è importante anche come ci si comporta vicino a quella maglia, con dedizione al lavoro, serietà, compostezza, umiltà, rispetto, ma anche orgoglio e caparbietà. Io ci ho provato, qualche volta mi è riuscito e qualche volta meno, però ci provato.

Lavoro, serietà, compostezza, umiltà, rispetto, orgoglio e caparbietà.

Grazie per averci capito, per essere stato uno di noi.

Mane diu, Luca, mandi





sabato 13 novembre 2021

La costruzione del Medio Oriente

 di Bernard Lewis


Libro di ampio respiro, nel quale la cultura dell'autore riesce a collocare i fatti che analizza nell'arco di fenomeni plurisecolari, fornendo un quadro di rara nitidezza.

Tre sono i leit motiv dell'opera, organizzata in capitoli cui viene premessa la definizione dell'area interessata nei suoi fondamentali elementi geografici, antropologici, storici.

Il primo è l'interpretazione del rapporto con l'Occidente, nel periodo di due secoli che segue l'avventura Napoleonica, come una vera e propria "terza conquista", dopo quella araba e quella turca, che pur non eguagliandole per durata e profondità, ha esercitato effetti considerevoli sia politici che sociali, di fatto riassumibili nella "costruzione del Medio Oriente".

La seconda è il rilievo fondamentale del ruolo che gli islamici attribuiscono alla religione. Diversamente che nella civiltà Occidentale, ove la religione è un sistema di fede e di culto, separato (e in epoca moderna di solito subordinato) rispetto alla collocazione nazionale e politica, l'Islam è una  religione totalizzante, che non accetta di ridursi a fede e culto privato e intende permeare l'intera organizzazione sociale e politica, imprimendo un marchio di identità che supera ogni altra forma di identità ideologica, politica o nazionale.

Con la crisi dell'impero ottomano, il rapporto con i popoli occidentali sino ad allora considerati (oltre che infedeli) barbari ed incolti, ha apportato rilevanti modifiche conseguenti all'importazione di tecnologia e metodi produttivi, tramutandosi in soggezione politica e militare con la creazione in luogo dell'unica autorità politica (accettata anche per il collegamento con il fattore religioso) di una serie di stati per lo più privi di radici storiche.

L'importazione di modelli politici e costituzionali, nonchè di valori estranei alla cultura mediorientale, è fallita proprio in ragione del costante riferimento alla comunità religiosa ed al sistema di valori sociali, egualitarismo e comunitarismo, ad essa (astrattamente) collegati.

Vengono analizzate nei vari capitoli, con riferimenti che ben illustrano l'erudizione di Lewis, le evoluzioni dei tentativi di importare i valori liberali e democratici, ma anche il concetto europeo di patria, evidenziando come essi (al pari delle diseguaglianze aumentate sul piano economico sociale, dopo la scoperta della ricchezza petrolifere) abbiano causato una profonda avversione nei confronti dell'Occidente, palesatasi con i movimenti ascrivibili al "socialismo arabo", al "nazionalismo etnico", e più recentemente al fondamentalismo islamico.

L'analisi di Lewis, finalmente, fornisce strumenti per comprendere le cause della "rivolta dell'islam", e e dare il giusto peso al fatto che il fondamentalismo è una lettura politica dell'Islam, non certo l'unica possibile, ma profondamente legata al sentire di larghi strati della sua gente.

Il terzo leit motiv, che si ritrova ove la trattazione dei singoli temi scende nell'analisi, è l'individuazione dei quattro "poli" dell'area (Egitto, Mezzaluna fertile, Altopiano iranico e penisola Anatolica) che si sono succeduti quali centri del potere politico, e la trattazione del loro rapporto come una costante della storia dell'area. 


L'ossimoro mancante

Quello che più ci manca, che più dobbiamo sforzarci di cercare, sono i gesti esemplari fatti nell'ombra.