sabato 26 marzo 2022

Viva, viva, viva la libertà

Yes, and how many times can a man turn his head, and pretend he just doesn't see?
Mi resta nella testa, questo verso scritto da Bob Dylan cinquant'anni fa, il cuore di una canzone che sono andato a riascoltare, per aiutarmi a cercare la luce in questi tempi terribili.
La guerra in Europa, conflitto nucleare mai così vicino. Il risveglio da un sonno, dall'illusione che certe cose non potevano più capitare.
Quand'ero piccolo c'erano i morti ogni settimana per il terrorismo, un forte conflitto sociale, la guerra fredda era ancora aperta e si parlava della minaccia nucleare, la gente costruiva rifugi atomici.
Poi abbiamo avuto ventanni a cavallo del secolo  in cui ci siamo illusi che la pace fosse perpetua, che le paure fossero finite. Fukuyama parlò di "fine della storia". 
Siamo arricchiti, anche se non sembriamo rendercene conto, ma possiamo verificarlo dalla semplice incapacità che abbiamo di solo concepire la rinuncia a parte del nostro benessere per far valere i nostri valori, quelli stessi che del nostro stesso stile di vita sono parte caratterizzante forse più di quella ricchezza.
Una nazione europea, di persone come noi, la cui aspirazione è vivere come noi, liberi e se possibile con la possibilità di comprare il pane e le rose, viene brutalizzata da una potenza vicina. Città bombardate, milioni di profughi, minacce di usare armi atomiche se l'aiuto agli aggrediti si spinge oltre una certa soglia.
Che fare?
Ascoltare i corifei della complessità, pronti a svelare quel che di inconfessabile (e ovviamente a stelle e strisce) ha costretto la Russia ad una mossa sostanzialmente? Cedere a quelli che ci spiegano (questa volta, ma pronti a sostenere il contrario alla prossima occasione) le ragioni della realpolitik è quant'è bella la politica di potenza? Accettare la proposta umana, troppo umana, dei fautori della "resa umanitaria"? 
I più onesti, forse i più tra noi, forse noi stessi, sono quelli che per la libertà della benzina non vogliono pagare nemmeno 10 centesimi in più sulla benzina. Siamo tutti ucraini, ma aiutiamoli a casa loro, e finchè non corriamo il rischio di trovarci pure noi, nei sotterranei della metro.
In un mare di ipocrisia, nel buio di una informazione che sta dando il peggio di sè fra diffusione di veline, pietismo e spazio ai prezzolati di Putin, forse i nostri governi hanno avuto più saldezza di nervi, hanno trovato una reazione che calcola fino a che punto l'aiuto all'Ucraina non ci porti ad aprire un conflitto dalle conseguenze imprevedibili, le cui prime vittime sarebbero ancora gli Ucraini.
Possiamo solo aspettare e sperare. Tutti dalla parte giusta, non è difficile trovarla questa volta, fanculo a quelli che la cosa è più complessa di quello che sembra. E se è necessario facciamo la nostra parte. Non si può, non si può, voltare la testa dall'altra parte, se vogliamo essere uomini. Al diavolo tutto, c'è un punto oltre il quale non possiamo accettare di pensare a sè.  
Il pensiero va a quei ragazzi, a quegli uomini che hanno salutato fidanzate e mogli per andare a imparare a usare un fucile, e sono pronti a farlo. Hanno saputo subito cosa fare, quando hanno visto la loro libertà e le loro case in pericolo.
Vorrei che sapessero quanto è la mia speranza che tornino presto a casa sani e vittoriosi, che il loro valore ci è caro perchè combattono per la libertà loro, e anche nostra.    
Voglio pensare, voglio sperare che sarei capace di seguire il loro esempio.

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