La prossima volta che tornerà al Friuli, da avversario, Luca Gotti riceverà un grande tributo di applausi.
Se li è guadagnati in anni di lavoro da tecnico serio e preparato, nei quali ha fatto quel che ha potuto con il materiale umano che ha avuto a disposizione, e con un comportamento talmente educato e rispettoso da farlo apparire un pesce fuor d'acqua al confronto con i suoi rissosi ed egocentrici colleghi.
Se li è guadagnati, in più, con un bel messaggio lasciato su una pagina a pagamento del Messaggero, nel quale il ringraziamento alle persone che l'hanno aiutato e gli sono state amiche è accompagnato ad un "elogio del friulano" citato da Maurizio Corona (legge, pure!).
Non provenisse da lui, parrebbe simile ad un esercizio di paraculaggine ricordare la forza morale di un popolo mai piegato dalle avversità. E' bello che sia stato capace di legarla al significato che ha l'Udinese per la sua terra e la sua gente, e a quel che significa onorare questa maglia, per questo stesso motivo.
Lui lo ha capito, ci ha capiti. Temo non altrettanto i suoi giocatori, incapaci di essere una squadra che lotta per vincere e non un gruppo di professionisti che rendono la loro prestazione sportiva. E' per questo, per non essere riuscito (lui come i suoi predecessori) ad infondere nei ragazzi quanto gli era ben chiaro che Gotti non è più l'allenatore dell'Udinese.
C'è chi riesce ad andarsene da gran signore, ricordando nell'ultimo saluto l'importanza del comportamento al di là della vittoria:
Le partite di calcio si vincono e si perdono, e tutti sappiamo che vincere è bello e importante, ma è importante anche come ci si comporta vicino a quella maglia, con dedizione al lavoro, serietà, compostezza, umiltà, rispetto, ma anche orgoglio e caparbietà. Io ci ho provato, qualche volta mi è riuscito e qualche volta meno, però ci provato.
Lavoro, serietà, compostezza, umiltà, rispetto, orgoglio e caparbietà.
Grazie per averci capito, per essere stato uno di noi.
Mane diu, Luca, mandi
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