domenica 26 settembre 2021

Cima del Cacciatore

Da un po' pensavo di tornarci, mancava sempre l'occasione.

Convocato ieri all'ultimo da un gruppo di amici per un'escursione, scopro che la meta prevista è la Cima del Cacciatore.

Il tempo che ci accoglie al Lussari è da favola; sole, clima asciutto e ampia visibilità che favorisce la vista di un panorama che offre anche due letti di nuvole sulle pendici dello Iof di Miezegnot.

L'ascesa è breve, e comprende nel tratto finale qualche metro in ci si aiuta con le corde, prima della sommità gremita di escursionisti. 

Fria, la montagna, eccome se fria, e finisco pure con il sedere per terra.

La permanenza in cima è breve, non dà il tempo di pensare troppo.

Dopo il ritorno il pranzo al Lussari prelude ad un ritorno che si attarda, è una così bella giornata.

Il debito del ritorno è saldato; solo quello ahimè.





sabato 18 settembre 2021

Le ragioni della legalizzazione

In un articolo sul Corriere che è esemplare delle sue doti di divulgatore, Roberto Saviano spiega in poche righe le ragioni della legalizzazione.

Più diffusamente lo fa con Magi anche su radioradicale

Gli argomenti sono quelli ben noti a chi rifuggendo da un approccio ideologico ha affrontato in maniera razionale il fenomeno (come spiegavo in un mio post di circa sei anni fa, nel quale richiamavo una relazione della Direzione nazionale antimafia che spiegava l'inanità dell'azione repressiva e invitava a valutare un cambio di approccio; la DNA, non un gruppo hippy):

1) Le droghe leggere non sono le sostanze più pericolose, meno di altre (alcol e tabacco) legalizzate-

2) Sono di fatto già di libero accesso, solo che tale accesso mette necessariamente in contatto con la criminalità; legalizzare l'accesso significa controllare il traffico sottraendolo ai canali clandestini e illegali.

3) Nell'attuale approccio proibizionista, a essere puniti sono i piccoli spacciatori e i consumatori, non i veri trafficanti.

4) Legalizzare dà inevitabilmente un colpo economico alle mafie, al tempo stesso liberando risorse delle forze di sicurezza attualmente impegnate in una lotta contro il mulini a vento, e ottenendo pure un vantaggio fiscale dalla tassazione del commercio.

5) I dati dei Paesi che ci hanno provato (Canada, Colorado) sembrano provare che non aumenta il consumo.

E' quindi giusto sostenere e firmare (con lo SPID!) il referendum appena partito che depenalizza il consumo della cannabis.

Non meno importante del merito della questione è una considerazione di metodo, ritraibile dall'osservazione delle posizioni politiche sul punto. La sostanza democratica degli approcci di riduzione del danno, in qualsiasi questione venga affrontata, viene osteggiata dai molti fautori di posizioni ideologiche, refrattari all'osservazione dei dati di fronte alle decisioni da prendere. 

Questi molti, veri campioni del non decidere, sono le persone che ci condannano all'immobilismo che sta uccidendo le nostre speranze di farcela, come Paese.

martedì 7 settembre 2021

La società signorile di massa

 di Luca Ricolfi

Ecco un libro che interessa, spiega, sorprende, cambia il modo di vedere le cose e noi stessi.

La formula che gli dà il titolo, e descrive l'archetipo tutto italiano di una società senza crescita, ma in cui la maggior parte dei cittadini adulti non lavorano, e nondimeno accedono a consumi opulenti, sintetizza l'osservazione della nostra attuale realtà (pre-covid), che si presta solitamente alla più nera "narrazione" del declino, della povertà dilagante al pari delle diseguaglianze, come alle opposte conclusioni che si è tentati di trarre dall'osservazione della diffusione di consumi indice di evidente benessere: letture che secondo Ricolfi non vanno acriticamente sposate, ma valutate appunto per comprendere la realtà del fenomeno complesso che descrive, con la solita chiarezza e l'altrettanto usuale riferimento a dati e testi.

Il primo capitolo si sofferma sulla definizione della società signorile di massa, che ho già richiamato nei suoi tre elementi essenziali, e descrivendone i riferimenti anche quantitativi.

Il secondo illustra i pilastri della società signorile di massa. E se forse non è una sorpresa trovare nel risparmio accumulato dalle generazioni dei genitori e dei nonni (grazie, eh!) il fondamento di un livello dei consumi di consumo che non è certo sostenuto solo dal lavoro, lo è certamente trovarvi il fenomeno (ahimè conosciuto, ahinoi ahivoi e ahiloro) della distruzione della scuola, con le sue conseguenze negative descritte con mirabile sintesi, ed ancor più la presenza di una "infrastruttura paraschiavistica" formata da quelle minoranze di lavoratori, per lo più stranieri, occupata in mansioni non gradite agli italiani (talvolta illegali) ed in condizioni di sfruttamento. Apprendere le dimensioni di questa realtà, nelle stime rese sempre semplici da Ricolfi, risulta particolarmente istruttivo.

La descrizione della "condizione signorile" dice molto di noi: senza che possiamo gloriarcene troppo. Sembriamo aver risolto, avverando la profezia di Keynes, il problema economico, grazie all'aumento della produttività: peccato che il minor lavoro non sia stato ripartito proporzionalmente, ma dividendo nettamente coloro che lavorano (molto o anche troppo) da quelli che non lo fanno. Il tempo libero guadagnato non lo abbiamo usato per acculturarci, vivere in modo più saggio; ma dedicato ai consumi collegati al cibo, alla rete, al gioco. In pratica cazzeggiamo (" siamo, in definitiva, un paese che non studia, non legge e gioca. Ma sconcertante è anche il fatto che le speranze di ascesa sociale, un tempo legate allo studio e al lavoro, ora si riducano alla scommessa di bruciare le tappe dell’ascesa sociale con una puntata al gioco del lotto, o con la partecipazione a un programma di quiz in TV. E ancora più sconcertante, forse, è la crescente incapacità di occupare il tempo vuoto con l’arte dell’ozio, fatto semplicemente di solitudine, contemplazione, pensiero, amicizia. E persino di noia.").
La composizione del consumo si è evoluta negli ultimi trentanni: alla tradizionale triade casa, auto e vacanza si sono aggiunti cospicui consumi per categorie che vengono descritte riepilogandole in "food", "fitness", "servizi alle famiglie", "internet e tecnologia", "droghe" e "gioco" (impressionanti i numeri di quest'ultima categoria); ed in molte di queste categorie le "classifiche" internazionali vedono  ai primissimi posti per il consumo l'Italia (cioè la maggioranza degli italiani che vi accedono).

Segue una tratteggiata descrizione delle conseguenze psicologiche della "mente signorile", in particolare del "doppio legame" tra i produttori e non-produttori, dell'insoddisfazione connessa ad aspettative lontane dalla realtà. Il nuovo rapporto tra risparmio e consumo (anche per del "subconscio successorio") è connesso un nuovo "carpe diem", in cui del concetto oraziano però si perde l'essenziale (l'elogio della moderatezza), ed una nuova accezione dell'individualismo, in cui mutano gli aspetti essenziali dell'affermazione di sè. 
Il passo che ne tratta (sottolineature mie) concettualizza mirabilmente idee che mi frullavano disordinate per la testa: "Tradizionalmente, perseguire l’ideale dell’autorealizzazione significava cercare di raggiungere una certa meta, spesso definita da una condizione professionale, ma non di rado anche da condizioni di altro tipo: costituire una famiglia, comprare una casa in campagna, acquisire un certo bene più o meno prestigioso, riuscire a ottenere una determinata laurea, fondare un’associazione, essere ammesso in un determinato club, vincere un campionato sportivo. Questi modi di perseguire l’autorealizzazione, in campo professionale o in altri ambiti, comportavano soltanto di mettere in atto gli sforzi necessari per realizzare il proprio sogno. Sforzi non di rado fatti anche di fatica, sacrifici, rinunce, ma soprattutto della capacità di attendere. 
Oggi è sempre meno così. Oggi per molti, specie se non lavorano, autorealizzazione significa scegliersi un terreno di gioco, che è quasi sempre legato al consumo e al modo di impiegare il tempo libero, e cercare di “essere qualcuno” su quel terreno. Di qui un completo capovolgimento del modello classico di autorealizzazione: le attività prescelte per costruire sé stessi sono perlopiù gratificanti e, di norma, non comportano alcuna attesa.
Vale ovviamente per lo svago, il cibo, le vacanze, il consumo culturale. Ieri si leggevano i libri, ora si va alle presentazioni, ai festival, alle fiere, a veder parlare l’autore. Assai più gratificante che stare a casa, da soli, a leggere...
Lo sforzo non sta più nel raggiungere, faticosamente e nel tempo, una meta o una posizione cui si ambisce, e il cui valore è già socialmente riconosciuto. Il vero sforzo sta nel trovare la nicchia in cui emergere, nel convincere gli altri che quella nicchia ha valore, e che noi stessi ne siamo occupanti significativi. Il che, nell’era di Internet, tipicamente significa diventare promotori di sé stessi, quotidianamente impegnati nella fatica di Sisifo di coltivare i propri follower, massimizzare la propria reputazione, valorizzare la propria immagine. Una valorizzazione che, a quanto pare, deve essere innanzitutto visiva, e potenzialmente rivolta a tutti.

Infine, Ricolfi si interroga sulla unicità del caso italiano e sulla possibile capacità anticipatoria rispetto ad altri paesi. 
Si interroga soprattutto sulla domanda fondamentale: "signori per sempre?" (in altri termini, può durare?). La risposta, al solito, non è ideologica: forse sì, magari sì. La chiave risulta, in un sistema di economie interconnesse, la capacità di attirare il credito tenendo sotto controllo  il debito pubblico, e soprattutto avere una produttività che sostenga esportazioni competitive sufficienti a compensare le importazioni. Punto dolente, quello della produttività, incredibilmente stagnante pur con tutto il progresso tecnico (con causa che l'autore non esita ad indicare nella variabile burocratica e  nell'ipernormazione, specialmente a seguito della riforme "federaliste" di fine secolo): " Abbastanza prosperi per permettere a tanti di noi di non lavorare, non siamo abbastanza produttivi per permetterci di conservare a lungo la nostra prosperità. La produttività del lavoro del sistema-Italia non è solo ferma da vent’anni, ma è bassa, molto più bassa di quello che sarebbe richiesto dai nostri consumi (e dai nostri costumi): il fatto è che da mezzo secolo viviamo al di sopra delle nostre possibilità. Ecco perché il vittimismo non è giustificato."
C'è speranza?
È paradossale, ma quel che potrebbe succedere è che il racconto vittimistico oggi prevalente, alla lunga, funzioni come una profezia che si autorealizza. Proprio perché ci rifiutiamo di prendere atto del nostro benessere e della sua fragilità, potremmo benissimo, fra qualche decennio, trovarci ad avere perfettamente ragione – arrivati a quel punto – a raccontare noi stessi nel registro delle vittime. 
Il problema, dunque, è non arrivare a quel punto. Fortunatamente la varietà di esperienze delle altre società avanzate ci mostra che, in quel che una società diventa, non vi è nulla di ineluttabile, e che ogni società è padrona del suo destino. Ci sono società, come i paesi luterani del Nord, che sono diventate opulente puntando sul lavoro dei più. E altre che hanno preferito percorrere la strada opposta: prendere congedo dalla civiltà del lavoro prima di raggiungere la piena opulenza.
L’Italia sta in mezzo, perché è riuscita nel miracolo di diventare una società al tempo stesso opulenta e inoperosa, perfetta realizzazione dell’archetipo di società signorile di massa. Il rischio, ora, è di non cogliere il punto decisivo: se nulla si fa, il nostro stupefacente equilibrio è destinato a rompersi, quando la stagnazione si trasformerà in declino.
 

domenica 8 agosto 2021

Italia! Italia!

 E' dura scegliere l'emozione più grande.

La più inaspettata, nella corsa più importante: Signore mio, cosa hai combinato?


La goduria di tutti nel sorpasso all'ultimo respiro degli eroi dell'inseguimento.

Sul fino di lana il vincitore è sempre lo stesso: Italia, Italia!

 

sabato 7 agosto 2021

Quasi quasi divento qualunquista. O forse no

Da giorni i Tg aprono con le imprese da sballo dei nostri atleti, da ultimi i formidabili velocisti della 4x100 diventati anche loro campioni olimpici.

E' bello rivedere le gare, sentirne le parole semplici come il percorso che ognuno di loro ha compiuto, quello in cui solo il lavoro, la fatica ed il sacrificio portano ai più alti risultati.

Dopo i 4-5 servizi dedicati alle Olimpiadi, ecco quelli sui provvedimenti del governo, importanti e per lo più condivisibili, tanto che non vi è grande eco di discussione sul loro inevitabile contenuto.

Arriva purtroppo il momento del pastone politico, ed ecco che personaggi di quarta schiera (talora, nondimeno, segretari di partiti politici) che rendono dichiarazioni su tutto, cercando di mettere il cappello su qualche provvedimento oppure di piantare qualche bandierina verbale su questa o quella posizione. Un vaniloquio nello sforzo inane di giustificare la propria esistenza, ecco quello che sembrano le loro parole.

Aridatece le Olimpiadi, pensiamo. Diteci le gare di domani, questo ci interessa. Di questa politica non sappiamo che farcene, e al governo c'è chi ci pensa, alla guisa di un dictator romano, il migliore di tutti noi.

Riguardiamo le lacrime di Tortu, ascoltiamo le parole di Jacobs che ha dimostrato di avere anche il piglio del leader, incrociamo lo sguardo felice di Desalu, che si fa serio quando parla del debito verso i sacrifici della madre.

Pensiamo allora che oltre alle grandi gioie sportive, forse la nuova generazione prepara, è già, un Paese migliore di quello che gli sta per lasciare la nostra. 


giovedì 5 agosto 2021

Cazzo vuoi dire a Valentino Rossi?

Con una delle mie uscite più consunte mi vanto che la mia generazione ha iniziato con Pantani (1970), ha vinto il mondiale in Germania (Cannavaro, Nesta, Pirlo, Gattuso, Delpiero, Totti ecc. ecc. tutti dei 70'), ha finito con Valentino (1979).

Oggi quest'ultimo campione lascia, consegnando il nostro decennio alla pensione, mentre lui non passa alla leggenda solo perchè è una leggenda già da tempo immemore.

Certi (pochi) campioni accompagnano alla leadership tecnica che ne fa i numeri uno della loro disciplina in un determinato momento quel carisma che permette loro di travalicare i confini del loro sport e dello sport, facendone vere icone pop, e al tempo stesso ambasciatori della loro disciplina che fanno conoscere ben al di là dell'ambito degli appassionati.

Lorenzo ha sintetizzato il concetto paragonandolo a Jordan, Alì, Woods, Senna. 

Mica male.

Direi anche Alberto Tomba, per come ha saputo essere personaggio che ha calamitato attenzioni su uno sport prima (e dopo, per lo sci: chi la guarda oggi, la Coppa del mondo per la quale ai miei tempi sospendevano le lezioni di scuola e il festival di Sanremo?) ai più sconosciuto. E ci sono anch'io tra quelli che prima del dottore un MotoGp non l'avevano visto mai.

Grande Vale, ma che tristezza.




lunedì 2 agosto 2021

domenica 1 agosto 2021

Che emozione!

Una data da segnare con il circoletto rosso. Indimenticabile, veramente.

Un italiano che vince i 100, non pensavo l'avrei mai visto.

Un orgoglio così, forse solo il Pirata ce l'ha dato.