In un articolo sul Corriere che è esemplare delle sue doti di divulgatore, Roberto Saviano spiega in poche righe le ragioni della legalizzazione.
Più diffusamente lo fa con Magi anche su radioradicale
Gli argomenti sono quelli ben noti a chi rifuggendo da un approccio ideologico ha affrontato in maniera razionale il fenomeno (come spiegavo in un mio post di circa sei anni fa, nel quale richiamavo una relazione della Direzione nazionale antimafia che spiegava l'inanità dell'azione repressiva e invitava a valutare un cambio di approccio; la DNA, non un gruppo hippy):
1) Le droghe leggere non sono le sostanze più pericolose, meno di altre (alcol e tabacco) legalizzate-
2) Sono di fatto già di libero accesso, solo che tale accesso mette necessariamente in contatto con la criminalità; legalizzare l'accesso significa controllare il traffico sottraendolo ai canali clandestini e illegali.
3) Nell'attuale approccio proibizionista, a essere puniti sono i piccoli spacciatori e i consumatori, non i veri trafficanti.
4) Legalizzare dà inevitabilmente un colpo economico alle mafie, al tempo stesso liberando risorse delle forze di sicurezza attualmente impegnate in una lotta contro il mulini a vento, e ottenendo pure un vantaggio fiscale dalla tassazione del commercio.
5) I dati dei Paesi che ci hanno provato (Canada, Colorado) sembrano provare che non aumenta il consumo.
E' quindi giusto sostenere e firmare (con lo SPID!) il referendum appena partito che depenalizza il consumo della cannabis.
Non meno importante del merito della questione è una considerazione di metodo, ritraibile dall'osservazione delle posizioni politiche sul punto. La sostanza democratica degli approcci di riduzione del danno, in qualsiasi questione venga affrontata, viene osteggiata dai molti fautori di posizioni ideologiche, refrattari all'osservazione dei dati di fronte alle decisioni da prendere.
Questi molti, veri campioni del non decidere, sono le persone che ci condannano all'immobilismo che sta uccidendo le nostre speranze di farcela, come Paese.
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