mercoledì 29 aprile 2020

La salute è la cosa più importante. Proprio sicuri?

No.
Nulla è più importante della libertà.
"La mia libertà equivale alla mia vita".

giovedì 23 aprile 2020

L'antipatico

di Claudio Martelli
Ho approcciato con molto interesse questo breve saggio, a comporre una personalissima trilogia da lettore, con la monumentale biografia di Massimo Pini su Craxi e l'autobiografia di Martelli. 
E' indubbio che la materia mi appassiona non poco, tanto per il riguardare (una parte di) quel milieu laico - riformista che è fra i miei riferimenti politici, quanto per i molti dubbi che a mio avviso genera il finale della sua storia, quanto infine per la consapevolezza di non aver colto, nel momento in cui vivevo parte degli eventi, il loro vero significato.
A cavallo degli anni 90 ero un lettore (supergiù quindicenne) di Repubblica; sulla soglia della maggiore età ho vissuto con molti altri Tangentopoli come una speranza di rinnovamento, di un Paese  migliore che ben si confaceva con la verde età delle speranze, delle illusioni.
Solo dopo, aiutato dal senno del poi e della sempre maggiore frequentazione della radio radicale, ho compreso l'abisso in cui conduceva certo giustizialismo, e la ingenuità di certe speranze, di certi unilaterali affidamenti.
Il libro dichiaratamente non è una biografia. Un po' tributo personale, un po' manifesto politico, inevitabilmente tende all'indulgenza, che personalmente perdono per la stima che ho di entrambi.  
Nella prima parte Martelli individua per sommi capi i principali meriti che attribuisce al Craxi politico: il recupero delle tradizioni riformiste, la difesa dell'autonomia politica, il sostegno ad una rivisitata versione del socialismo liberale rossettiano, l'aver ricomposto una frattura tra il patriottismo ed il socialismo, ed infine la passione per la libertà che ha caratterizzato il suo impegno internazionale a favore di popoli e movimenti.
La seconda parte ripercorre le tappe della ascesa e della caduta di Craxi; ne ricorda oltre ai molti alcuni errori. Attribuisce infine la caduta al culmine di una lotta politica che vide convergere gli interessi del "quarto partito", il partito del potere e del denaro, con il regolamento di conti da parte di alcuni acerrimi avversari, con la nuova situazione internazionale che paradossalmente finì per dare nuova verginità agli sconfitti.
Martelli, che in tutto il libro non parla di sè nel del suo rapporto con Craxi, dà insomma una lettura integralmente politica alla vicenda, del tutto svalutando la portata decisiva della questione morale, e paradossalmente anche gli aspetti "garantisti", su cui molti altri hanno incentrato i ricordi.
Del resto "Poiché era tutto politico, per vocazione e per professione, una volta che si era assegnato una missione la perseguiva assumendosi la responsabilità degli atti e delle parole, senza temere né di macchiarsi di una colpa né di affrontare l’odio. La colpa e l’odio sono inseparabili compagni dell’uomo politico come lo sono l’amicizia e la lotta.
Non si può diventare capi senza fare dei torti e senza macchiarsi di una colpa. Si comincia pensando di far male solo ai nemici atavici e agli avversari di turno, eventualmente ai loro amici e alleati e, non di rado, succede che lo si faccia pure ai propri amici e alleati. Talvolta persino a se stessi.
Del resto, anche se un politico sceglie infallibilmente il male minore, ha pur sempre scelto un male, è intrato nel male e si è macchiato di una colpa. Dunque, con ciò si è guadagnato l’odio almeno di una parte. Più lungo sarà il tragitto, più si estenderà il novero dei meriti e dei successi, più si allungheranno anche l’elenco dei torti e la lista delle colpe e degli odi.
La politica è un’arte così tremendamente difficile e derisoria che mentre ti illudi di usarla per cambiare il mondo, non ti accorgi che ha già cambiato te."   
La rivendicazione del ruolo della politica è una costante: “La politica è sintesi di molti mestieri, una professione che non possono fare i dilettanti ma i professionisti di questo mestiere: i politici.” Sul punto Craxi rieccheggiava le parole di Croce: “L’unica vera onestà politica è la capacità politica, la capacità di realizzare gli scopi che ci si è assegnati. Nessun areopago di purissimi imbecilli potrà mai sostituirsi a una classe politica capace, espressa da una libera competizione democratica.”
Martelli precisa che non è possibile distinguere il politico dall'uomo: Craxi era un fighter, un combattente, un sincero democratico che, in tutta onestà e con tutta la serietà che il compito richiedeva, si assunse la responsabilità di difendere la democrazia dai suoi nemici. Ed era un politico educato alla dura scuola della realtà, perfettamente consapevole che la politica è la continuazione della guerra con altri mezzi, mezzi meno cruenti, anche se tutt’altro che pacifici. Così, del resto, era l’epoca in cui visse quasi tutta la sua vita, un’epoca affatto pacifica.
Nei "reduci" che recentemente hanno ricordato Craxi nel ventennale della morte è molto vivo il senso della comunità, il dolore per la sua dispersione. Infatti La storia di Craxi non è solo la storia di un leader politico e di un uomo di stato. È la storia di un’idea, di una tradizione politica che comincia assai prima ma che con lui si rinnova e si amplia, superando gli antichi confini, esplorando nuovi orizzonti.
Senza un recupero e un ripensamento del lascito di Craxi, quella storia rischia di esaurirsi nella condanna o nei travisamenti, nella diaspora o nell’oblio, e la storia del socialismo e quella italiana ne risulterebbero amputate e deformate.
Personalmente credo che al giorno di oggi siano temi che interessano poco e a pochi, in un Paese che già non brilla per l'onore che riserva alla memoria di sè.
Martelli prova a riepilogare, nell'epilogo:
Craxi era innanzitutto un democratico, un uomo della polis moderna, schierato per tradizione famigliare e per scelta personale dalla parte socialista, perché voleva lottare per la libertà, la giustizia e il progresso sociale in Italia e in tutto il mondo.
Per tutta la sua vita è stato un patriota – un socialista tricolore, cioè un nazionalista democratico – e un combattente per i diritti dei popoli e per i diritti dell’uomo e della donna.
Per tutta la sua vita politica ha contrastato la vecchia destra: dunque i reazionari, i bigotti, i nostalgici. Con ancor più decisione ha lottato contro la nuova destra, quella dalle buone maniere e dalle pessime abitudini tra cui, sovrana, quella di capitalizzare i profitti e socializzare le perdite, quella che, padrona del potere e del denaro, vorrebbe esserlo anche dello stato e della politica.
È stato il primo capo di governo socialista e, sollevandosi da uomo di parte a uomo di stato, ha guidato l’Italia a traguardi economici ineguagliati, conquistandole un prestigio internazionale altrettanto ineguagliato.
Voleva e ha perseguito una grande riforma della repubblica e delle sue istituzioni, ma ha mancato l’obiettivo per l’insuperabile e irresponsabile rifiuto di quasi tutte le altre forze politiche.
Nato e cresciuto nella repubblica dei partiti, troppo tardi ne ha descritto e condannato la degenerazione nel malaffare. Assumendosi con coraggio la sua parte di responsabilità in parlamento, si è esposto alla contestazione dei faziosi estremisti e alla persecuzione giudiziaria, che con lui si è accanita non solo per gli errori compiuti, ma anche per l’onestà di averli riconosciuti.
Vittima di una giustizia politica che con lui ha usato una durezza senza pari, ha trovato rifugio in un paese vicino, amico dell’Italia. Malato e stanco, dovendo affrontare un delicato intervento chirurgico gli è stato negato un salvacondotto per essere operato in Italia ed è morto per le conseguenze post-operatorie.
È stato il primo capo di governo socialista e, sollevandosi da uomo di parte a uomo di stato, ha guidato l’Italia a traguardi economici ineguagliati, conquistandole un prestigio internazionale altrettanto ineguagliato.
Voleva e ha perseguito una grande riforma della repubblica e delle sue istituzioni, ma ha mancato l’obiettivo per l’insuperabile e irresponsabile rifiuto di quasi tutte le altre forze politiche.
Nato e cresciuto nella repubblica dei partiti, troppo tardi ne ha descritto e condannato la degenerazione nel malaffare. Assumendosi con coraggio la sua parte di responsabilità in parlamento, si è esposto alla contestazione dei faziosi estremisti e alla persecuzione giudiziaria, che con lui si è accanita non solo per gli errori compiuti, ma anche per l’onestà di averli riconosciuti.
Vittima di una giustizia politica che con lui ha usato una durezza senza pari, ha trovato rifugio in un paese vicino, amico dell’Italia. Malato e stanco, dovendo affrontare un delicato intervento chirurgico gli è stato negato un salvacondotto per essere operato in Italia ed è morto per le conseguenze post-operatorie.
Come quella di Moro, anche la famiglia di Craxi ha rifiutato i funerali di stato offerti da un’ipocrita nomenklatura.
Riposa a Hammamet nel cimitero dei cristiani. La piccola tomba guarda il mare e l’Italia lontana. Sulla sua lapide sono incise le parole che tante volte ha ripetuto:
La mia libertà equivale alla mia vita.
Ogni anno, il 20 gennaio, migliaia di italiani si recano sulla sua tomba e depositano un fiore o un biglietto.

mercoledì 22 aprile 2020

Quando rispettare le regole sembra una colpa (ma non lo è)

Ti capita spesso.
Sono conoscenti, amici, anche parenti stretti.
Fanno quella cosa che non si può, ma ci serve o ci piace, ed in fondo che male c'è; te lo raccontano cercando la complicità che li scusa e li assolve.
Brutta situazione: sbracare diventando correo, e la prossima volta comportarsi nella stessa maniera, o irrigidirsi facendo la parte del moralista?
Per mia fortuna non ho mai avuto il timore di restare sulle mie posizioni anche se poco frequentate; e nessuno è mai riuscito a farmi sentire in colpa, mentre facevo semplicemente, senza giudicare gli altri, quel che sentivo giusto.  

Burocrazia: problema eterno, solo colpa degli altri?

Eterna recriminazione, eterno problema, eterno scoglio ad un vivere moderno e civile, la burocrazia declinata all'Italiana è tale che la parola che la descrive è utilizzata quasi esclusivamente nella sua accezione negativa che in quella tecnica, neutra.
In tempo del coronavirus ogni ritardo è danno, e non sono mancate, rinforzate, le richieste di disboscarla, abbatterla,questa burocrazia.
La tesi non enunciata è che vi sia una buona (prevalente) quota di burocrazia che esiste solo perchè questa ha bisogno di autoaffermarsi, di creare le condizioni per vivere ed ingrassare, e che si potrebbe immediatamente eliminare.
A mio avviso questa visione, che coglie certamente parte di verità, ne trascura altra non meno importante.
La burocrazia esiste quale componente organizzativa dell'amministrazione di interessi pubblici. Ogni procedimento è volto alla tutela di un interesse, ragionevolmente meritevole (la tutela del territorio, le entrate pubbliche, l'igiene pubblica ecc.). E' possibile tutelarli senza sommergere di obblighi adempimenti i cittadini, gli operatori commerciali? Tutti questi adempimenti esistono solo per garantire il lavoro ai dipendenti pubblici dei relativi uffici (il tecnico comunale, il funzionario dell'Agenzia delle Entrate, l'ispettore dell'ASL), oppure almeno in parte sono necessari perchè altrimenti i cittadini, gli operatori commerciali agirebbero senza il necessario rispetto di quegli interessi?
Esemplichiamo. Per avere i 600 € bisogna fare una domanda con molti documenti; in Svizzera invece bastava una richiesta in carta semplice e la sera stessa avevi i soldi sul conto. Ma a parità di condizioni quanti nostri concittadini avrebbero richiesto ed avuto i soldi senza averne diritto?
Migliorare la burocrazia (in senso tecnico), abbattere la burocrazia (in senso deteriore) si può e si deve. 
Ma la colpa non è solo del governo e dei burocrati    

domenica 19 aprile 2020

L'unificazione legislativa e i codici del 1865

di Alberto Aquarone
Studio molto specifico sui codici dei 1865; c'è una prima parte con un breve studio ed un'altra, estremamente interessante ma difficilmente fruenda da un lettore "normale", documentaria, con i progetti di legge, interventi parlamentari e via dicendo.
E' stato un po' uno sfizio, questo, preso a scatola chiusa per via dell'autore.

venerdì 17 aprile 2020

Non manca solo agli imbecilli

L'urlo di Emanuele Macaluso al funerale laico di Massimo Bordin, riecheggiato dal titolo di questo post, nella sua esagerazione esprimeva vero dolore. 
Io sono tra quanti, un anno dopo la sua scomparsa, lo provano veramente, ancora oggi, per la mancanza di Massimo.
Le parole dei tanti che oggi lo ricordano (Chiocci, Martini, Coccia, Bonino-Spadaccia; e Guido Olimpio, memore della straordinaria cultura di Bordin, che immagina di ritrovare "raro e disperso, in un mare di ritagli") sembrano non potere aggiungere molto a quanto già detto un anno fa. 
E tuttavia Massimo Teodori  non manca di rammentarci che "Massimo non era un “semplice cronista” come voleva auto-rappresentarsi, né un generico militante politico, e neppure soltanto quell’autorevole professionista della rassegna stampa che per anni ha generosamente donato a centinaia di migliaia di ascoltatori, oltre che alla classe dirigente del paese, il piacere di ascoltare le sue parole. E’ stato qualcosa di più della sommatoria di questi e altri aspetti della sua multiforme attività.

E’ stato un protagonista del nostro tempo. Con una cultura politica in cui sulla giovanile passione per la sinistra di classe aveva innestato una vocazione liberaldemocratica dedita allo stato di diritto, alla giustizia giusta e al socialismo libertario e riformatore. Con l’intelligenza di chi sa riconoscere a prima vista uomini e cose e ne sa valutare vizi e virtù, autenticità e fasullaggini. Con la forza intellettuale del monaco laico che non si pavoneggia di saggi ma guarda a quell’olimpo antiautoritario e minoritario in cui brillano le stelle dei grandi eretici del Novecento, fossero i coraggiosi dissidenti storici del comunismo, gli appassionati rivoluzionari trotskisti, o i cantori libertari alla Albert Camus e George Orwell fino al nostro Leonardo Sciascia, scrittore per eccellenza fuori dalle righe".
Personalmente ho apprezzato molto il ricordo del TG5 e soprattutto un articolo straordinario del ministro Peppe Provenzano su "Il Manifesto", che parla di Sicilia, della Caltanissetta del dopoguerra, di Macaluso e delle conversazioni su Sciascia. Lo scrittore che "ci aveva ammonito sui ricordi, al punto da scoraggiare anche queste righe: «La morte è terribile non per il non esserci più ma, al contrario, per l’esserci ancora e in balìa dei mutevoli ricordi, dei mutevoli sentimenti, dei mutevoli pensieri di coloro che restano». Anche questa profezia di Sciascia mi si è sembrata avverarsi, spesso contro Sciascia. Solo pochissime eccezioni, su tutte Bordin". E che veniva citato da Bordin «Io non sono un garantista: sono uno che crede nel diritto, che crede nella giustizia» per poi chiosare: «Sciascia credeva nella giustizia secondo diritto, che è fatta anche di sostanza».  E ancora Bordin che al quarantennale de "L'affaire Moro" parla del Pierre Menard delle Finzioni di Borges. 
Provenzano ha definito il suo ricordo "strettamente personale". Cogliendo un punto fondamentale, che Bordin era parte della vita di moltissime persone. Ognuno ha il suo ricordo, ritrovare in quello di un altra persona Sciascia, Pierre Menard e quel libro di Macaluso è stato un po' come ri-conoscerla.












lunedì 13 aprile 2020

Sei problemi per don Isidro Parodi

di Jorge Luis Borges e Adolfo Bioy Casares

In cerca di svago, riprendo in mano questo singolare libro, unico giallo scritto da Borges (sia pure a quattro mani con Adolfo Bioy Casares).
Comincio a ritrovare nel volume una carta d'imbarco Roma - Trieste del 13 marzo 2013. Del resto uso segnalibri "datati" (scontrini, biglietti del treno o del bus) apposta per poter riandare, anni dopo, al momento in cui lessi un libro.  
Fantastico è l'aggettivo perfetto e pregnante per descrivere le opere del poeta argentino, e questa, pur essendo una sorta di divertissement, lo merita appieno.
Le funamboliche tirate verbali messe in bocca ai diversi personaggi divertono e lasciano costantemente nel dubbio se si tratti di prosa o satira, a volte strappano vere risate. Il rovesciamento del punto di vista operato da Isidro Parodi nelle poche, conclusive parole, consente di svelare l'enigma, forse nemmeno così nascosto, se l'attenzione non fosse andata più che alla trama al meraviglioso mondo di parole che la compone 
E probabilmente sfugge, al solito, al poco colto lettore (me provr'om) qualche tema filosofico e qualche topos letterario, nei diversi racconti, pur collegati tra loro, che compongono l'opera.
Delizioso. 

domenica 12 aprile 2020

Le origini dell'imperialismo americano

di Alberto Aquarone
Ho scoperto ancora all'Università questo autore, di cui sono diventato un modesto cultore.
In questo testo, molto specialistico, affronta da par suo la tematica del sorgere e del particolare atteggiarsi dell'imperialismo americano nei tre lustri che iniziano dal fatidico 1898.
Ci si trova a seguire le vicende del console in Manciuria, nelle discussioni fra favorevoli e contrari  all'annessione delle Filippine, nell'appoggio riluttante dato dal Dipartimento di stato a questo o a quel dittatore sudamericano.
La mano sapiente di Aquarone, capace di tirare le fila della mole sterminata di materiale esaminata ed offerta al lettore, di orientarsi in una complessità non negata ma interpretata con rigore storiografico. 
L'apparato delle note, che impressiona per la cultura e l'ampiezza di documentazione che sottintende, evidenzia una volta di più quale virtuoso della storia è stato Aquarone. 

Tre canzoni

Quando sei nato, come per ogni primo figlio, mi sembrava che non esistesse null'altra cosa al di fuori di te.
Ascoltando questo pezzo di Lenny Kravitz, mi è capitato di chiedermi: dov' eri, prima?


La prima volta che ti ho visto, sullo schermo nello studio di un medico, ad un tratto il silenzio dell'attesa è stato interrotto dalle prime note di questa canzone. Allora non lo sapevo, che saresti stato anche tu, un po', uno sempre sulla luna.



Alla carica che dà la musica del Boss devi molto, un giorno forse te lo portò spiegare. Quando abbiamo saputo che arrivavi, allora, è stata la festa che può dare una vera sorpresa

  

mercoledì 8 aprile 2020

Restate a casa (ovvero la grammatica è importante)

E' vero, gira anche lo slogan #iorestoacasa.
Perchè restate a casa (seconda persona plurale) lo dice chi invece, per motivi vari, deve (cioè può) uscire.
C'è abbastanza disciplina, per ora; ma già si moltiplicano, dopo tutti quelli che avevano un buon motivo per consentire a se stessi una deroga, tutti quelli che hanno pazientato abbastanza da aver un un buon motivo per consentire a se stessi una deroga, magari il giorno di Pasqua.
Niente moralismo; e la consapevolezza che il rispetto di regole da parte di decine di milioni di persone non si ottiene con le multe ed i controlli, ma con la ragionevolezza di quanto viene richiesto.
Magari giusto una prece, che non si faccia i moralisti con le privazioni degli altri.

lunedì 6 aprile 2020

Edizione straordinaria (7). Siamo un modello

"Siamo un modello per il mondo".
Sì, ma non è un vanto se siamo osservati per conoscere gli errori da cui guardarsi

Edizione straordinaria (6). Il ruolo della politica

Ogni anno ci sono credo più di 300 morti per incidenti stradali.

Tuttavia continuiamo ad andare in macchina.

Chiudere la circolazione sarebbe un sacrificio impensabile per troppe persone, a fronte del risparmio di quelle vite.

Ora siamo in casa per 15.000 decessi. Sono forse molti di più, aumenteranno, molti sono stati risparmiati dalle misure di contenimento.

Da un punto di vista della decisione pubblica si dovrebbe calcolare il numero delle morti evitate, poi calcolare il danno provocato dalle misure, e valutare se vogliamo sostenerlo per raggiungere quel fine. C'è un punto in cui il numero dei morti diventa non più accettabile, allora si chiude.

Mi chiedo se la decisione iniziale di BoJohnson (accettare le morti differenziali senza nemmeno calcolare il danno all'economia) non sia altrettanto ideologica della nostra (salviamo tutti, costi quel che costi).

E' ovvio che dal punto di vista del singolo e dei suoi cari la vita non ha prezzo. Ma la "collettività" ragiona differentemente, dovrebbe perseguire la maggior utilità del maggior numero.

Anche nelle guerre si sacrificano delle persone (i militari) per difendere altri interessi, non sempre (quasi mai) la vita di molte altre persone. La politica decide.

La mia impressione è che la questione non si sia nemmeno posta, nella mente dei nostri governanti, per tacer dei forti dubbi sulla democraticità delle decisioni prese e sul loro impatto sulla libertà personale.

Certo, hanno fatto come noi anche tutti gli altri.

Ma la questione si ripropone uguale per la riapertura.

Qualcuno prenderà decisioni politiche?

"Decidono i medici" proprio non si può sentire.

giovedì 2 aprile 2020

Edizione straordinaria (5). Prime cause ai medici?

Già mi era molto dispiaciuto leggere di un'iniziativa giudiziaria sulla gestione del paziente-1, che spero abbia già trovato il suo posto nell'archivio.
Ora pare che studi legali e società pubblicizzino sul mercato iniziative giudiziarie, per gli infettati di COVID, con l'ovvio contorno dei patti di quota-lite.
Le associazioni forensi si sono dissociate, per fortuna.
Non sarò io a discutere dei diritti. I diritti sono tali perchè non si deve chiedere il permesso di esercitarli, perchè c'è sempre un giudice che ne può accertare l'esistenza.
E tuttavia.
Da molti anni penso che l'abuso della responsabilità civile sia uno dei gravi problemi del nostro paese. Per ogni problema, giù cause, vediamo se ne caviamo una sommetta. Nel campo medico questo ha provocato lo stanziamento di enormi risorse per costi assicurativi distolte dall'assistenza, ma anche la meno evidente (ma forse più grave) modifica del comportamento clinico dei medici, comprensibilmente inclini ad adeguarsi a protettivi protocolli anche quanto divergono (magari imponendo costosi accertamenti non necessari nel caso concreto) da quanto in loro responsabilità ritengono utile per la cura.
I medici che oggi sono considerati come eroi sono gli stessi che ieri venivano additati quali responsabili della "malasanità", e rischiano domani di vedersi addebitate alcune delle inevitabili conseguenze nefaste dell'attuale crisi.
Che venga evitato questo sfregio, in un modo o nell'altro.

Musica familiare

Ho messo in sottofondo la rassegna stampa del 2 aprile 2019, l'ultima di Massimo. Così, senza ascoltare le parole, come fosse una musica rassicurante e familiare. 
Melomani Bordiniani per sempre.