domenica 31 dicembre 2017

Let's hope it's a good one

Giusto un anno fa il mio pensiero (non ottimista) di fine anno era che la speranza è l'ultima a morire.
Insieme a una riflessione, che ripropongo, sugli auguri che ci scambiamo a mezzanotte, auspicando un anno migliore, e raramente riflettendo in retrospettiva su cosa è successo dell'analogo augurio dell'anno precedente. 
Non ho capito (forse ho dimenticato) perchè si festeggia aspettandolo, l'anno nuovo.
Verrebbe da pensare male di quello trascorso.
Il pensiero che viene da dentro è : "te ne vai, fottuto?".
Ma oggi sono in vena di ricordare ancora quella speranza, e allora:
Let's hope it's a good one,
without any fear. 



Discorso di Fine anno

Non male quanto disse il Presidente Leone giusto quaranta anni fa:


Ma occorre da parte di tutti realismo, solidarietà e fiducia. E quando voi chiedete alla classe politica, di darvi questa fiducia, ritenete di poter dire che ciascuno di voi la ritrovi innanzi tutto in se stesso? Rispetto ai problemi insoluti è pensabile porsi in una posizione di fatalistica attesa? e non verificare piuttosto se fino in fondo si compie il proprio dovere?


lunedì 25 dicembre 2017

Buon Natale

A chi se lo merita, a chi ne ha bisogno, a chi non lo sa.

E soprattutto, ovviamente, a Christian.

W il regalo utile

A me piace il regalo utile.
E cosa di più utile di una cosa che apre la mente, ti fa conoscere cose nuove, ti emoziona, ti fa sognare, ti migliora?

lunedì 18 dicembre 2017

Nazione di smemorati

Il biotestamento è legge.
Perchè elementari concetti di libertà, sui quali non si trova chi non consenta, assurgessero al rango di diritto, il più sacrosanto, di essere liberi fino alla fine, ci sono voluti trentanni.
Di battaglie, sofferenza e lacrime.

Trovando ascolto, bisognerà ammetterlo, in una legislatura che ha dato la legge Cirinnà oltre a questa, qualcuno ci ha creduto da sempre.

Al momento di votare poi, ce lo ricorderemo?
Dubito.

Io la memoria la tengo buona.
Ad esempio ricordo quello spot della rosa nel pugno, che si apriva con una domanda: Come fanno gli altri paesi ad avere al governo persone di cui vanno fieri?
Risposta: Li votano.


Riflessione riflessiva

A tutti piacere fa piacere,
ma l'importante è piacere a se stessi

sabato 16 dicembre 2017

Tu chiamala, se vuoi, goduria

Sfiorata martedì dal favoloso (nel senso delle favole) Pordenone, l'impresa attesa è arrivata oggi.
Sul finire di questo merdosissimo 2017, una piccola gioia.

venerdì 15 dicembre 2017

La diseguaglianza nasce nella scuola

L'altro ieri, sul traino di Inter- Pordenone, mi sono imbattuto nell'intervista di Marzullo a Luca Ricolfi, già da me ricordato come una delle menti più brillanti di Italia.
Al solito solo molte le perle di pura intelligenza.
"Non sono particolarmente fiero di essere un sociologo perchè la sociologia secondo me è una disciplina che ha perso un'occasione e non è molto prestigiosa... ".
"Se la domanda è cos'è la sinistra, io penso sia amministrazione del potere, senza la minima idealità. Se lei mi chiede cos'è la sinistra per me, la risposta è abbastanza semplice: sinistra significa riconoscere che c'è un problema di diseguaglianza delle opportunità, e combattere perchè questo limite delle società capitalistiche, che hanno tanti vantaggi ma hanno questo limite, sia ridotto il più possibile, cioè combattere perchè la possibilità di avanzare non sia limitata ai ceti medi e ai ceti alti, ma sia la stessa per tutti. Questo occuparsi della mobilità sociale cercando di non di eliminare le diseguaglianze ma di eliminare la diseguaglianza delle opportunità... quello che non va bene è che le possibilità di arrivare in alto di un figlio di un operaio siano molte più basse di quelle del figlio di un impiegato o di un imprenditore"
"La diseguaglianza delle opportunità è stata enormemente amplificata da cinquantanni di declino dell'istruzione in Italia. Abbiamo avuto un processo di impoverimento culturale della scuola da tutti i livelli, partendo dalla scuola dell'obbligo, dove spesso si fa molto poco. per passare ai licei e all'università. Buona parte della cosiddetta dispersione scolastica non è dovuta alle condizioni sociali di partenza... è dovuta al fatto che le conoscenze, le nozioni, le capacità trasmesse sono talmente basse che a un certo punto, per quanto noi abbassiamo il livello dell'istruzione superiore, uno non ce la fa. Noi all'università insegniamo cose sempre più facili, siamo sempre più indulgenti, sempre meno severi; facciamo passare gli esami a persone che non sarebbero mai passate anche solo ventanni fa, ma questo non basta, perchè gli studenti arrivano in uno stato così penoso che certe materie diventano semplicemente non insegnabili... Il fatto di aver abbassato, di aver consentito di abbassare così il livello degli studi è un fattore di diseguaglianza"
"Questo fatto di poter dare le ripetizioni, di poter permettere ai figli di metterci dieci anni a fare un'università, è un meccanismo di classe. Ma perchè è possibile questo? E' possibile perchè la scuola non ha fatto il suo mestiere. Se avesse messo tutti in condizioni di non prendere ripetizioni private, anche i figli degli operai o dei ceti subordinati avrebbero delle chance di andare avanti"
"Il livello si è abbassato da cinquantanni (e probabilmente già cinquantanni fa era più basso che ventanni prima), ma negli ultimi ventanni c'è stata un'accelerazione che non è solo cognitiva, ed è dovuta al fatto che i genitori sono entrati pesantemente nella gestione delle scuole... c'è stato il fatto che i genitori sono diventati i sindacalisti dei loro figli, per cui un insegnante che voglia bocciare un ragazzo tendenzialmente non lo fa perchè teme il ricorso; un insegnante che voglia punire con una nota sa già che arriverà una madre inferocita che andrà dal preside a protestare per come è stato trattato il pargolo. Questa invasione della scuola da parte dei genitori risale a ventanni, trentanni fa non c'era"
"Io penso, ma è un po' un azzardo, che questo processo avrà un termine e comincerà un'inversione di tendenza"
"Dal 91 si laureano molte più donne che uomini. Mi spiace da sociologo dire una banalità, ma il perchè è questo: le ragazze studiano, i ragazzi non studiano
Si faccia una domanda e si dia una risposta
"Un'interrogativo politico...perchè mai la sinistra, che dovrebbe occuparsi dei deboli ha fatto così poco per impedire il decadimento dell'istruzione in Italia a tutti i livelli, anzi spesso si è battuta per accelerare questo decadimento. La risposta? Non lo so"

giovedì 7 dicembre 2017

Buone e cattive notizie

C'è una buona notizia: finalmente un uomo politico che mantiene, una volta eletto, le promesse fatte in campagna elettorale.
C'è una cattiva notizia: quell'uomo è Donald Trump.

L'unità d'Italia

Noi italiani ci dividiamo su tutto.
La patria dei distinguo, dei sì-ma-però.
C'è un uomo però che ci ha uniti tutti.
Di destra o di sinistra, ricco o povero, laureato o analfabeta, non c'è italiano che non consideri  quest'uomo un grandissimo idiota:


Donald Trump, hai unito l'Italia intera.

venerdì 1 dicembre 2017

Pensieri, e parole

Un giorno all'improvviso, ascoltare in maniera diversa quelle parole.
Tu, tu che sei diverso
Almeno tu nell'universo
Un punto sei, che non ruota mai intorno a me
Un sole che splende per me soltanto
Come un diamante in mezzo al cuore
Tu, tu che sei diverso
Almeno tu nell'universo
Non cambierai, dimmi che per sempre sarai sincero
E che mi amerai davvero di più, di più, di più
E illudersi di capire cosa voglia dire, quell'altra parola di cinque lettere, di tutte la più importante.

martedì 28 novembre 2017

#santosubito

Alla fine l'unico che non ne ha mai molestata una è Berlusconi

sabato 25 novembre 2017

domenica 12 novembre 2017

Leggere coincidenze

Quelle cose che ti capitano e che ti fanno pensare.
Giovedì, rientrato dal lavoro, accendo Radio Freccia.
Questa volta la radio non passa Neil Young ma il pezzo che chiude lo stesso disco di "Certe Notti".
"Leggero" non è fra le canzoni più noti di Liga, ma fra le più amate dai fan più anziani (quorum ego), direi anche la mia preferita in assoluto. Una volta ci chiudeva i concerti: è un inno per intimi.
Io la ascoltavo da ragazzo, ero all'università.
Mi ricordo di averla messa con il walkman a palla, sul pulmann, quella volta che  con il Pascià andai a Vicenza per una vittoriosa trasferta (che goduria il gol di Helveg al 90'!).
Leggero, nel vestito migliore, senza andata né ritorno, senza destinazione. Leggero, nel vestito migliore, nella testa un po' di sole ed in bocca una canzone.
Pochi minuti dopo, giovedì, mi trovo in mano il Messaggero Veneto.

Resoconto della giornata di Renzi in Friuli. Strette di mano, selfie, discorsi. Ah, di strada per Rauscedo si è fermato a Casarsa alla tomba di Pasolini. Lo apprendiamo da un suo tweetAltro
“E io camminerò leggero, andando avanti, scegliendo per sempre la vita” Un fiore, a Casarsa, sulla tomba di Pier Paolo Pasolini #trenoPd #PPP #avanti
E bravo Renzie, Royalbaby, Renzusconi: paraculo quanto vuoi, ma intanto fa un gesto oggettivamente rimarchevole, e poi induce qualcuno (quorum ego, e magari qualche altro, magari meno numerosi dei fan del Liga) a cercare la poesia da cui è tratto questo bel verso.

La sorpresa è che il verso è tradotto dal friulano, dal componimento Saluto e augurio, inserita in La Nuova gioventù del 1975 (dai che ne imparo più d'una, oggi).
Attacco:
A è quasi sigùr che chistaa è la me ultima poesia par furlàn;  
Brividi (è forse l'ultima poesia in assoluto che scrisse).
Non l'avrei certo compresa da solo, senza leggerne qui o qui, e forse nemmeno dopo. Al solito PPP è troppo al di sopra, e infonde in ciò che scrive tutta il portato del suo essere uomo, poeta, "politico".
Certo il dialogo con il giovane fascista, cui si rivolge come Socrate a Fedro, è tutto volto a delineare cosa sia quel terribile peso di difendere, da poeta, i valori arcaici e popolari.
La chiusa però ci porta lì dove ero partiti: 
Ciàpiti su chistu pèis, fantàt ch’i ti mi odiis:
puàrtilu tu. Al lus tal còur. E jo ciaminarai
lizèir, zint avant, sielzìnt par sempri
la vita, la zoventùt.
Anche lui voleva essere leggero:
E senti le vene,
piene di ciò che sei,
e ti attacchi alla vita che hai




Saluto e Augurio

A è quasi sigùr che chista
a è la me ultima poesia par furlàn;
e i vuèj parlàighi a un fassista
prima di essi (o ch’al sedi) massa lontàn. 

Al è un fassista zòvin,
al varà vincia un, vincia doi àins:
al è nassùt ta un paìs,
e al è zut a scuela in sitàt. 

Al è alt, cui ociàj, il vistìt
gris, i ciavièj curs:
quand ch’al scumìnsia a parlàmi
i crot ch’a no’l savedi nuja di politica

e ch’al serci doma di difindi il latìn
e il grec, cuntra di me; no savìnt
se ch’i ami il latin, il grec - e i ciavièj curs.
Lu vuardi, al è alt e gris coma un alpìn.

"Ven cà, ven cà, Fedro.
Scolta. I vuèj fati un discors
ch’al somèa un testamìnt.
Ma recuàrditi, i no mi fai ilusiòns

su di te: jo i sai ben, i lu sai,
ch’i no ti às, e no ti vòus vèilu,
un còur libar, e i no ti pos essi sinsèir:
ma encia si ti sos un muàrt, ti parlarài.

Difìnt i palès di moràr o aunàr,
in nomp dai Dius, grecs o sinèis.
Moùr di amòur par li vignis.
E i fics tai ors. I socs, i stecs.

Il ciaf dai to cunpàins, tosàt.
Difìnt i ciamps tra il paìs
e la campagna, cu li so panolis,
li vas’cis dal ledàn. Difìnt il prat

tra l’ultima ciasa dal paìs e la roja.
I ciasàj a somèjn a Glìsiis:
giolt di chista idea, tènla tal còur.
La confidensa cu’l soreli e cu’ la ploja,

ti lu sas, a è sapiensa santa.
Difìnt, conserva prea. La Repùblica
a è drenti, tal cuàrp da la mari.
I paris a àn serciàt, e tornàt a sercià

di cà e di là, nass’nt, murìnt,
cambiànt: ma son dutis robis dal passàt.
Vuei: difindi, conservà, preà. Tas:
la to ciamesa ch’a no sedi 

nera, e nencia bruna. Tas! Ch’a sedi
’na ciamesa grisa. La ciamesa dal siun.
Odia chej ch’a volin dismòvisi
e dismintiàssi da li Paschis... 

Duncia, fantàt dai cialsìns di muàrt,
i ti ài dita se ch’a volin i Dius
dai ciamps. Là ch’i ti sos nassùt.
Là che da frut i ti às imparàt

i so Comandamìns. Ma in Sitàt?
Scolta. Là Crist a no’l basta.
A coventa la Gl’sia: ma ch’a sedi
moderna. E a coventin i puòrs. 

Tu difìnt, conserva, prea:
ma ama i puòrs: ama la so diversitàt.
Ama la so voja di vivi bessòj
tal so mond, tra pras e palàs

là ch’a no rivi la peràula
dal nustri mond; ama il cunfìn
ch’a àn segnàt tra nu e lòur;
ama il so dialèt inventàt ogni matina,

par no fassi capì; par no spartì
cun nissùn la so ligria.
Ama il sorel di sitàt e la miseria
dai laris; ama la ciar da la mama tal fì. 

Drenti dal nustri mond, dis
di no essi borghèis, ma un sant
o un soldàt: un sant sensa ignoransa,
un soldàt sensa violensa.

Puarta cun mans di sant o soldàt
l’intimitàt cu’l Re, Destra divina
ch’a è drenti di nu, tal siùn.
Crot tal borghèis vuàrb di onestàt,

encia s’a è ’na ilusiòn: parsè
che encia i parons, a àn
i so paròns, a son fis di paris
ch’a stan da qualchi banda dal momd.

Basta che doma il sintimìnt
da la vita al sedi par diciu cunpàin:
il rest a no impuàrta, fantàt cun in man
il Libri sensa la Peràula.

Hic desinit cantus. Ciàpiti
tu, su li spalis, chistu zèit plen.
Jo i no pos, nissun no capirès
il scàndul. Un veciu al à rispièt

dal judissi dal mond; encia
s’a no ghi impuarta nuja. E al à rispièt
di se che lui al è tal mond. A ghi tocia
difindi i so sgnerfs indebulìs,

e stà al zoùc ch’a no’l à mai vulùt.
Ciàpiti su chistu pèis, fantàt ch’i ti mi odiis:
puàrtilu tu. Al lus tal còur. E jo ciaminarai
lizèir, zint avant, sielzìnt par sempri 

la vita, la zoventùt.
Traduzione

È quasi sicuro che questa
è la mia ultima poesia in friulano:
e voglio parlare a un fascista,
prima che io, o lui, siamo troppo lontani.

È un fascista giovane,
avrà ventuno, ventidue anni:
è nato in un paese
ed è andato a scuola in città.

È alto, con gli occhiali, il vestito
grigio, i capelli corti:
quando comincia a parlarmi,
penso che non sappia niente di politica

e che cerchi solo di difendere il latino
e il greco contro di me; non sapendo
quanto io ami il latino, il greco - e i capelli corti.
Lo guardo, è alto e grigio come un alpino.

"Vieni qua, vieni qua, Fedro.
Ascolta. Voglio farti un discorso
che sembra un testamento.
Ma ricordati, io non mi faccio illusioni

su di te: io so, io so bene,
che tu non hai, e non vuoi averlo,
un cuore libero, e non puoi essere sincero:
ma anche se sei un morto, io ti parlerò.

Difendi i paletti di gelso, di ontano,
in nome degli Dei, greci o cinesi.
Muori d’amore per le vigne.
Per i fichi negli orti. I ceppi, gli stecchi.

Per il capo tosato dei tuoi compagni.
Difendi i campi tra il paese
e la campagna, con le loro pannocchie
abbandonate. Difendi il prato

tra l’ultima casa del paese e la roggia.
I casali assomigliano a Chiese:
godi di questa idea, tienla nel cuore.
La confidenza col sole e con la pioggia,

lo sai, è sapienza sacra.
Difendi, conserva, prega! La Repubblica
è dentro, nel corpo della madre.
I padri hanno cercato e tornato a cercar

di qua e di là, nascendo, morendo,
cambiando: ma son tutte cose del passato.
Oggi: difendere, conservare, pregare. Taci!
Che la tua camicia non sia

nera, e neanche bruna. Taci! che sia
una camicia grigia. La camicia del sonno.
Odia quelli che vogliono svegliarsi,
e dimenticarsi delle Pasque...

Dunque, ragazzo dai calzetti di morto,
ti ho detto ciò che vogliono gli Dei
dei campi. Là dove sei nato.
Là dove da bambino hai imparato 

i loro Comandamenti. Ma in Città?
Là Cristo non basta.
Occorre la Chiesa: ma che sia
moderna. E occorrono i poveri

Tu difendi, conserva, prega:
ma ama i poveri: ama la loro diversità.
Ama la loro voglia di vivere soli
nel loro mondo, tra prati e palazzi

dove non arrivi la parola
del nostro mondo; ama il confine
che hanno segnato tra noi e loro;
ama il loro dialetto inventato ogni mattina,

per non farsi capire; per non condividere
 con nessuno la loro allegria.
Ama il sole di città e la miseria
dei ladri; ama la carne della mamma nel figlio

Dentro il nostro mondo, dì
di non essere borghese, ma un santo
o un soldato: un santo senza ignoranza,
o un soldato senza violenza.

Porta con mani di santo o soldato
l’intimità col Re, Destra divina
che è dentro di noi, nel sonno.
Credi nel borghese cieco di onestà,

anche se è un’illusione: perché
anche i padroni hanno
i loro padroni, e sono figli di padri
che stanno da qualche parte nel mondo.

È sufficiente che solo il sentimento
della vita sia per tutti uguale:
il resto non importa, giovane con in mano
il Libro senza la Parola.

Hic desinit cantus. Prenditi
tu, sulle spalle, questo fardello.
Io non posso: nessuno ne capirebbe
lo scandalo. Un vecchio ha rispetto

del giudizio del mondo: anche
se non gliene importa niente. E ha rispetto
di ciò che egli è nel mondo. Deve
difendere i suoi nervi, indeboliti,

e stare al gioco a cui non è mai stato.
Prenditi tu questo peso, ragazzo che mi odii:
portalo tu. Risplende nel cuore. E io camminerò
leggero, andando avanti, scegliendo per sempre

la vita, la gioventù.

lunedì 6 novembre 2017

Maradona e Pelè

Come li avrebbe descritti Omero

UN MOSTRO DI RITMO, VELOCITA’ E PRECISIONE - 

Mi dico di non aver mai visto nulla di simile. Gli dedico epinici. Mi esalto e lo esalto. L´ho veduto far questo: coricare tre birilli e battere di sinistro sul portiere: palla che schizza verso il fondo: prima che esca, continuando la corsa, Pelè compie un gran balzo e ricade col sinistro sulla palla: la colpisce a volo, in modo che s´infila tesa e bassa in diagonale. O Gòngora ti cheta, ch´io non son poeta. Se avete capito "dolce chiara è la notte senza vento" non ho bisogno di proseguire. Pelè vede il gioco suo e dei compagni. Mettete tutti gli assi che conoscete in negativo, poneteli uno sull´altro: stampate: esce una faccia nera, non cafra: un par di cosce ipertrofiche e un tronco nel quale stanno due polmoni e un cuore perfetti: è Pelè. Ma ce ne vogliono molti, di assi che conoscete, per fare quel mostro di coordinazione, velocità, potenza, ritmo, sincronismo, scioltezza e precisione. 



***** 

UNO SGORBIO DIVINO MAGICO E PERVERSO - 


Maradona è la bestia iperbolica, nel senso infernale, anzi mitologico di Cerbero: se fai tanto di rispettarlo secondo lealtà sportiva, lui ti pianta le zanne nel coppino e ti stacca la testa facendola cadere al suolo come un frutto dal picciolo ormai fradicio. E' capace di invenzioni che forse la misura proibiva a Pelè, morfologicamente irregolare nei soli piedi piatti, peraltro funzionali nella bisogna pedatoria. Maradona è uno sgorbio divino, magico, perverso: un jongleur di puri calli che fiammeggiano feroce poesia e stupore (è dei poeti il fin la meraviglia). Talora uno dei suoi piedi serve fulmineamente l' altro per una sorta di paradossale ispirazione atta a sorprendere: ma quando vuole, questo leggendario scorfano batte il lancio lungo che arriva, illumina, ispira: capisci allora che i ghiribizzi in loco erano puro divertissement: esibizione per i semplici: se il momento tecnico-tattico lo esige, in quelle tozze gambe animate dal diavolo entra solenne il prof. Euclide. E il calcio si eleva di tre spanne agli occhi di coloro che, sapendolo vedere, lo prediligono su tutti i giochi della terra.

Gianni Brera

sabato 4 novembre 2017

Ancora segni di invecchiamento. Si può ascoltare un po' di rock?

Da qualche tempo mi sintonizzo spesso su "Radio Freccia
Certe notti la radio che passa Neil Young sembra avere capito chi sei. 
E forse anche certe mattine la radio che spara in sequenza Born in the Usa e la nuova degli Uddue. 
In fatto di gusti musicali sono sempre stato piuttosto eclettico, autorizzato da una limitata competenza e dal desiderio di non precludermi di ascoltare e canticchiare una bella canzone solo perchè era, che so, di Al Bano (vabbè, sto iperbolizzando) oppure di Francesco Gabbani.
Da ragazzo ascoltavo indifferentemente De Gregori e i Pink Floyd, i cantautori e i Beatles, Vasco e Liga (sono di quest'ultima parrocchia NB), Rem e Carmen Consoli. 
Ma il tutto dando per presupposto che la vera musica cui inesorabilmente ritornare fosse il rock.
Ma c'è ancora il rock?
Non se sente molto negli ultimi anni.
A Radio Freccia, ad esempio, fedeli alla missione di ritrovare "ritrovare la radio come era, nel mondo come èdevono passare solo pezzi di trentanni fa o cantati da ultrasessantenni. 
Del resto una nuova band di quelle di celebrità planetaria di una volta non spunta da una vita, ed il il tempo "del rock, della sperimentazione e delle grandi idee" è un lontano passato.
Non ho vissuto (e forse lo rimpiango) quella stagione nè l'esperienza musicale come un fatto esistenziale che simboleggiava la ricerca di libertà e di un mondo migliore. 
Ma quella musica mi manca.
It's the end of the world as we known it?
But i feel sad.

















mercoledì 1 novembre 2017

ERO STRANIERO - L'UMANITÀ CHE FA BENE

Parole che fanno commuovere e pensare.





Le firme sono state raccolte.

http://www.radicali.it/campagne/immigrazione/

E ora? Ecco la conferenza stampa di consegna delle firme.




Parole in libertà e parole in cattività

A discutere di certi argomenti senza seguire la vulgata dominante ed i relativi fiumi di parole in libertà, si può passare per egoisti territoriali.
Se si difendono i diritti di certe persone, si è a favore della mafia
Se si sostengono certi concetti, si può talora passare per biechi razzisti.
Per antisemiti, addirittura, se ci si arrischia a parlare di adesivi.
Maschilisti, sempre.

Molto meglio trattenersi e tacere, se non davanti a poche orecchie fidate.

Le parole in cattività hanno poche ore d'aria ed un'evasione in qualche raro sberleffo:


Bando alla scaramanzia

E quando colpisce, vicino restano (restavano) solo i radicali.

martedì 31 ottobre 2017

Chiare, fresche, e dolci note

You're the best thing (about me) è una normale, classica, grande canzone degli U2.
La riconosci dalle prime note, una schitarrata e la voce pulita di Bono ti fa tornare ragazzo.
Uguali a se stessi e al loro splendore da quasi quarant'anni, pezzi come questo ti ricordano cos'era il grande rock, ti fanno venire la voglia di ascoltare Pride, Sunday bloody sunday, piuttosto che One o What I still. Ma anche The sweetest thing, Stuck in a moment o The Miracle (of Joey Ramone)
Classe infinita, potenza espressiva, la fantastica pulizia di un sound unico.
Grandi e basta.

domenica 29 ottobre 2017

Il sacco del Nord

di Luca Ricolfi
Questo l'ho ripreso in mano ieri, dopo aver discusso con un paio di persone delle prospettive dopo le consultazioni veneta e lombarda.
A margine è divertente ricordare che lo comprai diversi anni fa dopo averlo visto agitare (suppongo intonso) da Matteo Salvini non ancora segretario della Lega ad un talk show; ripensando che almeno questo merito potrà portare quell'uomo al creatore, di aver fatto vendere un libro (per la verità con il concorso della stima che già prima nutrivo per Ricolfi).
E' un testo che a mio modo di vedere dovrebbe essere ampiamente divulgato e conosciuto, per la chiarezza della esposizione (agevolata dalla esposizione in forma discorsiva con rinvio alle note per le tecnicalità, comunque presenti con dovizia), per la originalità del discorso (tanto nella ipotesi quanto nella tesi), e soprattutto per essere una prova che il rispetto del metodo scientifico è dimostrato dalla capacità di accettare i risultati che piacciono di meno.
L'autore è del resto titolare, è ciò dice già moltissimo, di una cattedra di Analisi dei dati, disciplina di cui ignoravo l'esistenza (oltre che pregevole autore di parole di verità sul perchè la sinistra non vince: Perché siamo antipatici. La sinistra e il complesso dei migliori prima e dopo le elezioni del 2008).
La teorizzazione della necessità di una contabilità nazionale liberale, in cui si attribuisce un valore allo spreco e alla evasione, alla sottoproduzione ed al livello dei prezzi eliminando gli effetti distorsivi della quantificazione ai fini del PIL del settore pubblico e ponendo rimedio alla assenza di analisi sulla sua ripartizione territoriale è di estremo interesse (almeno così appare ad un lettore della domenica quale sono io) tanto nelle premesse quanto nella sua formulazione, rendendo incredibili le carenze negli studi che evidenzia l'autore.
Il cuore del libro, certo atteso dai più, sono le parti in cui si forniscono i numeri che dimostrano quanto promesso dal titolo. Senza sconti e non senza sorprese, a proposito ad esempio della produttività della mia regione.

"Insomma nel Sud sono elevati, al tempo stesso, la quota di spesa pubblica allocata in stipendi e sussidi, il parassitismo puro, i tassi di sottoproduzione e spreco. Nel Nord accade esattamente il contrario: spesa pubblica orientata agli acquisti, basso parassitismo, sprechi contenuti"
"Il trasferimento di risorse, dunque, è essenzialmente un trasferimento da Nord a Sud, che priva ogni anni il Nord di un ammontare di risorse che corrisponde a qualcosa come il 7% del Pil market da esso prodotto"
"Il quadro che emerge dal nostro esercizio è estremamente netto in termini aggregati – il sacco del Nord sottrae ogni anno almeno 50 miliardi alle regioni più produttive del Paese – ma diventa alquanto variegato quando si analizzano i conti delle singole regioni"
"Il vero problema di una classe politica che avesse la volontà di fermare il declino è di convincere l’opinione pubblica che il cambiamento è necessario, perché è l’unica alternativa (…) a un lento e inesorabile arretramento del nostro tenore di vita"
 "L'ostacolo principale alle riforme non è l’opinione pubblica, ma sono gli interessi del ceto che tali riforme dovrebbe mettere in atto. È difficile pensare che una classe politica che sull’interposizione pubblica ha fondato il proprio potere decida improvvisamente di restituirci un po’ di libertà"

L'analisi finale, quando si viene al campo delle opinioni sul futuro, lascia il campo a due scenari, su un possibile miglioramento collegato all'introduzione del "federalismo fiscale".
Del secondo, in cui si lascia qualche scampolo alla speranza, pare Ricolfi si sia pentito nella successiva edizione del libro.

Quanto ad un giudizio sulle cause e di merito, sugli squilibri territoriali che descrive, il libro ne è programmaticamente e dichiaratamente privo.

E' la quarta di copertina a porre la domanda. Sono giusti ed accettabili?
La mia opinione è che, anche in presenza di un vincoli di comunanza molto forte, un trasferimento di ricchezza senza limiti temporali diventa difficilmente accettabili e foriero di conseguenze anche catastrofiche.
In primo luogo ciò che emerge dall'analisi è che il parassitismo oltre un certo limite ed in tempo di vacche magre finisce per uccidere anche la gallina dalle uova d'oro. Ricolfi  cita Pareto: “la spoliazione non incontra spesso una resistenza molto efficace da parte degli spogliati: ciò che finisce talvolta per arrestarla è la distruzione di ricchezza che ne consegue e che può portare la rovina del Paese”. 
C'è però, a mio avviso, anche un altro effetto deteriore, che evidenzio con (necessarie) infinite semplificazioni e trascuratezza di cause e complessità di una situazione che è "la questione italiana".
Se ho un fratello che non ha lavoro, certo lo mantengo finchè si tira su. Potrei anche farlo per tutta la vita, se non riesce e forse anche, in virtù di affetto e della forza del vincolo, anche se se ne frega e non si dà da fare per uscirne da solo.
Se scende la forza del vincolo le cose cambiano. Con un vicino in difficoltà, che magari non mi sta nemmeno simpatico, posso accettare di mettere mano al portafoglio ed aiutarlo finchè non ce la fa da solo. Ma certo se dopo un po' vedo che gli basta sopravvivere con i miei aiuti, e non di dà da fare, vorrei smettere di aiutarlo. E magari litighiamo.
Settantanni di sussidi non hanno consentito al Sud di migliorare la propria condizione relativa e di diminuire la propria dipendenza dai trasferimenti di ricchezza dal Nord. In presenza di una vincolo di comunanza già labile in partenza questo rende sempre più difficilmente accettabile la sua continuazione senza un progetto, un termine.
E rischia di finire per lacerarlo, quel vincolo, di distruggerlo.