sabato 24 agosto 2024

Cjasut dal Scior

Un anno fa ho scoperto questo magnifico ricovero allestito pochi metri sotto la cima del monte Vualt, in una rotta ben poco frequentata, e l'ho individuato come meta ideale per realizzare un vecchio desiderio, passare una notte in bivacco.

Le congiunzioni astrali e metereologiche individuano una notte tra venerdì e sabato, partiamo quindi dopo pranzo per portarci alla base, nel parcheggio di Dordolla. 

La salita appare più ardua di quanto ricordavo, lo zaino pesa e mi faccio aiutare dai ragazzi. Ridendo e scherzando dobbiamo fare 1100 metri di dislivello; oltre allo zaino mi pesa il timore di trovare occupato (con il senno di poi sarebbe stato più prudente anticipare la partenza alla mattina, per prevenire il rischio).

In realtà l'ascesa e piacevole e quasi completamente immersa nel bosco, tempo 3 ore e mezza giungiamo all'agognato ricovero, non c'è nessuno!

Poco dopo l'arrivo e la sistemazione incontriamo un altro gruppetto di persone venute a vedere il tramonto sulla cima, condividiamo un po' di salame mentre di prepariamo per la cena.

Siamo attrezzati con le torce, ma il Cjasut oltre che fornito di tutto punto è dotato di pannelli solari e batteria, che forniscono illuminazione sia all'interno che all'esterno: quel po' di magia che tolgono lo restituiscono in comodità.

Il lungo imbrunire lascia il posto ad un'oscurità interrotta da un tappetto di stelle, che è facile rimirare da lassù.

Ci aspetta una notte nel letto a castello, fatico a prendere sonno per gli effetti dell'acido lattico, la sveglia è puntata alle 5.45 per consentirci di vedere l'alba dalla cima del Vualt. Purtroppo la vicina Creta dai rusei ci fa ombra, aspettiamo quasi un'ora che il sole faccia capolino.

Una buona colazione, rassettiamo tutto e partiamo per completare il percorso ad anello. Una comoda, discesa, è tutto un altro andare, verso il Casermone di Vualt e poi il rifugio, da cui parte un sentiero che risaliamo per lasciare la val Alba e tornare in val d'Aupa. Comunque tre ore di discesa, prima della doverosa sosta al bar di Dordolla.

Bella esperienza!
















sabato 3 agosto 2024

Monte Crostis da Givigliana

Della serie "non posso arrivare a 50 anni senza...", non ero mai stato sul Crostis.

Molto male, per uno nato a Comeglians.

I soliti incastri saltano, parto da solo. Macchina sotto il campanile di Givigliana (in ristrutturazione, te pareva) e via.

Solo solo, mi incammino nel bosco e raggiungo in breve la sella Bioichia, a quota 1690. La deviazione verso destra porta su un sentiero erboso molto poco marcato, sulle pendici del Coventas. Come da tradizione mi perdo, continuando in costa sul pendio che a tratti si fa ripido. Ad un certo punto risalgo verso nord e riesco a ricollegarmi (di fatto arrampicandomi) al sentiero che sale dall'agriturismo Chiadinas, raggiungendo in breve la cima assieme a diversi escursionisti provenienti dalla via più facile.

Il panorama e maestoso e ripaga la faticaccia (alla fine oltre 1100 di dislivello con l'aggiunta dei saliscendi). 

Di fronte il Coglians troneggia maestoso, si vede minuscolo il Marinelli alle sue falde


Poco discosto il Monte Volaia ammira la bellezza nascosta del suo laghetto.

Ad Ovest Sappada e la sua conca godono di un timido sole.

A sud il Talm sorveglia la val Tagliamento, di cui si intravvede uno scorcio.



Dopo un rapido pranzo e la consueta nostalgia che mi prende della cima che sto per lasciare, mi incammino scegliendo di tornare sul medesimo percorso. Partendo dal sentiero che parte dalla cima non mi perderò.... tze.
Di nuovo mi ritrovo sul pendio erboso, che decido di scendere nella speranza di incontrare il sentiero più in basso. Rimango un bel po' indeciso sul da farsi, sinchè decido di procedere orizzontalmente in quota sino al punto in cui il sentiero  dovrò incontrarlo per forza... e infatti.

La discesa ridiventa agevole nel bosco, ma è lunga e quanto. Ormai quasi arrivato al paese anche il ginocchio si fa sentire, fa un male cane se non scendo lateralmente.
Vera bellezza, me la sono meritata, questa volta.


Carta tabacco 01, sentiero 151, dislivello 1100, H min 1.100 max 2250 ascesa 3 h, discesa 2,5.












lunedì 22 luglio 2024

Me and Bobby McGee

Ci sono diverse canzoni che ho talmente spesso ascoltato, in certi periodi, da rendere le loro note indissolubilmente legate al ricordo di quel periodo.
Così certi brani di Phil Collins mi rievocano le prime traduzioni dal latino; gli Everly Brothers l'estate della maturità; Certe notti l'esame di  privato, i Verve la tesi di laurea; Sunrise il viaggio in America, Waka waka quell'estate...e via andare.
Ma forse nessuna, nessuna mi resterà impressa come questo pezzo di Janis, che nelle settimane precedenti l'esame ho ascoltato decine di volte, quando cercavo le forze per riprendere in mano i libri, quando riempivo i fogli degli argomenti da sapere, quando mi alzavo dalla sedia per ripetere.
E la sera prima, prima di addormentarmi, la mattina nella camminata verso la sede, e poi dopo, quando tutto era finito e mi sentivo più "leggero" che nella canzone di Liga.
Freedom is just another word /
to say nothing to lose.
E stata dura, e ancor oggi sono queste note a ricordardarmelo con un'emozione che ogni volta si rinnova.

sabato 25 maggio 2024

Crete dai Cronz

Partenza con le migliori intenzioni, il tempo è bello e la strada non è eccessivamente dura, ma ai piedi dell'ultimo tratto mi trovo solo.
Ok, ci vado da solo, a vedere la vera bellezza, ci troviamo alla Malga Glazzat (splendido panorama al ristoro agrituristico).


Dal cuore della gente alla leggenda del calcio

 Il mister Ranieri, compiuta l'ennesima impresa, annuncia che il cerchio si è chiuso e che non allenerà più.


Che uomo, che persona, che allenatore.

La stima per lui è antica quanto la sua carriera, quarantanni senza una parola fuori posto e la capacità di tirare fuori il meglio da squadre raramente eccelse.

La grande ammirazione, divenuta tifo ad personam, risale alla grande impresa del suo Leicester, una delle più belle favole sportive di sempre.

Nè posso dimenticare che, ottenuta una promozione insperata in pieno recupero, il suo pensiero fu zittire i cori di scherno agli avversari dei suoi tifosi, che ad un suo cenno li abbandonarono.

Mister Claudio lascia una città ed una tifoseria colme di gratitudine, chiudendo come in un'altra favola un cerchio lì iniziato, ed un mondo del calcio che lo stima con l'omaggio che il vizio rende alla virtù. 

Merce rara, un signore di tanta fatta. Ancor di più, se capace di vincere una Premier League con una squadra accreditata per la retrocessione.

Narreranno un giorno del grande mister dal sorriso gioviale e dalla capacità di aggiustare le situazioni più complicate: caro Mister, sei una leggenda.




domenica 17 marzo 2024

La guerra dei trent'anni

 di Filippo Facci

Lettura non semplice, quasi 770 pagine, un concentrato di fatti che Facci tiene a ricordare e catalogare in una cronaca giornaliera incentrata sul periodo dall'arresto di Mario Chiesa alla caduta di Berlusconi.

Trattandosi del "Dipietrologo" per eccellenza la parte iniziale in realtà spazia nel periodo precedente, in cui il non ancora famoso magistrato molisano non disdegnava compagnie e favori del tipo che ad altri fece poi pagare ben caramente.

Inframezzati da ricordi personali e da talune viste con il senno del poi, soprattutto esiti giudiziari e giudizi dei protagonisti rilasciati a mente fredda, sono soprattutto le forzature delle regole e l'enormità di certi errori giudiziari ad essere protagonisti di una rassegna in cui Facci ha voluto compendiare un considerevole lavoro di archiviazione, ragguardevole anche per un cronista di uno stampo che forse s'è perso.

L'opinione dell'autore non è certo un mistero, in decine di occasioni i fatti gli permettono di ricordarla, in particolare ove individua l'autentico motore di Mani Pulite nell'utilizzo della carcerazione per ottenere confessioni e chiamate in correità, meglio ancora nelle condizioni che reso possibile l'abuso che esso configurò.

Alcuni passaggi (arresti sulla base di confessioni rilasciate dopo ad esempio) non mancano di destare impressione, mentre le pagine più corrosive sono riservate (oltre che a uno Scalfaro dileggiato come nessuno) ai colleghi "fiancheggiatori".

Utile è rivivere in chiave diversa momenti che all'epoca videro anche noi con la maggioranza che credeva di assistere ad una rivoluzione, che poi fu rivoluzione mancata, della quale financo i più colti dei protagonisti ebbero poi modo di "scusarsi" (leggi gli amari giudizi ex post di Borrelli e Colombo).

L'aspetto forse più interessante, che emerge nelle pagine finali ove la cronaca lascia spazio (anche) ad un tentativo di giudizio complessivo, è l'individuazione (interpretazione condivisa dai magistrati) della fine del consenso all'inchiesta quando dal "crucifige" rivolto ai potenti, ai grandi leader politici, essa si volse alle illegalità più diffuse, alle quali non era estranea larga fetta di quella "società civile" che si era creduta "il lato buono" del sistema. Il legame della corruzione all'evasione fiscale, e quanto quest'ultima sia consustanziale a molti dei mali del nostro paese, alla sua ritenute irriformabilità, è oggetto di una delle pagine più lucide, che merita senz'altro di essere rimeditata.

Il giudizio spazia poi inevitabilmente sul ruolo della magistratura come vero problema nazionale, e qui l'opinione può essere discusso ma trova a mio avviso ben validi appigli.

La base di ogni corruzione resta l'evasione fiscale, e Mani Pulite non ha portato a nuovi codici o moralità condivise; anzi, fu proprio il timore che l'inchiesta giungesse a lambire il "nero di sopravvivenza" che nel 1994 spense ogni fuoco rivoluzionario e riaccese quel diritto di insubordinazione allo Stato (e dello Stato fa parte la magistratura) che gli italiani si portano dietro da sempre. Ora come allora, nessuno si indigna per gli evasori fiscali, a meno che non siano di ricchezza esuberante e perciò soggetti a invidia sociale. Nessuno associa gli evasori a un danno anche per se stesso, Nessuno pensa che un sacco di gente fruisce di servizi che non ha contribuito a pagare. nessuno collega l'evasione al debito pubblico che durante la "rivoluzione" fu messo in conto ai soli partiti. Nessuno soprattutto, si illude che gli evasori abbiano una connotazione politica. Il discorso non è quello dei nullatenenti con lo yacht, o del popolo che paga in nero - si è scoperto- anche le bare. In Italia persiste una mentalità pre-civile che vede in ogni tassazione quel genere di prevaricazione indebita che per secoli appartenne al gabelliere straniero, come se fossimo ancor nel 1860 e tuttora reduci dalle occupazioni di arabi, austriaci, francesi o spagnoli.



venerdì 23 febbraio 2024

Anna Karenina

 di Lev Tolstoj

Divento cinquantenne, ho voluto compilare due liste, quella dei libri che mi mancano assolutamente, quella dei libri da rileggere.

La prima ho voluto cominciarla con "Anna Karenina".

Inevitabile il confronto con "Guerra e pace". Tolstoj scrive non dell'inizio del secolo ma della sua contemporaneità. L'epos diventa vita reale, i personaggi non simboleggiano dei tipi di umanità ma sono persone reali, che vivono, desiderano, soffrono e sbagliano. E amano, sì amano.

I fatti piccoli e grandi della vita sono l'occasione, specie per Levin, di porsi le grandi domande, ma si torna poi alle esperienze vere, i balli, la caccia, le corse ed il gioco, e poi l'amicizia, il tradimento, la morte, la vita che nasce, la fede.

La fine tragica di Anna, se non l'avessi saputa in anticipo per via della notorierà della trama, mi avrebbe colto di sorpresa non di meno di quella di Matteo Carati. Se è vita vera, non sempre le cose vanno come si vorrebbe.

Subito transita nella seconda lista. 


Ci ho messo sopra una X

Ho appena disattivato il profilo X.

Non ce l'ho con Elon Musk, o meglio non ho approfondito le sfaccettature di quello che mi sembra il bel disastro che ha combinato.

Ho twittato rare volte, sperimentando il tipo di reazione che caratterizza interazioni di questo tipo: rapida, breve, tagliente, senza replica o quasi.

Non fa per me, la scarsa possibilità di esplorare la complessità di vicende, idee, persone,  di dialogare, di comprendere il punto di vista dell'altro.

Meno ancora mi piace toccare con mano quanta cattiveria, stupidità o ignoranza, al netto dei profili fake e di leoninità da tastiera, si palesi in cosi tante persone (persone?).

Poi magari ci si concentra su una minoranza di reazioni che impressionano negativamente; ma trovare sotto a messaggi di cordoglio per Navalny decine di "E allora Assange?" piuttosto che accuse di nazismo è troppo.

Faranno senza di me, credo non mi rimpiangerà nessuno.

L'onore decente della libertà

Una settimana fa, quando aprendo il cellulare ho appreso la notizia dell'uccisione di Navalny, mi si è gelato il sangue.


Non riesco a ricordare da quanto tempo non ricevevo una notizia così brutta, ho pensato. E anche, che forse i miei stessi pensieri erano quelli di un francese o di un inglese che nel 1935 apprendeva le notizie che venivano dalla Germania.

Dove, dove andremo a finire?

Riusciremo ad arrestare questo piano inclinato di democrature, autocrazie, cancel culture e intolleranza che avvelena il mondo che abbiamo immaginato come desiderabile, e ad un certo punto creduto possibile?

Questo anno che si presenta funesto, ci porterà le sventure che si paventano?

Delle idee e della vita di Aleksej Navalny non so moltissimo (ci ha provato il collaudato mix di propaganda prezzolata e di tifoseria ad infangarne la memoria); ma l'esempio che ha dato e che mirabilmente ha descritto Adriano Sofri è quanto di più alto si possa immaginare, il sacrificio della vita per non rinunciare alla propria libertà.

Era un uomo come me, praticamente un mio coetaneo. 

La sua morte è un'atroce delusione quanto il coraggio che ha dimostrato e incarnato è speranza.

"Gli rende onore chi ancora sa che cosa sia l’onore decente della libertà"

domenica 11 febbraio 2024

Martin Eden

 di Jack London


O Martin, Martin!

Quanto ti ho sentito vicino, come i protagonisti dei più bei romanzi, come  Juri, David, Giorgio... la grandezza dei migliori narratori è in questo, nel farti partecipare a vicende lontane, di persone diverse da te nel tempo e nel modo d'essere, come fossero tue

Romanzo complicato da comprendere appieno, con i suoi molti riferimenti alle discussioni e alle tematiche culturali e politiche contemporanee alla sua scrittura, forse anche nei suoi tratti autobiografici.

Lo sforzo di Martin per elevarsi culturalmente, per rendersi degno dell'amore di Ruth, dopo i più duri sacrifici e la delusione dell'abbandono ha l'effetto di formare una persona che è diversa nei modi e nelle conoscenze, ma non nell'animo.

Quando arriva il successo, tanto cercato non in sè ma come mezzo per dimostrarsi all'altezza di lei, si dimostra inutile perchè la adamantina sincerità di Martin gli impedisce di accettare la considerazione che deriva non dal suo valore, che era lo stesso quando faceva, reietto, la fama, ma dagli inopinati esiti di una industria culturale verso cui la critica di London è feroce. 

Quando capisce che il risultato di tanta fatica è stato allontanarsi dall'autenticità di persone come Lizzie, della sua stessa classe sociale (cui però non può più tornare), di non essere apprezzato come Martin ma come l'autore di fama, il senso di inutilità è più forte di ogni resistenza.
Questo solo capì. Di essere caduto nella tenebra. E nell'istante in cui seppe, cessò di sapere