lunedì 22 luglio 2024
Me and Bobby McGee
sabato 25 maggio 2024
Crete dai Cronz
Dal cuore della gente alla leggenda del calcio
Il mister Ranieri, compiuta l'ennesima impresa, annuncia che il cerchio si è chiuso e che non allenerà più.
Che uomo, che persona, che allenatore.
La stima per lui è antica quanto la sua carriera, quarantanni senza una parola fuori posto e la capacità di tirare fuori il meglio da squadre raramente eccelse.
La grande ammirazione, divenuta tifo ad personam, risale alla grande impresa del suo Leicester, una delle più belle favole sportive di sempre.
Nè posso dimenticare che, ottenuta una promozione insperata in pieno recupero, il suo pensiero fu zittire i cori di scherno agli avversari dei suoi tifosi, che ad un suo cenno li abbandonarono.
Mister Claudio lascia una città ed una tifoseria colme di gratitudine, chiudendo come in un'altra favola un cerchio lì iniziato, ed un mondo del calcio che lo stima con l'omaggio che il vizio rende alla virtù.
Merce rara, un signore di tanta fatta. Ancor di più, se capace di vincere una Premier League con una squadra accreditata per la retrocessione.
Narreranno un giorno del grande mister dal sorriso gioviale e dalla capacità di aggiustare le situazioni più complicate: caro Mister, sei una leggenda.
domenica 17 marzo 2024
La guerra dei trent'anni
di Filippo Facci
Lettura non semplice, quasi 770 pagine, un concentrato di fatti che Facci tiene a ricordare e catalogare in una cronaca giornaliera incentrata sul periodo dall'arresto di Mario Chiesa alla caduta di Berlusconi.
Trattandosi del "Dipietrologo" per eccellenza la parte iniziale in realtà spazia nel periodo precedente, in cui il non ancora famoso magistrato molisano non disdegnava compagnie e favori del tipo che ad altri fece poi pagare ben caramente.
Inframezzati da ricordi personali e da talune viste con il senno del poi, soprattutto esiti giudiziari e giudizi dei protagonisti rilasciati a mente fredda, sono soprattutto le forzature delle regole e l'enormità di certi errori giudiziari ad essere protagonisti di una rassegna in cui Facci ha voluto compendiare un considerevole lavoro di archiviazione, ragguardevole anche per un cronista di uno stampo che forse s'è perso.
L'opinione dell'autore non è certo un mistero, in decine di occasioni i fatti gli permettono di ricordarla, in particolare ove individua l'autentico motore di Mani Pulite nell'utilizzo della carcerazione per ottenere confessioni e chiamate in correità, meglio ancora nelle condizioni che reso possibile l'abuso che esso configurò.
Alcuni passaggi (arresti sulla base di confessioni rilasciate dopo ad esempio) non mancano di destare impressione, mentre le pagine più corrosive sono riservate (oltre che a uno Scalfaro dileggiato come nessuno) ai colleghi "fiancheggiatori".
Utile è rivivere in chiave diversa momenti che all'epoca videro anche noi con la maggioranza che credeva di assistere ad una rivoluzione, che poi fu rivoluzione mancata, della quale financo i più colti dei protagonisti ebbero poi modo di "scusarsi" (leggi gli amari giudizi ex post di Borrelli e Colombo).
L'aspetto forse più interessante, che emerge nelle pagine finali ove la cronaca lascia spazio (anche) ad un tentativo di giudizio complessivo, è l'individuazione (interpretazione condivisa dai magistrati) della fine del consenso all'inchiesta quando dal "crucifige" rivolto ai potenti, ai grandi leader politici, essa si volse alle illegalità più diffuse, alle quali non era estranea larga fetta di quella "società civile" che si era creduta "il lato buono" del sistema. Il legame della corruzione all'evasione fiscale, e quanto quest'ultima sia consustanziale a molti dei mali del nostro paese, alla sua ritenute irriformabilità, è oggetto di una delle pagine più lucide, che merita senz'altro di essere rimeditata.
Il giudizio spazia poi inevitabilmente sul ruolo della magistratura come vero problema nazionale, e qui l'opinione può essere discusso ma trova a mio avviso ben validi appigli.
La base di ogni corruzione resta l'evasione fiscale, e Mani Pulite non ha portato a nuovi codici o moralità condivise; anzi, fu proprio il timore che l'inchiesta giungesse a lambire il "nero di sopravvivenza" che nel 1994 spense ogni fuoco rivoluzionario e riaccese quel diritto di insubordinazione allo Stato (e dello Stato fa parte la magistratura) che gli italiani si portano dietro da sempre. Ora come allora, nessuno si indigna per gli evasori fiscali, a meno che non siano di ricchezza esuberante e perciò soggetti a invidia sociale. Nessuno associa gli evasori a un danno anche per se stesso, Nessuno pensa che un sacco di gente fruisce di servizi che non ha contribuito a pagare. nessuno collega l'evasione al debito pubblico che durante la "rivoluzione" fu messo in conto ai soli partiti. Nessuno soprattutto, si illude che gli evasori abbiano una connotazione politica. Il discorso non è quello dei nullatenenti con lo yacht, o del popolo che paga in nero - si è scoperto- anche le bare. In Italia persiste una mentalità pre-civile che vede in ogni tassazione quel genere di prevaricazione indebita che per secoli appartenne al gabelliere straniero, come se fossimo ancor nel 1860 e tuttora reduci dalle occupazioni di arabi, austriaci, francesi o spagnoli.
venerdì 23 febbraio 2024
Anna Karenina
di Lev Tolstoj
Divento cinquantenne, ho voluto compilare due liste, quella dei libri che mi mancano assolutamente, quella dei libri da rileggere.
La prima ho voluto cominciarla con "Anna Karenina".
Inevitabile il confronto con "Guerra e pace". Tolstoj scrive non dell'inizio del secolo ma della sua contemporaneità. L'epos diventa vita reale, i personaggi non simboleggiano dei tipi di umanità ma sono persone reali, che vivono, desiderano, soffrono e sbagliano. E amano, sì amano.
I fatti piccoli e grandi della vita sono l'occasione, specie per Levin, di porsi le grandi domande, ma si torna poi alle esperienze vere, i balli, la caccia, le corse ed il gioco, e poi l'amicizia, il tradimento, la morte, la vita che nasce, la fede.
La fine tragica di Anna, se non l'avessi saputa in anticipo per via della notorierà della trama, mi avrebbe colto di sorpresa non di meno di quella di Matteo Carati. Se è vita vera, non sempre le cose vanno come si vorrebbe.
Subito transita nella seconda lista.
Ci ho messo sopra una X
Ho appena disattivato il profilo X.
Non ce l'ho con Elon Musk, o meglio non ho approfondito le sfaccettature di quello che mi sembra il bel disastro che ha combinato.
Ho twittato rare volte, sperimentando il tipo di reazione che caratterizza interazioni di questo tipo: rapida, breve, tagliente, senza replica o quasi.
Non fa per me, la scarsa possibilità di esplorare la complessità di vicende, idee, persone, di dialogare, di comprendere il punto di vista dell'altro.
Meno ancora mi piace toccare con mano quanta cattiveria, stupidità o ignoranza, al netto dei profili fake e di leoninità da tastiera, si palesi in cosi tante persone (persone?).
Poi magari ci si concentra su una minoranza di reazioni che impressionano negativamente; ma trovare sotto a messaggi di cordoglio per Navalny decine di "E allora Assange?" piuttosto che accuse di nazismo è troppo.
Faranno senza di me, credo non mi rimpiangerà nessuno.
L'onore decente della libertà
Una settimana fa, quando aprendo il cellulare ho appreso la notizia dell'uccisione di Navalny, mi si è gelato il sangue.
Non riesco a ricordare da quanto tempo non ricevevo una notizia così brutta, ho pensato. E anche, che forse i miei stessi pensieri erano quelli di un francese o di un inglese che nel 1935 apprendeva le notizie che venivano dalla Germania.
Dove, dove andremo a finire?
Riusciremo ad arrestare questo piano inclinato di democrature, autocrazie, cancel culture e intolleranza che avvelena il mondo che abbiamo immaginato come desiderabile, e ad un certo punto creduto possibile?
Questo anno che si presenta funesto, ci porterà le sventure che si paventano?
Delle idee e della vita di Aleksej Navalny non so moltissimo (ci ha provato il collaudato mix di propaganda prezzolata e di tifoseria ad infangarne la memoria); ma l'esempio che ha dato e che mirabilmente ha descritto Adriano Sofri è quanto di più alto si possa immaginare, il sacrificio della vita per non rinunciare alla propria libertà.
Era un uomo come me, praticamente un mio coetaneo.
La sua morte è un'atroce delusione quanto il coraggio che ha dimostrato e incarnato è speranza.
"Gli rende onore chi ancora sa che cosa sia l’onore decente della libertà"
domenica 11 febbraio 2024
Martin Eden
di Jack London
O Martin, Martin!
Quanto ti ho sentito vicino, come i protagonisti dei più bei romanzi, come Juri, David, Giorgio... la grandezza dei migliori narratori è in questo, nel farti partecipare a vicende lontane, di persone diverse da te nel tempo e nel modo d'essere, come fossero tue
Romanzo complicato da comprendere appieno, con i suoi molti riferimenti alle discussioni e alle tematiche culturali e politiche contemporanee alla sua scrittura, forse anche nei suoi tratti autobiografici.
Lo sforzo di Martin per elevarsi culturalmente, per rendersi degno dell'amore di Ruth, dopo i più duri sacrifici e la delusione dell'abbandono ha l'effetto di formare una persona che è diversa nei modi e nelle conoscenze, ma non nell'animo.
Quando arriva il successo, tanto cercato non in sè ma come mezzo per dimostrarsi all'altezza di lei, si dimostra inutile perchè la adamantina sincerità di Martin gli impedisce di accettare la considerazione che deriva non dal suo valore, che era lo stesso quando faceva, reietto, la fama, ma dagli inopinati esiti di una industria culturale verso cui la critica di London è feroce.
Quando capisce che il risultato di tanta fatica è stato allontanarsi dall'autenticità di persone come Lizzie, della sua stessa classe sociale (cui però non può più tornare), di non essere apprezzato come Martin ma come l'autore di fama, il senso di inutilità è più forte di ogni resistenza.
Questo solo capì. Di essere caduto nella tenebra. E nell'istante in cui seppe, cessò di sapere