mercoledì 31 agosto 2016

Parce sepultis (vivisque).

Al solito lucidissimo e non prono al conformismo Carlo Nordio, una delle menti migliori d'Italia.

Nel tutto sommato composto atteggiarsi dei più nel dopo terremoto non manca di stonare l'immediata apertura di indagini giudiziarie dal finale già scritto da taluni media.

Il giudice veneziano mi risparmia la fatica di trovare le parole, le sue le condivido una a una.
La ragione più forte della "tentazione di veicolare il dolore e la rabbia verso persone e istituzioni" 


«Dopo il terremoto - dice Carlo Nordio - si è scatenata una corsa spasmodica alla ricerca del colpevole, si additano presunti responsabili di qua e di là, ma questo meccanismo mi lascia perplesso. Mi pare che la società contemporanea, laicizzata, cerchi il capro espiatorio per superare tragedie che altrimenti sarebbero insuperabili, con il loro carico di morte e di dolore»

«Non sono nato ieri e faccio di mestiere il pubblico ministero, ma segnalo un modo di ragionare che secondo me è distorto. Si parte in automatico alla ricerca del colpevole e, siccome siamo in Italia e tutto viene giurisdizionalizzato, il colpevole diventa imputato a furor di popolo e va alla sbarra. Mi pare che in questi giorni si stia assistendo allo stesso fenomeno»

«No, dobbiamo perseguire la tangente, il falso, l'abuso, ma il disastro colposo non ammette scorciatoie. E poi dobbiamo metterci in testa che nel codice penale non esiste l'imponderabile, anche se nel nostro Paese sono stati processati perfino i professori che non avevano previsto, poveretti, il terremoto dell'Aquila».

Sul solco medesimo, per una volta condivisibile, Sallusti

Il tuttologo a chiamata, presidente a chiamata  non manca di manifestare al solito intelligenza e correttezza, ma al servizio di un interventismo comodo soprattutto alla politica della "generazione di fenomeni".
Si ha l'impressione che la differenza da Nordio la faccia il quarto di secolo di differenza anagrafica. Chissà se nel 2040 Cantone ci crederà altrettanto.

giovedì 25 agosto 2016

Forza azzurri, però...

Olimpiade vissuta intensamente davanti alla TV, pronti a tifare per gli sconosciuti beniamini azzurri.
Onestamente le gare cui tenevo di più hanno lasciato in bocca l'amaro della delusione.
Atroce quella del prode e grandissimo Nibali, titanico anche nella malasorte che l'ha privato di una vittoria degna delle imprese eroiche del grande ciclismo.

Fortissima quella dell'Italvolley, arrivato ancora ad un centimetro dalla vera (e meritata) gloria.

Bravi sì i nostri cecchini, i forti schermidori, i duri lottatori.
Ma negli sport che danno le maggiori emozioni (con forse l'eccezione di Viviani e Paltrinieri) siamo forse mancati.
Bravi tutti, ma...

sabato 30 luglio 2016

Fiumi di parole...

Da alcuni giorni mancano, per fortuna, notizie di nuovi attacchi la cui frequenza rischiava di diventare una abitudine quotidiana.
Tacciono purtroppo anche voci intelligenti in grado di spiegare, distinguere, far comprendere, per lasciare posto a slogan, hastag e trend di varia caratura ma di eguale inutilità, a formulette semplificatorie buone solo per fortificare le opinioni delle opposte tifoserie del pensiero massificato.
Siamo in guerra!
Mi può star bene la capacità della parola di risvegliare le coscienze, ma la domanda che subito farei a chi la pronuncia è: e allora che si fa?
Sospetto e temo che la risposta più sincera potrebbe essere: "facciamoci portare un altro caffè! Corretto al sambuco, grazie".

Azioni terroristiche commesse da pochi uomini pronti a tutti e votati alla morte, soprattutto decisi a uccidere quanti più "nemici" possibile come unico scopo, insanguinano l'Europa. Sono commesse in nome di una religione e per deliberato odio verso la civiltà cui apparteniamo, da persone che vi sono nate. Colpiscono obbiettivi impossibili da difendere, danno un folle "senso" alla vita di disadattati ed esclusi pronti all'estremo sacrificio come momento che riscatta un'esistenza.

Che si fa?

L'impressione sommessa è che per una volta l'operato di chi ci dirige sappia essere più capace di individuare risposte di quanto viene non solo dalla pancia dell'opinione pubblica, ma anche da un ceto intellettuale mai come ora incapace di dipanare la complessità che è la cifra di questa situazione.

Sconfiggere sul loro territorio le milizie dello stato islamico
La risposta militare è in corso, a quanto apprendiamo non senza risultati, con l'avanzata in Siria ed Iraq.
Arrestare i terroristi e prevenire gli attentati
La risposta in termini di ordine pubblico è per forza di cose affidata all'attenzione degli apparati di sicurezza cui dovremo riconoscere mezzi, fiducia, pazienza nel subire piccole limitazioni nella nostra libertà ed abitudini, e anche la possibilità di sbagliare.

Includere, non respingere, i mussulmani d'Europa
Bisogna dar forza alle componenti pacifiche, con politiche concrete che non regalino alla propaganda estremista la maggioranza silenziosa. Sì alle moschee, via gli imam che incitano all'odio e che sono sono arrivati  qua, con i soldi dei paesi finanziatori dei tagliagole, per predicare negli unici luoghi di preghiera consentiti dall'attuale miope politica. Senza pretendere che ad ogni sparo di un islamico milioni scendano in piazza per scusarsi, dialoghiamo con chi è disposto a convivere in pace. 

Non umiliare, ma avvicinare le potenze regionali.
Arroganti illusioni postcoloniali sembrano alimentare la politica estera di alcune delle decadenti "potenze" europee. A Paesi con storia più antica della nostra, abituati per secoli a vedere l'Europa come terra di barbarie, non ci si può accostare con il piglio di chi si pretende portatore una civiltà ed istituzioni superiori (in taluni casi, ormai di dubbia desiderabilità), nè con l'atteggiamento di chi impone la propria legge in nome di una superiore moralità (del tutto dubbia anch'essa). Senza recedere dai principi, con paesi come Russia e Turchia si deve dialogare per portarli dalla parte nostra, come ha fatto l'amministrazione Obama chiudendo lo storico accordo con l'Iran.  Diventa sinistra la sagoma di un Trump, in tempi in cui ci sono già in giro un Putin ed un Erdogan.

Puntare tutto sul nostro way of life.
Lo confermano la dolce vita dei giovani iraniani ed i tragici contrasti fra le ragazze occidentalizzate e le loro famiglie tradizionaliste: è più forte l'appeal della vita, della libertà, di ogni costrizione imposta contro la natura umana. Dobbiamo attendere che trionfi anche in quei paesi ed in quelle famiglie, non imposta ma conquistata da loro, il desiderio di un rossetto e di una minigonna. E aiutarli in questo (vedi il punto precedente).

Non cedere alla paura
Guai a rinunciare a noi stessi, alla voglia di viaggiare, incontrarsi, cenare fuori, leggere una vignetta. Non diamogliela vinta a quelle canaglie. Questa è più facile, nessuno qui è pronto a rinunce personali. 

Le virtù che ci servono come il pane (oltre che dei leader all'altezza) sono più d'una.
Sopra tutte la pazienza, nel senso di capacità di sopportare le inevitabili perdite di una lotta che si protrarrà purtroppo a lungo. 
Tanta, tanta intelligenza.
E la forza straordinaria di cercare nell'altro quello che ci accomuna a lui.

domenica 24 luglio 2016

Scritto appena ieri

Se è vero che in ogni società le idee dominanti sono le idee della classe dominante, in Italia, in presenza di una borghesia sempre più sterile di idee, sembra ormai raggiunto il punto in cui semplicemente è la corruzione della classe dominante ad essere diventata corruzione generale. E così, siamo prossimi al giorno in cui il conformismo borghese ed il conformismo proletario avranno portato a compimento il loro processo di fusione in un unico, informe, straripante conformismo plebeo.
Alberto Aquarone, Alla ricerca dell'Italia liberale, 1972.

sabato 2 luglio 2016

Unità nazionale

E' il 2 luglio, sono le 18, attendiamo la partita, è un raro momento di unità nazionale.
Le partite della nazionale sono l'unico momento in cui ci sentiamo tutti (Marco Travaglio a parte) una cosa sola.
Se si vince.
Volevo che tu imparassi una cosa: volevo che tu vedessi che cosa è il vero coraggio, tu che credi che sia rappresentato da un uomo col fucile in mano. Aver coraggio significa sapere di essere sconfitti prima ancora di cominciare, e cominciare egualmente e arrivare sino in fondo, qualsiasi cosa succeda. È raro vincere, in questi casi, ma qualche volta succede. (Il buio oltre la siepe - Harper Lee)

domenica 29 maggio 2016

Nuovi eroi

Lo hanno scomodato per decidere se Nibali è meglio di lui.

Lasciate stare Marco Pantani, il posto che ha nel cuore dei tifosi nessuno potrà prenderlo mai, e quello non si misura con i titoli vinti.

Ma la grande impresa di Vincenzo Nibali di ieri, che si innesta di diritto fra le pagine eroiche di questo sport unico, per qualche vecchio appassionato della domenica come me ha rinverdito emozioni antiche, le stesse che Marco ha tante volte suscitato.

Dopo tanti anni mi sono alzato dalla sedia stringendo i pugni per accompagnare uno scatto: dai!, dai!

E' vero, la dea bendata che mai aveva mosso un dito per Marco, questa volta ha aiutato l'audace.

Che però è campione vero, campione unico nella capacità di reagire ai momenti difficili.

Viva Nibali, nuovo eroe.  


sabato 21 maggio 2016

Con un canestro di parole nuove, calpestare nuove aiuole

Ho letto e ascoltato molto, negli ultimi due giorni.
Ho ascoltato Emma disperata prefigurare il futuro di mancanza. Bertinotti non trovare le parole, e poi rendere un commosso e fraterno ringraziamento, Ferrara mostrare persino sincerità nel dispiacere.
Decine di persone ricordare con gratitudine un rapporto che oltre a personale era anche politico, oltre a politico era anche personale.
Ho letto l'affettuoso resoconto che ha fatto Mimum degli ultimi mesi, la fantastica prosa di Merlo indulgere sui ricordi personali, Rutelli provare a razionalizzare le tre rivoluzioni, Scalfari impegnare addirittura un "caro"(prima di cedere alla solita autoreferenzialità), Sofri tutta la sua intelligenza. Feltri riconoscerlo come il migliore, Folli marcare la differenza con l'antipolitica.
Nel ricordo di Marco Pannella si sono esercitati tutti, chi con il mestiere, molti con intelligenza, tanti con il cuore.
Alcuni ricordi si trovano qui
Difficile aggiungere altro, ma ognuno ha il suo ricordo.

Ci mancherai, Giacinto Pannella detto Marco. Mancherai alle persone di questo paese cui hai regalato smisurata intelligenza e l'impegno generoso e totalizzante di una vita, ottenendone in cambio più spesso meri riconoscimenti verbali, quando non scherno e sufficienza,  invece di quello che chiedevi: voti e risorse per nuove battaglie.
Ora il tributo alla tua grandezza è generale quant'altro mai, fors'anche sincero (per Spadaccia non è ipocrisia, ma l'omaggio che il vizio rende alla virtù). Un riconoscimento che hai certo prefigurato e avresti forse gradito, in cui ciascuno richiama uno o più aspetti della tua parabola, quelli caratterizzanti un rapporto che per tutti, anche chi non ti ha conosciuto, è stato non meno personale che politico.
Quando ero bambino, ti ho conosciuto sentendo mio nonno appellarti come un "pupinat" (forse assistendo incredulo ad un digiuno). Il "pupinat" è una specie di bellimbusto che spreca una sacco di parole invece di dedicarsi alle cose concrete della vita, in primis al lavoro. Era troppa quarantanni fa, perchè tu potessi essere compreso, la differenza antropologica fra l'uomo che tu incarnavi e prefiguravi e la generazione che aveva fatto la guerra: troppa finchè le persone non si scontravano singolarmente con i problemi di cui tu parlavi e ti occupavi, avendo inteso per primo che i temi sociali erano questioni non solo politiche ma addirittura di classe.
Qualche anno dopo, quasi ventenne, assieme a mio padre mi imbattei in un tuo comizio in piazza XX settembre. Rimasi impressionato immediatamente da una presenza fisica che, di per sè imponente, proiettava una personalità capace di riempire da sola la piazza. Ascoltai, per la prima volta, parole come libertà, diritti e responsabilità capaci di sistemarsi e sistematizzarsi in un eloquio che affascinava non meno per la forma che per il contenuto.
Fu inevitabile attrazione a farmi avvicinare alla radio, poi al movimento, in cui ebbi anche una breve parentesi in cui provai a dare corpo a quello che Emma ha definito il tuo più grande insegnamento: pretendere da se stessi quello che si chiede agli altri.
La tua opera ha una ampiezza ed una varietà di sfaccettature che rendono compito improbo tentarne una sintesi. Tuttavia alcuni tratti credo meritino di essere ricordati.
La religione della libertà
Al di là del riferimento crociano da te volutamente cercato, la libertà è certo la parola chiave di un'esperienza politica ma, di più, di una vita. E' interessante rilevare come l'integralità delle conseguenze che ne traevi ti impegnava a dichiararti al tempo stesso liberale, liberista e libertario. La coerenza veniva pagata in termine di solitudine, posto che da noi chi professa posizioni liberiste è agli opposti di chi difende posizioni libertarie.
Il posto nella storia dei laici
Il tuo percorso trae le mosse dall'esperienza universitaria e dalla fondazione del partito radicale nel 1954: nell'ambito quindi del milieu del liberalismo di sinistra, laico, anticlericale e anticomunista che in Italia è sempre stato ultraminoritario, e spesso disperso in mille rivoli e collocazioni, con conseguenze gravi sullo sviluppo civile e morale del Paese. Ti viene rimproverato di non aver preso la guida di questo gruppo facendone una grande forza, preferendo modalità di lotta e di organizzazione divisive, ma non è scontato che i risultati che si potevano ottenere fossero maggiori di quelli poi realizzati.
Le realizzazioni.
Ha riconosciuto giustamente Claudio Martelli nella sua autobiografia che, pur compatito come un lunatico sognatore e velleitario idealista, detieni il record delle realizzazioni, delle battaglie vinte a furor di popolo, di cambiamenti reali nella sfera dei diritti e nell'approccio internazionale ai crimini contro l'umanità e contro la pena di morte. E' così. I diritti civili conquistati con le leggi sul divorzio, sull'aborto, sull'obiezione di coscienza hanno cambiato la vita a migliaia di persone. E c'è all'Aja una Corte penale internazionale, competente per i crimini contro l'umanità la cui istituzione si deve all'azione dell'associazione radicale "Non c'è pace senza giustizia". Volevi consentire alle persone di morire con dignità, impedire l'assassinio di stato, sconfiggere il business della droga delle mafie. Non ti battevi per istituire una detrazione fiscale in più o per fare una variante di una statale, ma per cambiare la vita delle persone ed il corso della storia.
La preveggenza.
E' incredibile verificare come alcune tue intuizioni e battaglie anticipino di venti o trentanni la naturale loro maturazione nel resto della società. I diritti degli omosessuali oggi nessuno li mette in discussione: tu li difendevi negli anni settanta. Le soluzioni antiproibizioniste oggi si impongono nel mondo e persino la Direzione nazionale antimafia le propone in documenti ufficiali: tu ne hai parlato (sempre in termini di riduzione del danno, mai ideologici) già nel 1973. Bisognerebbe interrogarsi se tanta intelligenza delle cose non offra, già oggi, le soluzioni migliori per le battaglie che sono ancora in corso, e per le quali invece dovremo aspettare altri trentanni per vedere riconosciute le buone ragioni
Accanto agli ultimi.
I diritti per i quali ti sei battuto sono quelli degli ultimi, degli esclusi, dei dimenticati, delle persone che talvolta non sanno nemmeno di averli. Hai avuto accanto e scelto come compagni "froci" e pornostar, matti, ex terroristi, drogati, disabili, zingari, vittime della giustizia, malati, carcerati. E quanto ai potenti, come ha osservato ieri Adriano Sofri, sapevano che nell'ora della caduta si sarebbero trovati vicino solo te.
La vita del diritto per il diritto alla vita.
E' singolare che un irregolare come te abbia avuto un rispetto quasi sacro per le regole ed il diritto (motivo tra l'altro dell'incontro con Leonardo Sciascia). Molti dei tuoi digiuni erano finalizzati a pretendere dalle Istituzioni il rispetto di regole che loro stesse si erano date. La vita del diritto, lo stato di diritto le consideravi e difendevi come presidio dei diritti dei singoli. Anche delle istituzioni democratiche e repubblicane hai sempre avuto grande rispetto, combattendo le persone che le rappresentavano in un dato momento per difendere la loro funzione.
Conoscere per deliberare
Questa frase in cui si compendia il funzionamento di una democrazia è nel logo di una delle tue creature, Radio Radicale, unico media in cui è possibile ascoltare integralmente e senza mediazione lavori parlamentari, congressi di partiti, processi, e farsi un'idea con la propria testa. Pensavi che se le cose sono spiegate alle persone, queste prendono la decisione giusta: davi fiducia a tutti noi. Per questo davi così tanta importanza agli spazi televisivi negati, cui attribuivi il motivo del tuo mancato successo elettorale. E la tua ultima grande battaglia, non a caso, è per far diventare il diritto alla conoscenza di cosa fanno i governanti in nostro nome un diritto umano riconosciuto dall'ONU.
L'importanza della parola
Hai scritto pochissimo, parlato ininterottamente. Hai probabilmente il record di durata di un intervento alla camera ai tempi dell'ostruzionismo, hai inventato la maratona oratoria, ovunque andavi prendevi la parola e chi te la toglieva più. I dediti a Radio Radicale come me erano abituati ai tuoi interventi fiume a sorpresa, e soprattutto attendevano la conversazione domenicale con Bordin. Due imperdibili ore nette in cui si partiva dal fatto del giorno e si finiva regolarmente a parlare di quando, nel 1960...  In tv venivi male, Marco: solo nelle due ore domenicali il tuo modo di ragionare "fluviale e addirittura vulcanico", permetteva di comprendere l’unicità, la irripetibilità di un pensiero e di un'azione. E forse è un verso della canzone che ti ha dedicato Francesco De Gregori a descrivere meglio di ogni discorso il tuo percorso: "con un canestro di parole nuove, calpestare nuove aiuole". 
Essere, non avere
Sessantanni in politica, e uscirne molto più povero di quando sei entrato. Per Montanelli "odoravi di bucato". Ma oltre l'onestà, hai avuto la forza di vendere tutto, anche il patrimonio di famiglia, per le tue idee. Te ne vai senza niente, ma con una grande eredità.
Un milione di Pannella
Scrive oggi Laura Cesaretti che a stupire nel leggere i coccodrilli del giorno dopo è la quantità di incontri diversi, su terreni diversi, in occasioni diverse, su campagne diverse che ognuno porta in dote: "sembra che siano esistiti circa un milione di Pannella, da un capo all'altro della politica e della geografia, tenuti insieme da una coerenza dura e brillante come quella delle diverse sfaccettature di un diamante"
Umanesimo e dialogo
L'unico politico che si poteva incontrare per strada, e raccontargli i nostri problemi. Da tutti pretendevi il tu, ed eri capace di ascoltare veramente (nelle pause di quando parlavi tu), stabilendo un rapporto umano. Perchè credevi sopra ogni cosa al dialogo, e chiunque, anche il più reietto o il peggior delinquente, lo ritenevi possibile oggetto di interlocuzione.
Nonviolento
Sei stato un grande innovatore del metodo politico. Molte le novità da te introdotte, basti pensare al referendum e all'ostruzionismo, alle associazioni tematiche. La maggiore però è il ricorso alla nonviolenza gandiana, che ti ha portato ai cento e più digiuni, a mettere in gioco il tuo corpo non per morire ma per vivere. Tema complesso e motivo non ultimo di molte divisioni all'interno del piccolo gruppo di persone che ti è stato accanto, questo. Credo sia importante ricordare che hai parlato di nonviolenza in anni in cui la violenza (rivoluzionaria o meno) era data per scontata nella lotta politica, oltre che ampiamente praticata, contribuendo a redimere una generazione.
Crono e cupio dissolvi
Ti hanno molte volte accusato di "mangiare" le tue creature (politiche) non appena assumevano dimensione tale da poterti infastidire, incapace per narcisismo di dare forma ad una struttura politica che potesse prescindere dalla tua persona. E' vero che non hai avuto (programmaticamente) la capacità di costruire un movimento che acquistasse un consenso stabile e significativo; ma le tue vittorie le hai ottenute con un plebiscito, ed il Partito radicale è l'unico che è sopravvissuto alla prima repubblica, il più antico partito italiano. Alcuni dei presunti mangiati, poi, erano veramente indigesti.
Non era antipolitica
Alle ultime politiche il Movimento cinque stelle ha praticamente realizzato il tuo sogno: una forza antiregime che, senza bisogno di spazi televisivi, conquista un consenso immenso. Ma la differenza immensa che ti separa dall'antipolitica, ricordata anche ieri dai commentatori più accorti, è in una cultura e in un metodo nel quale ci si può sempre ri-conoscere, e nella voglia e capacità di costruire.

Molto altro ho tralasciato: il federalismo europeo, la svolta transnazionale, la polemica contro il pacifismo, le battaglie contro la pena di morte, la giustizia giusta. La disponibilità ad allearti con chiunque condividesse un certo percorso in un dato momento. Spes contra spem e la religiosità contro le gerarchie.
Ma forse bastava mutuare per te, che forse passata l'emozione sarai finalmente riconosciuto come un padre della patria, le parole che Bocca spese per Pasolini: diamogli almeno la stima intellettuale che merita (su diamogliela cuori spugnosi e cervellini esangui), diciamolo che è il migliore di tutti .
Forse la prolissità (prevedibile visto l'argomento) poteva essere sostituita da un epitaffio:

Ci ha lasciato Marco Pannella
maestro di pensiero e di azione
ha speso la sua vita per i diritti degli altri
spargendo il seme della libertà. 

Ciao Marco: parzialissima antologia dei ricordi


Il manifesto politico

Il ricordo di Sofri

Facci: Pannella era un uomo che amava troppo

Omaggio di Ferrara: il colosso che sputava fuoco

Gli ultimi giorni raccontati da Mimum

Il giocoliere della lingua

Il ricordo di Taradash

Bordin su La Nazione

Scalfari: addio caro Marco

Spadaccia commosso

La fantastica prosa di Francesco Merlo

Tutto Pannella sul Foglio

Il maestro di Laura Cesaretti

Il ministro Orlando: lo scomodo necessario

Bordin parla della conversazione

Il ricordo al senato con il bel discorso del Ministro Orlando

Intervista a Caporale

Il comizio a Udine

Le 10 battaglie

Le Frasi

martedì 3 maggio 2016

Non è un film

E' vero, somiglia molto alla sceneggiatura di un film della Disney tipo "Il maggiolino tutto matto". Ma più che un film è una favola il piccolo Leicester che sbanca il campionato più ricco del mondo.

Tutto quello che c'è da dire è in questo editoriale della Gazzetta.
Per il New York Times è la più grande impresa sportiva di tutti i tempi.
Per gli amanti del calcio d'antan uno spiraglio di speranza .
Per i tifosi di tutte le piccole squadre del mondo, è un motivo per crederci.  
Le parole di Ranieri ben spiegano come si tratti di una vittoria il cui significato non può che travalicare quello meramente sportivo: "L'unica dedica che posso fare a tutti quanti è dirgli di crederci, provateci non solo nel calcio ma in tutti i campi della vita"


Leggenda e fidanzata globale, le Foxes hanno compiuto un'impresa che è fatta della stessa sostanza dei sogni.