sabato 30 luglio 2016

Fiumi di parole...

Da alcuni giorni mancano, per fortuna, notizie di nuovi attacchi la cui frequenza rischiava di diventare una abitudine quotidiana.
Tacciono purtroppo anche voci intelligenti in grado di spiegare, distinguere, far comprendere, per lasciare posto a slogan, hastag e trend di varia caratura ma di eguale inutilità, a formulette semplificatorie buone solo per fortificare le opinioni delle opposte tifoserie del pensiero massificato.
Siamo in guerra!
Mi può star bene la capacità della parola di risvegliare le coscienze, ma la domanda che subito farei a chi la pronuncia è: e allora che si fa?
Sospetto e temo che la risposta più sincera potrebbe essere: "facciamoci portare un altro caffè! Corretto al sambuco, grazie".

Azioni terroristiche commesse da pochi uomini pronti a tutti e votati alla morte, soprattutto decisi a uccidere quanti più "nemici" possibile come unico scopo, insanguinano l'Europa. Sono commesse in nome di una religione e per deliberato odio verso la civiltà cui apparteniamo, da persone che vi sono nate. Colpiscono obbiettivi impossibili da difendere, danno un folle "senso" alla vita di disadattati ed esclusi pronti all'estremo sacrificio come momento che riscatta un'esistenza.

Che si fa?

L'impressione sommessa è che per una volta l'operato di chi ci dirige sappia essere più capace di individuare risposte di quanto viene non solo dalla pancia dell'opinione pubblica, ma anche da un ceto intellettuale mai come ora incapace di dipanare la complessità che è la cifra di questa situazione.

Sconfiggere sul loro territorio le milizie dello stato islamico
La risposta militare è in corso, a quanto apprendiamo non senza risultati, con l'avanzata in Siria ed Iraq.
Arrestare i terroristi e prevenire gli attentati
La risposta in termini di ordine pubblico è per forza di cose affidata all'attenzione degli apparati di sicurezza cui dovremo riconoscere mezzi, fiducia, pazienza nel subire piccole limitazioni nella nostra libertà ed abitudini, e anche la possibilità di sbagliare.

Includere, non respingere, i mussulmani d'Europa
Bisogna dar forza alle componenti pacifiche, con politiche concrete che non regalino alla propaganda estremista la maggioranza silenziosa. Sì alle moschee, via gli imam che incitano all'odio e che sono sono arrivati  qua, con i soldi dei paesi finanziatori dei tagliagole, per predicare negli unici luoghi di preghiera consentiti dall'attuale miope politica. Senza pretendere che ad ogni sparo di un islamico milioni scendano in piazza per scusarsi, dialoghiamo con chi è disposto a convivere in pace. 

Non umiliare, ma avvicinare le potenze regionali.
Arroganti illusioni postcoloniali sembrano alimentare la politica estera di alcune delle decadenti "potenze" europee. A Paesi con storia più antica della nostra, abituati per secoli a vedere l'Europa come terra di barbarie, non ci si può accostare con il piglio di chi si pretende portatore una civiltà ed istituzioni superiori (in taluni casi, ormai di dubbia desiderabilità), nè con l'atteggiamento di chi impone la propria legge in nome di una superiore moralità (del tutto dubbia anch'essa). Senza recedere dai principi, con paesi come Russia e Turchia si deve dialogare per portarli dalla parte nostra, come ha fatto l'amministrazione Obama chiudendo lo storico accordo con l'Iran.  Diventa sinistra la sagoma di un Trump, in tempi in cui ci sono già in giro un Putin ed un Erdogan.

Puntare tutto sul nostro way of life.
Lo confermano la dolce vita dei giovani iraniani ed i tragici contrasti fra le ragazze occidentalizzate e le loro famiglie tradizionaliste: è più forte l'appeal della vita, della libertà, di ogni costrizione imposta contro la natura umana. Dobbiamo attendere che trionfi anche in quei paesi ed in quelle famiglie, non imposta ma conquistata da loro, il desiderio di un rossetto e di una minigonna. E aiutarli in questo (vedi il punto precedente).

Non cedere alla paura
Guai a rinunciare a noi stessi, alla voglia di viaggiare, incontrarsi, cenare fuori, leggere una vignetta. Non diamogliela vinta a quelle canaglie. Questa è più facile, nessuno qui è pronto a rinunce personali. 

Le virtù che ci servono come il pane (oltre che dei leader all'altezza) sono più d'una.
Sopra tutte la pazienza, nel senso di capacità di sopportare le inevitabili perdite di una lotta che si protrarrà purtroppo a lungo. 
Tanta, tanta intelligenza.
E la forza straordinaria di cercare nell'altro quello che ci accomuna a lui.

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