domenica 13 agosto 2017

Forca di Lanza

Partiamo con l'obiettivo della cima del Monte Zermula.
L'arrivo a Cason di Lanza in auto da Paularo richiede attenzione, strada ripida e strettissima.
Il passo è un piccolo paradiso stretto tra lo Zermula ed il Col di Lanza, da cui partiamo seguendo la via nomale per il sentiero 442 un po' ripido all'inizio, ma ben segnalato e senza insidie.
In un'ora siamo alla Forca di Lanza, da cui è ampia la visuale su tutto un vasto arco di monti.
A est in lontananza si vedono bene le Giulie, di fronte il Sernio e il Tersadia, a Ovest si distingue bene lo Zoncolan e più oltre il gruppo Volaia-Coglians.
Gli altri propongono di fermarci qui, la cima rimane un rimpianto, ben visibile lassù con la croce e le persone piccolissime.
Ci rivedremo, monte Zermula!















Al ritorno, dopo una pausa caffè al bar-agriturismo, pensiamo bene di prendere un po' di ricotta nella malga. La targa dice "formaggio - ricotta".
Mal ce ne incoglie.
Il malgaro ci respinge con rara maleducazione, inaspettata nonostante in alta quota le pretese sulla cortesia di commercianti-esercenti non siano elevate. Non si capisce perchè la ricotta non sia disponibile, nè perchè lo infastidisca tanto la richiesta, nè perchè ci sia da ironizzare sulla numerosità della famiglia (In vot par cjoli une ricote).
Un vero coglione.
La strada del ritorno la percorriamo per Pontebba. E' più larga ma in condizioni orribili, per via degli alberi in mezzo alla strada, resti della tromba d'aria di giovedì.

lunedì 7 agosto 2017

Monte Matajur da Savogna



Visti i temporali previsti in Carnia, dirottiamo l'escursione sulle Giulie e su un percorso di tutta sicurezza.
Salendo da Savogna arriviamo in macchina al rifugio Pelizzo a quota 1320. Dal parcheggio si vede già la chiesetta sulla sommità del monte.
In un'ora di dolce ascesa su un sentiero asciutto siamo in cima previa deviazione per il Dom na Matajure (aperto).
L'aria che ci accompagna la rende piacevole, in piena battuta di sole che suggerisce grande soddisfazione per la salita fatta anche in diverse stagioni
C'è un po' di gente, ma è bello oltre che prevedibile trovarne così tanta.
Panorama fantastico sulla valle, sulla pianura e, sulla cima, sulle Giulie.
Al ritorno incrociamo i ciclisti che salgono per cimentarsi nel "Matadown", scendendo in mezzora in tempo per gustare il pranzo al rifugio bello pieno.
Escursione facile e alla portata di bimbo e di ottantenne, da ripetere senz'altro.

Carta Tabacco 18, Segnavia Cai 736-750a, Tempo indicativo 1,5 h, Altitudine min 1320, Altitudine max 1640, Dislivello 335

Cazzonismo uguale e contrario

La Mogherini in visita al Parlamento iraniano.
Indossa un velo sui capelli.
Ressa dei deputati per fare un selfie con lei.

Strali dei bacchettoni iraniani: Umiliante resa all'Occidente.
Strali dei bacchettoni italiani: Umiliante sottomissione all'Islam.

Tutto è relativo, ma l'idiozia è universale.

(Il titolo non è mio ma di dagospia).

martedì 1 agosto 2017

Che storia

Quando lo racconto spiazzo un po' tutti: la mia famiglia possiede una piccola chiesa.
A Spigno Monferrato, il paese paterno in provincia di Alessandria che sonnecchia al limitare della Liguria, è ancora ben conservata e consacrata una cappella costruita dai miei nonni come ex voto alla Madonna della Guardia

La sua è una di quelle piccole vicende che, attraversando i grandi eventi, ne costituiscono dimenticata parte integrante. Il vissuto individuale che, secondo Tolstoj, più delle decisioni dei grandi uomini dà forma alla storia, composta anche e soprattutto nelle innumerevoli, oscure e anonime iniziative prese da individui comuni i quali, considerati nel loro insieme, formano quelle grandi masse capaci di imprimere una direzione al percorso della storia umana (...chia).
Certi ricordi rischiano di lasciarci con le persone che più spesso li hanno serbati con pudore e silenzio che condivisi, anche nei racconti ai loro figli o nipoti.
In questo caso qualche brandello di memoria l'ho conservato. Ci sono dei videotape in cui ragazzo intervistavo mia nonna già ultranovantenne, finchè girano i mangiacassette potrei rivederli. 
Potrei, senza certo pretendere di resistere alle più calde delle lacrime.
C'è allora questo libretto, composto da mia sorella in seconda media, che rievoca la storia della cappella, con parole di un'adolescente che ben le restituiscono la dimensione di una favola qual è.
  
E' il 1944. Il Nord è in piena occupazione tedesca. I soldati teutonici sono braccati dall'inesorabile avanzata alleata ed attaccati alle spalle dalle formazioni partigiane, in costante aumento di effettivi. Tra di loro c'è anche mio zio Giovanni, ventenne.

Famiglia di commercianti i miei nonni. Commerciante di legname, carrettiere, poi passato all'autotrasporto su gomma il nonno. Mia nonna lavora in bottega, di proprietà. Negozio, bar, ristorante, albergo, chi aveva un'attività allora faceva di tutto un po'.

La bottega è adiacente alla casa in cui vivono i nonni con i lavoranti.
I soldati irrompono nella notte. Probabilmente in rappresaglia ad incidenti occorsi nei giorni precedenti, si passa alle vie di fatto ed il povero Guglielmo viene ucciso.
La casa è depredata ed incendiata, la famiglia tratta in arresto. Nei tumultuosi momenti il pensiero corre certo alla sorte di Giovanni, mentre il piccolo Piero è in salvo dai nonni materni a Turpino.

La notte passata in carcere trascorre insonne. Il pensiero alla casa distrutta non è nulla di fronte alla concreta prospettiva di una condanna a morte, vividamente rappresentata da un milite: "vi facciamo kaputt!".
Sovviene la fede. In preghiera, i nonni si rivolgono accorati alla Madonna della Guardia venerata nel vicino santuario genovese, chiedendo la grazia della vita, e promettendo in cambio la costruzione di una chiesetta.
L'avvicinarsi del soldato che apre la cella, l'indomani, ha il sapore di una sentenza. Ma è la libertà!
La gioia si mescola alla preoccupazione; se hanno liberato i vecchi, è perchè hanno preso Giovanni: che ne sarà di lui?
Ma anche Giovanni se la cava e torna casa, e la famiglia può festeggiare

Senza badare a spese, e vincendo la resistenza del vescovo di Acqui, la cappella viene costruita e inaugurata, come illustrato dal bollettino "La Madonna della Guardia" di qualche mese dopo, il 29 agosto 1948.

Ogni anno, il 29 agosto, una messa viene celebrata nella piccola cappella.
Vegliata dalla sguardo dei nonni

domenica 30 luglio 2017

Passionacce

Mi sono sempre ritenuto fortunato perchè ho quattro grandi passioni che mi riempiono il tempo libero e la vita.
Il calcio, i libri, la montagna.

sabato 29 luglio 2017

Monte Tersadia da Rivalpo

Escursione stamane, decisa in velocità.
Opto per la salita da Rivalpo, lasciando la macchina qualche centinaio di metri dopo la chiesa di San Martino. Mi fermo al segnale di divieto di accesso, circa a quota mille e proseguo a piedi sulla stretta strada asfaltata. Raggiungo rapidamente casera Valmedan bassa prima e casera Valmedan alta dopo.
La casera è operativa anche per pranzo e pernottamento oltre che per vendita di formaggio di capra e vaccino. Si può arrivare in macchina, sperando di non incontrare nessuno nel senso contrario.
Dalla casera Valmedan alta parte una comoda mulattiera che porta alla vetta del monte Tersadia in circa un'ora e un quarto.
Bisogna fare un po' di attenzione perchè il bivio per la cima si fa cercare, nonostante un segnavia posto su un sasso a terra.
Panorama molto bello  in vetta ed anche lungo tutto il percorso dalla casera.
In cima con una buona giornata si possono vedere, complice il relativo isolamento della montagna, le principali cime delle carniche e delle Giulie, oltre che a valle diversi paesi della Valle d'Incarojo e della valle del But.
Escursione facile e adatta a tutti, opportuno scegliere un giorno con buona visibilità e portare un binocolo

Carta Tabacco 09, Segnavia Cai 409, Tempo indicativo 4h, Altitudine min 1060, Altitudine max 1959, Dilsivello 900

In coda alcune foto di pessima qualità:
Molto più belle quelle di Flavio a questo link:http://flaviomolinaro.blogspot.it/2014/06/monte-tersadia-da-rivalpo.html








lunedì 12 giugno 2017

La cosa in cui sono più cambiato...

... è il rapporto con la verità, la necessità di dirla.
Quando avevo quindici e venti anni, non mi trattenevo, dicevo tutto quello che avevo in mente, convinto che le parole se ben utilizzate erano del pari comprese, e che non c'era ragione che non fosse meglio proporre al confronto, al dialogo.
Ora penso che meno si parla, meglio è.

domenica 11 giugno 2017

Certi diritti

Fra i casi di schizofrenia nazionale, non sono rari quelli che traggono spunto dal travisamento, ignorante o doloso che sia, di alcune pronunce giurisprudenziali. 
Secondo la Cassazione si può picchiare la moglie!
La Suprema Corte: i figli vanno mantenuti fino a quarant'anni!
E via berciando.
Trovandomi professionalmente nell'occasione di leggere sentenze e confrontarle con i commenti che appaiono sulla stampa, ho modo di sperimentare la superficialità e la palese inadeguatezza con la quale ne viene riportato il contenuto, giungendo spesso a fornire al lettore/spettatore un messaggio completamente distorto di quanto è stato effettivamente deciso.
Esempio singolare è la recente sentenza che ha deciso sul ricorso dei legali di Riina contro una ordinanza del Tribunale di sorveglianza che aveva rigettato una istanza di differimento della pena legata alle condizioni di salute. La sentenza ha ravvisato dei vizi di motivazione della sentenza, collegati all'attuale pericolosità del boss in connessione all'attuale stato di salute: il Tribunale dovrà nuovamente decidere, con motivazione più esaustiva.
La sentenza non ha detto che Riina deve essere scarcerato. E probabilmente non verrà scarcerato, dal Tribunale che riaffronterà la questione.
Le reazioni fondate sull'errata percezione di quel che è stato deciso misurano esattamente lo stato del nostro giornalismo, per il quale la caccia ad un titolo scandalistico è premiante rispetto ad un misurato resoconto dei fatti: e rendono l'idea di quale è lo stato del dibattito pubblico del nostro paese.
Tuttavia la questione che emerge maggiormente, nella vicenda, è la reazione all'enunciato della Cassazione così (più o meno correttamente poco importa) sintetizzato: "Anche Riina ha diritto a morire con dignità".
Esso generato variamente sconcerto, rabbia, irritazione. E le vittime della mafia? E i morti ammazzati? E i poveracci a cui nessuno pensa? E Provenzano, è pur morto in carcere, lui.
Nessuno (ma mi sarà sicuramente sfuggito) è arrivato a dirlo chiaramente: "No, lui no. Riina non ha diritto a morire con dignità". La conclusione lineare cui portato i vari dubbi manifestati.
E vabbè, è la parola dignità a portarci fuori strada.
Proviamo a toglierla. 
Ci sono due questioni, entrambe risalgono a cosa vogliamo essere, noi comunità che vive nello stivale nell'anno di grazia 2017. 
La prima è che ci sono degli istituti dell'ordinamento penitenziario, tra cui la sospensione della pena per motivi di salute e la detenzione domiciliare, che hanno dei presupposti individuati dalla legge e dei giudici chiamati ad riscontrarli nel caso concreto. 
Se i presupposti non ci sono ed un giudice motivatamente lo accerta, gli istituti non si possono applicare.
Se i presupposti ci sono ed un giudice motivatamente lo accerta, gli istituti si debbono applicare.
Non si può guardare il nome del reo e decidere se una legge va applicata o meno. La forza della legge è la sua applicazione uguale per tutti, diversamente oltre a togliere la famosa scritta nei tribunali buttiamo a mare lo stato di diritto insieme alla Costituzione.
Questi concetti di disarmante semplicità devono resistere al dolore delle vittime e dei loro congiunti, che va compreso ma non vellicato nei suoi istinti deteriori, perchè una giustizia che non è vendetta è quello che distingue lo Stato da "loro".
La secondo è nel merito. 
Sin qua basterebbe aggiungere un comma alla legge, dicendo che certi istituti non si applicano a certi reati. Molliamo allora il diritto positivo: sono giuste queste leggi? La detenzione finalizzata alla rieducazione, il rispetto come persone dei pluriomicidi e degli stupratori le vogliamo o ce le teniamo perchè il Costituente ce le ha infilate a tradimento nella carta e poi nella legge ordinaria?
Io rispondo sì. Quello che vorrei che fosse, la comunità che vive nello stivale nell'anno di grazia 2017, è un posto in cui c'è posto per l'ascolto dell'altro, in cui nessuno è mai perso, in cui i diritti che sono stabiliti per tutti, valgono anche per i reietti e per quelli che ci ripugnano.
Quando successe a Provenzano, c'era un politico che si occupò da par suo della questione. Ora, purtroppo non c'è più.

venerdì 9 giugno 2017

Pride (in the name of love)

Domani pomeriggio c'è il gay pride nella mia città.
Solite polemiche di piccolo cabotaggio: l'Università non doveva dare il patrocinio, facciamo una family day riparatorio, eccetera.
La maggioranza silenziosa mugugna silentemente. Queste sono carnevalate, folclore esibizionista e un po' volgare. Facciano quel che vogliono, ma perchè esibirsi in maniera così plateale? Di diritti, gli omosessuali, ne hanno più degli altri
I progressi oggettivi nei diritti delle persone con orientamento sessuale diverso da quello naturale (sì, naturale) non possono far dimenticare una storia recente di discriminazione, umiliazione, violenza, dolore. 
E allora si spiega l'orgoglio. L'orgoglio di averle sapute affrontare, come comunità e soprattutto come singole persone, in nome dell'amore e soprattutto della volontà di essere se stessi.
Per questo non mi dispiace, che la mia città ospiti questo corteo e quello che c'è intorno, e spero sappia farlo con la stessa civiltà con la quale ha esaudito il desiderio di Eluana.
Non alieno da ironizzare su tutto, comprese le tendenze (omo)sessuali, aspetto il momento in cui una battuta sui gay sarà accolta come una sugli juventini che rubano, sui genovesi tirati e sulle donne che hanno l'emicrania.
Quando ci potremo scherzare, sarà la fine dell'omofobia.