domenica 30 novembre 2025

Brontosauri. La società post-biblica e quelli che resistono

Può una recensione di un trattato di diritto penale, o meglio del suo primo volume di oltre 1200 pagine, sollevare riflessioni sulla direzione che sta prendendo la società, sui massimi sistemi?

Mi sono imbattuto in un interessante sito sistemapenale.it, contenente molti contributi di carattere tecnico assieme ad altri di carattere generale sull'argomento che gli dà il nome, ed anche l'intervento di un professore di nome Luis Greco nell'ambito della presentazione del trattato "Diritto penale" di Massimo Donini, di cui è uscito il primo volume.
Greco si chiede quale senso possa avere un'opera del tipo di cui decanta i meriti nell'attuale società. La riflessione si connette alla caratterizzazione del nostro mondo, rispetto a quella in cui "L’egemonia e la nobiltà del libro erano, tuttavia, un dato incontestabile, qualcosa che nessuna volgarizzazione «guttenberghiana» era riuscita a mettere in discussione."

Riporto per intero il cuore del ragionamento (sottolineature mie):

Ebbene: alle molteplici proposte dei sociologi per caratterizzare il presente – società dell’informazione o della rete, società della stanchezza o del «burnout», società dell’accelerazione – aggiungerò l’unica che, nel nostro incontro, mi sembra davvero contare: la società post-biblica. Siamo la prima società le cui caste intellettuali si sono disconnesse non solo dalla Bibbia, ma anche dal «biblos», dal libro come fonte di acquisizione e trasmissione del sapere.

Librerie chiuse, biblioteche deserte. Case editrici in bancarotta e acquistate da grandi conglomerati  internazionali, che non hanno più il libro come loro prodotto di punta, scommettendo sempre più su imponenti, per non dire opprimenti, banche dati. In classe, gli studenti non portano più con sé i loro codici; sulle pareti delle case e talvolta anche negli studi dei professori, scaffali vuoti o addirittura un quadro (in genere di dubbio gusto). Il libro ha perso la sua egemonia. È sempre più percepito come un corpo estraneo, un residuo di un’altra epoca, un brontosauro, un fossile.

Ma la morte del libro non uccide solo il libro. Una società senza libri è anche una società senza scrittori di libri. I postmoderni/strutturalisti hanno parlato, decenni fa, della «morte dell’autore». Non potevano immaginare, tuttavia, quanto l’espressione, pensata come metafora o addirittura come programma, avrebbe guadagnato in ordinaria empiricità. La società senza libri è una società in cui le idee si distaccano da chi le ha concepite, le creazioni dai loro creatori. In cui i punti di riferimento che la tradizione aveva elevato a garanzie di affidabilità si dissolvono o vengono sostituiti da altre istanze. Nel caso del diritto, da tribunali anonimi che, negli ultimi decenni, hanno acquisito un protagonismo che fino ad allora era privilegio dei grandi pensatori. Dove prima figuravano Carrara e Ferri, Arturo Rocco e Manzini, Bettiol e Bricola, oggi si trovano la Corte di cassazione e la Corte costituzionale, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e la Corte Europea di Giustizia.

Probabilmente appartengo all’ultima generazione che studiava leggendo da copertina a copertina un trattato in più volumi. Le nuove generazioni consultano ancora un trattato, anche se, quando leggono, preferiscono il manuale o addirittura il cosiddetto riassunto (in Germania: lo “Skript”) offerto dal professore stesso, trovato su Google o addirittura rigurgitato da un ChatGPT. Questo quando leggono, e non si accontentano di ascoltare podcast o guardare video su YouTube, Instagram e TikTok. I testi senza nomi e senza testa generati dalla cieca ars combinatoria dell’intelligenza artificiale sono solo la punta provvisoria di questo fenomeno che sto chiamando società post-biblica, in cui il libro e l’autore sono morti abbracciati.

Ohibò. Annoto le citazioni delle opere che contengono le varie definizioni e ricado nel solito infantile "l'avevo pensato anch'io". 

Proseguo. Greco illustra la profondità dell'opera e la sua capacità di collegare filosofia, storia, politica ai temi dogmatici (mi ha convinto prof, lo ordino), grazie alla quale "Il lettore vedrà presentarsi davanti ai propri occhi una sintesi impressionante e unica del meglio del penalismo non solo italiano, ma anche tedesco, spagnolo ed europeo, non solo contemporaneo, ma degli ultimi secoli; il lettore sarà introdotto ai personaggi e alle idee che hanno costruito la nostra disciplina. Il libro è una celebrazione «della cultura penalistica, nella sua parte centrale che non è cultura delle pene, ma dei valori e dei precetti»". 
Ma poi arriva alla domanda: c'è posto per un libro che "non solo istruisce, ma educa, coltiva; non solo informa, ma forma il lettore" nella società che ha sopra descritto?
E risponde: "Una società che ha lasciato indietro il libro è una società che ha lasciato indietro la cultura. Non c’è mai stato un momento in cui lo sforzo di recupero e resistenza ... sia stato più urgente... In una società post-biblica, in cui tutto passa e tutto invecchia prima ancora di maturare, Donini ci offre un monumento che celebra la calma e la cura nello studio e nella riflessione, che recupera la nostra migliore tradizione. I critici sminuiranno ciò che dico come un elogio tra brontosauri. Preferisco semplicemente credere di trovarmi di fronte a un esercizio di umanesimo penale."

Dovrei chiudere con le sue parole, ma riconoscendo in esse una versione più alta e matura di mie vecchie riflessioni annoto un paio di cose.
Com'è vero che il diritto, che appare ai più (che non lo conoscono) una disciplina arida e oggetto di mera acquisizione mnemonica, è una disciplina fortemente umanistica nella quale si trovano la storia, i valori, insomma l'uomo.
E poi. Lo studio ragionato, prolungato nel tempo e meditato alla luce di una cultura che spazia in altre discipline è capace di produrre sintesi cui anche AI faticherà ad arrivare, e dal lato del fruitore a fornire strumenti di comprensione anch'essi necessitanti studio, lunghezza della durata, fatica. 
Senza gli uni e gli altri mancheranno la cultura, la comprensione della realtà e del significato delle cose più alte, e gli uomini che in tale mancanza vivranno saranno inevitabilmente meno liberi, meno uomini.



Nessun commento:

Posta un commento