Mi trovavo ieri alle poste, nell'attesa di pagare un bollettino. Il signore che mi precedeva allo sportello stava effettuando una operazione di una certa lunghezza, ci avrà messo venti minuti. La signora che attendeva, in fila dopo di me, dopo cinque minuti ha cominciato a sbuffare, a commentare a mezza bocca cercando complicità (non trovata nè in me nè negli altri presenti) nelle lamentele per il disservizio (!).
Quando è stato il momento le ho ceduto il posto, dandole occasione di polemizzare con l'impiegata per l'inammissibile attesa (sarà durata un quarto d'ora, la sua), e di ricevere un'affilata risposta sulla necessità di avere pazienza.
E' vero, nessuno ha più pazienza (molti non hanno più pazienza). Non solo nelle code, ma ormai in tutti i rapporti con gli altri, in quello che ci attendiamo come dipendenti, come clienti, come turisti, come utenti, come degenti, vogliamo tutto, subito, e come diciamo noi. In un mondo in cui tutto è sempre più complesso, non si capisce se il fatto che siamo sempre più scontenti sia più la causa o l'effetto della fine della pazienza, sempre sperando che ciò non diventi da un momento all'altro occasione di violenza.
Mi spiace non averglielo detto, alla signora, mentre mi ringraziava per averle ceduto il posto: "ci vuole un po' di pazienza".
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