Certi lunedì, dopo che la tua squadra ha vinto, ti sovviene a metà mattina il risultato e ti ritrovi a stringere i pugni in segno di vittoria, ancora emozionato e felice, già in preda al sogno del prossimo successo.
Può capitare anche dopo un mese, dopo aver assistito alla meravigliosa impresa del Milan di Maldini, Pioli e Tonali.
Che scudetto, a memoria il più bello dopo l'undicesimo del Milan di Sacchi, oggettivamente inarrivabile.
Uno scudetto meritato, come universalmente ammesso, per i valori (da ogni punto di vista) messi in campo, uno scudetto quasi etico.
Quante storie belle.
C'è il vecchio capitano, leggenda del calcio mondiale, forse il miglior difensore di sempre, che torna in uno dei punti più bassi di una storia e costruisce con la quinta spesa rosa-ingaggi una squadra capace di vincere e di esprimere il calcio migliore e più moderno. Carisma, serietà, competenza di un fuoriclasse fuori e dentro dal campo.
C'è l'allenatore delle squadre di mezza classifica, mai vittorioso e noto per i suoi finali in calando, che plasma un gruppo di ragazzi attorno al vecchio totem facendone una vera squadra. Affronta con coraggio la perdita di pezzi importanti, sopperisce al calo di alcuni degli elementi migliori, non si lagna della stagione più clamorosamente viziata da torti arbitrali unidirezionali, per vincere le ultime 5 gare lasciando con un palmo di naso le cassandre pronte a raccoglierne le spoglie.
C'è il vecchio campione, mille vittorie e di più le spacconate, che all'ultimo (ma forse no) canto si carica sulle spalle un gruppo dei giovanotti fin li spauriti e sconosciuti, gli mostra con l'esempio cos'è un professionista ed un campione. Fondamentale contributo, mentre offre gli ultimi lampi di una classe purissima e ci mostra stupiti che è un uomo anche lui, quando si svela un lato che non ti saresti potuto aspettare, la paura di smettere.
C'è il treno sulla fascia, il fratello scarso, indubbiamente un campionissimo. C'è il capitano bis venuto dal vivaio. C'è il bambino d'oro che quando parte non lo fermano mai. C'è l'altro grande vecchio, forse non così campione ma capace di essere decisivo e vincente come nessuno. C'è quel centrale che ti lascia il dubbio se sia più facile impararne il nome o batterlo in velocità. C'è l'angelo nero, che le prende tutte, anche quella bomba di Cabral. C'è persino l'amministratore delegato che ha dettato una linea, alla fine, straordinariamente vincente tanto sul piano sportivo quanto su quello economico; persino il fondo americano che i profitti li fa sulla linea della "sostenibilità".
Ci sono quei due che se ne sono andati. Il portiere fatto esordire a 16 anni, ricoperto d'oro per essere il capitano del futuro, e quell'altro che ha cambiato sponda per vincere lo scudetto. E' il professionismo, è il calcio moderno? Chiedere al ragazzo nato l'8 maggio. Un'altra storia è possibile. Battersi per il proprio sogno, accarezzarlo ed arrivare ad un passo dal perderlo, saper rinunciare anche a del denaro per trattenerlo, per poi mostrarsi forte e vincente, vera incarnazione dello spirito del diavolo e degno erede di quella fascia che idealmente è già sua, e vincere uno scudetto che è già leggenda.
In un mondo di Gigio e Hakan io sono Sandro Tonali.
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