La notizia arrivata l'altro ieri dalla Corte Suprema è di quelle che atterriscono, sia nel merito, sia nel presupposto dell'interpretazione originalista e di quanto ne possa conseguire, sia soprattutto nell'impressione che lasciano, che veramente non si possa più contare negli Stati Uniti come baluardo di una vera democrazia moderna.
Dopo 4 anni di trumpismo, dopo il 6 gennaio, dove può arrivare questo grande Paese nella ricerca, evidentemente appoggiata da una buona metà della nazione, di un modello diverso di convivenza?
Gli equilibri legislativi, in ciò determinanti, sono notoriamente influenzati dalle decisioni della Corte e dalla sua composizione, spostatasi in senso conservatore negli ultimi anni con i giudici eletti da Trump.
Ho allora ripensato alle nobilissime intenzioni della giudice Ginsburg, ultima ad essere sostituita al momento del decesso, e al tentativo da convincerla a dimettersi operato da Obama, preoccupato degli equilibri in seno alla Corte, e deciso a prevenirli con la nomina di un'altra giudice progressista.
Ginsburg, ottantenne, rifiutò. Convinta di dover continuare il suo lavoro, in cui è stata unica e inarrivabile paladina dei diritti, e infatti proseguì, per poi morire sotto la presidenza Trump, che potè nominare una giudice oggi decisiva.
Poi dicono che le azioni dei singoli (anche dei meglio intenzionati) non cambiano la storia.
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