martedì 28 novembre 2017

#santosubito

Alla fine l'unico che non ne ha mai molestata una è Berlusconi

sabato 25 novembre 2017

domenica 12 novembre 2017

Leggere coincidenze

Quelle cose che ti capitano e che ti fanno pensare.
Giovedì, rientrato dal lavoro, accendo Radio Freccia.
Questa volta la radio non passa Neil Young ma il pezzo che chiude lo stesso disco di "Certe Notti".
"Leggero" non è fra le canzoni più noti di Liga, ma fra le più amate dai fan più anziani (quorum ego), direi anche la mia preferita in assoluto. Una volta ci chiudeva i concerti: è un inno per intimi.
Io la ascoltavo da ragazzo, ero all'università.
Mi ricordo di averla messa con il walkman a palla, sul pulmann, quella volta che  con il Pascià andai a Vicenza per una vittoriosa trasferta (che goduria il gol di Helveg al 90'!).
Leggero, nel vestito migliore, senza andata né ritorno, senza destinazione. Leggero, nel vestito migliore, nella testa un po' di sole ed in bocca una canzone.
Pochi minuti dopo, giovedì, mi trovo in mano il Messaggero Veneto.

Resoconto della giornata di Renzi in Friuli. Strette di mano, selfie, discorsi. Ah, di strada per Rauscedo si è fermato a Casarsa alla tomba di Pasolini. Lo apprendiamo da un suo tweetAltro
“E io camminerò leggero, andando avanti, scegliendo per sempre la vita” Un fiore, a Casarsa, sulla tomba di Pier Paolo Pasolini #trenoPd #PPP #avanti
E bravo Renzie, Royalbaby, Renzusconi: paraculo quanto vuoi, ma intanto fa un gesto oggettivamente rimarchevole, e poi induce qualcuno (quorum ego, e magari qualche altro, magari meno numerosi dei fan del Liga) a cercare la poesia da cui è tratto questo bel verso.

La sorpresa è che il verso è tradotto dal friulano, dal componimento Saluto e augurio, inserita in La Nuova gioventù del 1975 (dai che ne imparo più d'una, oggi).
Attacco:
A è quasi sigùr che chistaa è la me ultima poesia par furlàn;  
Brividi (è forse l'ultima poesia in assoluto che scrisse).
Non l'avrei certo compresa da solo, senza leggerne qui o qui, e forse nemmeno dopo. Al solito PPP è troppo al di sopra, e infonde in ciò che scrive tutta il portato del suo essere uomo, poeta, "politico".
Certo il dialogo con il giovane fascista, cui si rivolge come Socrate a Fedro, è tutto volto a delineare cosa sia quel terribile peso di difendere, da poeta, i valori arcaici e popolari.
La chiusa però ci porta lì dove ero partiti: 
Ciàpiti su chistu pèis, fantàt ch’i ti mi odiis:
puàrtilu tu. Al lus tal còur. E jo ciaminarai
lizèir, zint avant, sielzìnt par sempri
la vita, la zoventùt.
Anche lui voleva essere leggero:
E senti le vene,
piene di ciò che sei,
e ti attacchi alla vita che hai




Saluto e Augurio

A è quasi sigùr che chista
a è la me ultima poesia par furlàn;
e i vuèj parlàighi a un fassista
prima di essi (o ch’al sedi) massa lontàn. 

Al è un fassista zòvin,
al varà vincia un, vincia doi àins:
al è nassùt ta un paìs,
e al è zut a scuela in sitàt. 

Al è alt, cui ociàj, il vistìt
gris, i ciavièj curs:
quand ch’al scumìnsia a parlàmi
i crot ch’a no’l savedi nuja di politica

e ch’al serci doma di difindi il latìn
e il grec, cuntra di me; no savìnt
se ch’i ami il latin, il grec - e i ciavièj curs.
Lu vuardi, al è alt e gris coma un alpìn.

"Ven cà, ven cà, Fedro.
Scolta. I vuèj fati un discors
ch’al somèa un testamìnt.
Ma recuàrditi, i no mi fai ilusiòns

su di te: jo i sai ben, i lu sai,
ch’i no ti às, e no ti vòus vèilu,
un còur libar, e i no ti pos essi sinsèir:
ma encia si ti sos un muàrt, ti parlarài.

Difìnt i palès di moràr o aunàr,
in nomp dai Dius, grecs o sinèis.
Moùr di amòur par li vignis.
E i fics tai ors. I socs, i stecs.

Il ciaf dai to cunpàins, tosàt.
Difìnt i ciamps tra il paìs
e la campagna, cu li so panolis,
li vas’cis dal ledàn. Difìnt il prat

tra l’ultima ciasa dal paìs e la roja.
I ciasàj a somèjn a Glìsiis:
giolt di chista idea, tènla tal còur.
La confidensa cu’l soreli e cu’ la ploja,

ti lu sas, a è sapiensa santa.
Difìnt, conserva prea. La Repùblica
a è drenti, tal cuàrp da la mari.
I paris a àn serciàt, e tornàt a sercià

di cà e di là, nass’nt, murìnt,
cambiànt: ma son dutis robis dal passàt.
Vuei: difindi, conservà, preà. Tas:
la to ciamesa ch’a no sedi 

nera, e nencia bruna. Tas! Ch’a sedi
’na ciamesa grisa. La ciamesa dal siun.
Odia chej ch’a volin dismòvisi
e dismintiàssi da li Paschis... 

Duncia, fantàt dai cialsìns di muàrt,
i ti ài dita se ch’a volin i Dius
dai ciamps. Là ch’i ti sos nassùt.
Là che da frut i ti às imparàt

i so Comandamìns. Ma in Sitàt?
Scolta. Là Crist a no’l basta.
A coventa la Gl’sia: ma ch’a sedi
moderna. E a coventin i puòrs. 

Tu difìnt, conserva, prea:
ma ama i puòrs: ama la so diversitàt.
Ama la so voja di vivi bessòj
tal so mond, tra pras e palàs

là ch’a no rivi la peràula
dal nustri mond; ama il cunfìn
ch’a àn segnàt tra nu e lòur;
ama il so dialèt inventàt ogni matina,

par no fassi capì; par no spartì
cun nissùn la so ligria.
Ama il sorel di sitàt e la miseria
dai laris; ama la ciar da la mama tal fì. 

Drenti dal nustri mond, dis
di no essi borghèis, ma un sant
o un soldàt: un sant sensa ignoransa,
un soldàt sensa violensa.

Puarta cun mans di sant o soldàt
l’intimitàt cu’l Re, Destra divina
ch’a è drenti di nu, tal siùn.
Crot tal borghèis vuàrb di onestàt,

encia s’a è ’na ilusiòn: parsè
che encia i parons, a àn
i so paròns, a son fis di paris
ch’a stan da qualchi banda dal momd.

Basta che doma il sintimìnt
da la vita al sedi par diciu cunpàin:
il rest a no impuàrta, fantàt cun in man
il Libri sensa la Peràula.

Hic desinit cantus. Ciàpiti
tu, su li spalis, chistu zèit plen.
Jo i no pos, nissun no capirès
il scàndul. Un veciu al à rispièt

dal judissi dal mond; encia
s’a no ghi impuarta nuja. E al à rispièt
di se che lui al è tal mond. A ghi tocia
difindi i so sgnerfs indebulìs,

e stà al zoùc ch’a no’l à mai vulùt.
Ciàpiti su chistu pèis, fantàt ch’i ti mi odiis:
puàrtilu tu. Al lus tal còur. E jo ciaminarai
lizèir, zint avant, sielzìnt par sempri 

la vita, la zoventùt.
Traduzione

È quasi sicuro che questa
è la mia ultima poesia in friulano:
e voglio parlare a un fascista,
prima che io, o lui, siamo troppo lontani.

È un fascista giovane,
avrà ventuno, ventidue anni:
è nato in un paese
ed è andato a scuola in città.

È alto, con gli occhiali, il vestito
grigio, i capelli corti:
quando comincia a parlarmi,
penso che non sappia niente di politica

e che cerchi solo di difendere il latino
e il greco contro di me; non sapendo
quanto io ami il latino, il greco - e i capelli corti.
Lo guardo, è alto e grigio come un alpino.

"Vieni qua, vieni qua, Fedro.
Ascolta. Voglio farti un discorso
che sembra un testamento.
Ma ricordati, io non mi faccio illusioni

su di te: io so, io so bene,
che tu non hai, e non vuoi averlo,
un cuore libero, e non puoi essere sincero:
ma anche se sei un morto, io ti parlerò.

Difendi i paletti di gelso, di ontano,
in nome degli Dei, greci o cinesi.
Muori d’amore per le vigne.
Per i fichi negli orti. I ceppi, gli stecchi.

Per il capo tosato dei tuoi compagni.
Difendi i campi tra il paese
e la campagna, con le loro pannocchie
abbandonate. Difendi il prato

tra l’ultima casa del paese e la roggia.
I casali assomigliano a Chiese:
godi di questa idea, tienla nel cuore.
La confidenza col sole e con la pioggia,

lo sai, è sapienza sacra.
Difendi, conserva, prega! La Repubblica
è dentro, nel corpo della madre.
I padri hanno cercato e tornato a cercar

di qua e di là, nascendo, morendo,
cambiando: ma son tutte cose del passato.
Oggi: difendere, conservare, pregare. Taci!
Che la tua camicia non sia

nera, e neanche bruna. Taci! che sia
una camicia grigia. La camicia del sonno.
Odia quelli che vogliono svegliarsi,
e dimenticarsi delle Pasque...

Dunque, ragazzo dai calzetti di morto,
ti ho detto ciò che vogliono gli Dei
dei campi. Là dove sei nato.
Là dove da bambino hai imparato 

i loro Comandamenti. Ma in Città?
Là Cristo non basta.
Occorre la Chiesa: ma che sia
moderna. E occorrono i poveri

Tu difendi, conserva, prega:
ma ama i poveri: ama la loro diversità.
Ama la loro voglia di vivere soli
nel loro mondo, tra prati e palazzi

dove non arrivi la parola
del nostro mondo; ama il confine
che hanno segnato tra noi e loro;
ama il loro dialetto inventato ogni mattina,

per non farsi capire; per non condividere
 con nessuno la loro allegria.
Ama il sole di città e la miseria
dei ladri; ama la carne della mamma nel figlio

Dentro il nostro mondo, dì
di non essere borghese, ma un santo
o un soldato: un santo senza ignoranza,
o un soldato senza violenza.

Porta con mani di santo o soldato
l’intimità col Re, Destra divina
che è dentro di noi, nel sonno.
Credi nel borghese cieco di onestà,

anche se è un’illusione: perché
anche i padroni hanno
i loro padroni, e sono figli di padri
che stanno da qualche parte nel mondo.

È sufficiente che solo il sentimento
della vita sia per tutti uguale:
il resto non importa, giovane con in mano
il Libro senza la Parola.

Hic desinit cantus. Prenditi
tu, sulle spalle, questo fardello.
Io non posso: nessuno ne capirebbe
lo scandalo. Un vecchio ha rispetto

del giudizio del mondo: anche
se non gliene importa niente. E ha rispetto
di ciò che egli è nel mondo. Deve
difendere i suoi nervi, indeboliti,

e stare al gioco a cui non è mai stato.
Prenditi tu questo peso, ragazzo che mi odii:
portalo tu. Risplende nel cuore. E io camminerò
leggero, andando avanti, scegliendo per sempre

la vita, la gioventù.

lunedì 6 novembre 2017

Maradona e Pelè

Come li avrebbe descritti Omero

UN MOSTRO DI RITMO, VELOCITA’ E PRECISIONE - 

Mi dico di non aver mai visto nulla di simile. Gli dedico epinici. Mi esalto e lo esalto. L´ho veduto far questo: coricare tre birilli e battere di sinistro sul portiere: palla che schizza verso il fondo: prima che esca, continuando la corsa, Pelè compie un gran balzo e ricade col sinistro sulla palla: la colpisce a volo, in modo che s´infila tesa e bassa in diagonale. O Gòngora ti cheta, ch´io non son poeta. Se avete capito "dolce chiara è la notte senza vento" non ho bisogno di proseguire. Pelè vede il gioco suo e dei compagni. Mettete tutti gli assi che conoscete in negativo, poneteli uno sull´altro: stampate: esce una faccia nera, non cafra: un par di cosce ipertrofiche e un tronco nel quale stanno due polmoni e un cuore perfetti: è Pelè. Ma ce ne vogliono molti, di assi che conoscete, per fare quel mostro di coordinazione, velocità, potenza, ritmo, sincronismo, scioltezza e precisione. 



***** 

UNO SGORBIO DIVINO MAGICO E PERVERSO - 


Maradona è la bestia iperbolica, nel senso infernale, anzi mitologico di Cerbero: se fai tanto di rispettarlo secondo lealtà sportiva, lui ti pianta le zanne nel coppino e ti stacca la testa facendola cadere al suolo come un frutto dal picciolo ormai fradicio. E' capace di invenzioni che forse la misura proibiva a Pelè, morfologicamente irregolare nei soli piedi piatti, peraltro funzionali nella bisogna pedatoria. Maradona è uno sgorbio divino, magico, perverso: un jongleur di puri calli che fiammeggiano feroce poesia e stupore (è dei poeti il fin la meraviglia). Talora uno dei suoi piedi serve fulmineamente l' altro per una sorta di paradossale ispirazione atta a sorprendere: ma quando vuole, questo leggendario scorfano batte il lancio lungo che arriva, illumina, ispira: capisci allora che i ghiribizzi in loco erano puro divertissement: esibizione per i semplici: se il momento tecnico-tattico lo esige, in quelle tozze gambe animate dal diavolo entra solenne il prof. Euclide. E il calcio si eleva di tre spanne agli occhi di coloro che, sapendolo vedere, lo prediligono su tutti i giochi della terra.

Gianni Brera

sabato 4 novembre 2017

Ancora segni di invecchiamento. Si può ascoltare un po' di rock?

Da qualche tempo mi sintonizzo spesso su "Radio Freccia
Certe notti la radio che passa Neil Young sembra avere capito chi sei. 
E forse anche certe mattine la radio che spara in sequenza Born in the Usa e la nuova degli Uddue. 
In fatto di gusti musicali sono sempre stato piuttosto eclettico, autorizzato da una limitata competenza e dal desiderio di non precludermi di ascoltare e canticchiare una bella canzone solo perchè era, che so, di Al Bano (vabbè, sto iperbolizzando) oppure di Francesco Gabbani.
Da ragazzo ascoltavo indifferentemente De Gregori e i Pink Floyd, i cantautori e i Beatles, Vasco e Liga (sono di quest'ultima parrocchia NB), Rem e Carmen Consoli. 
Ma il tutto dando per presupposto che la vera musica cui inesorabilmente ritornare fosse il rock.
Ma c'è ancora il rock?
Non se sente molto negli ultimi anni.
A Radio Freccia, ad esempio, fedeli alla missione di ritrovare "ritrovare la radio come era, nel mondo come èdevono passare solo pezzi di trentanni fa o cantati da ultrasessantenni. 
Del resto una nuova band di quelle di celebrità planetaria di una volta non spunta da una vita, ed il il tempo "del rock, della sperimentazione e delle grandi idee" è un lontano passato.
Non ho vissuto (e forse lo rimpiango) quella stagione nè l'esperienza musicale come un fatto esistenziale che simboleggiava la ricerca di libertà e di un mondo migliore. 
Ma quella musica mi manca.
It's the end of the world as we known it?
But i feel sad.

















mercoledì 1 novembre 2017

ERO STRANIERO - L'UMANITÀ CHE FA BENE

Parole che fanno commuovere e pensare.





Le firme sono state raccolte.

http://www.radicali.it/campagne/immigrazione/

E ora? Ecco la conferenza stampa di consegna delle firme.




Parole in libertà e parole in cattività

A discutere di certi argomenti senza seguire la vulgata dominante ed i relativi fiumi di parole in libertà, si può passare per egoisti territoriali.
Se si difendono i diritti di certe persone, si è a favore della mafia
Se si sostengono certi concetti, si può talora passare per biechi razzisti.
Per antisemiti, addirittura, se ci si arrischia a parlare di adesivi.
Maschilisti, sempre.

Molto meglio trattenersi e tacere, se non davanti a poche orecchie fidate.

Le parole in cattività hanno poche ore d'aria ed un'evasione in qualche raro sberleffo:


Bando alla scaramanzia

E quando colpisce, vicino restano (restavano) solo i radicali.