domenica 13 novembre 2016

I servi sciocchi delle procure


C'è da riflettere, ahimè, su questo questo fondo di Fiandaca che andrebbe letto al primo anno di giurisprudenza, ma forse anche in qualche talk show la volta che c'è Travaglio fra gli invitati.

E' difficile selezionare, in un fluire di argomenti ugualmente penetranti ed importanti, i passi da segnalare.
Parole che pesano come pietre.
E’ un dato di fatto inconfutabile che il processo-trattativa costituisce una esemplificazione straordinaria di  un processo  inscenato nei media e potentemente alimentato da stampa e televisione, specie nelle sue fasi iniziali: con un bombardamento informativo continuo e drammatizzante, tendente ad assecondare come verità assodata ipotesi accusatorie ardite e basate (tanto più all’inizio) su teoremi storico-politici preconcetti, affondanti le radici in “precomprensioni” soggettive e – purtroppo – costruiti anche in vista del perseguimento di impropri obiettivi  lato sensu carrieristici.
Per scienza privata, maturata in una consuetudine ormai lunga di studioso col mondo della giustizia penale, so che qualche pubblico ministero considera più rilevante, in vista del successo di un’indagine o di un processo, l’efficacia della narrazione mediatica rispetto alla stessa fondatezza giuridica della tesi accusatoria. 
A sostegno dell’esigenza di mediatizzazione, qualche pubblico ministero ritiene perfino che il processo penale abbia scopi che trascendono l’accertamento dei reati e l’eventuale condanna, rientrando tra i suoi presunti obiettivi legittimi – tra l’altro – la ricostruzione degli eventi storico-politici, siano o meno ravvisabili ipotesi criminose: anzi, un procuratore aggiunto di Palermo ha esplicitamente sostenuto che il magistrato d’accusa è in condizione di ricostruire la storia meglio di uno storico di mestiere grazie al fatto che il magistrato dispone di strumenti coercitivi di accertamento della verità di cui lo storico non può disporre. Una tesi, questa, che non credo abbisogni di particolari commenti.
 Detto in altre più semplici parole: sarebbe finalmente il caso di prendere spunto dal processo sulla Trattativa per processare larga parte del sistema mediatico; ma sarebbe, nel contempo, auspicabile che siano i giornalisti a fare autocritica e a processare se stessi. In vista di un recupero della funzione critica della stampa e della capacità di indagare autonomamente sui fatti, senza essere servi sciocchi o interessati delle iniziative non sempre ponderate delle procure.

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