domenica 29 novembre 2015

Giorgio Napolitano è il migliore di tutti

La politica può essere l'arte in cui si esercitano i migliori, come dovrebbe.
Ne è un raro esempio Giorgio Napolitano.
Leggere per credere la lectio magistralis tenuta nei giorni scorsi a Pavia sul tema della crisi dell'europa e responsabilità della politica.
La capacità di ragionare ad un livello più alto che si legge in ogni riga del discorso induce grande rimpianto per un'epoca in cui si trovavano dirigenti politici con questa cultura, visione, intelligenza (anche se alla sua altezza non ce ne sono mai stati molti).
Ora abbiamo "quelli che il tweet".

Ecco la chiusura del discorso:
Ma non fermiamoci qui, dominati dal senso delle difficoltà. Se davvero la prova suprema di vocazione e visione politica, la si dà, sia individualmente (ed è stato il caso emblematico di Altiero Spinelli) sia, in qualche modo, su più ampia scala, la si dà ritentando ogni volta l'impossibile, ebbene quello di un'Europa sempre più unita è precisamente l'impossibile che dobbiamo ritentare con tutte le nostre forze. E se si pensa - lasciate che concluda così - al mondo che cambia e ribolle attorno a noi, al mondo che ci ha trasmesso da Parigi il 13 novembre il suo più sinistro segnale, viene spontaneo chiedersi : Europa, se non ora, quando ?  


Ancora dibattito


La ricetta per vincere la paura: Vivete la vostra vita! Prendete il metrò, andate al ristorante, ai concerti. Come possiamo sopravvivere se cancelliamo le cose che amiamo? 
Salman Rushdie: Vivete la vita «Mai cancellare ciò che amiamo»

Autorevole opinione, concentrata sulla situazione in Francia: La situazione incresciosa nella quale ci ritroviamo è da attribuire a precise responsabilità politiche
Attentati Parigi, Houellebecq: «Io accuso Hollande e difendo i francesi»

Mieli in pieno stile corriere, un nulla pienamente condivisibile.
La guerra culturale al terrore

Il Foglio e la rinuncia di Onfray a pubblicare il suo libro. Importante la notizia, poi letta al solito in chiave anti-intellò.
La Francia scopre il terrore di criticare l'islam

Dalla Francia una bella idea. Un manifesto laico per le moschee potrebbe stanare quelli che stanno dalla nostra parte. Meglio non sapere come andrbbe a finire
In Francia arriva il vademecum per gli imam

Vorrei capire se il preside era solo uno in cerca di pubblicità o era banalmente un mentecatto.
Scuola di Rozzano, Renzi: «Non si dialoga rinunciando al Natale»

Approfondita analisi molto mal riassunta dal titolo. Vincerà l'Islam di Francia o l'Islam in Francia? Fa capire quanto ci manca la conoscenza approfondita di quello che dobbiamo affrontare per scelte decisive.
L’islam è senza spiritualità

Stramaccioni ko al debutto in Grecia

Ma dai?

sabato 28 novembre 2015

Che cos'è l'onestà intellettuale

Ho letto e anche regalato dei libri di Michel Onfray.
Alcune sue idee forza nel Trattato di ateologia mi sembrano illuminanti, tali da portare l'opera oltre quelle degli autori atei (Hitchens, Dawkins) volte a dimostrare in termini logici e filologici l'inconsistenza e la pericolosità del pensiero religioso.
Ancora di maggior interesse ho trovato la sintesi del suo pensiero che è La potenza di esistere - Manifesto edonista, in cui propugna un'arte del vivere edonista, fondata sull'esistenza reale, su un sapere liberato da lacci metafisici. 
Lo stesso interesse meritano l'ambizioso progetto di una controstoria della filosofia in cui gli edonisti ed i materialisti negletti nella storiografia ufficiale trovino finalmente il loro spazio, ed i volumi che l'hanno completato.
In questi giorni Onfray, che già non si è peritato pochi anni fa di andar contro l'establishment benpensante della gauche caviale, con il corrosivo Crepuscolo di un idolo e la demolizione di Freud, si è trovato agli onori delle cronache per opposti motivi.
Lui che dei monoteismi e dell'Islam in particolare ha detto e pensa le peggio cose si è ritrovato citato dai tagliagole dell'ISIS come portatore di parole di verità.
Replica: "Io sono un filosofo, il mio lavoro è cercare di mettere le cose in prospettiva. Si è sempre strumentalizzati da tutti, non è un mio problema."
Neanche una settimana e l'annuncio è di quelli choc: "Ho deciso che il mio libro sull'islam è bene che non esca in Francia. Nel mio paese non è più possibile discutere serenamente di questa religione".

In pratica, al tempo stesso è l'eroe dell'ISIS ed il bersaglio polemico degli anti-islamofobi (con in sovrappiù l'accusa di criptolepenismo). 

Una frase illumina il secondo articolo: “Il ne faut pas avoir peur du réel”. 


Ammirato vergo il titolo di questo post.

lunedì 23 novembre 2015

Il mio PPP

Non sono mancate, all'inizio di queste mese, le manifestazioni di vario genere a ricordo di Pier Paolo Pasolini.
I maestri bisognerebbe onorarli da vivi ascoltando il loro insegnamento spesso profetico, e non ricordarli come "figurine" buone per essere inserite una canzone di Jovanotti o nel Pantheon di Veltroni.  
Un articolo di Buttafuoco alla Buttafuoco coglie bene questo aspetto: Il POTERE non ha ucciso Pasolini, lo ha ridotto a immaginetta buona. E' forse anche vero che cogliere la grandezza del suo profilo intellettuale è necessaria una capacità di contestualizzare molto, troppo difficile senza una profonda cultura storica: Se i trentenni non leggono Pasolini un motivo ci sarà.  Chi lo pensa farebbe bene a meditare sulle lacrime spese nell'orazione funebre di Moravia: "Abbiamo perso un poeta, e di poeti non ce ne sono tanti nel molto. ne nascono solo tre o quattro soltanto in un secolo. Quando sarà finito questo secolo, Pasolini sarà uno dei pochi che conteranno come poeta".
Tuttavia certe celebrazioni, hanno queste contraddizioni e che magari fanno male alle persone che ricordano il trattamento riservato in vita al celebrato, oltre a rendere un omaggio che per quanto postumo è dovuto, aiutano a scoprire, rileggere, conoscere.
In altre parole fanno cultura: magari qualcuno (quorum ego) avrò preso in mano un libro da uno scaffale. 

Personalmente mi sono incontrato più volte con l'opera di Pasolini, cui mi sono accostato credendo di doverla ritenere più importante dell'opera che è stata la sua vita, la sua interpretazione del ruolo di intellettuale ed il suo drammatico vissuto personale.
Ho visto alcuni dei suoi film trovandoli impossibili, ho faticato a finire "ragazzi di vita" mentre mi ha emozionato "il sogno di una cosa", ho pianto vedendo a teatro i "turcs", ho constatato il grave vuoto della assenza di uno come lui leggendo gli "scritti corsari", nel meridiano "scritti politici" che mi sono fatto regalare e che resta in attesa di essere terminato.
Sempre ne ho invidiato tremendamente invidiato la sua intelligenza, la stessa che ha fatto dire a Giorgio Bocca (che poi ebbe su di lui ben diverse espressioni): Già, il vecchio Pasolini Pier Paolo, cinquanta chili di una rabbia che è solitudine, amore, timidezza, incontinenza, paura, genio. Cinquanta chili di uomo. Ma non è questo che fa tenerezza o mette a disagio, ma ben altro: sentirsi in debito con lui per conto di tutti e non sapere che fare, come ripagarlo dell’intelligenza che ci ha dato in questi anni, generosamente. Non è il denaro che vuole anche se noi ci guardiamo bene dal darglielo; né siamo autorizzati a concedergli quella esenzione dalla morale comune che chiede con tanta ingenua insistenza: diamogli almeno la stima intellettuale che merita (su diamogliela cuori spugnosi e cervellini esangui), diciamolo che è il migliore di tutti.  

Ecco alcune tracce dei miei incontri con il poeta.

La battaglia di Valle Giulia.
Ho letto la Poesia Il PCI ai giovani alle medie (il mio professore di lettere era un comunista di quelli veri ma aveva l'onestà intellettuale come faro). E' stata una delle prime volte in cui ho avuto chiaro che può esserci un punto di vista diverso che può capovolgere la realtà delle cose. Un chiaro esempio del ruolo dell'intellettualità.
Nella poesia il parteggiare per i poliziotti era opzione che discendeva da un'analisi contestuale legata al momento e ad una particolare concezione della lotta di classe comunque interna al marxismo. Il frammento in cui li si contrappone ai figli di papà del movimento è purtroppo diventata un'altra delle "figurine", usata da chiunque voglia dare un tono ad una propria posizione che non c'entra nulla, come da ultimo ha dimostrato Renzi che si è detto "PASOLINIANAMENTE" per i poliziotti che in val di susa contrastano i no-tav.
Ridotto ad avverbio, e da uno che non ha mai letto un libro. 

Pasolini e i radicali
Pannella e i radicali spesso indulgono a considerare uno dei loro (nostri) PPP. Il testo di riferimento è Pasolini e i radicali, testo dell'intervento al congresso radicale che Pier Paolo non potè tenere in quanto ucciso due giorni prima, e che contiene delle analisi che compendiano dichiarazioni di stima di cui siamo sempre andati giustamente orgogliosi:
 Dunque, bisogna lottare per la conservazione di tutte le forme, alterne e subalterne, di cultura. E' ciò che avete fatto voi in tutti questi anni, specialmente negli ultimi. E siete riusciti a trovare forme alterne e subalterne di cultura dappertutto: al centro della città, e negli angoli più lontani, più morti, più infrequentabili. Non avete avuto alcun rispetto umano, nessuna falsa dignità, e non siete soggiaciuti ad alcun ricatto. Non avete avuto paura né di meretrici né di pubblicani, e neanche - ed è tutto dire - di fascisti...
...I diritti civili sono in sostanza i diritti degli altri. Ora, dire alterità è enunciare un concetto quasi illimitato. Nella vostra mitezza e nella vostra intransigenza, voi non avete fatto distinzioni. Vi siete compromessi fino in fondo per ogni alterità possibile. Ma una osservazione va fatta. C'è un'alterità che riguarda la maggioranza e un'alterità che riguarda le minoranze. Il problema che riguarda la distruzione della cultura della classe dominata, come eliminazione di una alterità dialettica e dunque minacciosa, è un problema che riguarda la maggioranza...
...So che sto dicendo delle cose gravissime. D'altra parte era inevitabile. Se no cosa sarei venuto a fare qui? Io vi prospetto - in un momento di giusta euforia delle sinistre - quello che per me è il maggiore e peggiore pericolo che attende specialmente noi intellettuali nel prossimo futuro. Una nuova »trahison des clercs : una nuova accettazione; una nuova adesione; un nuovo cedimento al fatto compiuto; un nuovo regime sia pure ancora soltanto come nuova cultura e nuova qualità di vita. Vi richiamo a quanto dicevo alla fine del paragrafo quinto: il consumismo può rendere immodificabili i nuovi rapporti sociali espressi dal nuovo modo di produzione »creando come contesto alla propria ideologia edonistica un contesto di falsa tolleranza e di falso laicismo: di falsa realizzazione, cioè, dei diritti civili . Ora, la massa degli intellettuali che ha mutuato da voi, attraverso una marxizzazione pragmatica di estremisti, la lotta per i diritti civili rendendola così nel proprio codice progressista, o conformismo di sinistra, altro non fa che il gioco del potere: tanto più un intellettuale progressista è fanaticamente convinto delle bontà del proprio contributo alla realizzazione dei diritti civili, tanto più, in sostanza, egli accetta la funzione socialdemocratica che il potere gli impone abrogando, attraverso la realizzazione falsificata e totalizzante dei diritti civili, ogni reale alterità. Dunque tale potere si accinge di fatto ad assumere gli intellettuali progressisti come propri chierici. Ed essi hanno già dato a tale invisibile potere una invisibile adesione intascando una invisibile tessera. Contro tutto questo voi non dovete far altro (io credo) che continuare semplicemente a essere voi stessi: il che significa essere continuamente irriconoscibili.
Dimenticare subito i grandi successi: e continuare imperterriti, ostinati, eternamente contrari, a pretendere, a volere, a identificarvi col diverso; a scandalizzare; a bestemmiare.

Pasolini e la morte.
Anni fa ascoltai nella trasmissione serale di Capezzone un'intervista con Zigaina, pittore di Cervignano, amico di Pasolini e recentemente scomparso.
Per la prima ed ultima volta sentii Capezzone zittito mentre Zigaina enunciava la sua teoria per la quale la morte di Pasolini non fu nè un fatto di cronaca nera nè un complotto, ma l'atto finale di un'opera d'arte realizzata dal poeta. Una morte programmata ed annunciata a più riprese nella propria opera, quale atto finale di una vita essa stessa vissuta quale espressione artistica, un "martirio per autodecisione".
Ecco il link nel magnifico archivio di radioradicale: link
Ho recentemente letto, con comprensibile sconcerto e perdurante incredulità uno dei tre volumi della "trilogia della morte di Pasolini", precisamente "Pasolini e la morte. Un giallo puramente intellettuale". 
Dall'intervista: "Mentre Pasolini si avvicina sempre più alla morte il suo problema è di comunicare al mondo, quindi senza preoccuparsi troppo di essere un poeta elegiaco, lirico, comunicare come poi avrebbe dovuto scoprire il suo linguaggio gergale, perchè Pasolini, è questo è uno dei suoi aforismi, diceva: 'la morte non è nel non poter comunicare, ma nel non poter essere compresi'. Lui mentre dice queste cose, già sta comunicando un qualcosa ai suoi spettatori, come lui diceva. Ma nel non poter più essere compresi perchè,se dopo la morte nessuno riesce più a capire, come si sta rischiando, il suo linguaggio gergale, e nessuno riesce a tradurlo, Pasolini è destinato a scomparire o a restare uno dei tanti. E' come se Mozart avesse fatto le sue sinfonie per un'orchestra di sordomuti che non sa leggere le note"
Roba tosta.

I Turcs tal friul.
Il dramma in friulano è stato rappresentato in poche occasioni, viste le difficoltà nel casting. Nel 1995 ero abbonato al Rossetti di Trieste; una domenica pomeriggio mi sono ritrovato ad assistere alla messa in atto che Elio de Capitani aveva immaginato con queste motivazioni "Voglio tentare l'impresa, non semplice - spiega il regista - di mettere in scena questo testo in un'epoca in cui il mondo torna, se mai l'ha lasciato, sul sentiero delle non più ideologiche ma religiose guerre, pensando agli ultimi della terra, le colonne di profughi che lasciano le loro case con la stessa tristezza negli occhi, in tutto il mondo". La straordinaria forza poetica, la bravura degli attori, il di più di lirismo della marilenghe si incrociarono con vicende tragiche che da poco mi avevano coinvolto e mi ritrovai in lacrime nell'assistere alla rappresentazione del dolore assoluto così bene offerta dalla Moralcchi. E' stata senza dubbio l'esperienza artistica più emozionante della mia vita.
Pochi mesi dopo ho costretto tutta la famiglia ad assistere all'ultima rappresentazione, tenuta nello straordinario teatro costituita dall'aia dei Colonos di Villacaccia. A un certo punto della rappresentazione, quando si stavano avvicinando al paese le pericolose orde turchesche e la Morlacchi implorava la Madonna perché salvasse suo figlio, ed il dramma descrive l'innalzarsi di un vento provvidenziale che sbaraglia l'invasore, si è alzato improvvisamente un reale colpo di vento che ha fatto venire i brividi, ma non di freddo, a tutti i presenti perché sembrava fosse comandato e previsto dalla regia.
Emozione nuovamente indimenticata e indimenticabile.

Profezie
Qui è il caso di lasciare parlare la poesia Alì degli Occhi Azzurri:
Alì dagli Occhi Azzurri  
uno dei tanti figli di figli, 
scenderà da Algeri, 
su navi a vela e a remi. 
Saranno con lui migliaia di uomini 
coi corpicini e gli occhi 
di poveri cani dei padri 
[...] 
Sbarcheranno a Crotone o a Palmi, 
a milioni, vestiti di stracci asiatici, 
e di camicie americane.
Cos'altro può servire a dimostrazione che la poesia ha un livello di intelligenza superiore, capace di prevedere eventi epocali con 30 anni di anticipo?

Mi sa che Moravia aveva ragione.

domenica 22 novembre 2015

Ecco la squadra di Colantuono

Bene non giocherà mai, ma questi tre punti nella partita che era la svolta del campionato sono una manna per la squadra.
Difesa granitica, centrocampo muscolare, in avanti poche idee ma tanta corsa.
I tre dietro sono garanzie assolute (come il portiere), le squadre avversarie segnano pochissimo e tirano molto poco, grazie anche ad un centrocampo molto attento.
Il gioco a dire il vero non lo si è mai visto, un paio di fiammate e la buona volontà delle punte molto più efficaci nel pressing che nelle combinazioni al tiro stavolta sono bastate. 
Temo che i margini di miglioramento non siano molti, salvo ovviamente il ritorno di Zapata e/o la ritrovata vena di Totò (in prospettiva l'impiego part-time può diventare interessante).
Cuore e applicazione sono il marchio di fabbrica del Cola, il simbolo della squadra operaia è Badu (ai suoi massimi e valorizzati da uno schema che esaltano i centrocampisti con i tempi dell'inserimento).
Speriamo che bastino, il livello del campionato è veramente basso.

Un bentornato a Montella: diceva che gli bastava l'1-0 ed è stato servito.

sabato 21 novembre 2015

Ho visto cose che voi umani...

Bobo Vieri ha scritto un libro. Da non crederci.

A questo punto possiamo aspettarci, che so, Bossi ministro o George W. Bush presidente degli Stati Uniti.

Alfano come Kennedy (2)

Belle comunque le sue parole di risposta alle minacce dei corleonesi

Alfano come Kennedy

Incredibile, I corleonesi fanno pure le battute.

martedì 17 novembre 2015

Dibattito

«Con l’Isis gli occidentali sono spietati solo a parole e non hanno le idee chiare sul destino della Siria» Non è più tempo di confini aperti e discorsi sui vantaggi dell’immigrazione. L’Europa deve capire che Schengen non ha funzionato e che le richieste di Cameron sono fondate

Urticante riflessione di un calciatore fra i più intelligenti
Attentati Parigi, Thuram: "Siamo in guerra da tempo. Le Pen mi spaventa"

Ci balocchiamo con “Imagine” di John Lennon mentre il jihad ammazza

Ferrara in grande spolvero
Cosa vuol dire uccidere in nome di Dio

Lucida analisi di Cicchitto
Come deve reagire l'occidente alla Terza Guerra mondiale? Con le cattive maniere (e ascoltando Sisi)

Un po, come dire "islamici bastardi":
Parlando di "follia jihadista" l'occidente costruisce la propria sconfitta

Perché Parigi è odiata come “capitale della blasfemia”capitale-della-blasfemia___1-v-135000-rubriche_c110.htm





Allons enfants

Le facce dei nazionali francesi mostrano cosa è un Paese europeo moderno.

A Wembley la Marsigliese suona come inno d'Europa

Sagunto resisti

Leggo il post Dum Romae consulitur, che pure si eleva molto di sopra delle banalità che si leggono in questi giorni, e mi trovo nel solito fraterno disaccordo.
La rabbia positiva che vi trovo si accompagna ad una analisi che subito individua il colpevole (il nostro pensiero debole e rinunciatario), il problema (siamo in guerra), la soluzione (l'autore non ce la dice ma ce l'ha, sembra in termini di necessaria riaffermazione identitaria).
Lasciali perdere i post che trovi sui social, Francesco. Ognuno dice la sua con i propri strumenti intellettuali, per fortuna a determinare il nostro destino non è il popolo di twitter e la montagna di cazzate che nel mondo 2.0 sono passate dal bar sport ad un web in cui lasciano traccia della denutrizione culturale di chi le esprime, con l'aggravante che ne possono trarre l'illusione di partecipare alla costruzione di  una realtà collettiva con un click su di un like.  
Per fortuna, però, non lo determiniamo nemmeno noi due, che qualche libro in più lo abbiamo letto.
La complessità che è la cifra della nostra realtà contemporanea temo non offra schemi semplificati quale quello che tu offri nelle righe che commento. 
Che imperi un "kharma al quale tutti dobbiamo obbedire: l'integrazione", imposto dal pensiero dominante, mi sembra francamente riduttivo. Se non vogliamo porre delle barriere ai nostri confini (troppo tardi e impossibile in termini economici e demografici, temo) l'integrazione non è un capriccio radical chic, ma una necessità rispetto al quale i diversi paesi hanno proposto modelli diversi di cui leggo persino su wikipedia. Quello francese, paradigmatico dell'assimilazionismo, che impone i propri valori (laici e repubblicani) negando cittadinanza a leggi e usanze delle comunità di origine, si sta dimostrando fallimentare. Rispetto a questo tema tu proponi la necessità di far valere il "nostro vero sentimento". Con il necessario rispetto, se alludi ai valori cristiani, il nostro vero sentimento rischia di essere più il tuo che il mio. Devo assimilarmi anch'io? Non è questo il tema e stai già pensando che se ci dividiamo su questo siamo perdenti di fronte al nemico esterno. Quello che voglio dirti è che è lecito il dubbio che l'assimilazionismo in salsa cristiana possa avere maggiore successo. Che fare allora? In tutta onestà, io non lo so. 
Quello che penso è tuttavia che la soluzione (se ve n'è una) di questa questione, che tu hai evocato, e che certamente è fra le centrali da affrontare nel nostro vivere contemporaneo, non si identifica con l'attuale crisi, che con i miei poveri mezzi identifico nel tentativo dell'islam politico radicale di esportare in politica estera la lotta per la supremazia che da molti anni combatte in medio oriente, per avere la meglio nei suoi paesi di origine. Al di là degli slogan buoni per aspiranti tagliagole non vedo l'Islam contro il Cristianesimo come non vedo Califfati contro Stati Europei, ma gruppi di estremisti, ben organizzati e determinati a tutto, che vogliono imporre la versione oscurantista e razzista dell'islam, condita da pauperismo e revanscismo postcoloniale (ridicoli i riferimenti alle crociate) e farne strumento di conquista anche dell'Europa.
Semplifico? Tremendamente.
C'entra questo pericolo mortale con il modo in cui dobbiamo trattare i musulmani che vivono da noi? Credo di poterne dubitare, e accetto per questo l'incriminazione per buonismo.
E allora, che fare?
Al di là della convinzione che il problema militare del califfato non possa costituire un ostacolo serio per gli eserciti occidentali, credo che sia naturale rimettersi come tu fai alla speranza che chi ci guida abbia saggezza e capacità.
Magari maggiori di quelli che li hanno preceduti procurando disastri talvolta dettati dalla necessità di una reazione muscolare purchessia. L'evocazione della guerra, salutare per svegliare le coscienze (ancora il valore della parola: ricordi il verbo 2.0?), non deve far trascurare che il contesto è quello in cui l'aspetto militare diventa solo uno di quello che compongono il puzzle.
Più che muscoli ci vogliono testa, sangue freddo e disponibilità al compromesso anche con taluni principi: in altre parole, la politica. 
Ammesso che si risolva il problema in Siria ed in Libia, internamente ne avremo per un bel po'. Non potremo contare probabilmente sulla "maggioranza silenziosa" dei musulmani; anche se i tagliagole sono poche ed i contigui poco di più, gli altri non prenderanno posizione nè con loro nè con noi: loro non l'hanno avuta, la rivoluzione francese e l'affrancamento dalla schiavitù del pensiero unico religioso (ometto per carità il pippone sull'uguaglianza, in tema di prevaricazione delle libertà e dell'umanesimo, fra l'islam ed il cristianesimo prima che venisse ridotto a miti consigli dal secolo dei lumi cui non saremo mai abbastanza grati). 
Avremo probabilmente anni duri, ma non dobbiamo dimenticare che i nostri nonni sono usciti dalle macerie della guerra e i nostri padri dagli anni di piombo. 
Ce possiamo fare anche noi, se non perdiamo di vista i nostri valori, e se avremo la capacità di assumerci le nostre responsabilità, ma seriamente e non a mezzo tweet. In altri termini, con la disponibilità se necessario ad imbracciare un fucile.

lunedì 16 novembre 2015

I giusti e i resistenti

Non se la citazione sia effettivamente tale.
L'articolo "I resistenti" di Aldo Cazzullo a me ha ricordato la poesia che mi ha avvicinato al mio autore preferito.
La profezia finale certifica, ancor più dello stile, il livello più altro di comprensione cui attinge la poesia.

I resistenti (Aldo Cazzullo)
I giusti (J.L. Borges)
Quelli che sono usciti dallo stadio cantando la Marsigliese
I musicisti di strada che davanti al Bataclan hanno suonato We shall overcome
I commessi di Hermes e Kenzo che stamattina hanno detto ai direttori dei negozi che sarebbe stato meglio chiudere per lutto 
I verdurieri che nonostante i consigli della prefettura hanno aperto il banco ai mercati rionali 
I ragazzi in fila per donare il sangue
Quelli che hanno messo on line il video dei ragazzi che uscivano dallo stadio cantando la Marsigliese 
I dipendenti comunali che hanno passato il giorno libero a pulire il sangue sui marciapiedi 
Quelli che su Facebook aggiornano la bacheca «dimmi che sei vivo»
Gli anziani che nella notte hanno aperto la porta di casa a sconosciuti che avrebbero potuto essere i loro nipoti 
I 400mila che hanno cliccato il video dei ragazzi che escono dallo stadio cantando la Marsigliese 
Quelli che si sono alzati con l’idea di restare in casa tutto il giorno e al pomeriggio sono usciti 
I terapeuti che hanno aperto un ufficio di «psicological help» nel municipio del quartiere più colpito 
I poliziotti che alle 5 di sera hanno placato una rissa tra neri e algerini in rue de Rivoli dicendo: «Vi rendete conto che sono successe cose più importanti della vostra rissa?»
Quelli che hanno messo in place de la République lo striscione nero con il motto di Parigi: «FLUCTUAT NEC MERGITUR», la barca oscilla tra le onde ma non affonda
Chi ha scritto sui muri del Marais «alla fine non vincerete voi»
L’immigrato cambogiano con la fisarmonica che sulla passerella di fronte al Louvre suona la Vie en rose
Un uomo che coltiva il suo giardino, come voleva Voltaire.
Chi è contento che sulla terra esista la musica.
Chi scopre con piacere una etimologia.
Due impiegati che in un caffè del sud giocano in silenzio agli scacchi.
Il ceramista che premedita un colore e una forma.
Il tipografo che compone bene questa pagina che forse non gli piace.
Una donna e un uomo che leggono le terzine finali di un certo canto.
Chi accarezza un animale addormentato.
Chi giustifica o vuole giustificare un male che gli hanno fatto.
Chi è contento che sulla terra ci sia Stevenson.
Chi preferisce che abbiano ragione gli altri.
Tali persone, che si ignorano, stanno salvando il mondo.

sabato 14 novembre 2015

Parigi 13 novembre 2015

Bando agli slogan buoni per i social.
Mente fredda, cuore caldo e mano salda.
Preghiamo che le persone che devono prendere le decisioni siano all'altezza

martedì 10 novembre 2015

Il verbo 2.0

La contemporaneità ci propone una rinnovata -ma diversa- importanza della parola.
Dove la parola detta (twittata/condivisa/postata) supera per importanza la parola pensata e la parola agita, in misura tale che queste divengono irrilevanti.
Una battuta riportata fuori contesto può costare una carriera.
Un giudizio intercettato può dar luogo ad una imputazione.
Uno slogan twittato ha più credito di studi scientifici compendiati in libri che nessuno leggerà.
L'annuncio di un provvedimento dà per superati i problemi che quel provvedimento affronterà.

Il pensiero e le cose fatte cedono il fatto a chi la sa meglio raccontare, e ha diritto di parola.

domenica 8 novembre 2015

Strama al Panathinaikos

Poveri greci: chi glielo dice che hanno preso il Varoufakis delle panchine?

Con me gli spagnoli hanno chiuso

Da anni sono infastidito dai successi sportivi di molti spagnoli sulla cui natura di grandi campioni è lecito dubitare, con le debite eccezioni (Alonso, Iniesta, Xavi).
Tra doping vero e quello amministrativo molti dei loro successi non rendono onore allo sport.
Con il biscottone odierno la misura è colma:
#sietecomelafrancia.