mercoledì 31 ottobre 2018

Quando il calcio era celeste. L'Uruguay degli invincibili. La prima squadra che dominò il mondo

di Niccolò Mello

Questi testi di Bradipolibri non ambiscono forse di giungere a vette letterarie, ma invogliano l'appassionato a saperne di più (qualche volta a rivivere l'epopea) di campioni di altri tempi.
Da ben prima che la garra charrua trovasse la sua fama per la follia di Daniele Adani, ho sempre ammirato la scuola uruguagia, ritenendo che i celeste interpretino il vero calcio (essendo a loro modo gli italiani del Sudamerica), spesso ho tifato per loro e per la loro capacità di andare oltre i limiti tecnici con la determinazione e l'organizzazione.
Questa della squadra che dominò il calcio negli anni 20 e 30, vincendo prima del mondiale due olimpiadi che all'epoca ne facevano le veci, è una storia poco nota, di campioni di cui si ignora spesso anche il nome. Il flessuoso Andrade, il carismatico capitano Nasazzi, il leggendario Scarone sono sconosciuti o quasi anche per i grandi appassionati di calcio, nella totale assenza di immagini in movimento.
Ripercorrere la loro storia è impresa per la quale l'autore si affida inevitabilmente a fonti di seconda mano e all'aneddotica; oltre allo sforzo, si apprezza la possibilità di aggiungere un piccolo tassello alla conoscenza di questo fantastico gioco. 

Tuya, Hector!

domenica 26 agosto 2018

We miss you

Le straordinarie parole di Obama in occasione della morte di McCain sono una lezione sulla nobiltà della politica e sulla grandezza dell'America.


“Con me condivideva la fedeltà a qualcosa di più alto, ovvero agli ideali per cui generazioni di americani e immigrati hanno combattuto, manifestato e fatto sacrificio Condividevamo l’idea che la battaglia politica sia un nobile privilegio, un’opportunità di servire quegli alti ideali in patria, e farli avanzare nel resto del mondo. Vedevamo il nostro paese come il posto dove ogni cosa è possibile, e la cittadinanza come dovere patriottico per assicurare che rimanga tale"

Per inciso McCain era quello che, avversario di Obama per la carica di Potus, impediva ai suoi sostenitori gli attacchi personali.

Per una volta siamo buoni, non facciamo confronti con nessuno. 

sabato 25 agosto 2018

Pare veramente che certe cose sembrino scontate solo a me (6)

Ma quand'è che qualcuno chiama a raccolta quelli che, non avendo mai pensato di impegnarsi, ora non ne possono più di questo andazzo?

Pare veramente che certe cose sembrino scontate solo a me (2)

"L'Unione Europea ci lascia soli nell'emergenza".
L'emergenza sarebbe, per un paese di 60 milioni di abitanti, accogliere 150 stranieri.

Pare veramente che certe cose sembrino scontate solo a me (1)

E' facile comandare quando tutto va bene.
Quando ci sono problemi da risolvere, bisogna risolverli e non trovarne le colpe e/o immaginare come sarebbero potute andare le cose.
Si chiama governare.

martedì 21 agosto 2018

Sono sempre i migliori che se ne vanno


Anche Vincino se n'è andato. 
Proprio il giorno dopo quello in cui il rimpianto per l'assenza di Marco era stato rinfocolato dall'ascolto di questo passo dell'ultimo libro di Francesco Merlo:

Anche Pannella non diceva parolacce, non ricorreva al turpiloquio. Usava un linguaggio violento che però smaterializzava la violenza, colpiva ma rendendo aereo il colpo, togliendogli ogni traccia di fisicità. La tensione morale era il suo codice.
Il linguaggio di Bossi e di Salvini, fatto di pallottole, musi di porco, lazzi omofobi e truculenze razziste, e quello di Grillo, fatto di "falliti», "zombie», "salma», "merda liquida»... sono sproloqui da bettola, da caserma o da avanspettacolo che magari disgustano, sicuramente hanno cambiato la lingua politica, qualche volta intimidiscono, ma non riescono mai a irritare, a colpire davvero, a ferire intellettualmente, perché mai le loro sgangheratezze sono solidali con la dimensione intellettuale della convivenza civile.
Al contrario, qualsiasi persona civile percepiva la sostanza intellettuale del ragionamento di Pannella, del suo codice, anche quando esagerava.




Con un canestro di parole nuove, calpestare nuove aiuole

sabato 18 agosto 2018

Residue speranze?

Penso sia bene per me non guardare più, se non di sfuggita, il telegiornale.
Non ascoltare con attenzione quanto dicono i nostri governanti.
Non ce la faccio, a sopportare come siamo finiti.

Aveva già capito tutto, ovviamente, Leonardo Sciascia ne "Il contesto": 
Ma non vede quello che succede nel nostro Paese? I nodi vengono sempre al pettine!
Quando c'è il pettine - disse malinconicamente Rogas

venerdì 17 agosto 2018

Ma come cazzo è possibile?

Rivedo Christian dopo un anno.
L'uomo è forte, saldezza e intelligenza sono inalterate dentro quel corpaccione.
Intravvedo solo alcune piccole crepe nella sua lucidità, ma forse scambio per tali giudizi alterati da informazioni carenti.
Dove abbia trovato tanta forza, non lo so; ma dimentico per un attimo che lui è il migliore di tutti. 
Un anno ristretto nella libertà, senza avere fatto niente. Licenziato, citato per danni per cifre da perdere la casa.
Christian David rischia tuttora di essere vittima di un clamoroso errore giudiziario, oltre che di immeritato accanimento da parte di una amministrazione cui ha dato così tanto, in una vicenda che sarebbe sbagliato definire kafkiana: purtroppo è desolatamente italiana.
I dettagli sono fondamentali per capire come si sia potuti arrivare a tanto, e per chi volesse individuare nomi e cognomi; osservare il quadro d'insieme invece ci spiega cosa può accadere, in questo Paese, a chiunque, basta incappare nella conversazione sbagliata.
Christian però non è chiunque. E' una persona di doti non comuni, con competenze professionali molto sopra la media e straordinaria capacità di empatia che ne facevano un leader naturale, rispettato ed amato, ed un interlocutore stimato da tutti, anche per la modestia e la lealtà (prerogative queste non così frequenti in profili come il suo).
Il migliore, diciamolo senza giri di parole.
Il nostro datore di lavoro se n'era accorto, conferendogli alte responsabilità onorate con un lavoro straordinario traducibile, tra l'altro, in moneta sonante incassata dall'erario. 
Vederlo lassù rallegrava gli amici, ma faceva anche a tutti balenare la speranza che non è vero, che in questo paese il merito non è riconosciuto.
Con quella speranza è finita anche la convinzione che a fare con onestà il proprio dovere, non dico si sia premiati, ma almeno non possa capitare nulla di male.
Ma come cazzo è possibile?

Con il ponte Morandi si sfascia anche questa Italia

Nemmeno nella disgrazia si unisce questo povero Paese.
Anzi, trova nuove ragioni di rancore e rabbia.
Le famiglie rifiutano i funerali di stato: l'offerta di un dolore condiviso viene respinta perchè vista provenire, evidentemente, da un corpo estraneo.
I Ministri attaccano le grandi aziende (una volta erano i "campioni nazionali") e i loro azionisti.
Tutti odiano tutto e soprattutto le istituzioni che ci dovrebbero unire.
Non c'è comunità, non c'è più niente

martedì 14 agosto 2018

Fiori sopra l'inferno

di Ilaria Tuti

Impossibile non ammetterlo. Ho preso e letto questo libro condizionato da un fortissimo pregiudizio favorevole all'autrice, mia coetanea e gemonese (pure carina).
Sarà anche per questo, ma appena ho preso il ritmo non mi sono scollato sin quando l'ho terminato.
Narrazione incalzante, scrittura pregevole, costruzione interessante.
Poi c'è lei, Teresa Battaglia la rossa: più del personaggio di un libro, diviene nel procedere della lettura un'amica per la quale si palpita (non senza identificarla con qualche collega dai modi affini).
La commissario (di Udine...) capisce fin dal primo momento di trovarsi di fronte ad un caso non comune, che sfida il suo intuito e le sue forze che sembrano venire meno. Restando fedele a se stessa riesce alla fine a evitare l'ultima tragedia.
Il piacere della lettura era già completo, nell'attesa della  prossima avventura.
Poi, nell'epilogo, ho ritrovato queste parole:
 Questo romanzo affonda le radici nei paesaggi della mia terra.
In questo senso, nulla è stato inventato. Travenì, con la sua foresta millenaria, l’orrido, le miniere, i laghi alpini e le vette da vertigine, esiste davvero, sotto altro nome. Le montagne, le stagioni, gli odori e i colori della natura mi hanno accompagnata fin dall’infanzia e non potevano che fare da sfondo a questa storia. E, anzi, forse diventarne parte integrante, quasi fossero un personaggio.
La mia è una terra generosa che però sa anche prendere, ha forgiato i suoi figli con la fatica di un passato agreste e la violenza di un sisma che ha cancellato case e intere famiglie, ma non ha scalfito la loro determinazione. Tutto è stato ricostruito com’era, dove possibile, per anastilosi, numerando le pietre cadute quando ancora si contavano i morti. Si è andati avanti senza però dimenticare e il sisma è entrato nel nostro DNA.
Questo romanzo è dedicato anche a lei, la mia terra.

La mia terra segnata dal terremoto