martedì 25 aprile 2017

Taliani

In Cina ci stiamo facendo una fama sinistra.
Rischiamo di passare un po' come dei napoletani a Milano, per gente che tira pacchi.
Due squadre gli abbiamo venduto a suon di milioni...

Corsi e rimorsi

Quello che questo luogo non deve diventare è una raccolta di pensieri altrui, per quanto alati.
Devono starci i miei.
Fanno eccezione alcuni pensieri non banali di uomini stimabili.
E fa eccezione la poesia.  Perchè la poesia sa dire quello che le parole non esprimono, che sa solo il cuore, dell'oggi e di sempre. 

E allora, ancora Borges. Ripescata da un amato volume, segnalata da un segnalibro lasciato lì, da quanto tempo non so. 

Il rimorso
Ho commesso il peggiore dei peccati
che possa commettere un uomo.
Non sono stato felice.
Che i ghiacciai della dimenticanza
possano travolgermi, disperdermi senza pietà.
I miei mi generarono per il gioco
arrischiato e stupendo della vita,
per la terra, l’acqua, l’aria, il fuoco.
Li defraudai. Non fui felice. Compiuta
non fu la loro giovane volontà. La mia mente
si applicò alle simmetriche ostinatezze
dell’arte, che intesse nullerie.
Mi trasmisero valore. Non fui valoroso.
Non mi abbandona. Mi sta sempre a fianco
l’ombra d’esser stato un disgraziato.

Il ricordo impossibile

In una giornata piovosa, sfogliare le pagine dell'amato Borges, e trovare appuntata, chissà da quale me, un giorno dimenticato, questa poesia:

Elegia del ricordo impossibile

Che cosa non darei per la memoria
di una strada sterrata fra muri bassi
e di un alto cavaliere che riempie l’alba
(lungo e sdrucito il poncho)
in uno dei giorni della pianura,
un giorno senza data.
Che cosa non darei per la memoria
di mia madre che contempla il mattino
nella tenuta di Santa Irene,
ignara che il suo nome sarebbe stato Borges.
Che cosa non darei per la memoria
d’essermi battuto a Cepeda
e di aver visto Estanislao del Campo
salutare la prima pallottola
con l’esultanza del coraggio.
Che cosa non darei per la memoria
di un portone di villa segreta
che mio padre spingeva ogni sera
prima di perdersi nel sonno
e spinse per l’ultima volta
il 14 febbraio del ’38.
Che cosa non darei per la memoria
delle barche di Hengist,
mentre prendono il mare dalle sabbie danesi
per debellare un’isola
che ancora non era l’Inghilterra.
Che cosa non darei per la memoria
(l’ho avuta e l’ho perduta)
di una tela d’oro di Turner,
vasta come la musica.
Che cosa non darei per la memoria
di aver udito Socrate
quando la sera della cicuta
serenamente analizzò il problema
dell’immortalità,
alternando i miti e le ragioni
mentre la morte azzurra lo invadeva
dai piedi fatti gelidi.
Che cosa non darei per la memoria
di te che avessi detto che mi amavi
e di non aver dormito fino all’alba,
straziato e felice.

La moneta di ferro, 1976

Preveggenze di un celebre non vedente

Mi conosco affatto indegno di opinare in materia politica, ma forse mi sarò consentito aggiungere che diffido della democrazia, questo curioso abuso della statistica.

JLB, 27 luglio 1976

sabato 1 aprile 2017

Se c'è una cosa che imparato nella vita,
è che la complessità delle situazioni e delle persone è irriducibile.
Ignorarla equivale a non comprenderle.
E porta ad un errore non meno grave di quello di chi la prende come pretesto per non affrontare le decisioni.

sabato 18 marzo 2017

Più splendori che sbagli


Interessante questo articolo de L'Espresso che con la direzione Cerno ha una rinnovata attenzione ai radicali.
La parte sugli sbagli va via un po' corta: ma l'aspetto rilevante è l'aver individuato la peculiarità vera della nostra storia: Che i Radicali, in tutte le loro numerose metamorfosi, abbiano intuito quanto si andava annunciando nella società italiana è un fatto inoppugnabile.
Poco importa se Esposito individua un paradosso fra tale merito e la "durata", errando clamorosamente in quanto si parla del più longevo partito italiano, ed in quanto il paradosso è la proporzionalità inversa fra la lungimiranza ed i riscontri elettorali.
E' bello leggere, anche ora che #ètuttofinito, che 
Se già alla fine degli anni Cinquanta coglievano la crisi del centrismo democristiano che avrebbe portato alla nascita del centro-sinistra, negli anni Ottanta già si collocavano in quell’orizzonte postpartitico oggi pienamente realizzato. Ma la loro grande intuizione risale agli anni Sessanta, quando essi entravano in sintonia con una svolta di grande portata. Si tratta di quel salto antropologico che possiamo definire biological turn, destinato a cambiare irreversibilmente la forma e la materia della politica. Quella che allora si contagiava, dai campus delle Università americane ai boulevard di Parigi, era la centralità assunta dalla vita biologica nelle dinamiche politiche.
E, più che i raffinati riferimenti intellettuali, è bello leggere un riconoscimento come questo:  che Basterebbe la restituzione dell’onore a Enzo Tortora per conferire un significato alla storia del Pr.



Grazie, Marco Pannella

martedì 14 febbraio 2017

Un giorno all'improvviso

m'innamorai di te.
Il cuore lo hai poi fatto sussultare più volte,
mentre in piedi, davanti alla tv,
accompagnavo i tuoi scatti
che ci hanno fatto sognare
che forse la sfortuna si può battere
E' stato un bel sogno, Marco.


venerdì 10 febbraio 2017

Coreide (3). I campioni

Per una tifoseria abituata a veder partire i suoi migliori, forse più di altre è difficile identificarsi con dei giocatori.
Sempre più radi, allora, sono i cori direttamente dedicati ai giocatori.
Li meritano non i fuoriclasse o i tecnicamente raffinati (quando c'erano), ma quelli che dimostrano il cosiddetto "attaccamento alla maglia".
Le lacrime di Coda dopo una partita sulla Juve ne hanno fatto giocatore apprezzato più di fenomeni veri e presunti, che nemmeno hanno trovato quel po' di paraculaggine sufficiente per vellicare l'orgoglio di un popolo che ama sentirsi coccolato per la sua specialità.
Sono molto semplici talvolta, questi cori.
Non si può che risalire alle origini:
ZI-CO, ZI-CO, ZI-CO, ZI-CO
Tanto era lo stupore di avere un simile craque tra noi, che nulla di più della semplice acclamazione venne in mente ai capi ultrà per il più grande di tutti.
Il giovane centravanti che comprammo di lì a poco dal Catania, e che lottava come un leone, promettendo mirabilie poi compiute su altri campi, venne adottato come un figlio, ed era invocato come il nome di battesimo:
A-ndre-a, A-ndre-a, A-ndre-a!
Anni duri, in cui la nuova dirigenza comprava spesso campioni in declino, la cui generosità non poteva sopperire le lacune della squadra o un -9 in classifica:
Ciccio-gol, ciccio gol, ciccio gol,
Ciccio-gol, ciccio gol, ciccio gooool,
Ciccio-gol, ciccio gol, ciccio gol,
Ciccio-gol,
Ciccio-gol!
Si lanciava anche qualche giovanotto di belle speranze, il cui cognome e le doti guerriere di cui dava prova (da giovane) non poteva che rievocare l'epopea dell'omonoma armata:
Branca, Branca Branca
Leon Leon Leon Leon
fiù
bum
Tornò due, volte, il Van Basten dei poveri, e nell'ultima mostro così poco impegno che l'animale nel coro venne sostituito, al momento della contestazione, da un epiteto con stessa desinenza ma significato non elogiativo...

Con lui, in quegli anni giocava anche un campione venuto dall'Argentina, amato come come pochi altri:
M'innamoro solo se
solo se segna Abel Balbo
Abel Abel Abel Balbo
portaci sempre più in alto.
Grandi attaccanti, in una squadra in cui si era già affacciato uno dei capitani simbolo, Alessando Calori, cui, unico tra i nostri, è spettato il classico che fu anche di Franco Baresi

Un capitano, c'è solo un capitano, un capitano

Nel suo periodo terminò l'ascensore con la B, vennero gli anni del grande Zac e del fromboliere tedesco che ci aprì le porte dell'Europa.

Fin da subito amatissimo, nella prima partita riconosciuto come uno dei nostri:
O-li-ver, O-li-ver, O-li-ver,
O-li-ver, O-li-ver, O-li-veeer,
O-li-ver, O-li-ver, O-li-ver,
O-li-ver,
O-li-ver!
In anni in in cui altrove giocava il vero fenomeno, uno così l'avevamo solo noi:
Eeeeeh, Biehroff Oliver,
ce l'abbiamo noi
ce l'abbiamo noi
sono cazzi tuoi!
Implacabile bomber e capocannoniere davanti a Ronaldo:
Si chiama Oliver Biehroff
Si chiama Oliver Biehroff
Si chiama Oliver Biehroooooff...
... e segna sempre lui!
E segna sempre lui!
Del resto in quella squadra aveva fortissimi compagni che lo supportavano. Come dimenticare chi
Correva a cento all'ora sulla fascia laterale
vai Jo-na-tan
vai Jo-na-tan
La fantasia correva al di là dell'Atlantico, ricordando John Brown:
Scende Bachini sulla fascia lateral
mette al centro un bellissimo pallone
arriva Biehroff che di testa segnerà
l'Udinese vin-ce-rà!
I protagonisti erano tanti. Uno si fece amare per la sua semplicità, tanto da ricevere al passo d'addio un inusitato riconoscimento di "frut furlan":
Paolo
Paolo Poggi,
forza dribbla tutti quanti
e tira in porta
e facci un grande goool
Paolo, Paolo Poggi.

Del resto quella squadra formidabile si issò al terzo posto con un calcio d'attacco:
M'innamoro solo se
solo se segna il tridente
Bierhof Amoroso Poggi
Son tre punti anche oggi.
Il Marcio all'inizio stentò. Poi fu anche lui capocannoniere e se ne andò dopo molti gol e dopo aver udito un coro dedicato a suo figlio, nato il giorno prima.
Anche i comprimari avevano il loro spazio:
Giuliano Giannichedda, oh, oh
Oh-oh, Jor-gen-sen
Oh-oh, Jor-gen-sen
Oh-oh, Jor-gen-sen
Pi
ne
da!
Pi-ne-da!
Gigi Turci, olè

Oliver poi andò al Milan. Complice una lustratura di scarpe a Weah dopo un goal, i tifosi se l'ebbero a male. Capitò poi a molti altri: Rossitto, Spalletti, Pizzarro, Iaquinta, De Sanctis.

Non certo al grande mister:
Zaccheroni olè
Tutti gli allenatori hanno avuto il loro coro fin dalla prima partita, all'incirca al decimo minuto. In certi casi è durato poche partite (Beppe Iachini!). Come nessuno però:
Fran-ce-sco Gui-do-lin
la la la lallà
Fran-ce-sco Gui-do-lin
la lallà lallà!

Dopo Calori fu la volta di Sensini e Bertotto. Semplice semplice:
Alè alè Nestor Sensini
Va-lerio Ber-to-tto, e-eh, o-oh.
In attacco abbiamo avuto altri buoni giocatori:

Che ce frega di Ronaldo
noi c'abbiamo Muzzi-gol.Muzzi -gol!
Alternati a giocatori, ehm..
Dino Fava gol
Dino Fava gol
Dino Fava gol
Dino Fava gol!
Finchè non si riaccese la luce. Semplicemente:
Totò!Totò!Totò!
Invocazione, ringraziamento, saluto ad un grande campione. Fece coppia con almeno due grandi di poche parole, ma di straordinaria classe, amati al pari e forse più del bomber napoletano
Qua-glia-rellasfonda la rete!
Sanchez!
Sanchez!
Un coro poi, magari si fa volentieri perchè suona bene:
Oe, oe, oe oe
Flo-ro, Flo-res
E poi, c'è il tributo agli eroi della curva, amati per le doti guerriere:
Maurizio Domizzi, 
ee, oo
Il difensore romano ne ispirava anche uno un po' più anni ottanta:
Spacca Lavezzi,
Domizzi spacca Lavezzi
spacca Lavezzi,
Domizzi spacca Lavezzi
Ma il vero idolo era uno in cui identificarsi, uno per cui la maglia era una seconda pelle:
Uno di noi,
Giampiero Pinzi!
Il massimo riconoscimento, riservato di recente anche al mister che parla in marilenghe, non a caso un tifoso:

Uno di noi,
Gigi Delneri!

domenica 29 gennaio 2017

L'America di Donald

Va avanti sulla strada, quello che ha promesso lo vuole fare.
In dieci giorni è riuscito a inimicarsi tutti.
Protezionismo, isolazionismo, razzismo, azzeramento di alleanze settantennali, limitazione dei diritti civili e della tutela dell'ambiente sono scelte legittime in un'ottica democratica.
Certo hanno due caratteristiche fondamentali: sono sbagliate perchè non portano realmente a realizzare gli interessi dichiarati da chi le propugna, e abdicano ai valori bisecolari di una nazione che era la guida del mondo progredito.
Che abbiano la maggioranza negli Stati Uniti (e, temo, in molti Paesi tra cui il nostro) dice molto sulla capacità delle classi dirigenti di fare il loro lavoro, cioè spiegare le cose e convincere le masse di quale è, al di là delle facili apparenze, il loro bene.
God Save America.