sabato 21 maggio 2016

Con un canestro di parole nuove, calpestare nuove aiuole

Ho letto e ascoltato molto, negli ultimi due giorni.
Ho ascoltato Emma disperata prefigurare il futuro di mancanza. Bertinotti non trovare le parole, e poi rendere un commosso e fraterno ringraziamento, Ferrara mostrare persino sincerità nel dispiacere.
Decine di persone ricordare con gratitudine un rapporto che oltre a personale era anche politico, oltre a politico era anche personale.
Ho letto l'affettuoso resoconto che ha fatto Mimum degli ultimi mesi, la fantastica prosa di Merlo indulgere sui ricordi personali, Rutelli provare a razionalizzare le tre rivoluzioni, Scalfari impegnare addirittura un "caro"(prima di cedere alla solita autoreferenzialità), Sofri tutta la sua intelligenza. Feltri riconoscerlo come il migliore, Folli marcare la differenza con l'antipolitica.
Nel ricordo di Marco Pannella si sono esercitati tutti, chi con il mestiere, molti con intelligenza, tanti con il cuore.
Alcuni ricordi si trovano qui
Difficile aggiungere altro, ma ognuno ha il suo ricordo.

Ci mancherai, Giacinto Pannella detto Marco. Mancherai alle persone di questo paese cui hai regalato smisurata intelligenza e l'impegno generoso e totalizzante di una vita, ottenendone in cambio più spesso meri riconoscimenti verbali, quando non scherno e sufficienza,  invece di quello che chiedevi: voti e risorse per nuove battaglie.
Ora il tributo alla tua grandezza è generale quant'altro mai, fors'anche sincero (per Spadaccia non è ipocrisia, ma l'omaggio che il vizio rende alla virtù). Un riconoscimento che hai certo prefigurato e avresti forse gradito, in cui ciascuno richiama uno o più aspetti della tua parabola, quelli caratterizzanti un rapporto che per tutti, anche chi non ti ha conosciuto, è stato non meno personale che politico.
Quando ero bambino, ti ho conosciuto sentendo mio nonno appellarti come un "pupinat" (forse assistendo incredulo ad un digiuno). Il "pupinat" è una specie di bellimbusto che spreca una sacco di parole invece di dedicarsi alle cose concrete della vita, in primis al lavoro. Era troppa quarantanni fa, perchè tu potessi essere compreso, la differenza antropologica fra l'uomo che tu incarnavi e prefiguravi e la generazione che aveva fatto la guerra: troppa finchè le persone non si scontravano singolarmente con i problemi di cui tu parlavi e ti occupavi, avendo inteso per primo che i temi sociali erano questioni non solo politiche ma addirittura di classe.
Qualche anno dopo, quasi ventenne, assieme a mio padre mi imbattei in un tuo comizio in piazza XX settembre. Rimasi impressionato immediatamente da una presenza fisica che, di per sè imponente, proiettava una personalità capace di riempire da sola la piazza. Ascoltai, per la prima volta, parole come libertà, diritti e responsabilità capaci di sistemarsi e sistematizzarsi in un eloquio che affascinava non meno per la forma che per il contenuto.
Fu inevitabile attrazione a farmi avvicinare alla radio, poi al movimento, in cui ebbi anche una breve parentesi in cui provai a dare corpo a quello che Emma ha definito il tuo più grande insegnamento: pretendere da se stessi quello che si chiede agli altri.
La tua opera ha una ampiezza ed una varietà di sfaccettature che rendono compito improbo tentarne una sintesi. Tuttavia alcuni tratti credo meritino di essere ricordati.
La religione della libertà
Al di là del riferimento crociano da te volutamente cercato, la libertà è certo la parola chiave di un'esperienza politica ma, di più, di una vita. E' interessante rilevare come l'integralità delle conseguenze che ne traevi ti impegnava a dichiararti al tempo stesso liberale, liberista e libertario. La coerenza veniva pagata in termine di solitudine, posto che da noi chi professa posizioni liberiste è agli opposti di chi difende posizioni libertarie.
Il posto nella storia dei laici
Il tuo percorso trae le mosse dall'esperienza universitaria e dalla fondazione del partito radicale nel 1954: nell'ambito quindi del milieu del liberalismo di sinistra, laico, anticlericale e anticomunista che in Italia è sempre stato ultraminoritario, e spesso disperso in mille rivoli e collocazioni, con conseguenze gravi sullo sviluppo civile e morale del Paese. Ti viene rimproverato di non aver preso la guida di questo gruppo facendone una grande forza, preferendo modalità di lotta e di organizzazione divisive, ma non è scontato che i risultati che si potevano ottenere fossero maggiori di quelli poi realizzati.
Le realizzazioni.
Ha riconosciuto giustamente Claudio Martelli nella sua autobiografia che, pur compatito come un lunatico sognatore e velleitario idealista, detieni il record delle realizzazioni, delle battaglie vinte a furor di popolo, di cambiamenti reali nella sfera dei diritti e nell'approccio internazionale ai crimini contro l'umanità e contro la pena di morte. E' così. I diritti civili conquistati con le leggi sul divorzio, sull'aborto, sull'obiezione di coscienza hanno cambiato la vita a migliaia di persone. E c'è all'Aja una Corte penale internazionale, competente per i crimini contro l'umanità la cui istituzione si deve all'azione dell'associazione radicale "Non c'è pace senza giustizia". Volevi consentire alle persone di morire con dignità, impedire l'assassinio di stato, sconfiggere il business della droga delle mafie. Non ti battevi per istituire una detrazione fiscale in più o per fare una variante di una statale, ma per cambiare la vita delle persone ed il corso della storia.
La preveggenza.
E' incredibile verificare come alcune tue intuizioni e battaglie anticipino di venti o trentanni la naturale loro maturazione nel resto della società. I diritti degli omosessuali oggi nessuno li mette in discussione: tu li difendevi negli anni settanta. Le soluzioni antiproibizioniste oggi si impongono nel mondo e persino la Direzione nazionale antimafia le propone in documenti ufficiali: tu ne hai parlato (sempre in termini di riduzione del danno, mai ideologici) già nel 1973. Bisognerebbe interrogarsi se tanta intelligenza delle cose non offra, già oggi, le soluzioni migliori per le battaglie che sono ancora in corso, e per le quali invece dovremo aspettare altri trentanni per vedere riconosciute le buone ragioni
Accanto agli ultimi.
I diritti per i quali ti sei battuto sono quelli degli ultimi, degli esclusi, dei dimenticati, delle persone che talvolta non sanno nemmeno di averli. Hai avuto accanto e scelto come compagni "froci" e pornostar, matti, ex terroristi, drogati, disabili, zingari, vittime della giustizia, malati, carcerati. E quanto ai potenti, come ha osservato ieri Adriano Sofri, sapevano che nell'ora della caduta si sarebbero trovati vicino solo te.
La vita del diritto per il diritto alla vita.
E' singolare che un irregolare come te abbia avuto un rispetto quasi sacro per le regole ed il diritto (motivo tra l'altro dell'incontro con Leonardo Sciascia). Molti dei tuoi digiuni erano finalizzati a pretendere dalle Istituzioni il rispetto di regole che loro stesse si erano date. La vita del diritto, lo stato di diritto le consideravi e difendevi come presidio dei diritti dei singoli. Anche delle istituzioni democratiche e repubblicane hai sempre avuto grande rispetto, combattendo le persone che le rappresentavano in un dato momento per difendere la loro funzione.
Conoscere per deliberare
Questa frase in cui si compendia il funzionamento di una democrazia è nel logo di una delle tue creature, Radio Radicale, unico media in cui è possibile ascoltare integralmente e senza mediazione lavori parlamentari, congressi di partiti, processi, e farsi un'idea con la propria testa. Pensavi che se le cose sono spiegate alle persone, queste prendono la decisione giusta: davi fiducia a tutti noi. Per questo davi così tanta importanza agli spazi televisivi negati, cui attribuivi il motivo del tuo mancato successo elettorale. E la tua ultima grande battaglia, non a caso, è per far diventare il diritto alla conoscenza di cosa fanno i governanti in nostro nome un diritto umano riconosciuto dall'ONU.
L'importanza della parola
Hai scritto pochissimo, parlato ininterottamente. Hai probabilmente il record di durata di un intervento alla camera ai tempi dell'ostruzionismo, hai inventato la maratona oratoria, ovunque andavi prendevi la parola e chi te la toglieva più. I dediti a Radio Radicale come me erano abituati ai tuoi interventi fiume a sorpresa, e soprattutto attendevano la conversazione domenicale con Bordin. Due imperdibili ore nette in cui si partiva dal fatto del giorno e si finiva regolarmente a parlare di quando, nel 1960...  In tv venivi male, Marco: solo nelle due ore domenicali il tuo modo di ragionare "fluviale e addirittura vulcanico", permetteva di comprendere l’unicità, la irripetibilità di un pensiero e di un'azione. E forse è un verso della canzone che ti ha dedicato Francesco De Gregori a descrivere meglio di ogni discorso il tuo percorso: "con un canestro di parole nuove, calpestare nuove aiuole". 
Essere, non avere
Sessantanni in politica, e uscirne molto più povero di quando sei entrato. Per Montanelli "odoravi di bucato". Ma oltre l'onestà, hai avuto la forza di vendere tutto, anche il patrimonio di famiglia, per le tue idee. Te ne vai senza niente, ma con una grande eredità.
Un milione di Pannella
Scrive oggi Laura Cesaretti che a stupire nel leggere i coccodrilli del giorno dopo è la quantità di incontri diversi, su terreni diversi, in occasioni diverse, su campagne diverse che ognuno porta in dote: "sembra che siano esistiti circa un milione di Pannella, da un capo all'altro della politica e della geografia, tenuti insieme da una coerenza dura e brillante come quella delle diverse sfaccettature di un diamante"
Umanesimo e dialogo
L'unico politico che si poteva incontrare per strada, e raccontargli i nostri problemi. Da tutti pretendevi il tu, ed eri capace di ascoltare veramente (nelle pause di quando parlavi tu), stabilendo un rapporto umano. Perchè credevi sopra ogni cosa al dialogo, e chiunque, anche il più reietto o il peggior delinquente, lo ritenevi possibile oggetto di interlocuzione.
Nonviolento
Sei stato un grande innovatore del metodo politico. Molte le novità da te introdotte, basti pensare al referendum e all'ostruzionismo, alle associazioni tematiche. La maggiore però è il ricorso alla nonviolenza gandiana, che ti ha portato ai cento e più digiuni, a mettere in gioco il tuo corpo non per morire ma per vivere. Tema complesso e motivo non ultimo di molte divisioni all'interno del piccolo gruppo di persone che ti è stato accanto, questo. Credo sia importante ricordare che hai parlato di nonviolenza in anni in cui la violenza (rivoluzionaria o meno) era data per scontata nella lotta politica, oltre che ampiamente praticata, contribuendo a redimere una generazione.
Crono e cupio dissolvi
Ti hanno molte volte accusato di "mangiare" le tue creature (politiche) non appena assumevano dimensione tale da poterti infastidire, incapace per narcisismo di dare forma ad una struttura politica che potesse prescindere dalla tua persona. E' vero che non hai avuto (programmaticamente) la capacità di costruire un movimento che acquistasse un consenso stabile e significativo; ma le tue vittorie le hai ottenute con un plebiscito, ed il Partito radicale è l'unico che è sopravvissuto alla prima repubblica, il più antico partito italiano. Alcuni dei presunti mangiati, poi, erano veramente indigesti.
Non era antipolitica
Alle ultime politiche il Movimento cinque stelle ha praticamente realizzato il tuo sogno: una forza antiregime che, senza bisogno di spazi televisivi, conquista un consenso immenso. Ma la differenza immensa che ti separa dall'antipolitica, ricordata anche ieri dai commentatori più accorti, è in una cultura e in un metodo nel quale ci si può sempre ri-conoscere, e nella voglia e capacità di costruire.

Molto altro ho tralasciato: il federalismo europeo, la svolta transnazionale, la polemica contro il pacifismo, le battaglie contro la pena di morte, la giustizia giusta. La disponibilità ad allearti con chiunque condividesse un certo percorso in un dato momento. Spes contra spem e la religiosità contro le gerarchie.
Ma forse bastava mutuare per te, che forse passata l'emozione sarai finalmente riconosciuto come un padre della patria, le parole che Bocca spese per Pasolini: diamogli almeno la stima intellettuale che merita (su diamogliela cuori spugnosi e cervellini esangui), diciamolo che è il migliore di tutti .
Forse la prolissità (prevedibile visto l'argomento) poteva essere sostituita da un epitaffio:

Ci ha lasciato Marco Pannella
maestro di pensiero e di azione
ha speso la sua vita per i diritti degli altri
spargendo il seme della libertà. 

Ciao Marco: parzialissima antologia dei ricordi


Il manifesto politico

Il ricordo di Sofri

Facci: Pannella era un uomo che amava troppo

Omaggio di Ferrara: il colosso che sputava fuoco

Gli ultimi giorni raccontati da Mimum

Il giocoliere della lingua

Il ricordo di Taradash

Bordin su La Nazione

Scalfari: addio caro Marco

Spadaccia commosso

La fantastica prosa di Francesco Merlo

Tutto Pannella sul Foglio

Il maestro di Laura Cesaretti

Il ministro Orlando: lo scomodo necessario

Bordin parla della conversazione

Il ricordo al senato con il bel discorso del Ministro Orlando

Intervista a Caporale

Il comizio a Udine

Le 10 battaglie

Le Frasi

martedì 3 maggio 2016

Non è un film

E' vero, somiglia molto alla sceneggiatura di un film della Disney tipo "Il maggiolino tutto matto". Ma più che un film è una favola il piccolo Leicester che sbanca il campionato più ricco del mondo.

Tutto quello che c'è da dire è in questo editoriale della Gazzetta.
Per il New York Times è la più grande impresa sportiva di tutti i tempi.
Per gli amanti del calcio d'antan uno spiraglio di speranza .
Per i tifosi di tutte le piccole squadre del mondo, è un motivo per crederci.  
Le parole di Ranieri ben spiegano come si tratti di una vittoria il cui significato non può che travalicare quello meramente sportivo: "L'unica dedica che posso fare a tutti quanti è dirgli di crederci, provateci non solo nel calcio ma in tutti i campi della vita"


Leggenda e fidanzata globale, le Foxes hanno compiuto un'impresa che è fatta della stessa sostanza dei sogni.


lunedì 2 maggio 2016

domenica 1 maggio 2016

Faccio outing

Senza imbarazzi, nè condizionamenti dell'attualità, visto il duplice annus horribilis e l'ancor più orribile weekend. 


Al link che segue si può leggere il tabellino e vedere il resoconto video "settimana incom" di un'antichissima partita Juventus Milan giocata giusto 62 anni fa, il 2 maggio 1954.
Protagonisti e spettatori sono nella migliore della ipotesi ultraottantenni, eppure per i casi strani della vita nella lontana Udine c'è chi ha un motivo di ricordarla. A casa mia è infatti conservata una ingiallita cartolina illustrata con le foto dei calciatori del Milan (tra cui Nordhal e Liedholm) di allora disposti a mo' di formazione. Sul retro è annotato qualcosa del tipo "2 maggio 1954. Juventus - Milan 1-0. Gol di John Hansen. Il Milan ha giocato meglio ma la Juve ha vinto la partita".


Per farla breve, mio padre allora quattordicenne allievo nel collegio dei padri scolopi di Carcare, condotto in gita dal professore di francese, religioso con fede juventina non meno accesa di quella cattolica, ha avuto in tale partita il suo "battesimo del fuoco", ed ha deciso per un'ingenuità che solo l'età può giustificare di parteggiare da allora per coloro che il fato aveva punito al di là del merito.
Certi eventi lasciano segni non subito riconoscibili, ma i fatti e gli insegnamenti che se ne traggono restano leit-motiv di un'esistenza anche per le generazioni successive (eccomi):
- Il Milan gioca meglio, ma alla fine vince la Juve (diventa poi metafora di vita: non sempre vince chi ha dato di più);
- Meglio guardarsi dai preti;
- Meglio guardarsi dai francesi;
- Francesi e gobbi vanno spesso a braccetto;
In ogni caso, noialtri siamo del Milan da oltre 60 anni. La passione sfrenata per il pallone (il mio primo ricordo in assoluto vede mio padre che mi annuncia l'inizio degli europei 1980) mi è stata trasmessa accanto a questo dato che ha assunto la naturalità del colore degli occhi o del cognome che portiamo.
I casi della vita e della naja hanno poi portato mio padre in questa terra, allontanandolo dalle settimanali frequentazioni di San Siro, allora non compensabili dalla Serie C in cui giocava la squadra locale (per incredibile coincidenza il giorno del matrimonio dei miei si è giocata Udinese-Alessandria 0-1, che visto il risultato non può certo dirsi predittiva dei successivi equilibri domestici).
Quando ho avuto l'età ed il comprendonio per seguire le partite la mia squadra si trovava in serie B e a San Siro vinceva la Cavese; la spilletta che ricevetti in dono con l'invito "la metterai quando vinceremo lo scudetto" la accolsi con lo scetticismo che potrebbe avere oggi un tifoso del Bologna di fronte ad analoga boutade.
Nel frattempo si cominciava a seguire con passione anche la squadra locale tornata da poco nella massima serie, poi addirittura capace di comprare e schierare il Pelè bianco, allora forse numero 1 al mondo. Giusto l'anno prima c'era stato il mio primo di una serie che è giunta a 34 abbonamenti (allora davano un blocchetto con 15 tagliandi che si staccavano partita per partita, prima che si passasse alla scheda perforata, poi al chip). Tifavo per l'udinese 28 partite, come Ciccio per il Catania. Quando c'erano però i colori rossoneri, non resistevo. Una volta, credo fosse il 1990, mi ha pure intervistato per Telefriuli il povero Carlo Casarsa con tanto di sciarpetta rossonera, mentre stavo chiedendo l'autografo a Donadoni, nell'occasione stranamente maleducato, nell'intervallo di una partita.
Il Milan raccolto alle soglie del fallimento da un imprenditore di successo aveva nel frattempo preso a dominare in Italia ed in Europa, ed in un modo che non poteva far presa sull'animo di un ragazzo.
Furono però quei grandi successi, in anni in cui l'Udine si barcamenava fra la A e la B, a instillare i primi dubbi sul mio rapporto con le due squadre. Un rivelatore articolo sul Messaggero nel 1996, all'indomani di Udinese - Inter 0-1 (la partita del centenario decisa da un gol di Sforza, ma ricordata dai tifosi furlans per il fallaccio di Fresi su Stroppa che rinverdì il fantasma di Righetti. Titolo dell'articolo, chissà dove si è cacciato il ritaglio: “Una sconfitta che non cancella un secolo di nobiltà”) mi illuminò sulla particolarità di questa squadra e del rapporto viscerale con il suo popolo, il mio popolo.
Mi accorsi, in breve, che la vittoria di uno scudetto non mi dava la stessa gioia di un pareggio con gol di Goitom al 90°. Una finale di coppa dei campioni vista vincere dal vivo non valeva la gioia della prima vittoria sulla Juve attesa 35 anni (grazie ancora, Oliver!).
"Son passati più di trentanni, quante gioie quanti dolori", dice uno dei nostri cori un po' vintage.
Lo spareggio salvezza con il Brescia a Bologna, in una squadra con Sensini Dell'anno Desideri Balbo e Branca.
La prima europa con la seconda squadra di Zac, inarrivabile condottiero, che fece due mesi di calcio stratosferico, senza dubbio il migliore mai espresso da queste parti. Se ci fossero stati i playoff, non c'era storia. 
L'incredibile terzo posto del 1998. Dopo la gloriosa e sfortunata notte con l'Ajax, a Natale eravamo secondi. Battuta l'Inter di Ronaldo con un gol di Biehroff al 90, quel giorno ci fermammo tutti un bel po' dopo la partita, nessuno voleva lasciare lo stadio. Di quella fantastica annata gli interisti ricordano il fallo di Juliano su Ronaldo, non quello su Pineda la settimana prima in una partita che ci poteva portare a due punti da loro; le discutibili classifiche che vengono fatte al netto degli errori arbitrali lo scudetto lo davano a noi, noi agli Onesti per antonomasia in giacca nerazzurra. A San Siro c'ero quel giorno, per la prima volta vidi la mia squadra giocarsela con il piglio della grande. C'innamoravamo sì, quell'anno al Friuli, e non solo quando segnava il tridente.
La grande cavalcata del Guido nel 1999. Ricostruì la squadra senza il fenomenale fromboliere tedesco e la portò in Europa al termine di uno spareggio che durò 98 minuti, perchè allora si giocava finchè la Juve non segnava. Ancora grande gioco e grande orgoglio di quei ragazzi.
Dopo qualche anno buio, inframezzati da gemme tipo Leverskusen, un altro quarto posto con la squadra di Spalletti. Meno spettacolare, ma tremendamente quadrata e consapevole dei propri mezzi. Champions! Il sogno di essere nell'Europa che conta, concluso malamente con la dolorosissima serata con il Barcellona.
Pochi anni dopo, tornato il nostro più grande allenatore, due straordinarie cavalcate al quarto e terzo posto consecutivo, nel segno di un piccolo grande uomo che ha realizzato il nostro sogno del campione che dice di no alla Juve per sposare la piccola Udinese.
Nel mezzo anche annate anonime, tra cui le orribili ultime due, e tanti momenti in cui la grande e definitiva impresa è stata lì, a portata di mano, che mancava solo quel tiro finito sul palo o bastava scalare meglio una marcatura.
L'essere ad un passo dall'impresa, accarezzarla e sfiorarla per poi mancarla con rimpianto mescolato all'orgoglio di averla avvicinata, ecco, questo è il leit-motiv della storia sportiva dell'Udinese, al pari del suo essere una sorta di piccola nazionale.
In questi 34 anni con la pioggia e con il sole, primi in classifica o a nelle zone basse della B, io c'ero, a sperare nell'impresa possibile ed accarezzare i sogni più improbabili, a gioire quelle volte che andava bene e a soffrire le molte altre. Ho stimato circa 600 partite di campionato, al netto di una quindicina di defaillance dettate da eventi tipo il battesimo di mio figlio o serie indisposizioni, ed un record forse non esclusivo ma bello di aver visto tutte le partite europee casalinghe della mia squadra.
I colori rossoneri li riconosco ancora, come riconosco le mura della casa paterna. Ma quelli della mia Udinese li paragonerei piuttosto ai capelli profumati della donna amata.

E allora da un po' mi unisco anch'io al coro che i nostri ultras hanno mutuato dalla magnifica hinchada del San Lorenzo (...Nosostros no somos Boca ni River Plate):

Bianconero è il mio color
la maglia che porti addosso è la mia passion
Milan Juve e Inter non fan per me
Non tifo per gli squadroni ma tifo te!

martedì 26 aprile 2016

Thank you guys

C'è un posto non molto noto, nella mia città, nel quale si dovrebbero portare i ragazzi delle nostre scuole.
Nascosto in un angolo fra la Pontebbana ed il Centro commerciale Carrefour, l'Udine War Cemetery di Adegliacco svolge al meglio la sua funzione di offrire riposo a ragazzi venuti da molto lontano e morti qui, combattendo per la libertà di cui noi oggi godiamo. E' raro infatti trovare delle macchine nel piccolo parcheggio, il libretto dei visitatori riporta per lo più i nomi dei partecipanti alla manifestazione che si svolge il 25 aprile.

Una passeggiata sul prato estremamente curato grazie alla Commonwealth War Graves Commission, consente l'occasione a momenti in cui la riflessione lascia facilmente il passo alla commozione. Sono i momenti in cui si leggono sulle lapidi, oltre gli estremi anagrafici e allo stemma del corpo di appartenenza, gli epitaffi vergati dai familiari.
Solo alcuni:
"Treasured memory 
  of a dear husband and father
  whom we shall always love"

"Our dear Dennis
  when life was brightest
  and hopes were best
  God took him to rest"

"In lovely memory
  of my darling husband
  loved and missed by all"

"And with the morn
that angel face will smile 
which we have loved 
long since and long awhile"

"Silent thougts
true and tender
God bless you, son,
we still remember"

"You have gone 
from my sight, darling
but never from my heart"

L'intenzione politicamente corretta di onorare i caduti per la nostra libertà, con sacrificio da noi dimenticato e quindi villipeso, di ricordare a noi stessi che siamo stati liberati da questi uomini arrivati dall'altro capo del mondo (Sudafrica, Nuova Zelanda oltre che Regno unito), cede allora il passo di fronte all'umana pietà per questi genitori, mogli, figli trovatisi senza l'affetto più caro.  

Cari ragazzi eravate quasi tutti in un'età in cui la morte è un lontano pensiero e la vita corre forte nelle vene. 414 persone che avrebbero ancora tanto amato, sognato, lavorato, riso, pianto.

Voglio ricordarvi qui, riportando il vostro nome di battesimo, e senza con ciò dimenticare i tredici di voi "unknown but to God".


ADAMS KENNETH WILLIAM STEWART
ADAMSON WARU
AINSWORTH
AKUIRA WIREMU RANGI
ANDREWES BART EDWARD
ARMITAGE TOM
ARNO
ARROWSMITH ERNEST RICHARD
ATKINSON NOEL JOHN
BADENHORST
BAILEY ALFRED JAMES
BAILEY
BAILEY
BALKWILL
BARHAM NORMAN ALFRED HENRY
BARTON STANLEY
BARWELL ARTHUR EDWARD
BEATTIE WILLIAM JAMES
BEDFORD ALFRED WILLIAM THOMAS
BENNETT ALBERT
BENNETT ALBERT
BENNETT
BERG ERIK CHRISTIAN
BLANN
BLOCK ARCHER JOHN LEWIS
BOARDMAN
BOND
BOREHAM ALBERT EDWARD
BREMNER ALEXANDER
BRETT
BRIDGES NORMAN GEORGE
BRIERLEY CYRIL HUGH
BRISLEN OWEN ANTHONY (TONY)
BROOKES SYDNEY
BROWN ALLAN PALMER
BROWN BRIAN WILLIAM
BROWN JAMES HENRY
BROWN JOHN
BROWN WILLIAM
BROWN WILLIAM
BUCKLEY WILLIAM
BULLIVANT ALBERT ERNEST
BUNN EDWARD BERNARD
BURGUM RAYMOND VICTOR
BUTLIN
BUTTERS
CAMERON JAMES SPALDING
CAMPBELL SYDNEY JAMES
CARA
CARLISLE
CARMAN KENNETH C.
CASEY JOSEPH BRAITHWAITE
CASTLE KENNETH H.
CHARNOCK WILLIAM M.
CLARK CHARLES SPENCER
CLARKE
CLARKE
CLEARY THOMAS DEVENEY
COHEN EPHRIAM
CONSTABLE ROBERT GEORGE
COOK
COOKE ALLEN LESLIE
COOPER WILLIAM
COPP WILLIAM
CORBIN HENRY CHARLES
CORLETT JAMES FRANCIS
CORNISH ALLAN EDWARD
COURTNEY JOHN
CRAWFORD CHARLES ERNEST
CRAWFORD JAMES
CROSS HAROLD JOSEPH
CROSSLEY WILLIE
CULLUM NOEL TENNANT
CUNNEELY HAROLD
CUNNINGHAM JOHN MCGURK
DARTER
DAVIES ALAN GRAHAM
DAVIES EMLYN
DAVIES WILLIAM THOMAS GLYN
DAVISON LEONARD
DAWSON JOHN
DAWSON
DAY MARTIN ALLAN
DAY WILLIAM JAMES
DE WINTON
DECK WILLIAM
DENTON JOHN CHARLES
DEVLIN FRANK DEVINE
DOWLING SIMON BRYAN
DOWNEY WILLIAM EDWARD
DREW HAROLD GEORGE
EARP GEORGE VIVIAN
EASTERBEE ARTHUR EDWARD
EATHERALL JAMES
EBBLEWHITE GORDON
EDWARDS CHARLES ALBERT
ELKINS ALBERT PERCY
ELLIS ROLAND EDGAR
ELLIS WILLIAM RAYMOND
EMMERSON
ETHERTON JOHN VICTOR
EVANS ARTHUR URIAH
EVANS JAMES
EVANS JOHN RICHARD
EVANSON JOHN
EVERY THOMAS ASHTON
FALCONER
FEAST IAN WILFRED
FIBACH
FLETCHER
FOORD CRESWELL DUDLEY
FORD PATRICK
FORREST JOHN FREDERICK RONALD
FORRESTER DENNIS ALBERT
FOSTER HAROLD
FOULKES SAMUEL
FOULSTON HAROLD LEONARD
FOX ARTHUR EDWARD
FOX LESLIE
FRANCIS
FRANCIS FREDERICK COLIN
FRISBEE RONALD VERNON
FULLER
FUNKEY HOWARD THOMAS
GANGE PETER THOMAS JOHN
GERAGHTY EUGENE
GIBBONS ROBERT STEPHEN
GIBBS WILLIAM JOHN
GLADSTONE DOUGLAS STUART JAMES
GODDARD
GOLDSMITH REGINALD VICTOR
GOMM ROBERT ALEXANDER
GOODLEY NELSON ROBERT
GORMLEY EDWARD
GRAY ALEXANDER ABERDEEN
GREENING FREDERICK DANIEL JOHN
GREENLAND JOHN N.
GREGSON PATRICK
GRIESEL
HALL GEORGE VERNON
HAMPSON KENNETH FRANK
HANDLEY
HANLEY MICHAEL FRANCIS
HARMAN ALFRED
HARMAN THOMAS
HAWKRIDGE JOHN
HAYNES PERCY OSWALD
HAYNES REGINALD TONY
HEADLAND ALBERT EDWIN
HEARN RAYMOND VINCENT
HEATON NORMAN HEATON
HENDERSON G. MacG.
HENDERSON JAMES WALLACE
HENDERSON JOHN THOMAS
HERRIOTT
HESKETH ALBERT
HEWARTSON KENNETH
HEYNEKE
HILL
HILL LESLIE NORMAN
HILLIER GEORGE EDWARD
HIPWELL JOHN HENRY
HODKINSON WALTER
HOEY STANLEY WILLIAM
HOPKINS JESSIE BERNARD
HORLOCK JOHN CHARLES
HORNER ROBERT F.
HOWELLS
HUBBARD LEONARD
HUGO
HUSKISSON
ISRAEL WALTER
JACK RODERICK STUART
JACKSON
JARVIS
JOHN DESMOND
JONES GEORGE THOMAS
JONES HENRY MARTIN
JONES PHILLIP EDWARD
JONES ROBERT EDGAR
JORDON
JOSEPH THOMAS HENRY
JUKES KENNETH R.
KEIL
KEMP GERALD LESLIE
KENDALL FREDERICK
KENNEDY THOMAS JAMES
KERNOHAN ALLAN WILLIAM
KERSHAW ARCHIE NOVELLO
KEWLEY
KIDNER RICHARD DAYMOND
KING ARTHUR GEORGE
KING ROY
KIRK HENRY FRANK
KLEYNER NOAH
KNAPP RONALD WILLIAM MARTIN
KNIGHT EWEN MCCOLL
KNIGHT ROBERT
KNOCKER PETER DAVID
KRUGER
LAING FRANK
LAING GEOFFREY
LARNER CHARLES ROBERT
LAWLEY HARRY GARDNER
LAWSON HAROLD
LAYCOCK FRANK
LEE HAROLD GEORGE
LEVENS WILFRED
LEWIS ISAAC
LEYLAND THOMAS
LIGHTFOOT
LINKLATER
LISTER ANTONY SANDFORD
LLOYD JAMES WILLIAM
LOWE BERNARD ALBERT
LOWE WILLIAM
LYKE
MACGUIRE
MARKS
MARSH FREDERICK PERCY
MARSHALL GEORGE
MARSTON
MARTINCICH JOSEPH
MASSON
MATSOGA
MAVUGENE
MAY JOHN
MAYNARD BERNARD H.
MEARNS
MELVAN JOHN HOLT
MELVIN GEORGE HOLT
MEPHAM HARRY KENNETH
METCALF
MIKEC MARTIN
MILLS WILLIAM
MOGRIDGE KINGSLEY GEORGE
MOKETE
MOORE FREDERICK JOHN
MORAN WILLIAM HENRY (HARRY)
MORGAN ARTHUR JAMES
MORLEY ANTHONY JOHN
MORRIS
MORRIS JAMES ARTHUR
MORRIS LESLIE
MORRIS WILLIAM EDWARD LESLEY
MOTSWAISO
MUIR MALCOLM
MURDUCK VICTOR PERCIVAL
McCABE DONALD
McCULLOCH THOMAS
McGHEE THOMAS
McGLASHAN ROBERT
McGUFFIE ANTHONY WELSH
McLEOD ANGUS
McLEOD LEONARD JOHN
McMAHON PATRICK
McNULTY THOMAS
McQUADE MATTHEW
NEUBECK WILLIAM FRANCIS
NEWBEY EDWARD WILLIAM
NEWTON
NORMAN ROBERT CHARLES
O'BRIEN DENNIS
O'SULLIVAN DANIEL
OGDEN CLIFFORD NORMAN
OSMOND CHARLES GRIFFITHS
OTHAHILE
OWENS JAMES
PALLANT HAMPDEN
PAOLA
PARK
PARKER ANDREW
PATTINSON JOHN SMITH
PEARCEY FREDERICK JOHN
PHILLIPS KENNETH TAVERNER
PICKERS HENRY JOHN CHARLES
PINNOCK STEPHEN OLAF NIGEL
POTGIETER
POULES HORACE
POUNTNEY JAMES ARTHUR
PRAINE DONALD J.
PRATT FREDERICK GEORGE
PRESTIDGE COLIN EDWARD
PURDY FREDERICK JAMES
PYOTT
QUINN JOHN
RAMSAY ALEXANDER
RANDALL CLARENCE DOUGLAS PLASSEY
RAYNS JOHN FRANCIS ANTHONY
REDFERN EDWIN CURTIS
REIM
RENNIE JAMES
RENNISON IAN
RICHARDSON
RICHARDSON ERIC PERCY
RIDGE
RIDGWAY ALBERT H.
RIDLEY
ROBINSON FRANCIS EDWARD
ROBINSON THOMAS BERTRAM
ROBINSON
ROE GEORGE HENRY
ROGAN
ROSE JOHN
ROW THOMAS
RUCK TIMOTHY BALDWIN
RUMBLE
RUSSELL DAVID
RUSSELL JOHN NORRIS
RYDER DOUGLAS MALCOLM
SADLER HORACE ALBERT
SAMBRIDGE JOHN BENNETT
SANDERSON JOHN
SARGENT LESLIE
SAUNDERS RONALD
SAVAGE TREVOR JAMES
SCHDROSKI ANTHONY
SEED VINCENT
SELLO
SHENNAN FRANK
SIME GEORGE BLAIR
SIMPSON FRANCIS
SLADE ANTHONY MICHAEL
SMILEY DAVID MONTGOMERY
SMITH ALBERT DOUGLAS
SMITH FREDERICK HORST
SMITH
SMITH JAMES
SMITH PATRICK WILLIAM
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SMITH
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domenica 24 aprile 2016

Formidabili quegli anni (settanta)

Il mio coetaneo Andrea Scanzi ha scritto un libro molto (auto)critico sulla mia generazione, incapace di prendere in mano il proprio destino.

Dice Non è tempo per noi (tra l'altro criticando fortemente il Liga)
E però e però...

Il decennio è cominciato con Marco Pantani (13 gennaio 1970) e si è chiuso con Valentino Rossi (16 febbraio 1979).
Nel mezzo sono nati i Campioni del mondo di Germania 2006, mondiale vinto soprattutto in virtù dei valori morali mostrati in quei 30 giorni e nei mesi precedenti.

Perfettamente a metà del decennio, ecco nascere Matteo Renzi (11 gennaio 1975) e chi scrive queste righe (24 dicembre 1974)[1].

Considerato che le cose della vita maturano un po' dopo di quelle delle sport, ci si dà qualche anno ancora per rivedere il giudizio?


[1] qui inserito per divertissement e non per megalomania, n.d.b.

Definizioni per immagini

La goduria è...

martedì 19 aprile 2016

Sogni (è tutto quello che c'è)

Riascoltata poco fa in macchina.
Tu, tu che sei diverso, almeno tu nell'universo, 
un punto sei, che non ruota mai intorno a me 
un sole che splende per me soltanto 
come un diamante in mezzo al cuore. 
Il sogno di quell'unica persona, che sta da qualche parte nel mondo, che ci può capire.
Ed amare.
Tu, tu che sei diverso, almeno tu nell'universo... 
Non cambierai, dimmi che per sempre sarai sincero
e che mi amerai davvero di più, di più, di più... 
Un sogno.

Anomali convivi

Serata in casa,  ma...
...c'è acqua nel bicchiere?



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