sabato 10 maggio 2025

Wonderland. La cultura di massa da Walt Disney ai Pink Floyd

di Alberto Mario Banti 


Sono riuscito ad affrontare questo testo molto interessante l'estate scorsa, dopo lungo corteggiamento. 

Mi ha sempre intrigato un approccio storiografico ad un tema quale la cultura di massa, i fenomeni artistici e musicali che conosciamo ed amiamo.

L'autore si dimostra uno studioso eccezionalmente documentato e scrupoloso, con competenze (ad esempio in ambito di composizione musicale) che evidentemente travalicano l'ambito della storia, verosimilmente orientate da passioni personali.

L'opera è strutturata in due parti ed una conclusione ("Over the raimbow", "the times they are a changin" e "back to the future"),  a loro volta suddivise in capitoli che per autonomia di argomento e completezza sono ciascuno dei piccoli trattati.

Il primo capitolo "Industria culturale e cultura di massa" è di estremo interesse in quanto, nel descrivere la nascita dell'industria culturale negli Stati Uniti di un secolo fa, ci illustra le sue caratteristiche fondamentali che ancora oggi riconosciamo.

Già all'inizio ci illumina la definizione di cultura di massa, un sistema di produzione e circolazione di informazioni e narrazione trasmesse attraverso una serie di media (giornali, libri, immagini, film, musiche, canzoni) pensati come strumenti di informazione e intrattenimento per persone mediamente colte e con disponibilità di reddito relativamente contenute, di cui individua i principi nella semplificazione narrativa, nell'accessibilità per prezzo ad un pubblico vasto, nella finalità commerciale. 

L'industria culturale si sviluppa circa un secolo fa, dando vita in particolare ad una cultura mainstream caratterizzata dall'articolazione in generi, dalla struttura seriale delle narrazioni, da un alto grado di intermedialità. Per sintetizzare il canone della narrazione mainstream Banti utilizza la formula "There's no place like home", evidenziandone la struttura base con a) una armoniosa comunità che viene minacciata nel suo ordine da qualche forza maligna b) senza che le istituzioni ci siano o possano intervenire, c) lasciando il campo ad un eroe altruista che respinge il pericolo o vendica il torno, d) permettendo il ritorno all'originario stato di armonia. 

L'immancabile happy ending assolve ad una funzione consolatoria mediante il "sospiro di sollievo", accompagnato in alcuni generi (romantic comedy, musical) dall'ilarità. Nelle commedie il sentimento è l'amore romantico, finalizzato al matrimonio con figli, evitando rigorosamente allusioni all'aspetto sessuale. Le gerarchie di genere, razza e classe sono chiaramente delineate e neppure messe in discussione.

Accanto alla narrazione mainstream esistono le "contronarrazioni" in musica, che Banti descrive nel capitolo dedicato a blues, hillbilly, folk, per poi occuparsi, in una parte molto interessante, al mondo giovanile che comincia ad assumere una sua fisionomia autonoma. Nella sua lezione di storia a Udine di qualche settimana fa ha ricordato come la categoria dei giovani sia di fatto sorta nel Novecento, con la scolarizzazione ed il prolungamento della fase formativa, posto che in precedenza vi era un passaggio diretto dall'infanzia all'età adulta. In tale mondo si possono distinguere i ragazzi che frequentano le high school, la cui socializzazione è legata alle attività scolastiche soprattutto post-scolastiche, e gli altri, gli esclusi, per i quali è la strada a offrire le occasioni di aggregazione.

Banti si occupa poi della fase post-bellica, dell'esperienza beat (argomento della lezione che ho citato), della nascita del rock and roll e sulla "british invasion". 

Negli stessi anni in cui la società è in fermento, si svolgono le lotte del Movimento per i diritti civili e la contestazione, fioriscono diverse esperienze musicali e culturali, anche molto diverse tra loro, espressione di diverse subculture giovanili (citiamo gli Hyppies e l'originale esperienza di Dylan). La tesi di Banti è che esse riescono a formare una controcultura di massa, di portata transatlantica, fondata sulla musica rock, e ciò per tre motivi: 1) movimenti e culture musicale condividono alcuni temi eticamente rilevanti, 2) la musica rock si evolve come ibridazione dei suoi diversi generi, 3) si creano degli spazi rituali nei quali fruire dei vari generi (concerti, festival).

Non manca l'analisi di "suoni e parole del rock", nelle quali si osserva il sovvertimento del caposaldo mainstream, in quanto per il rock quasi sempre è un-happy ending.

Lo spazio dedicato alla controcultura rock è esteso; ma deve seguire l'osservazione del suo impatto sulla cultura di massa nel suo complesso. Per quanto vasto, il pubblico della musica rock non attrae l'intera categoria dei giovani, e ad essa rimane del tutto estranea la gran parte delle persone più anziane, e quindi la controcultura non è tale da mettere in discussione l'egemonia della cultura di massa mainstream.

Tuttavia vi sono delle reti attraverso le quali quest'ultima accoglie stimoli e temi provenienti dalla controcultura. Un esempio è la Hollywood renaissance, il grande rinnovamento dell'industria filmica negli anni dai sessanta agli ottanta. Dovuto a esigenze prettamente economiche (crisi di spettatori dovute all'avvento della tv), tale rinnovamento vide l'ingresso di nuove tematiche (anche con attenuazione dell'autocensura), l'avvento come protagonisti di antieroi, la mancanza dell'happy ending: Fenomeni per certi versi analoghi si verificano a Broadway e  nell'arte con la pop art. L'insieme di queste produzioni disegna una entertainment culture alternativa  che, oltre gli spazi specializzati nella comunicazione musicale, trasforma la  connotazione giovanile del rock in una proposta intergenerazionale, che sviluppa una rete di relazioni intermediali di notevole irradiazione.

Il capitolo in cui si traggono le conclusioni, rilevando la perdurante preminenza della cultura mainstream, si intitola significativamente "Back to the future". Il punto di partenza è la constatazione della breve durata della controcultura, dissoltasi nell'arco di un ventennio con la sconfitta politica dei movimenti radicali che la accompagnavano; tale osservazione prevale sul giudizio che sulla medesima si può dare (causa della decadenza dell'Occidente, per il cotè conservatore; fenomeno positivo, in quanto raro esempio di cultura di massa "intelligente", aperta ai contatti con la cultura alta e portatrici di valori etici positivi, così come la percepiva la mia generazione prima che si desse voce ai Capezzone). Peraltro su buona parte del pubblico che apprezzava i prodotti dell'offerta controculturale e non aderiva a tali movimenti ha avuto un rilevante impattola crisi economica degli anni 70, orientandone i gusti verso prodotti più tradizionalmente di intrattenimento; e comunque tale pubblico restò sempre minoritario, come dimostrano le classifiche di vendita e di ascolto, ove i prodotti tradizionali mostrano risultati non comparabili con i migliori successi della controcultura. Le scelte delle case di produzione si orientarono a partire dagli anni 70 verso prodotti di qualità, ma rientranti nella narrativa cinematografica classica, fenomeno accentuato dalla ristrutturazione del settore che ha visto il prevalere della megacorps. In cinema, in tv le storie tendono a farsi standardizzate, la finalità di divertimento prevale assicurata dall'happy ending e dalla positività morale dei protagonisti. Anche l'informazione si adegua, nella comune esigenza di profitto che comporta la ricerca del prodotto che più piace al pubblico più diffuso. A livello contenutistico ci sono delle sfumature, compaiono presenze omosessuali e si intravede una articolazione della presenza femminile, i supereroi che ritornano prepotentemente assumono talvolta connotazioni psicologiche che li rendono meno banali, ma alla fine l'eroe ristabilisce l'ordine violato, per quanto Impossible possa sembrare la missione. Le majors lasciano uno spazio alle narrazioni narrative, sotto forma di "appalto" ad una sorta di loro sezioni specializzate. Anche nella musica le diverse forme del rock di fine millennio si trovano chiuse in uno spazio generazionalmente e culturalmente circoscritto.

Forme di materiali resistenti al mainstream resistono, con voci narrative ancora autorevoli (i grandi vecchi del rock), talune serie di successo (citato come esempio House of cards) che rompono con le convenzioni, forme di creatività la cui diffusione è permessa dai canali social, ma in un fenomeno di frammentazione che non consente a tali spazi di far ombra, nemmeno in maniera remota, alle megacorps, la cui offerta garantisce il perdurare ormai secolare del mainstream.



Nessun commento:

Posta un commento